GLI AMANTI COME LE API 
VIVONO NEL MIELE 

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Il treno intercity, proveniente da Milano e diretto a Roma, su cui Silvia viaggiava, giunse alla stazione di Parma poco prima delle otto di sera con dieci minuti di ritardo sull'orario previsto. A quell'ora la stazione ferroviaria, malamente illuminata, era avvolta da una fitta coltre di nebbia. La banchina prospiciente il binario numero 3 dove la motrice, sbuffando, arrestò docilmente la corsa, era affollata da un discreto numero di persone infreddolite per la prolungata attesa. 
   Nel silenzio che seguì l'arresto del convoglio Lorenzo percepì il rumore delle porte di alcune carrozze che si aprivano. Un certo numero di persone scese di fretta dal treno mentre altre abbandonarono la banchina per prendere posto sulle carrozze. Tutt'a un tratto, confusa nella fitta coltre di nebbia, scorse la figura di Silvia intenta a scendere da una carrozza. Affrettò il passo per andarle incontro compiendo dei cambiamenti di direzione per eludere l'ostacolo delle persone che gli si facevano incontro occupando la banchina. 
   Silvia gli apparve in tutta la sua straordinaria bellezza. Sotto la pelliccia di visone, mantenuta volutamente sbottonata, non poté fare a meno di volgere lo sguardo sugli stivali di pelle nera, lucidi, con tacchi altissimi e sottili, naturale prolungamento delle cosce lisce e nude, parzialmente celate da una minigonna, che davano lustro alla sua figura di donna. 
  Il modello di stivali da lei indossati, estesi sino sopra il ginocchio, erano piuttosto appariscenti. Li aveva scelti apposta per l'occasione, conscia che a Lorenzo sarebbero piaciuti da impazzire perché, molto più delle parole, simboleggiavano il desiderio di essere desiderabile agli occhi degli uomini, ma soprattutto da lui.
   Il rumore dei tacchi che calpestavano la banchina si fece più insistente mano mano che Silvia si avvicinava a Lorenzo. Quando i loro sguardi s'incrociarono a lui bastò poco per capire quali fossero i pensieri che frullavano nella testa dell'amante. Silvia arrestò il passo a pochi passi da Lorenzo e rimase immobile lasciando che fosse lui a riempire la breve distanza che li separava. Si guardarono dritti negli occhi, si scambiarono un sorriso, e si abbracciarono premendo il cuore contro il petto dell'altro, infine scambiarono un tenero bacio scaldandosi con i brividi di calore che emanavano i due corpi. Non proferirono una sola parola lasciando che fossero gli occhi, il respiro, l'odore della pelle, e le carezze a svelare il desiderio di piacersi che li accomunava. 
   Il tepore del respiro della bocca di Silvia alitava al pari di una brezza calda contro il viso di Lorenzo che, d'impulso, dischiuse le labbra abbandonandosi alle sue fantasie e lasciò che il tocco umido della lingua della donna lo penetrasse confezionandogli un bacio alla francese. Dall'intensità di quel bacio Lorenzo percepì quanto fosse consistente la voglia di Silvia d'essere posseduta. Gli apparteneva di un amore senza confini, totalmente sottomessa e asservita alle sue voglie di maschio, e di questo ne era consapevole e ne godeva.
   Sfidando lo sguardo indiscreto dei viaggiatori in transito sulla banchina seguitarono a scambiarsi calorose effusioni, confusi nella nebbia, contenendo a stento la voglia di scopare, baciandosi quasi sino a perdere i sensi per la mancanza di ossigeno. Soltanto quando il treno riprese la corsa, diretto verso Roma, Lorenzo prese sottobraccio Silvia e insieme abbandonarono la banchina per infilarsi nel sottopassaggio che li avrebbe condotti all'uscita della stazione ferroviaria.
   - Ricordi il giorno in cui ci siamo conosciuti? - disse Silvia mentre attraversavano il piazzale antistante la stazione ferroviaria.
    L'autovettura con cui avrebbero raggiunto l’albergo che li avrebbe ospitati per tutta la notte era parcheggiata in una via poco distante, ed era lì che erano diretti.
   - Sì.
   - E non sai dire nient'altro?
