Lo squillo insistente
del citofono installato
nella camera da letto riservata al
medico di guardia, in servizio notturno presso il
reparto di Medicina Generale, destò il
medico. Accese la
luce e guardò le lancette dell'orologio
al polso. Segnavano le 2.00. Afferrò la
cornetta del ricevitore e diede risposta
alla chiamata.
* * *
La luce notturna di colore azzurrino
illuminava i corridoi della clinica. Un
uomo anziano, malfermo sulle gambe, uscì
da una delle stanze di degenza. Nella
mano stringeva un pitale di vetro, colmo
d'urina. Avanzò
verso la stanza dei bagni, con passo claudicante,
dopodiché
svuotò il pitale, colmo di urina, in
uno dei water, poi fece ritorno nella
stanza dove era degente.
L'improvviso scampanellare
di una suoneria mise in allarme le due
infermiere appisolate sulle poltrone della
guardiola. Serena, la più anziana delle
due, si liberò del plaid che la
riparava dal freddo e andò dritta verso la
ragazza che le veniva incontro e invocava
aiuto.
- Presto! Presto!... Mia
nonna sta male. Non respira più. -
disse la ragazza che, spaventata, si
agitava in mezzo al corridoio.
Quando Serena raggiunse la
camera di degenza, indicatale dalla
giovane, si accorse che l'anziana donna
era cianotica e con il respiro in
affanno. Si rivolse alla collega, che
nel frattempo l'aveva raggiunta, e le
chiese di avvertire il medico di
guardia.
- Tira giù dal letto il
dottor Minelli. Di sicuro ti farà delle
storie. Ma tu digli di correre subito
qui. Prima però aiutami a mettere la
paziente seduta sul letto.
Rita e Serena sollevarono
la schiena all'anziana donna, e le
misero un paio di cuscini dietro il capo
in modo da facilitarne la respirazione.
Mentre Rita si precipitava a chiamare il
medico di guardia anche Serena si
allontanò dalla stanza, ma fece ritorno
poco dopo stringendo nella mano una
mascherina di plastica che applicò alla
bocca della paziente dopo averla
collegata con una cannula all'impianto
di erogazione dell'ossigeno.
* * *
- Dottor Minelli, sono Rita.
Qui in corsia abbiamo un problema. La
paziente del letto 34 ha dispnea e
cianosi, forse è il caso che lei
intervenga a darle una occhiata.
- Merda! Non si riesca mai
a trascorrere una notte tranquilla in
questa clinica! Va bene, dai, mi vesto e
arrivo lì.
Alzarsi nel mezzo della
notte lo infastidiva parecchio, ma non
poteva esimersi dal farlo. Indossò
pantaloni e camice, dopodiché, ancora
assonnato, risalì la rampa di scale che
conduceva al reparto di degenza. Quando
transitò davanti alla guardiola che
ospitava le infermiere trovò il locale
vuoto. Proseguì lungo il corridoio e
raggiunse la camera che ospitava la
paziente del letto 34.
Quando mise piede nella
stanza, accortosi della presenza di
alcune badanti, si rivolse a loro e le
invitò a uscire.
- Fuori tutte! - ordinò in
modo perentorio. - Signorina, esca anche
lei. - intimò alla ragazza seduta a
lato del letto dell'anziana donna.
- E' mia nonna. Sta male.
La prego dottore, faccia qualcosa.
- Non si preoccupi, faremo
tutto il possibile, adesso ci lasci
lavorare.
Mentre la ragazza si
allontanava dalla stanza rimase a guardarla,
piacevolmente incuriosito dal fondo schiena
a forma di mandolino, dopodiché rivolse
le sue attenzioni all'anziana donna
semiseduta nel letto il cui respiro,
nonostante l'aiuto dell'ossigeno,
seguitava a essere affannoso.
E' un peccato che il viso
non sia carino come il suo culo,
considerò tra sé e sé ripensando alla
ragazza. Infilò i tappi del
fonendoscopio nelle orecchie e appoggiò
la sonda sul petto dell'anziana donna.
Si mise ad ascultare il rumore dei
polmoni, dopodiché spostò lo strumento
sul cuore. Lo stato di scompenso
cardiaco di cui la donna era sofferente
gli fu subito chiaro.
- Questa donna ha una edema
polmonare. Su, dai ragazze, diamoci da
fare, e alla svelta. Prendetele
una vena e infondiamole due fiale di
Lasix in una fisiologica da 250cc.
Sbrigatevi! Altrimenti questa donna va
dritta al creatore senza che riusciamo a
fare qualcosa per salvarla.
