L'ALTRA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Quando Sabrina uscì di casa per recarsi al lavoro, come accadeva ogni mattina, seguitai a dormire nel nostro letto. Privo di una qualsiasi occupazione trascorrevo le giornate rintanato fra le mura domestiche, mummificato davanti alla tivù a guardare qualche ignobile film mandato in onda sui canali del digitale terrestre.
   L'azienda per cui avevo lavorato per quasi quindici anni aveva ritenuto più conveniente mettermi in regime di mobilità anziché riciclarmi in altre mansioni. Motivo? Riorganizzazione della rete aziendale e informatizzazione delle risorse.
   Il riordino aveva prodotto un esubero di personale e indotto l'azienda a disfarsi di quindici colletti bianchi. Sennonché per uno della mia età riciclarsi per trovare un nuovo impiego si era rivelata una impresa difficoltosa. Cosicché dopo un anno di mobilità ero ancora in attesa di una chiamata da parte dell'Ufficio del Lavoro che potesse risolvere il mio problema.
   Le giornate erano diventate lunghe e la sera tardava sempre ad arrivare. All'età di quarantacinque anni mi reputavo un fallito e terribilmente vecchio. Anche il rapporto con mia moglie si era guastato. Facevamo l'amore raramente, e il più delle volte Sabrina escogitava una scusa qualsiasi per non farlo.

   Mezzora dopo che mia moglie si era allontanata da casa mi infilai nel box della doccia. Mi aspersi di sapone liquido il corpo e mi ritrovai ad avere una erezione. Avevo voglia di scopare e l'erezione era una avvisaglia di questa voglia frustrata. Avrei potuto masturbarmi come mi ero abituato a fare da un po' di tempo, invece mi astenni dal farlo.
   Uscendo dalla doccia mi ritrovai a camminare nudo per l'appartamento senza preoccuparmi di essere visto attraverso le finestre spalancate da chi occupava gli appartamenti dirimpetto al mio, dall'altra parte della strada. Mi lasciai cadere su una poltrona e digitai il numero di Chiara sulla tastiera del telefono.
    La sua voce raggiunse il mio orecchio dopo pochi squilli.
   - Pronto!
   - Ciao! - dissi.
   - Ah, sei tu. - rispose fingendosi sorpresa.
   - Trascorsa bene la notte?
   - Uhm... sì, direi di sì.
   - Ho voglia di scoparti.
   - Eh?
   - Dicevo che ho voglia di fare l'amore con te.
   - Non ti basta tua moglie per soddisfare questa voglia?
   - Non fare la sciocchina sai bene che con lei scopo raramente.
   - Questo è quello che racconti a me.
   - Ma è la verità.
   - Mah!
   - Ci vediamo più tardi?
   - Non ho molto tempo libero a disposizione, ma se decidiamo di vederci il tempo lo trovo.
   - Al solito posto, alle dieci, va bene?
   - Sì.
   - Ciao!
 

* * * 

   Chiara l'avevo conosciuta al supermercato. Era stata lei a rivolgermi la parola suggerendomi di non acquistare la confezione di carne che stringevo nella mano. 
   - Osservi bene la data di confezione, vedrà che è di quattro giorni fa, ne prenda una con la data perlomeno di oggi.
   Approfittai della sua presenza per farmi consigliare il tipo di carne da acquistare. C'intrattenemmo a parlare per alcuni minuti, poi se ne andò via. Nei giorni seguenti, incontrandola fra le scansie dello stesso supermercato, scambiai più di un saluto e in poco tempo diventammo amici, fintanto che mi ritrovai a fare l'amore con lei nell'abitacolo della mia automobile.
   Stavo bene in sua compagnia e lei era a suo agio con me. Poco per volta incominciammo a fare l'amore quasi ogni giorno. Lo facevamo dove ci capitava, il più delle volte nei cessi dell'ipermercato, oppure sdraiati sui sedili della mia automobile in uno degli spazi con poca luce del parcheggio coperto del centro commerciale.
   Mi ero innamorato di Chiara senza desiderarlo, tuttavia piacevolmente soddisfatto che fosse accaduto. Ma cos'ero io per lei? Cosa? Questa domanda me l'ero posta più di una volta senza trovare una decente risposta.
   Non c'eravamo scambiati promesse d'amore e nemmeno obblighi l'uno per l'altra, ma l'amavo anche se ero conscio di non essere l'unico uomo con cui scopava. In più di una occasione mi ero ripromesso d'interrompere la nostra relazione. Se non l'avevo fatto era perché fare l'amore con lei era quanto di meglio sapeva offrirmi la vita dopo che avevo perso il lavoro.
   Una mattina mi confidò di avere sospeso, in comune accordo con il marito, l'assunzione della pillola anticoncezionale. Smaniava dalla voglia di restare incinta, motivo che l'aveva spinta a cessare d'avere rapporti sessuali con gli altri uomini, e quindi anche con me, per evitare di rimanere incinta di un maschio che non fosse il marito.

