La villetta di cui sono diventata
proprietaria è ubicata nel verde delle
colline di Sala Baganza, lontano
dai rumori e dal traffico convulso di
Parma. Quando sei mesi fa l'incaricato
dell'agenzia immobiliare, un tipo
sbiadito e smilzo, seppure garbato, mi
ha condotto sul posto per mostrarmi il
complesso residenziale, di cui la
villetta fa parte, è stato amore a
prima vista.
Appena l’incaricato dell'agente
immobiliare mi ha mostrato l'immobile,
dall'architettura originale e
luminosissimo, circondato dal verde dei
prati e da un fitto bosco, da subito ho
compreso che eravamo fatti una per
l'altro.
Il complesso residenziale abbraccia una
decina di piccole ville e un gruppo di
case a schiera. All’inizio non avevo
nessuna idea su come arredare uno spazio così ampio.
Infatti, ho trascorso intere giornate
visitando mobilifici di città e
provincia esaminando cucine, divani,
mobili da bagno, letti, armadi e sedie
di ogni tipo. Non volevo
ricalcare le orme di altre dimore
consultando riviste di arredamento, ma desideravo che l'arredo rispecchiasse il
mio modo d'essere, soddisfacendo un mio gusto estetico.
Nei mercati delle pulci,
traboccanti di oggetti di modernariato,
mi sono affaccendata andando alla ricerca di materiale
d'arredo in armonia con il mio
carattere a detta delle persone che mi
circondano un po'
bizzarro.
Una volta arredate le
stanze mi sono dedicata alla sistemazione
del giardino, zappando, sfalciando la gramigna,
con molta pazienza, facendomi a pezzi la
schiena ho
risanato il prato che adesso è
diventato uno splendore: perlomeno ai
miei occhi.
Sono lontani i giorni
in cui frequentavo l'università e
condividevo con Irene un minuscolo,
seppure grazioso, monolocale di trentacinque metri quadri nel quartiere
dell'Oltretorrente. L'appartamento era
dotato di un cucinino, riadattato per
metà a bagno, e di una sola stanza. In
pratica sopravvivevamo adattando quel
minuscolo spazio a tutti gli usi:
soggiorno, studio e camera da letto.
Ricordo con piacere che una
intera parete era occupata da una
libreria svedese, un pezzo di
modernariato anni 60 in teak
impiallacciato opaco. La libreria
ospitava i libri che io e Irene avevamo
l'abitudine di acquistare in
continuazione, ma nella stanza trovavano
posto anche un frigorifero, un armadio
guardaroba, un letto matrimoniale, e una
tavola multiuso dove studiavamo e
consumavamo i pasti. Eppure in quel
minuscolo spazio ci abbiamo vissuto
insieme per
cinque anni senza lamentarci, anche se
in certi giorni la mancanza di spazio e
d’intimità era soffocante.
Se
avvertivo il bisogno di restare sola,
allora uscivo di casa e
trascorrevo intere giornate seduta a un
tavolo di qualche caffè a studiare, ma
quando la sera facevo ritorno a casa
trovavo sempre Irene ad accogliermi a braccia
aperte e facevamo l'amore.
C'eravamo conosciute per
caso, alla biblioteca Civica di Vicolo
S.Maria. Ero ferma dinanzi a una bacheca
che ospitava annunci per l'affitto di
appartamenti quando mi si è affiancata.
Tutt'e due eravamo alla ricerca di un
posto letto da condividere con
un’altra ragazza. Dopo avermi
osservata a lungo, investigando il mio
corpo da capo a piedi, si era rivolta a
me, senza neppure conoscermi,
chiedendomi se ero disponibile a
condividere con lei una camera che poco
prima aveva adocchiato in uno degli
annunci. Mi indicò l'inserzione, dove
era indicato il prezzo di affitto e la
zona della città dove ere ubicato il
monolocale, quindi, ricevuto il mio
assenso, tolse dalla borsetta il
cellulare e si mise in contatto con la
persona indicata in calce all'annuncio.
Qualche giorno dopo avere
firmato il contratto di locazione
occupammo il monolocale portandoci
appresso le nostre poche masserizie. La
mansarda era ubicato nell'Oltretorrente,
il quartiere dai connotati più
multicolori dell’intera città stante la
presenza di persone dalle etnie più
disparate.
