La
caffetteria "Le More", là
dove ho appuntamento con Erika, dista
soltanto un paio d'isolati. Affretto il
passo, rasentando le mura delle case,
per ripararmi dalle gocce di pioggia che
hanno cominciato a cadere sulla
città. All'appuntamento sono in
anticipo di una decina di minuti, questo
perché è mio desiderio arrivare per
primo alla caffetteria in modo da
perdermi a guardare il suo arrivo quando metterà
piede nel locale.
L'ho conosciuta
durante il periodo di degenza di mio
padre in ospedale. In quel luogo di
patimenti e dolore è stata l'unica
delle infermiere a darmi conforto
quando i medici, in modo alquanto
sbrigativo, mi hanno messo al corrente
della malattia degenerativa che ha fatto
ammalare mio padre.
Erika è entrata nella mia
vita come un raggio di sole durante un
giorno di pioggia, e mi ha riscaldato il
cuore. Un pomeriggio, mentre ero
affaccendato ad accudire mio padre nei
suoi bisogni fisiologici, Erika è
entrata nella camera di degenza. Si è
avvicinata al letto e mi ha chiesto se
avevo bisogno della sua presenza, poi mi
ha chiesto se avevo voglia di bere un
caffè insieme a lei.
Ho accolto di buon grado
l'invito e l'ho accompagnata al
distributore di bevande sistemato
nell'androne della clinica.
Mentre sorseggiavamo la bevanda calda,
in piedi davanti al distributore, ho
parlato a lungo dei miei problemi, poi
lei si è soffermata a raccontarmi del
suo ex ragazzo, e della storia, durata
un paio di anni, a cui aveva messo fine
soltanto da un paio di mesi dopo avere
scoperto che la tradiva con un'altra.
"Un amore
interrotto è come un ti amo scritto su
un vetro appannato. Si dissolve piano
piano lasciando dietro di sé l'alone di
un bellissimo ricordo. Nel mio caso
tutto quello che mi è rimasto è
soltanto tanta rabbia perché mi sono
sentita presa in giro da lui".
Erika ha pronunciato queste
parole mentre facevamo ritorno in
corsia, subito dopo avere consumato il
caffè, intenerendomi non poco con
quelle parole. Una volta raggiunta la
stanza di degenza che ospitava mio padre
le ho chiesto il numero del suo
cellulare. Lei non ha esitato a darmelo,
così ieri sera, dopo un po' di giorni
che meditavo di chiamarla, le ho
telefonato.
Abbiamo seguitato a
chiacchierare al telefono per una buona
mezzora, fintanto che, dietro mia
sollecitazione, abbiamo concordato un
appuntamento alla caffetteria "Le
More".
La pioggia si è fatta più
insistente. L'avere raggiunto in
anticipo la caffetteria si sta rivelando
una fortunata coincidenza, infatti, se
avessi tardato qualche minuto a uscire di casa a quest'ora sarei bagnato
fradicio.
Mentre entro nel locale
penso che se il destino abbia voluto che
incontrassi Erika, insieme a tutto
quello che mi è accaduto prima di
conoscerla, anche la malattia di mio
padre mi è servita per
condurmi a lei.
Prendo posto a un tavolo
situato in prossimità di una vetrata
che si affaccia sulla strada, da lì
potrò vederla arrivare. Al gestore della
caffetteria, impegnato dietro il bancone
alla macchina per il caffè, chiedo di
servirmi un espresso e resto in attesa
al tavolo.
°
° °
La pioggia si è trasformata in diluvio.
Le spazzole del tergicristallo asportano
a fatica le gocce di pioggia che
tamburellano con insistenza sul
parabrezza della Mini Cooper. Procedo
lentamente districandomi nel caotico
traffico di automobili che, a causa
dell'improvviso acquazzone, ingorgano i
viali della città. All'appuntamento
arriverò con qualche minuto di ritardo
e di questo ne sono rammaricata. Lorenzo
è un uomo eccezionale, dalle qualità
non comuni, l'ho percepito a pelle dalla
delicatezza e dall'amore con cui ha
accudito il padre durante il periodo di
degenza in clinica. Uomini come lui
oggigiorno sono rari.