   Il nostro distacco fu breve, solo due settimane, poi riprendemmo a vederci come eravamo soliti fare, scopando nei gabinetti dell'ipermercato o in macchina, con soddisfazione di entrambi.
   Quando mi rivelò di essersi fatta scopare da un venditore di enciclopedie a cui aveva aperto la porta e fatto accomodare in salotto. Decisi che era giunto il momento d'interrompere il nostro rapporto e glielo dissi. 
   Non era la prima volta che poneva in atto dei tradimenti ai danni miei e del marito, ma non sopportavo che me lo raccontasse. Glielo dissi durante uno dei nostri incontri mattutini. Il suo volto si rigò di lacrime e solo allora compresi che ero importante per lei, anche se non lo assentì nemmeno quella volta.
   Smisi di frequentare l'ipermercato dove eravamo soliti incontrarci. Ma anche stavolta la nostra lontananza durò soltanto un paio di mesi. Riprendemmo a vederci come eravamo soliti fare. Seguitavo a essere senza lavoro e lei era l'unica cosa bella che avevo dalla vita.
 

* * * 

   Salii in macchina e guidai la vettura in direzione dell'ipermercato. Arrivai all'appuntamento con Chiara poco dopo le 10.00. Lei era ad attendermi a un tavolo della caffetteria, lo stesso che occupavamo abitualmente, e davanti a sé aveva una tazza fumante di caffè d'orzo.
   - Ciao! - dissi prendendo posto sulla sedia di fronte a lei. - Come va?
   - Bene... bene.
   - Cosa facciamo?
   - Non lo so, decidi tu.
   - Andiamo a fare un giro in macchina?
   - Va bene.
   La giornata nonostante l'ora era afosa e non tirava un alito di vento. Arrestai le ruote della vettura nel mezzo di una carraia, poche decine di metri dall'alveo del fiume, all'ombra di alcuni arbusti di gaggia.
   Chiara aveva smesso di parlarmi dei rapporti di sesso che intratteneva con altri uomini. A volte, nella mescolanza dei nostri corpi, mi era capitato di sentirmi chiamare con un nome diverso dal mio. Probabilmente non era consapevole di pronunciarlo quel nome, anche se era sempre lo stesso, ma non era quello del marito.
   Saltammo ogni preliminare e ci liberammo degli abiti. Ci ritrovammo nudi sdraiati sui sedili della automobile che avevo provveduto a ribaltare. Il corpo di Chiara era di una bellezza senza uguali, non mi era mai capitato di vederla bella e sensuale come quel giorno.
   La pelle, il viso, le tette, racchiudevano qualcosa di speciale e di seducente che non mi riuscì d'attribuire all'ambiente in cui ci trovavamo e alla voglia che avevo di scoparla. Presi l'iniziativa come succedeva ogni volta che ci appartavamo. A dire il vero non ricordo una sola volta in cui lei manifestò, per prima, con un gesto o una semplice carezza, la voglia di stringermi a sé.
   I seni sospesi al petto erano sodi e i capezzoli turgidi, affondai le labbra su di ognuno e li baciai entrambi in breve successione, poi cominciai a succhiarli come un lattante. Chiara mi accarezzò il capo intrufolandosi con le dita fra i capelli, stirandoli all'indietro. Le lambii la fica con la mano intingendo le dita nell'umore che sprigionava dalla piccola fessura.
   - Ti piacciono le mie tette? - disse mentre le succhiavo.
   - Da morire. - risposi distaccandomi dal capezzolo che tenevo stretto fra le labbra
   - Sì, davvero?
   - Certo... certo... ma lasciami tettare.