Il monolocale aveva il pregio
di essere ubicato a pochi passi dalla
facoltà di Matematica dove ero
iscritta. Irene invece frequentava la
facoltà di Architettura e per seguire
le lezioni era costretta a raggiungere
il Campus Universitario, là dove aveva
sede la sua facoltà, servendosi
dell'autobus oppure in sella alla
bicicletta.
Entrambe eravamo libere da
legami sentimentali. Questo facilitò la
nostra amicizia, infatti, in sua
compagnia mi trovai subito a mio agio, e
all'inizio fu come avere accanto la
sorella che non avevo mai avuto e tanto
desiderato.
Sicura di sé Irene aveva
la mia stessa età, eppure con i suoi
modi anarcoidi mi diede subito
l'impressione d'essere più emancipata
di quanto la ero io.
Nei primi giorni di convivenza
provò a mettermi in imbarazzo con i
suoi modi trasgressivi. Le piaceva
muoversi nuda per l’appartamento, a
volte senza nemmeno le mutandine
addosso, come se fosse la cosa più
naturale di questo mondo. Il suo corpo
era perfetto, quasi quanto il mio.
Eravamo alte uguali, dotate di fianchi
stretti, culo sporgente, tette piccole e
perfettamente simmetriche. Di diverso
avevamo il colore dei capezzoli; i miei
di colore rosa mentre i suoi erano
colore vinaccia con le areole poco più
grandi delle mie.
Vederla girare nuda per
casa all'inizio mi mise in imbarazzo,
poi ci feci l'abitudine fintanto che una
sera, mentre eravamo sedute sul letto,
occupate a guardare in tivù un
programma d'intrattenimento con ospite
Michelle Hunzicher, si rivolse a me.
- Ti masturbi spesso? -
disse sorprendendomi non poco.
Seppure imbarazzata
dall'impertinente domanda le diedi
risposta sforzandomi di non rendere
evidente il mio disagio.
- A casa, nell'intimità
della mia cameretta, mi capita di farlo
qualche volta. Penso sia normale masturbarsi per una ragazza
della nostra età.
- Quante volte? Un paio
alla settimana?
- Beh, ma che domanda è
questa?
- Hai vergogna a
rispondermi?
- No, affatto.
- E allora?
- A casa lo faccio quando
sono particolarmente eccitata, anzi il
più delle volte accade quando sono
nervosa e ho bisogno di rilassarmi.
- E da quando vivi qui con
me, lo hai mai fatto?
- Uffa!
- Hai vergogna a rivelarmi
se lo fai spesso?
- No.
- Lo fai su questo letto
quando io non sono presente?
- Qualche volta è
accaduto, è vero.
- E quando io sono in casa
lo fai di là, nel cesso?
- Sì. - dissi piena di
vergogna.
- Ti masturbi stando piedi
o te ne stai seduta sul water?
- Merda! Cos'è un
interrogatorio?
- No, solo curiosità.
Allora vuoi raccontarmi in che modo lo
fai?
- Seduta sulla tavolozza
del water. - sbuffai come se fosse mia
intenzione liberarmi di un gran peso.
- Anch'io mi tocco nel
bagno. Lo faccio abbastanza spesso, più
di te, anche una volta al giorno. Però
toccarmi al cesso mi fa un po' schifo. A
te no?
- Beh, e dove potrei farlo
altrimenti?
- Se ci mettiamo d'accordo,
sempre che la cosa non ti mette troppo a
disagio, potremmo masturbarci
liberamente su letto, anche in presenza
dell'altra. Ti va?
- Io non ho niente in
contrario. - dissi perplessa - Se ti fa
piacere masturbarti sul nostro letto e
non ti dà fastidio la mia presenza,
allora fallo pure quando vuoi.
- Okay, d’ora innanzi
faremo così.
La sera seguente, a letto,
mentre guardavamo un film alla tivù,
Irene lasciò cadere le dita della mano
sulla fica. Appoggiò la pianta dei
piedi sul materasso, piegò le
ginocchia, allargò le cosce mantenendo
le gambe flesse, e cominciò a
masturbarsi.
