L'AUTOBUS DELLA LINEA 3
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
    Un denso strato di nebbia, presenza familiare nella stagione autunnale per l'intera pianura padana, nobilitava strade e piazze alla periferia della città. Mancavano pochi minuti alle otto quando, dopo avere fatto colazione, preso commiato dalla moglie, Giancarlo uscì dalla propria abitazione. 
  
    Nonostante fosse in pensione da un paio di anni aveva mantenuto intatta l'abitudine di alzarsi di buon ora, come quando si recava a lavorare in fabbrica.
   Una scodella colma di latte bollente, insaporita con malto d'orzo e scaglie di pane raffermo, cui era solito associarvi pane tostato su cui spalmare burro e marmellata, incarnava il pasto del mattino. 
   Anche stavolta l'abbondanza di zuccheri e carboidrati gli avrebbe conferito sufficiente energia per arrivare all'ora di pranzo, evitando di doversi fermare in qualche caffetteria per rifocillarsi con brioche e cappuccino.

   Appena ebbe oltrepassato il portone del condominio arrestò il passo. Sollevò il capo verso il cielo plumbeo, dopodiché si premurò di sollevare il bavero del trench per ripararsi dalla pioggerellina che bagnava la città. Infine si mise in cammino. 
   La fermata dell'autobus dove era diretto distava un centinaio di metri dalla sua abitazione. Percorse il breve tratto di strada a passo svelto, camminando sui marciapiedi, rasente le mura delle case, per ripararsi dalla pioggia, senza fare troppo caso alle persone che gli si facevano incontro.
   La pensilina in corrispondenza della fermata dell'autobus, al capolinea della linea 3, era occupata da un cospicuo gruppo di liceali che utilizzavano il mezzo pubblico per recarsi a scuola. I volti di quei ragazzi e delle ragazze erano noti a Giancarlo, infatti, aveva avuto modo d'incrociarli quasi tutte le mattine negli ultimi due anni, rimanendo turbato dalla prorompente bellezza di molte di quelle ragazze.
   Da quando sua moglie si rifiutava di avere rapporti sessuali con lui aveva cominciato a interessarsi alle altre donne, fantasticando su ciò avrebbe potuto fare se soltanto qualcuna di loro gli avesse permesso di avvicinarle. 
   Oramai erano lontani i tempi in cui, fidanzato con la donna che sarebbe diventata sua moglie, faceva l'amore anche tre volte al giorno. Dopo sposati avevano preso l'abitudine di scopare tutte le sere, sennonché, quando la famiglia si era allargata per la presenza di due figli, nati uno dopo l'altro nel volgere di soli due anni, trovare il tempo e lo spazio necessario per restare in intimità era diventato sempre più difficile. In pratica si erano ritrovati a fare l'amore soltanto una volta alla settimana, la domenica mattina, quando erano liberi da impegni di lavoro e potevano rimanere a letto per più tempo.

   Il sopraggiungere del climaterio della moglie e la conseguente secchezza vaginale avevano reso difficoltosi e dolorosi i rapporti sessuali, fintanto che lei non ne aveva più voluto saperne di scopare con lui. Era troppo il dolore che le provocava ogni volta che la penetrava. A nulla era servito cercare di convincerla a fare ricorso a un lubrificante oppure a qualsiasi prodotto idratante. Lei, poi, nemmeno aveva voluto saperne di succhiargli il cazzo o prenderlo nel culo, come sarebbe stato legittimo farlo per una qualsiasi altra coppia. Quella che Giancarlo aveva sposato era una donna molto religiosa, infatti, durante gli anni in cui erano stati insieme, non aveva mai voluto saperne di assoggettarsi a quel genere di pratiche sessuali, asserendo che prenderlo nel culo o succhiargli il cazzo erano atti contro natura e condannati dalla chiesa.