   - Nella memoria ho ancora impresso l'immagine del culo di una bellissima ragazza, con i capelli lunghi e neri, che andava di fretta ticchettando sull'asfalto del marciapiede proprio davanti a me.
   - E poi?
   - Sino ad allora non sapevamo nulla uno dell'altra. Due perfetti sconosciuti, ecco quelli che eravamo.
   - Eppure non hai perso molto tempo per abbordarmi.
   - E' successo mentre eravamo tutt'e due fermi a un semaforo in attesa che cambiasse al verde, giusto?
   - Ti sei rivolto a me senza nemmeno presentarti. Hai detto che era la terza volta che ti imbattevi nella mia persona nel corso di quella settimana e non poteva essere un caso. Era poi vero? Me lo sono chiesta parecchie volte.
   - Ne dubiti?
   - In quella occasione l'ho creduto per davvero, anzi a distanza di tempo penso che era scritto nel nostro destino che ci conoscessimo.
   - Dopo quella rivelazione mi hai sorriso come se non fossi stupita dal modo in cui avevo cercato di rimorchiarti.
   - Appena il semaforo è passato al verde abbiamo ripreso a camminare, rimanendo fianco a fianco sul marciapiede. Non ricordo quello che mi hai detto per convincermi a entrare nella elegante caffetteria in cui siamo incappati lungo la strada. Seduti attorno a un tavolino abbiamo consumato un caffè e poi un altro ancora. Dopo un po' ci siamo ritrovati a parlare a sommi capi della nostra vita. L'impressione che ne ho tratto, dopo un po' che parlavamo, è stata di due persone che si conoscevano da tempo memorabile perché i tuoi sogni erano molto simili ai miei.
   - Dall'anello nuziale che portavi al dito mi è stato subito chiaro che eri una donna impegnata, ma l'istintiva attrazione che ho provato verso di te mi ha spinto a non farci troppo caso. Ho dato ascolto all'istinto e ho seguitato a farti il filo.
   - Infatti, non hai perso tempo perché lì per lì hai messo in atto un piano per conquistarmi, tentandomi come nessun altro uomo aveva fatto prima di te. 
   - Alla terza tazzina di caffè mi è venuta addosso una grande voglia di scoparti e non ho esitato a dirtelo.
   - Colpa della troppa caffeina?
   - Non so come ho fatto a tirare fuori le parole giuste per convincerti a seguirmi nel bagno della caffetteria. Boh!
   - Mi hai catturato con il tuo sguardo da seduttore, probabilmente.
   - Scherzi?
   - Affatto! Sto dicendo sul serio. Quello che ho pensato nel momento in cui mi hai rivolto quella proposta indecente è stato di non farmi sfuggire l'occasione di fare del sesso con un uomo straordinariamente affascinante. Un tipo d’uomo che probabilmente non avrei più avuto occasione di incontrare.
   - Quando mi sono alzato dal tavolo diretto al bagno mi hai seguito dappresso come una cagna che sniffava i miei odori.
   - Dopo averti ascoltato desideravo che toccassi il mio corpo in ogni piega, leccandomi ogni centimetro di pelle, mordendomi la carne. Ti pare strano?
   - Invece non ho fatto niente di tutto questo, vero?
   - Sì, cioè no...
   - Appena dentro il cesso ti sei posta con la schiena contro una parete e sei rimasta in attesa che prendessi l'iniziativa, ma non l'ho fatto.
   - E' vero.
   - Non ho smesso un solo istante di guardarti negli occhi, poi ti ho preso una mano e, dopo averla condotta sulla patta dei miei pantaloni, ti ho chiesto di liberare i bottoni dalle asole. Hai dato seguito alla mia richiesta e lo hai fatto con calma, slacciando bottone dopo bottone, fintanto che hai infilato la mano nella patta e hai attraversato l'apertura dei boxer, poi hai stretto nella mano il cazzo.
   - Ho faticato non poco a farlo uscire da lì turgido com'era. 
   - Sì, è vero, però non hai esitato un solo istante a fare scorrere la mano avanti e indietro per menarmelo. 
   - E tu hai infilato le mani sotto la mia maglietta e lasciato cadere le dita sulle tette dopo avere sollevato il reggipetto. Subito dopo hai cominciato a stropicciarmi con violenza i capezzoli.
   - Davvero?
