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LA
CONVERSAZIONE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Da
alcuni mesi il mio cellulare squilla di frequente. Succede perché
la sequenza dei numeri dell'apparecchio
è simile (varia solo un numero) a
quella che i clienti di una prostituta
compongono per mettersi in contatto con
lei.
La situazione in cui mi
sono venuta a trovare, mio malgrado, è
stata difficile da sopportare,
soprattutto nei primi tempi, ma adesso
ci ho fatto il callo a incassare le
proposte indecenti che gli uomini mi
rivolgono persuasi di avere a che fare
con una prostituta. All'inizio non mi davo
pace per gli equivoci che si generavano
con i miei interlocutori. Cosicché,
fatta segno da una variegata natura di
proposte indecenti, mi sono rivolta agli
uffici di Telecom decisa a farmi
cambiare il numero del telefono,
sennonché ho desistito dal farlo quando
ho capito che da quelle conversazioni
sarebbero potute scaturite nuove e
interessanti amicizie.
*
* *
Me ne stavo comodamente sdraiata sul
divano, impegnata a guardare un film alla
tivù, quando il cellulare si mise a
trillare. Lasciai che vibrasse, ma l'insistenza con cui
seguitava a trillare mi convinse a dare
risposta.
- Pronto.
- Ciao, bella!
- Prego?
- Sono Gilberto. Sei libera
stasera?
- No.
- Dai, non fare la
scontrosa, non è da te.
- Ah, sì? Ma guarda un
po'.
- Di solito sai essere più
seducente.
- Davvero pensi che io non
sia abbastanza sensuale?
- Non volevo dire questo,
ma stasera ti sento piuttosto strana.
- Non più del solito.
- L'ultima volta che siamo
stati insieme, una settimana fa, sei
stata molto brava. Mi hai fatto un
servizietto con la bocca da urlo. Cazzo!
Non ho mai incontrato una donna capace
di farmi godere come hai fatto tu.
- Ah, sì.
- Stare a conversare con te
me lo ha già fatto diventare duro.
- Bene, bene.
- Ma non sai dire altro?
- Vorrei vederti al mio
posto. Ho appena lasciato l'ospedale.
- Cosa? Spero che non sia
niente di grave.
- No, ma sono stanca.
- Forse è meglio che non
ci vediamo. Rimandiamo l'incontro a
un'altra occasione. Tu Paola cosa ne
pensi?
- Come desideri. In ogni
modo ti stai confondendo perché il mio
nome non è Paola.
- Non è un problema, ma
allora chi sei? Paola è soltanto il
nome che utilizzi sul lavoro, vero?
- Non hai capito un cazzo!
Hai sbagliato nel digitare il numero del
telefono. Non sono la persona con cui
sei solito scopare. Il mio nome è Erika
e di professione faccio l'infermiera.
- Ma va là. Non ci credo,
non è possibile.
- Te lo ripeto. Non sono
Paola, sono Erika.
- Se è per questo nemmeno
io mi chiamo Gilberto.
- Ma guarda un po'.
- Il mio vero nome è
Edoardo.
- Bel nome.
- Il tuo è molto sexy. E
poi è adatto a una bella donna. Che ne
pensi se tu e io ci vediamo.
- Ora?
- Sì, perché no?
- Va bene.
- Dici davvero, oppure mi
stai prendendo per il culo?
- Dovrei?
- No, certo. Ti passo a
prendere?
- Preferisco che
c'incontriamo in un posto qualsiasi.
- Al Bar Harvey, sulla Via
Emilia. Ti sta bene?
- Okay!
Accettare l'invito di uno
sconosciuto sorprese anche me. Ma dopo
la rottura con Riccardo, il mio ex
compagno, stavo attraversando un periodo
di crisi. Tiravo a campare in attesa di
qualcosa o qualcuno che potesse
scuotermi dal torpore in cui ero
precipitata e che tanto mi angosciava.