Prima di quella sera non
ero mai stata spettatrice di una donna
che si masturba, anche se lo avevo visto
fare parecchie volte in qualche film
porno. La cosa mi mise in imbarazzo,
ciononostante seguitai a guardare le
immagini del film che scorrevano sullo
schermo del televisore, evitando di
volgere lo sguardo verso la mia
compagna, seppure distratta dai gemiti
di piacere che le uscivano dalla bocca,
ma eccitata dalla strana situazione in
cui mi ero venuta a trovare.
Impiegò un po' di tempo a
venire, sgrillettando la fica e dandosi
da fare a strofinare con l'estremità
delle dita il clitoride, adeguatamente
umettato di saliva, fintanto che
raggiunse l'orgasmo stringendo le cosce
come le ganasce di una morsa
tutt'attorno la mano.
- Ti ho dato noia? - disse
quando si fu ripresa dall'ebbrezza di
piacere in cui era precipitata
toccandosi.
- No, affatto.
- Guardare Richard Gere
mentre faceva l'amore con Julia Roberts
mi ha messo addosso una grande
eccitazione e non ho saputo trattenermi
dal toccarmi. Ho sbagliato a masturbarmi
davanti a te?
- Te l'ho detto. Puoi
continuare a farlo quando vuoi. La cosa
non mi disturba.
- Okay.
Un paio di sere dopo quella
prima sgrillettata, dopo che c'eravamo
infilate sotto le coperte, spense la
luce e incominciò a masturbarsi.
Stavolta lo fece al buio, lasciando che
percepissi soltanto i gemiti che le
uscivano dalla bocca. Andò avanti a
toccarsi per un intervallo di tempo che mi sembrò
interminabile sino a quando raggiunse
l'orgasmo squassando il materasso con
tutto il corpo. Rimasi per tutto il
tempo girata sul fianco, volgendole le
spalle, rispettosa del suo stato di
eccitazione, fingendo di dormire.
Udire la sequenza di gemiti
che le uscivano dalla bocca mi eccitò
parecchio. Mi trovai con la fica bagna
fradicia e con addosso una gran voglia
di masturbarmi anch'io, ma non lo feci.
Trascorse all'incirca una
settima senza che si masturbasse, poi,
una sera, mentre eravamo coricate sul
letto, concentrate a guardare l'ennesimo
film alla tivù, si rivolse a me.
- Ti andrebbe di
masturbarci insieme?
- Eh? - dissi sorpresa da
quella che giudicai essere una strana
proposta.
- Beh, che c'è di male? Lo
fanno anche i maschi.
- Non c'è niente di male a
farlo insieme, però.
- E allora?
- Io l'ho sempre fatto da
sola. Tutto qui.
- Io invece l'ho fatto
parecchie volte con delle compagne di
liceo. E' eccitante, non puoi nemmeno
immaginare quanto lo è.
- Penso che mi vergognerei
a farlo davanti a un'altra persona.
- Ma io non sono un'altra
persona.
- Lo so, tu sei molto
importante per me, però...
- Dai, non fare la stronza.
Abbassa le mutandine! - disse
liberandosi della maglietta della salute
che stranamente aveva addosso e subito
dopo anche delle mutandine. La imitai e
rimasi nuda anch'io.
Sedute sul letto, la
schiena appoggiata alla parete, ambedue
con le gambe flesse, cominciammo a
masturbarci.
Avevo la fica bagna
fradicia ed ero eccitata come non mi era
mai accaduto prima di quella sera.
Incominciai a toccarmi mantenendo gli
occhi chiusi, evitando di guardare nella
direzione di Irene che presumevo stesse
guardandomi. Infatti non mi sbagliai,
perché quando per un breve istante
girai il capo verso di lei mi accorsi
che seguiva con interesse il movimento
delle mie dita mentre mi sgrillettavo la
passera. Raggiunsi l'apice del piacere
insistendo a carezzarmi il clitoride,
l'unico modo che conoscevo per
raggiungere velocemente l'orgasmo. Lei
mi seguì dappresso favorendo il
godimento che le dava lo sgrillettarsi
mentre contemporaneamente si
stropicciava i capezzoli con l'altra
mano.