   L'autobus della linea 3 sopraggiunse alla fermata un paio di minuti dopo che Giancarlo aveva trovato riparo dalla pioggia, divenuta più insistente, sotto la copertura in plexiglas della pensilina.
   I primi a salire sul mezzo pubblico, appena si dischiuse la porta a soffietto nella parte posteriore dell'autobus, furono gli studenti maschi che, spintonandosi uno con l'altro, si guardarono bene dal dare la precedenza alle ragazze, ma soprattutto alle persone anziane.
   Giancarlo andò a occupare uno dei quattro sedili collocati nella parte posteriore del filobus, in posizione sopraelevata rispetto agli altri sedili disposti ai lati del corridoio centrale. Da quel punto di osservazione avrebbe potuto mantenere sotto controllo la maggior parte delle persone che salivano e scendevano dal mezzo pubblico. 
   Guardare con ammirazione le forme armoniose delle donne che di volta in volta salivano sull'autobus gli stava più a cuore che fissare lo sguardo sui loro volti. Nutriva una certa considerazione per un paio di belle gambe o le tette sode, ma più di tutto poneva particolare attenzione ai bei culi e alle cosce delle pin-up perché lo faceva stare bene. 
   In molte occasioni, eccitato dalla presenza di un certo tipo di donna, aveva infilato la mano nella tasca dei pantaloni e si era toccato l'uccello. Lo avrebbe fatto anche quella mattina se gli fosse capitato di scorgere fra i passeggeri la donna giusta, magari servendosi dell'impermeabile come copertura, tanto più che a colazione, prestando orecchio alle notizie del telegiornale, era venuto a conoscenza di una indagine clinica, condotta da una equipe di medici tedeschi, che avvalorava la tesi secondo cui lo stare a osservare per almeno dieci minuti al giorno dei seni prosperosi allungava la vita agli uomini. Questo perché l'eccitazione sessuale, provocata da un generoso decolleté, a loro dire, migliorava la circolazione del sangue e poteva assimilarsi a circa 30 minuti di attività fisica aerobica.

   Da quando era in pensione trascorreva l'intera mattina sull'autobus della linea 3, lasciandosi andare a osservare le donne che salivano e scendevano dal mezzo pubblico, apprezzando le fattezze dei corpi femminili, ostinato nel toccarsi l'uccello, traendone quindi un salutare beneficio.
   L'autobus, dopo che Giancarlo ebbe trovato posto su un sedile, incominciò a muoversi. L'autista abbandonò il capolinea del quartiere S. Lazzaro e prese la direzione del centro città percorrendo la strada tutta diritta dell'antica Via Emilia.
   Il mezzo pubblico impiegò poco meno di mezzora a raggiungere l'altro capo della città. Giancarlo non scese a terra alla sosta del capolinea situata al quartiere della Crocetta, rimase seduto al posto che aveva occupato quando era salito sul bus. Dopo una sosta di una decina di minuti l'autista riprese la corsa in senso inverso conducendo l'autobus sino a S. Lazzaro.
   Giancarlo seguitò a spostarsi da un lato all'altro della città senza mai abbandonare il sedile che aveva occupato dal primo mattino. Più volte gli capitò di scambiare un saluto e più di un sorriso con donne di una certa età. La storia relativa alla sua quotidiana presenza sull'autobus, senza essersi mai azzardato a importunare nessuna donna, si era sparsa fra i passeggeri che abitualmente salivano sull'autobus della Linea 3. Tutte le donne lo consideravano un uomo misterioso, di bell'aspetto, ma soprattutto ricco di fascino.
   Mancavano pochi minuti a mezzogiorno. L'autista del bus stava portando a termine l'ennesima corsa verso il capolinea di S. Lazzaro quando una donna di mezza età, formosa e seducente, la stessa che in più di una occasione aveva portato a eiaculare Giancarlo, salì sul mezzo pubblico alla fermata di Piazza Garibaldi. 
   Fra lei e Giancarlo ci fu un sottile gioco di sguardi, come succedeva da parecchie settimane. Tutt'a un tratto le labbra della donna si schiusero in un generoso sorriso che lui contraccambiò. 
   Sorprendendolo non poco gli si avvicinò, tolse da una borsa una rosa rossa dal gambo lungo, privo di spine, e gliela porse. 
   Paralizzato dal gesto della donna, Giancarlo ebbe un attimo di esitazione, dopodiché allungò la mano e afferrò il gambo del fiore prediletto da Venere. Avvicinò i rossi petali alle narici e annusò intensamente il profumo che emanavano.
   - L'ho scelta apposta per te. - disse la donna che prima di allora non si era mai azzardata a parlare con lui.
   Quella fu l'ultima volta che Giancarlo incrociò lo sguardo di quella donna. Il giorno seguente non salì sull'autobus delle Linea 3, cambiò tragitto e praticò quello della Linea 8.
   Seguitò per qualche anno a salire e scendere dagli autobus della città, toccandosi l'uccello mentre guardava culo e tette delle donne fintanto che, in un freddo mattino d'inverno, un passeggero notò la presenza, apparentemente inanimata, del suo corpo su uno dei seggiolini dell'autobus. 
   Il conducente del mezzo pubblico, prontamente avvisato, arrestò senza alcuna esitazione l'autobus, ma non gli restò altro da fare che costatare la morte del passeggero. Giancarlo stava con la mano infilata nella tasca dei pantaloni e il viso abbassato. Il responso dell'autopsia rivelò che era stato colto da ictus cerebrale emorragico. Il modo migliore per morire.

 

 

 
 

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