Desideravo incontrare una persona che mi
restituisse la gioia di vivere che avevo
perduto, almeno per una sera. Una
soltanto.
Senza pensarci troppo mi
gettai a capofitto in una avventura del
tutto estranea al mio modo d'essere. Un
incontro al buio, ecco in cosa
consisteva l'appuntamento che avevo
accettato in maniera così scriteriata.
Raggiunsi il Bar Harvey
dove avevamo fissato l'appuntamento
qualche minuto dopo mezzanotte. Prima
d'uscire da casa mi ero sprecata in una
doccia e in una serie di preparativi per
rendere il mio corpo accettabile agli
occhi dell'uomo che avrei incontrato.
Attraversando in auto la
città fantasticai sul soggetto che
avrei trovato ad attendermi. Diverse
ipotesi si affacciarono nella mia mente.
Di una ipotesi soltanto avevo la
certezza, ed era che tutt'e due avevamo
una gran voglia di scopare. E questo
pareva bastarmi poiché erano sei mesi
che non tenevo stretto fra le cosce un
cazzo.
L'uomo con cui avevo
appuntamento era seduto a un tavolo del
bar. Non feci fatica a riconoscerlo
perché a quell'ora c'erano solo poche
persone nel locale. Indossava un abito
di lino, colore latte macchiato, e una
cravatta blu con linee trasversali
rosse. I capelli leggermente brizzolati
sulle tempie gli conferivano un aspetto
seducente. Mostrava d'avere quarant'anni
o poco più, proprio come si era
descritto al telefono. Mi avvicinai al
tavolo e lo salutai.
- Buonasera. - dissi
tendendogli la mano. - sono Erika.
Non sapevo quali fossero le
sue attese, sta di fatto che mi sembrò
meravigliato nel vedermi.
- Prego accomodati. - disse
dopo essersi alzato in piedi.
Strinse la mano che gli
avevo offerto in segno di saluto,
dopodiché si rimise a sedere.
- Posso offrirti qualcosa
da bere?
- Un chinotto con del
ghiaccio, grazie.
Qualche istante dopo il
cameriere piazzato dietro il bancone
raggiunse il nostro tavolo e mi servì
il chinotto. La conversazione sembrò
languire perché cominciammo a parlare
di cose futili senza mai fare cenno alla
telefonata che ci aveva spinto a recarci
lì. Infine fu lui ad alludere al motivo
del nostro incontro.
- E' strana la vita. E'
bastato comporre un numero del telefono
nel modo sbagliato per fare conoscenza
con una donna bellissima come te. Non me
lo sarei mai aspettato.
- Neppure io.
- Disperavo che avresti
accettato l’invito di uscire con me.
- In effetti, non sono
solita accettare inviti da sconosciuti.
- Allora perché lo hai
fatto?
- Prova a indovinarlo?
- Non lo so, dimmelo tu.
- Mi è venuto spontaneo
accettare l'invito. Magari sono stata
affascinata dalla tua voce, chissà! -
dissi dopo essermi dissetata con un
sorso di chinotto.
- Oppure sei rimasta
turbata dalle parole che ti ho rivolto
convinto di avere a che fare con Paola.
- Forse.
- Magari ti sei eccitata.
Sbaglio?
- No, affatto.
- Allora cosa aspettiamo?
- A fare che?
- Dai non fare la finta
tonta, lo hai già capito, altrimenti
non saresti venuta qua.
Appena presi posto sul
sedile del Bmw lasciò cadere la mano
fra le mie cosce e mi accarezzò,
dopodiché ci allontanammo. Mentre
guidava non incontrò difficoltà nel
risalire con le dita la coscia sino a
raggiungere fessura della passera,
apposta avevo indossato una sottana
corta.
In poco tempo ci ritrovammo
in aperta campagna alla ricerca di un
posto dove scopare. Infine arrestò il
Bmw in una carraia, a ridosso
dell'argine di un torrente.