Rita abbandonò la stanza e
si precipitò nell'ambulatorio delle
medicazioni per preparare il materiale
necessario per l'infusione. Serena, che
per tutto il tempo aveva mantenuto sotto
controllo la pressione arteriosa della
paziente, lasciò la stanza e andò a
recuperare un apparecchio
elettrocardiografico.
Pazienti con scompenso
cardiaco, in condizioni disperate come
quella in cui si trovava l'anziana
donna, ne aveva viste parecchie, e la
maggior parte erano decedute. Decise
d'infonderle della morfina e trattarla
con una terapia di digitale, poi sarebbe
rimasto in attesa dell'esito del
trattamento, cosciente che la vita della
donna era appesa a un esile filo.
* * *
Erano trascorse un paio di ore
dal momento in cui era accorso al
capezzale della donna. Durante tutto
questo tempo non si era mai allontanato
dalla stanza monitorando l'evolversi
della crisi. Alle quattro di notte,
quando la situazione, pur rimanendo
grave, era tornata sotto controllo,
abbandonò la stanza.
- Dottore mi dica la verità,
come sta nonna?
La ragazza che per tutto il
tempo si era trattenuta nel corridoio
aveva il viso segnato dal dolore e si
mostrava sfinita. Gli si aggrappò al
camice e sembrò implorargli una
risposta che tardò ad arrivare.
- La situazione permane
critica, ma non disperata. Restiamo in
attesa dell'evolversi della situazione.
La crisi sembra superata. Le prossime
ore saranno quelle decisive, altro non
so dirle.
La ragazza chinò il capo
lasciando che lui procedesse oltre.
Soltanto quando raggiunse la tromba
delle scale fu raggiunto di nuovo dalla
nipote della paziente.
- Dottore... dottore...
- Sì? dica.
- Vorrei esprimerle tutta
la mia gratitudine per quello che ha
fatto per nonna stanotte, non so proprio
come fare per ringraziarla.
Il viso della ragazza era
di nuovo sereno. Non aveva più
l'aspetto malinconico di qualche istante
prima. Per niente imbarazzata gli posò
le labbra su di una guancia e gli diede
un bacio.
- Ancora grazie!
Senza pronunciare nessuna
parola girò il culo su se stessa, gli
diede un ultimo sguardo, poi fece
ritorno nella camera della nonna.
* * *
L'alba del nuovo giorno era spuntata quando le donne delle pulizie,
impegnate a tirare a lucido il pavimento
del corridoio prospiciente la stanza
del medico di guardia, resero operative
le macchine per la pulizia dei
pavimenti.
Il trambusto provocato dai
macchinari e lo strepitio delle voci
destarono il Dr. Minelli. Si girò nel
letto e osservò l'orologio. Le lancette
segnavano le 05.30. Avvolse il capo
sotto un cuscino e si rannicchiò su se
stesso deciso a riprendere il sonno
interrotto. Il trillo del citofono lo
riportò alla realtà.
- Dottore sono Rita. Mi
scusi se la disturbo, ma una delle
badanti ha avuto un malore. Le spiace
salire in reparto per darle un'occhiata?
Una lunga pausa fece da
preambolo alla risposta.
- E che cazzo! Anche loro
ci si mettono adesso. Va bene dai, vengo
su.
Dopo avere indossato i
pantaloni calzò gli zoccoli e infilò
il camice, dopodiché uscì dalla
camera. Lungo il corridoio gli si fece
incontro un gruppo di addette alle
pulizie. Erano tutte di pelle nera, con
il culo largo, e deforme. Risalì la
tromba delle scale, poi, senza farsi
udire, le mandò tutte 'fanculo.
Raggiunse la guardiola, ma
anche stavolta non trovò nessuna delle
infermiere ad attenderlo.
- Rita! Rita! - urlò nel
corridoio.
Nessuno diede risposta
all'appello, infine dalla porta della
medicazione comparve l'infermiera.
- Sono qui dottore.
Procedette nella direzione
dell'ambulatorio assonnato più che mai.
- Si è sentita male
all'improvviso.
Rita indicò il corpo di
una giovane donna distesa sopra una
barella collocata al centro
dell'ambulatorio.
- La ragazza stava
assistendo la nonna quando ha avuto un
malore ed è caduta a terra. Una badante
che in quel momento si trovava nella
medesima stanza è corsa ad avvertirmi.
Col suo aiuto ho provveduto a coricare
la ragazza sulla lettiga e l'ho
trasportata qui.
La fredda luce della
lampada scialitica illuminava il corpo
della giovane donna. Si avvicinò alla
barella e la guardò in viso. Soltanto
quando le fu vicino si accorse che la
ragazza era la medesima che soltanto
poche ore prima lo aveva congedato con
un bacio.