   Succhiarle le tette mi eccitava, lei lo sapeva bene, e pareva divertirsi nel tastarmi il cazzo mentre lo facevo accrescendo la mia eccitazione. La consistenza delle tette, piccole rispetto a quelle di mia moglie, era compatta e i capezzoli si mostravano turgidi e con la punta estesa. Fare l'amore in uno spazio risecato come quello di una autovettura era diventata un'abitudine a cui c'eravamo assuefatti. Limitavamo i movimenti dei corpi assumendo pose poco consone a quelle del kamasutra, ma di pari difficoltà stante l'esiguo spazio dell'abitacolo della Fiat Punto di mia proprietà.
   Supino, con le gambe distese, lasciai che Chiara si sistemasse col bacino sopra di me. Allargò le gambe attorno ai miei fianchi e poggiò le mani sopra le mie spalle. Chinandosi in avanti cominciò a strisciare il pube sul cazzo in piena erezione senza introdurlo nella vagina.
   Ansimava. Cazzo se ansimava! Era fradicia di sudore per i movimenti  che compieva con il bacino e il resto del corpo. Quando infilò il cazzo nella vagina, conducendolo con la mano, ne fui felice. Non desideravo altro che accompagnasse la cappella nel mezzo delle cosce per sentirmi appagato.
   Armonizzai le movenze del bacino a quelle del suo corpo che lei muoveva in avanti ruotando nello stesso tempo il pube, sollevando il culo di continuo, distendendo e piegando le braccia che teneva attaccate con le mani all'infossatura delle mie clavicole.
   Seguitammo a scopare in quella posa che a lei piaceva più di ogni altra fintanto che sopraggiunse l'orgasmo.
   - Vengo... Vengo... - dissi.
   L'avvertii dandole modo di levarsi da sopra il mio corpo prima che venissi nella vagina. Lei invece si strinse ancora di più a me impedendomi di scostarmi.
   - Non voglio... no... no. - gridò decisa.
   Pensai che stesse per raggiungere l'orgasmo e non volesse perdersi l'opportunità di procurarselo prima di guadagnare il distacco del cazzo. Ma il motivo era un altro: era incinta e poteva permettersi il lusso di essere riempita di sperma.
   - E me lo dici così?
   - Dovrei forse dirtelo in maniera diversa?
   - E' meraviglioso! - dissi sorpreso. Non mi era mai passato per la mente questa possibilità, anche se qualche mese addietro mi aveva informato lei stessa della volontà sua e del marito di concepire un figlio.
   - Lo so da una settimana, ma non sapevo come fare a dirtelo. 
   - Ah! E tuo marito come ha preso la notizia?
   - E' contentissimo!
   - E tu?
   - Io?
   - Sì, tu.
   Un lungo silenzio anticipò le parole che fecero seguito alla mia domanda.
   - Sono felice, in fondo era quello che desideravo da molto tempo.
   - E allora?
   - Eh? 
   Restammo a lungo abbracciati coricati sui sedili della vettura senza scopare. Dopo quella rivelazione il nostro rapporto non fu più lo stesso. C'incontrammo molte altre volte, poi gli incontri si diradarono fino a interrompersi all'approssimarsi del parto. Non la vidi più per molto tempo e non la cercai. Nemmeno lei mi cercò.
   Nel frattempo trovai lavoro presso l'ufficio commerciale di una azienda metalmeccanica che produce macchine per l'imbottigliamento.
   Di recente ho incontrato Chiara al supermercato. Era in compagnia del marito, un tipo insignificante seppure distinto. Lei ha fatto finta di non conoscermi. Fra le braccia teneva un bimbo che dovrebbe avere all'incirca un anno. Sì, un anno.

 

 

 
 

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