Ospitare fra le cosce una
mano che mi insidiava la passera era la
medicina di cui avevo bisogno. Non
tardai a fare scendere le mutande, anzi,
fu lui a farmele scivolare oltre le
caviglie ed io lo favorii piegando le
ginocchia, dopodiché si gettò a
capofitto su di me.
Sdraiata sul sedile subii
la sua furia e godetti del piacere che
sapeva darmi la sua bocca. Le sue guance
si fecero largo fra le mie cosce. E con
la lingua si prese cura di addolcirmi la
passera.
Lasciai che mi depredasse
impossessandosi del mio corpo facendo di
me ciò che più desiderava, anche
quando manifestò il desiderio d'incularmi.
Anch'io come lui, e forse più di lui,
avevo gli ormoni in subbuglio quella
sera, altrimenti non mi sarei comportata
in quel modo strano.
Sensibile a una qualsiasi
lingua che mi lecca il clitoride mi
lasciai andare a dei gemiti di piacere.
Accortosi di questa mia debolezza seguitò
a succhiarmelo stringendolo forte fra le
labbra fintanto che raggiunsi un primo
orgasmo e subito dopo un altro ancora.
Al limite dell'eccitazione mi scostai
dal suo abbraccio per non impazzire dal
piacere che sapeva procurarmi. Lui mi
rincorse nell'abitacolo e si gettò
sopra di me. Stavolta si accucciò sulla
mia schiena e incominciò a sfregare il
cazzo contro la curva del sedere
mantenendo le braccia strette attorno al
mio costato.
Mi ritrovai con le tette
arroventate dal fuoco delle sue mani e i
capezzoli ritti come chiodi. Con la
vagina in un bagno di filamentoso umore
incominciai a frignare mentre godevo del
piacere che sapeva darmi la cappella che
da dietro mi lambiva il culo e le labbra
della figa.
Tutt'a un tratto si mise
sopra di me nella posizione del
missionario. La cappella trovò posto
fra le mie cosce e mi penetrò. Arrestai
il respiro per godere dell'iniziale
incastro del cazzo nella vagina. Subito
dopo cominciò a entrare e uscire dentro
di me senza un attimo di pausa mentre
ansimavo e godevo. Godevo e ansimavo.
Mi obbligò a mettermi
carponi con le mani in avanti e il capo
chino a sfiorare il tessuto del sedile
che si era preoccupato di abbassare
quando aveva arrestato l'auto nella
carraia. Appoggiò un dito sull'orifizio
del culo e con quello mi penetrò.
Subito dopo avvertii qualcosa di molto
più voluminoso protendersi verso l'ano.
Quando la cappella mi penetrò serrai le
labbra per non urlare, poi diventò
tutto più facile. Quando venne mi sborrò
nell'intestino.
Seguitammo a scopare per un
paio d'ore. Raggiunsi la mia abitazione
quando l'alba era ormai prossima. Mi
infilai sotto la doccia e levai dalla
pelle la sporcizia che ricopriva il mio
corpo. Scopare con uno sconosciuto,
senza adottare nessuna precauzione, era
stata una pazzia. Ancora non so
spiegarmi cosa mi spinse a farlo.
Accettando
quell'appuntamento al buio speravo in
qualcosa o qualcuno che fosse in grado
di lenire la mia solitudine. Invece fu
soltanto una scopata, una gran bella
scopata, un piccolo soffio di vita, ma appartiene al passato.
*
* *
Sono trascorsi alcuni mesi da quella
avventura. Non ho più rivisto
quell'uomo, per lui sono rimasta una
donna anonima. Stasera me ne sto
coricata sul divano a guardare la tivù,
ma con rinnovata curiosità sono in
attesa che sopraggiunga una qualsiasi
telefonata. Non posso dire di essere
felice, ma sono ancora viva.
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