L'UOMO DEI CRISANTEMI
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

        Loris Bertolazzi, incriminato per diserzione e attività sovversive, fu arrestato dai miliziani delle Brigate Nere e condotto nel carcere di S. Francesco.
   Era il 6 novembre del 1944.
   Preso in consegna dai soldati tedeschi, insieme con altri disertori catturati dopo l'armistizio dell'8 settembre, fu rinchiuso in uno dei vagoni ferroviari per il trasporto del bestiame in partenza da Parma e condotto a Mauthausen, in Austria.
   Detenuto in quel campo di sterminio lottò con tutte le forze per sopravvivere e lo stesso fecero i suoi compagni di sventura. Cinque lunghi mesi durò la prigionia. Degli ottocentocinquanta prigionieri che presero posto sui vagoni ferroviari in partenza da Parma e Verona, avviati al campo di concentramento di Mauthausen, il giorno della liberazione, il 5 maggio del 1945, ne erano rimasti in vita soltanto diciassette. Loris era uno di questi sopravvissuti. 

   L'appartamento, un monolocale di trenta metri quadri, ubicato nel popoloso quartiere dell'Oltretorrente, assegnatogli dai Servizi Sociali del Comune dopo il ritorno a Parma, si rivelò sufficiente per le sue necessità.
   L'alloggio era privo di servizi igienici. Un cesso alla turca, posto a pianterreno, nel cavedio, era in uso comune con gli altri inquilini del caseggiato. Il cesso era un luogo lurido, con i muri deturpati da scritte eseguite con escrementi che nessuno si era mai preso la briga di pulire. Lui non se ne lamentava. Gli andava bene così, di brutture ne aveva viste di assai peggiori nel corso della vita.
   Muffe e tracce di umidità, sparse a macchia di leopardo, coloravano le pareti dell'alloggio messogli a disposizione dal Comune. L'arredo della stanza era circoscritto a un tavolo, un paio di sedie impagliate, un letto di ferro battuto, e una piccola credenza. Una stufa a legna e un lavandino, dove l'acqua scorreva quando i tubi non erano congelati, completavano le suppellettili della casa.

   L'unica finestra dell'alloggio si affacciava su Strada D'Azeglio, la via più rilevante dell'Oltretorrente. Il quartiere, ricco di storia come pochi altri in città, era il medesimo che nel 1921 aveva visto scatenarsi il terrorismo squadrista, ma in quella occasione i fascisti si erano trovati di fronte a un nemico agguerrito, deciso a resistere fino all'estremo delle forze. La gente dell'Oltretorrente si era mobilitata e aveva innalzato barricate e trincee per i borghi e le piazze. I combattimenti erano stati aspri, sanguinosi, violenti. Ogni volta che i fascisti, comandati da Italo Balbo, avevano tentato l'attacco alle postazioni degli Arditi del Popolo erano stati costretti a retrocedere, infine dopo cinque giorni d'assedio erano fuggiti dalla città lasciando sul selciato morti e feriti.

   Nascosto alla vista della gente, al riparo dietro i vetri della finestra, Loris vedeva la vita degli altri scorrergli davanti agli occhi. La sua invece si era spenta molto tempo prima.
   Dall'altra parte della strada, accanto al negozio di macelleria equina e quella del calzolaio, a una decina di metri dell'angolo con Borgo Bernabei, una cappa di fumo rendeva l'aria irrespirabile fra le mura dell'Osteria delle Botti frequentata da clienti, perlopiù alcolizzati, a tutte le ore del giorno e della sera.
   L'oste, un tipo con una gamba di legno, combattente della prima guerra mondiale, spacciava un vino scuro, dal colore molto simile al catrame, capace mandare in rovina il fegato alla maggior parte dei clienti.
   Il vino che Loris sorseggiava fra una sigaretta e l'altra, dietro le tende della finestra del suo alloggio, mentre cercava con gli occhi le facce crude degli avventori della taverna, intenti a bere nelle ciotole di terracotta e pasteggiare con cavallo pesto, era il medesimo che consumavano tutti loro.
   Loris si cibava una sola volta al giorno, a mezzogiorno. Il denaro che percepiva dal Comune come sussidio lo utilizzava per acquistare da bere e il tabacco da fumare. Lavorava quando tutti gli altri riposavano. Lo faceva la domenica, quando vendeva fiori davanti al cimitero Monumentale della Villetta. Un lavoro come tanti altri, ma dopo che era stato rinchiuso per molti mesi in un campo di concentramento gli erano sempre piaciuti i fiori, specie i crisantemi.
   Il giorno che l'appartamento, al primo piano dello stesso edificio che ospitava l'Osteria delle Botti, fu occupato da una coppia di giovani sposi, Loris prese a osservare i movimenti dell'uomo e della donna attraverso le finestre della loro abitazione, disinteressandosi di quanto succedeva nell'osteria come gli era accaduto in precedenza.
   Da un giorno all'altro si scoprì attratto da quella donna, dalla carnagione chiara e dai capelli fulvi che era solita raccogliere dietro il capo con dei fermagli. Gli piaceva stare a osservarla quando al mattino stendeva le lenzuola fuori dalla finestra, e riordinava il letto dove presumibilmente aveva fatto l'amore durante la notte.
   Incominciò a non perderla di vista scrutando, dalla propria abitazione, ogni movimento attraverso la finestra della cucina e della stanza da letto. Non sapeva il suo nome né da dove proveniva, ma incominciò a conoscere molte delle sue abitudini meglio del marito.
   Una mattina che la vide dinanzi alla specchiera dell'armadio, con un lembo della sottoveste sollevato, a scoprire il tessuto bianco delle mutande, intenta a guardarsi le gambe, si eccitò come non gli accadeva da tempo memorabile. Avvicinò la mano all'uccello e incominciò a masturbarsi. Nemmeno ricordava cosa si provava a toccarsi, ma venne quasi subito eiaculando nella mano. Dopo di allora prese a masturbarsi in modo regolare, nascosto dietro i vetri della finestra, scrutando i movimenti della donna, immaginando d'essere accanto a lei e toccarla.
   Una mattina si fece più audace. Nell'istante in cui la vide affacciarsi alla finestra prese la decisione di mostrarsi nudo. Spalancò la finestra e con il cazzo stretto nella mano, semicoperto dal bordo del davanzale, incominciò a masturbarsi. Lei si accorse di quanto Loris stava facendo, anche se il movimento della mano era celato dal parapetto. Non si mise paura, affatto, rimase a guardarlo mentre lui se lo menava, dopodiché scosse il capo e chiuse gli scuri della camera.
   Loris portò a termine la sega come si trattasse di un atto liberatorio eiaculando nella mano, poi pianse. Il peso soffocante dei ricordi che accompagnavano la sua esistenza lo angustiava dal giorno che aveva riacquistato la libertà. Gli sarebbero occorsi parecchi anni prima di rimettersi in salute e farsi una famiglia.
   Ventidue anni dopo la fine della guerra Loris tornò a fare visita al campo di eliminazione di Gusen. Del lager non c'era rimasta nessuna traccia, nel centro del paese era conservato soltanto il forno crematorio. Quello gli austriaci non erano riusciti a farlo sparire perché un cittadino francese, ex deportato come Loris, aveva comperato il terreno dove sorgeva il forno per non vederlo scomparire dalla memoria della gente come tutto il resto.

 

 
 

------------------------------------

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


.E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore.
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.