Quello a cui vado incontro
è un appuntamento che ho desiderato da
molti giorni, fintanto che Lorenzo si è
deciso a telefonarmi. Chissà che
effetto gli farò quando mi vedrà.
Scambieremo un doppio bacio sulle
guance? Mi stringerà a sé? Boh! E se
osasse palparmi il culo mentre ci
sfioriamo come reagirò? Eppure
tremo al pensiero che lo possa fare. Nel
caso si azzardasse a palpeggiarmi
significherebbe che mi giudica una donna
facile, ma spero che ciò non accada.
Ormai è da un paio di mesi
che non faccio sesso con un uomo.
Durante tutto questo tempo ho appagato
il mio piacere in modo solitario,
masturbandomi con il getto d'acqua del
doccino, ma addosso ho una voglia matta
di scopare. Se mi fosse concesso mi
piacerebbe presentarmi davanti a Lorenzo
completamente nuda, con ai piedi
soltanto un paio di scarpe ballerine,
dopodiché gli scaraventerei addosso uno
sguardo voglioso e lo trascinerei dentro
il bagno della caffetteria. Rinchiusa
dentro uno dei gabinetti lascerei che mi
saccheggiasse il corpo a suo piacere,
felice di essere preda ambita delle sue
mani invadenti. Sì, farei così.
In prossimità del semaforo
situato all'incrocio con Via Paganini le
automobili che mi precedono arrestano la
corsa. Ne approfitto per liberarmi della
giacca. In tutta fretta sfilo la
camicetta e subito dopo mi libero del
reggiseno, sbalordendo il conducente del
Bmw che affianca, alla mia sinistra, il
Mini Cooper di cui sono al volante.
L'uomo mi guarda con occhi increduli
alla vista del mio petto nudo
ingentilito da una collana coloratissima
e spiritosa. Gli lancio un sorriso
adescatore e indosso la giacca sulla
pelle nuda, appena prima che le
autovetture che ci precedono riprendano
a muoversi.
°
° °
La caffetteria "Le More" è
situata in un vicolo cieco a due passi
dalla torre campanaria della cattedrale.
E' stata Erika a fissare l'appuntamento
in questa luogo a me del tutto
sconosciuta. Oramai è trascorso più di
un quarto d'ora da quando ho messo piede
nel locale e ancora non si è fatta
vedere. Nemmeno si è presa la briga di
avvertirmi sul cellulare per
giustificare il ritardo.
Seduto a un tavolo mantengo
lo sguardo fisso al di là della
vetrata, sulla strada, dove la pioggia
si è fatta più intensa. Forse è questa la
ragione del suo ritardo. E' ciò che
penso mentre giro lo sguardo verso la
porta d'ingresso del locale nel momento
in cui fa capolino una coppia di
ragazze, dopodiché, deluso, ritorno con
gli occhi sulla tazza di caffè. Giuro
che non mi volterò più a guardare chi
entra. Rimarrò qui in attesa e basta.
Accidenti!
°
° °
In prossimità del Ponte di Mezzo
allento la pressione sul pedale
dell'acceleratore. Le lancette
dell'orologio, sistemato nel cruscotto
della Mini, hanno superato le 18.00 da
una decina di minuti. A quest'ora sarei dovuta essere in compagnia di
Lorenzo e invece sono rimasta
imbottigliata nel traffico. Ancora un
paio isolati e sarò lì, da lui, non
vale nemmeno la pena che gli telefoni
per avvertirlo del ritardo.
Mentre guido sfilo le
mutandine e le abbandono,
appallottolate, sul sedile accanto a
quello che occupo. Non so perché l'ho
fatto, sta di fatto che senza quelle
addosso mi sento più a mio agio. A
Valerio, il mio ex, piaceva che mi
presentassi a ogni nostro appuntamento
senza le mutandine, diceva che ero più
fica e lo eccitavo da morire. Che
stronzo!
Negli ultimi tempi mi ha
minacciata di diffondere su internet un
video che ci ritrae mentre scopiamo.
Dice che lo farà se non ritorno insieme
con lui. Sbaglia di grosso se pensa
d'intimorirmi con questo genere di
minacce. Mi lascia indifferente che qualcuno possa vedermi
nuda mentre faccio l'amore con un uomo.