- La pressione quant'è?
- 85 la sistolica e 55 la
diastolica. - intervenne prontamente
Rita.
- Uhm... è bassa!
Afferrò un polso della
giovane e andò alla ricerca di
un'arteria per misurare le pulsazioni.
Finalmente la trovò.
- 52 pulsazioni. - disse a
voce alta.
Col dorso della mano
schiaffeggiò le guance della ragazza
che sembrò scuotersi. Aprì le
palpebre, ma subito dopo le richiuse.
- Mi sente? Come sta? Lo sa
dove si trova?
Non ricevendo alcuna
risposta tolse dal taschino del camice
una lampada a stilo, l'accese, e puntò
il fascio di luce nella direzione di una
delle pupille che subito si restrinse.
Ripeté la stessa operazione sull'altra
e l'esito fu il medesimo.
- Per maggiore sicurezza
prendiamole una vena e infondiamole una
fisiologica da 250 c.c.
Tolse dalla tasca il
fonendoscopio e si preparò ad
auscultare il battito cardiaco della
giovane.
Rita gli venne in soccorso
facendo uscire i bottoni dalle asole
della camicetta della ragazza, poi le
aprì l'indumento. Un reggiseno a
balconcino, in pizzo nero, avvolgeva per
intero le mammelle. Rita fu svelta a
tagliare il sottile lembo di tessuto che
separava le due coppe del reggipetto
allontanando i lembi verso l'esterno. I
seni, minuti, ma sodi, si
caratterizzavano per il colorito roseo
dei capezzoli. Sulla sommità
sporgevano, turgide, le punte assai
sviluppate rispetto alle dimensioni
delle areole e i seni medesimi.
Appoggiò la sonda sulla
parete toracica della ragazza in
corrispondenza del cuore e prestò
attenzione al ritmo del battito
cardiaco. Spostò poco per volta la
sonda sulla superficie della mammella
fino a raggiungere il cavo ascellare,
dopodiché tolse i tubi metallici del
fonendoscopio dalle orecchie.
La ragazza prese a
dimenarsi dando chiari segni di volere
scendere per terra. A più riprese
sollevò la schiena e trascinò le gambe
fuori dalla barella.
Rita la trattenne per le
spalle impedendole di alzarsi. Lui fece
altrettanto e le infilò una mano fra le
cosce bloccandola sulla barella.
Impegnato com'era
nell'impedirle di scendere a terra non
si accorse che la ragazza era priva di
mutandine. Soltanto quando la mano gli
scivolò nell'inguine ne prese
coscienza. Lo percepì dalla morbidezza
dei peli del pube che gli si
intrufolarono fra le dita, ma
soprattutto dal contatto con le labbra
umide della figa che sfiorò più volte.
Avrebbe voluto allontanare
la mano da lì, ma la ragazza glielo
impedì serrando le cosce, mantenendogli
la mano a contatto della figa. Questa
vicinanza sembrò acquietarla, almeno
per il momento.
La suoneria delle emergenze
trillò ripetutamente.
- Che faccio dottore?
Rispondo alla chiamata?
- Non può andarci Serena?
- Non c'è, è andata in
laboratorio a ritirare un referto. Sono
sola in reparto.
- Vai pure, non ti
preoccupare, basto io qui.
Rita si allontanò dalla
lettiga e uscì dalla stanza. Il
campanello proseguì a trillare per un
po' di tempo, poi il rumore cessò del
tutto.
Il volto, seminascosto dai
lunghi capelli ricci che scendevano fino
alle spalle della ragazza, si
caratterizzava per il naso aquilino. La
bocca, di forma larga, era estesa sul
mento. Il colorito lattiginoso della
pelle le conferiva una aspetto
malaticcio e assai poco attraente.
Istintivamente liberò la
mano dalla morsa che la tratteneva fra
le cosce. Ma la ragazza, forse perché
indispettita dal gesto, iniziò ad
agitarsi e accennò ancora una volta a
scendere dalla barella. Non sapendo come
fermarla, infilò di nuovo la mano fra
le cosce della giovane bloccandola.
Un liquido vischioso si
depositò sulle dita provocandogli una
piacevole sensazione di piacere. Il
contatto della mano con la figa sembrò
acquietare la ragazza. Allora proseguì
nella sua azione e le sfiorò il
clitoride. Lei accompagnò il movimento
delle dita contraendo il bacino verso
l'alto.