- Riesci a venire sempre
quando ti tocchi? - dissi quando,
appagate, ci ritrovammo al caldo sotto
le coperte. - Io ci riesco soltanto se
insisto a toccarmi il clito, mentre se
mi sgrilletto soltanto la passera non lo
raggiungo mai.
- Io vengo sempre, in
tutt'e due i modi. Però godo ancora di
più se, mentre mi masturbo, mi
accarezzo i capezzoli. E tu lo fai?
- Cosa? Accarezzarmi le
tette? Dovrei farlo?
- Sì.
Toccarci in presenza
dell'altra diventò un’abitudine che
condividevamo almeno un paio di volte
alla settimana. Era sempre lei a
propormi di masturbarci ed io
accondiscendevo a farlo, invogliata da
quella che oramai era diventata una
necessità di cui non potevo fare a
meno. Fintanto che una sera, mentre
eravamo impegnate a masturbarci, lei
smise di toccarsi e le sue mani si
posarono sulle mie tette mentre ero
prossima a venire. Trasalii per
l'intensa eccitazione che mi provocò il
tocco delle dita sui capezzoli, ma non
feci niente per respingerla. Lasciai che
mi toccasse le tette, gonfie
all'inverosimile fra le sue mani,
ammaliata dalle sensazioni di piacere
che sapevano trasmettermi le dita che mi
torcevano entrambi i capezzoli.
Il piacere che provai in
quel frangente fu intensissimo.
Masturbarmi mentre Irene insisteva a
toccarmi, stropicciandomi i capezzoli,
si dimostrò molto più eccitante di
quanto mi toccavo da sola, forse perché
avendo una mano impegnata a
sgrillettarmi con l'altra non potevo
toccare entrambi i capezzoli
contemporaneamente e quindi lo stimolo
risultava meno completo.
Raggiunsi l'orgasmo
esplodendo in una serie di brividi che
mi squassarono lo scheletro da capo a
piedi. Irene approfittò del mio stato
di completo abbandono per baciarmi.
Contraccambiai il suo gesto lasciando
che inzuppasse la lingua fra le mie
labbra scopandomi in quel modo indecente
sbavando nella mia bocca una grande
quantità di saliva. Anch'io feci
altrettanto.
Quella sera, in un
susseguirsi di ripetuti sessantanove,
ingorda della sua fica e lei della mia,
ebbe inizio la nostra relazione amorosa.
Prima di allora non avevo mai
intrattenuto storie con nessuna ragazza,
scopavo saltuariamente con i maschi e
basta. Alcune ragazze le ammiravo perché
invidiosa della loro bellezza, ma
non mi era mai passato per la testa di
andarci a letto; con Irene invece, oltre
a una istintiva simpatia, avevo da
subito provato una forte attrazione
fisica. E fare sesso con lei lo
considerai il perfezionamento della
nostra intimità.
La storia con Irene è
durata parecchi anni. E' proseguita
anche dopo che ci siamo laureate.
Abbiamo seguitato a vivere in quella
piccola tana di trentacinque metri
quadri prendendo tempo, difendendo il
nostro amore dagli stimoli esterni,
praticando lavori saltuari, vivendo come
fossimo delle eterne universitarie,
consce che se ci fossimo dannate
l’anima nel fare prevalere il tempo
del lavoro a quello del nostro stare
insieme avremmo finito per lasciarci.
Ambedue non volevamo perdere la libertà
di esistere nel mondo che c'eravamo
costruite. Lavoravamo soltanto un giorno
alla settimana, impegnando il tempo
necessario per guadagnare il denaro che
ci serviva per vivere, in attesa che
sopraggiungesse un evento fortuito,
magari una possibile vincita al
SuperEnalotto, che ci permettesse di
seguitare a godere della vita nel modo
fantastico che c'eravamo costruite.
Abbiamo continuato a vivere una vita
mediocre, occupando il piccolo
appartamento, fintanto che ci siamo
stancate una dell'altra e abbiamo voluto
azzardare altre esperienze,
realizzandoci professionalmente; lei
come architetto e io da consulente
d'informatica, così abbiamo preso
strade diverse.
Da poco più di un mese ho
preso la residenza in questa villetta.