Un fatto simile mi è accaduto di
recente quando, al matrimonio di Marta,
una delle mie migliori amiche, ho
scopato con Roberto; suo fresco sposo.
E' accaduto alla fine del
pranzo, dopo che tutti gli ospiti
avevano consumato la torta nuziale. Io e
Roberto ci siamo incrociati in modo del
tutto casuale nei bagni del ristorante.
Non so bene come sia potuto accadere,
anche se in passato abbiamo avuto una storia
durata una sola notte, sta di fatto che
durante il pranzo avevo bevuto parecchio
e non ero per niente sobria, così non
ho avuto la forza di ribellarmi quando
si è inginocchiato ai miei piedi, mi ha
sollevato la gonna, e mi ha costretta a
offrirgli il mio sesso aperto. Ha
cominciato a leccarmi fra le cosce,
scostando le mutandine, e io non ho
potuto fare a meno di premergli la testa
verso la vagina decisa a non farlo
smettere.
Dopo un po' che leccava mi
ha sollevato di peso le natiche e mi ha
costretta a sedermi sul lavandino. E'
entrato dentro di me col cazzo e io non
ho saputo fare altro che spingere con i
talloni, bene attorcigliati intorno ai
suoi fianchi, per attirarlo in profondità
nella vagina.
Tutt'a un tratto, avvertita
da qualcuno che ci ha visti intenti a
scopare, Marta ci ha scoperti all'apice
di un orgasmo devastante ed è scappata
via piangendo. Mi spiace che la nostra
amicizia, dopo quanto è accaduto, sia
naufragata in quel modo, ma se mi
dovesse succedere di ritrovarmi in
quella medesima situazione sono certa
che lo rifarei da capo.
°
° °
Erika mi ha dato buca. Ha mezzora di
ritardo e ancora non si è fatta vedere.
Ho provato a rintracciarla, chiamandola
sul cellulare. Ho fatto diversi
tentativi, ma ogni volta l'apparecchio
è risultato irraggiungibile. Rimarrò
incollato sopra questa sedia fintanto
che avrà cessato di piovere dopodiché
me ne andrò a casa. Merda! Se non fosse
perché Erika mi intriga moltissimo
sarei già scappato via. Ma non voglio
rinunciare a lei ancora prima di avere
fatto la sua intima conoscenza.
Sino a oggi non era mai
accaduto che una donna mi desse buca.
Forse non si sente sufficientemente
attratta da me, oppure ha ricevuto
proposte più interessanti della mia. E'
anche possibile che il ritardo sia
intenzionale e possa servirle a testarmi
per vedere come reagisco. Mah!
Più tardi, dopo cena, le
telefono e le chiedo delle spiegazioni.
Stavolta, se davvero le interesso,
voglio che sia lei a lanciarmi l'idea di
un nuovo appuntamento. Se invece prende
tempo e pronuncia frasi del tipo "Ci
vediamo un'altra volta..."
senza dirmi quando, oppure "In
questi giorni sono piuttosto incasinata
coi turni di lavoro, mi farò sentire io
quando sarò libera", allora ciò
starà a significare che non le
interessa uscire con me, e mi ha dato
buca di proposito.
Dall'età di quattordici
anni ho lasciato che fossero i testicoli
a decidere per me, oggi sono giunto alla
conclusione che i miei testicoli non ci
capiscono un cazzo!
°
° °
Dopo avere girovagato a lungo per le
strade attorno alla cattedrale, trovo un
buco dove parcheggiare la Mini
lasciatomi libero da un Bmw che si
allontana in tutta fretta. Mi infilo in
retromarcia nello spazio delimitato
dalle righe blu, spengo il motore, e
sono pronta ad abbandonare la vettura.
Apro l'ombrello e a passo
svelto mi dirigo alla caffetteria dove
ho appuntamento con Lorenzo. Mentre
cammino gli orecchini mi ciondolano e mi
danno noia alle orecchie. Vorrei
cancellare dalla mente il ricordo degli
amori che ho avuto in passato, buoni o
cattivi che siano, ma non ci riesco per
il semplice fatto che il passato non ha
nessuna voglia di chiudere con me. Sono
consapevole che non posso seguitare a
portarmi appresso i ricordi degli amori
che ho avuto nel corso della mia vita
perché sarebbe il modo migliore per non
crescere. Cosa cerco? Un attimo che
valga una vita. Ma sbaglio quando penso
di avere dinanzi a me tutto il tempo che
voglio, perché in realtà il tempo non
esiste, il tempo è soltanto una grande
illusione anche se troppo spesso faccio
di tutto per dimenticarlo.