"Al diavolo la
deontologia", pensò, mentre,
sempre più eccitato, prese a esplorare
con le dita le labbra della figa e a
più riprese le strofinò il clitoride
che a ogni passaggio pareva più gonfio
e turgido.
Eccitato dalla strana
situazione in cui si era venuto a
trovare, penetrò la cavità con
l'estremità di un dito. La ragazza ebbe
un fremito, poi un sussulto, ma non si
ritrasse. Proseguì nella sua azione
spingendo il dito per intero nella
vagina. Non gli sembrò vero di essere
protagonista di un simile gesto, specie
su di una paziente affidata alle sue
cure.
Era eccitato, terribilmente
eccitato, incapace di porre un freno
all'impulso animalesco che gli
ottenebrava la mente. Il respiro gli si
fece affannoso, il cuore prese a
pulsargli in maniera disordinata. La
ragazza, di contrappeso, seguitava a
mantenere gli occhi chiusi fingendo
d'essere addormentata. Tolse il dito
dalla vagina deciso a dare maggiore
consistenza alla sua azione. Appaiò un
secondo dito all'altro e aumentò il
volume del lembo di carne con cui
penetrarla.
Indice e medio
s'incunearono nella cavità sempre più
lubrificata. Era conscio che da un
momento all'altro avrebbe fatto ritorno
una delle infermiere, ciononostante
accelerò i movimenti delle dita deciso
a farle raggiungere l'orgasmo attraverso
la manipolazione dei genitali.
La ragazza che per tutto il
tempo era rimasta inerme, per nulla
turbata dagli avvenimenti, tutt'a un
tratto iniziò ad accompagnare il
movimento delle dita con dei leggeri
spostamenti del pube in avanti. Eccitato
dalla insperata collaborazione, manovrò
con abilità le dita nella figa
spingendosi sino alla sommità della
cavità.
- Ah... Ah... Ah...
La ragazza incominciò a
gemere e mormorò qualche invocazione.
- Uhm... sì... sì.
Le pareti della vagina
incominciarono a contrarsi ghermendo le dita. Lui le ritrasse e
le infilò un dito nell'ano
strofinandole il clitoride con il
pollice della stessa mano. La ragazza
ebbe un sobbalzo, scosse le ginocchia e
cacciò un urlo di piacere.
Sorpreso, ma non troppo,
continuò nella sua azione fino ad
appagarla. Il cazzo gli era diventato
duro fino a fargli male, ma il piacere
che stava provando nel masturbare la
ragazza era pari all'imminente
eiaculazione che stava per inondargli di
sperma le mutande.
- Ah! vengo! Vengo! Ah! Ah!
- disse la ragazza.
La porta dell'ambulatorio
alle loro spalle si aprì. Serena fece
la sua comparsa nella stanza.
- Ho sentito urlare, ha
bisogno dottore?
Fu svelto a sfilare la
mano. La condusse sul ginocchio della
ragazza che non fece in tempo a
stringerla fra le cosce.
- No, la ragazza si sta
riprendendo. Purtroppo è ancora
spaventata, ma non c'è niente di cui
preoccuparsi.
- Vuole che le misuri la
pressione?
- Sì, grazie
Serena strinse il bracciale
sopra il gomito della ragazza, prestando
attenzione a non fare uscire dalla vena
l'ago cannula della fleboclisi. Serrò
la pompa dell'aria e la premette più
volte, poi osservò il mercurio che
scendeva nell'asta graduata del
manometro.
- 130 su 80.
- E' tornata a essere
normale. Lei signorina come si sente?
Le palpebre della ragazza
tornarono ad aprirsi. Il viso aveva
ripreso il colorito roseo. Girò il capo
e sussurrò alcune brevi parole.
- Bene... bene... sto molto
meglio, ora.
- Stanotte si è stancata,
forse sarà bene che se ne torni a casa.
Un po' di riposo la rimetterà in sesto.
- soggiunse Serena.
- Segua il consiglio
dell'infermiera. Beh, ora la saluto.
Arrivederci.
Afferrò la mano della
ragazza e gliela strinse, dopodiché si
rivolse a Serena scambiando poche parole
e uscì dalla stanza.
Il corridoio della clinica
era illuminato dalla luce del giorno.
Una badante uscì da una camera di
degenza. Sottobraccio teneva uno sdraio,
di quelli pieghevoli, che ripose in un
ripostiglio del bagno adibito a deposito
diurno dei lettini.
Era a metà scala quando
incontrò Mara e Luisa, due infermiere
che stavano per prendere servizio.
- Ha trascorso una buona
nottata, dottore?
- Sì, grazie, ragazze, è
andato tutto bene. Fossero sempre così
le notti in clinica.
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