Lavoro più di dieci ore al giorno nel
centro contabile di una banca, guadagno
denaro a sufficienza da togliermi tutti
gli sfizi che ogni donna moderna
vorrebbe soddisfare. Eppure provo
nostalgia per quel monolocale di
trentacinque metri quadri dove ho
trascorso i migliori anni della mia vita
insieme a Irene. Gli errori fatti nel
corso della vita mi hanno insegnato
molto, forse dovrei seguitare a farne
degli altri per essere felice.
Mentre esco
dall'autorimessa al volante del Suv
Toyota, mezzo che utilizzo per andare al
lavoro, scorgo la figura della ragazza
che occupa il villino dirimpetto al mio
uscire dalla porta di casa. E' da un po'
che la tengo d'occhio. Alta, bionda,
capelli ricci, ha un bel viso e un
pearcing a lato del labbro inferiore.
Oggi indossa una maglietta scollata, dei
calzoni corti, e tiene al guinzaglio un cane di grossa taglia che sembra avere
l'intenzione di volerla trascinare per i
fatti suoi. La saluto con un cenno della
mano ricambiata da un sorriso che mi
giunge come un invito a intraprendere
una nuova amicizia. D'improvviso si fa
largo nella mia mente una fantasia
erotica, l'ennesima. Segno evidente che
ho un assoluto bisogno di scopare al più
presto.
L'idea di essere nuda e
indifesa, prigioniera di una
sconosciuta, asservita alle sue voglie,
ha sempre avuto un grande fascino su di
me. Forse perché quello che desidero più
di tutto da una donna è di essere
dominata. Mi piace, facendo l'amore,
essere legata, costretta alla
sottomissione, e subire le sevizie da
una donna che si avventa su di me e
magari mi penetra con un vibratore o un
qualsiasi altro oggetto capace di farmi
godere. Interpretare la parte della
donna sottomessa mi eccita parecchio,
godo delle mie sofferenze e lascio alle
mie compagne, perlopiù occasionali, la
parte attiva, conscia che una volta
terminato il gioco erotico, messo in
pratica da ognuna, ritornerò a vivere
l'esistenza di tutti i giorni senza
sentirmi in dovere di instaurare dei
rapporti di coppia. Sono certa che alla
ragazza del cane piacerebbe scoparmi, è
una sensazione spuria ma potrei anche
sbagliarmi.
.
Mentre mi allontano dal
villino tengo d'occhio l'incedere della
ragazza e del cane sullo specchietto
retrovisore del Suv. Tutt'a un tratto,
osservando la ragazza che accarezza il
capo dell'animale, mi torna in mente un
sito internet che sono solita
frequentare e dove chiunque può
scaricare filmati di sesso con animali.
Visito spesso quel sito distraendomi a
leggere i messaggi che compaiono nel
forum dove, persone provenienti
soprattutto dalle regioni del nord
Italia e dalla Toscana, chiedono e
offrono sesso con animali.
Ancora non ho capito se
questo tipo di prestazioni sono a
pagamento oppure si tratta di una specie
di scambio di coppie, dove però lo
scambio del partner prevede quello con
un animale appositamente addestrato per
effettuare delle prestazioni sessuali.
Resto stupita nel costatare che questo
genere di mercificazione del sesso possa
avvenire alla luce del sole, ma
soprattutto che il sito sia facilmente
raggiungibile anche dai minori con un
semplice clic del mouse.
Più ci penso e più mi
sembra impossibile che possa esistere
una sorta di prostituzione animale,
eppure chiunque può andare a leggere i
messaggi che compaiono nel forum ed
entrare nei dettagli delle singole
prestazioni. Mi domando se chi pratica
del sesso di gruppo con la presenza di
animali sia imputabile del reato di
maltrattamento e istigazione al
maltrattamento di animali, boh! Quel che
è certo è che bisognerebbe
salvaguardare gli animali dalle
depravazioni di deviati
sessuali.
Mentre guardo l'immagine
della ragazza e del suo cane che
svaniscono lentamente alle mie spalle
penso che non potrei mai accoppiarmi con
un qualsiasi animale, ma con la
padroncina di quel cane certamente sì.
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