°
° °
Da più di mezzora sto seduto a un
tavolo della caffetteria. Dalla vetrata,
ormai parzialmente appannata, insisto a
guardare le gocce di pioggia che
zampillano come proiettili nelle
pozzanghere d'acqua formatesi a ridosso
del marciapiede. Ora che Erika mi ha
dato buca, non posso fare a meno di
pensare che la vita non è altro che una
eterna scommessa. Restare ancora in
attesa è come aspettare la pioggia
durante la siccità, inutile e
deludente, anche se il paragone non si
confà con il nubifragio che si è
abbattuto nell'ultima mezzora sulla città.
°
° °
La pioggia sta scemando
d'intensità. Al riparo dall'ombrello,
recuperato dal sedile posteriore della
Mini, sono prossima a raggiungere la
caffetteria dove non sono per niente
certa di trovare Lorenzo ad aspettarmi.
Per colmo di sventura quando mi sono
decisa a telefonargli, per rassicurarlo
del mio ritardo, mi sono accorta che il
cellulare aveva le batterie scariche, ed
ero impossibilitata a
ricevere una sua telefonata nel caso
assai probabile mi abbia cercata. Faccio
il mio ingresso nella caffetteria e mi
guardo intorno delusa.
Inquadro la figura di
Lorenzo a un tavolo vicino alla vetrina.
Mi sorprendo nel costatare che se ne sta
lì in attesa, e non è fuggito via come
avrebbe fatto qualunque altro uomo al
suo posto. Ma lui è diverso da tutti
gli altri uomini, l'ho intuito quando ho
fatto la sua conoscenza durante la
degenza del padre in ospedale. Un velo
di tristezza impolvera il suo viso e la
cosa non mi stupisce, affatto, perché
questa è una delle ragioni che più mi
hanno attratto della sua persona. Mi
avvicino al tavolo che occupa da solo e
gli sono davanti.
°
° °
Nella mano stringo la tazza di caffè.
E' il terzo espresso che bevo da quando
sono seduto a questo tavolo. L'aroma della bevanda
sta svanendo con l'ultimo sorso. Avverto
il rumore di passi e inaspettatamente mi
ritrovo Erika davanti a me. Si china per
baciarmi sulla guancia, facendomi vedere
il petto nudo sotto la giacca che si
schiude davanti ai miei occhi. Se la
presenza di Dio è nei dettagli, allora
i capezzoli sono i dettagli più belli.
Contraccambio il gesto e con il sangue
in subbuglio la bacio anch'io sulle
guance. Lei non accenna a giustificare
il ritardo, sorride soltanto e questo mi
basta. Si mette seduta, accavalla le
gambe e la gonna si arriccia su se
stessa. Per un attimo intravedo il
cespuglio di peli scuri che mostra fra
le cosce, e mi viene da pensare che in
questa vita è possibile andare in
paradiso ancora prima di morire.
°
° °
Sono certa che ha intravisto la mia topa
mentre accavallavo le gambe. Soltanto un
indistinto velo ci separa. Un velo che
mi nasconde i capezzoli, accessibili e
disponibili, e la fica bagnata. Ho fame
del suo cazzo, ma soprattutto ho voglia
di essere leccata.
Succhiare, mordere, leccare
è tutto quello che voglio dare e
ricevere da lui oggi. Mi piacerebbe
tenergli stretta la testa fra le mani
mentre mi succhia fra le gambe, e mi
strizza forte i capezzoli con le dita.
Fammi godere, ti prego, ti prego. A
occhi chiusi.
°
° °
- E tu cosa vuoi dalla vita? Cosa
cerchi? - le chiedo dopo un po' che
conversiamo. Lei disgiunge le labbra
adescatrici, degne di essere esposte in
una sala del Louvre, e mi avverte.
- Un attimo che valga una
vita.
|