   - Eh, sì, lo ricordo bene perché mi hai fatto male.
   - Non lo ricordo.
   - Ti dico che è stato così, credimi.
   - Non ti sei accontentata di menarmelo, mi hai slacciato la cintura dei pantaloni e hai lasciato che cadessero sul pavimento insieme ai boxer. Questo lo ricordi?
   - Probabilmente è capitato questo che racconti. Se lo dici tu sarà vero, non lo metto in dubbio.
   - Una cosa che ricordo bene è che non indossavi gli slip. Così quando ti ho abbrancato le natiche sollevandoti di peso, avvicinandoti a me, mi hai stretto le braccia intorno al collo e hai incrociato le gambe intorno i mie fianchi, allora ho spinto il cazzo dentro di te e ti ho sentita fremere di piacere. Ce l'avevi  bagna fradicia la figa mentre te lo ficcavo tutto dentro.
   - Mi hai scopata con una violenza inaudita. Quella scopata si è rivelata qualcosa di unico perché non avevo mai provato una simile eccitazione. Hai seguitato a spingermelo dentro dandomi persino l'impressione di farlo vibrare mentre lo muovevi fuori e dentro il mio sesso prima che l’orgasmo mi facesse perdere i sensi.
   - Beh, adesso non esagerare.
   - Lo giuro! Mica racconto balle, perché dovrei farlo?
   - Più che perdere i sensi hai stretto le cosce trattenendo il cazzo dentro di te in una esplosione di piacere.
   - Dici?
   - Ho appena fatto in tempo a tirarlo fuori prima di sborrarti dentro la vagina quando ho raggiunto l’acme della eccitazione sessuale.
   - Avresti potuto lasciarmelo tutto dentro inondandomi la vagina col tuo sperma, tanto assumo la pillola anticoncezionale.
   - Beh, mica potevo saperlo.
   - Sei un gentiluomo, avresti potuto comportarti da mascalzone e non lo hai fatto.
   - Hai abbassato la gonna e te ne sei fuggita via lasciandomi da solo dentro quel cesso con le braghe abbassate, senza nemmeno dirmi qual era il tuo nome.
   - Te lo detto, cazzo! Avevo solo voglia di soddisfare una voglia, mica d'impegnarmi in una storia e crearmi un amante.
   - Invece non sei riuscita a tenere fede al tuo proposito.
   - E non ne sono pentita.
   - Però devi ammettere che se non fosse stato per la mia caparbietà tu non mi avresti più cercato, vero?
   - Boh, chissà!
   - Per tre lunghi mesi ho messo sottosopra la città sperando d'incontrarti. E' una vera fortuna che Parma sia abbastanza piccola perché in una metropoli non ti avrei mai ritrovata.
   - Altrimenti per quanto tempo avresti seguitato a cercarmi?
   - All’infinito.
   - E ti aspetti che ci creda?
   - Sì. - disse Lorenzo carezzandole il viso.
 
   Una volta abbandonato il piazzale antistante la stazione ferroviaria raggiunsero l’automobile parcheggiata in un vicolo poco distante. Un continuo susseguirsi di visioni lussuriose popolavano la mente inquieta dei due amanti nella prospettiva che dà lì a poco sarebbero diventate concrete. Appena ebbero preso posto nel Bmw Silvia si premurò di accendere l'autoradio che sintonizzò sulle frequenze di Radio Deejay. Le note trascinanti di un blues colorarono l’abitacolo di una profusione di colori, piccante preparazione agli amplessi che avrebbero consumato da lì a poco. 
   Era trascorso più di un anno da quando Silvia si era trasferita con il marito a Milano. Da allora le occasioni per fare l’amore con Lorenzo si erano assottigliate, ma nello stesso tempo la lontananza aveva fatto crescere in entrambi la voglia di rivedersi. Silvia approfittava dei frequenti viaggi all'estero del marito, ricercatore universitario, per fare ritorno a Parma, con la scusa di fare visita alla madre, e incontrare l’amante. Lorenzo non aveva bisogno di inventarsi delle scuse per allontanarsi di casa stante i frequenti turni di reperibilità notturna cui era costretto come chirurgo in ospedale.

   L'albergo dove avrebbero trascorso la nottata si trovava in prossimità del casello dell'autostrada che conduceva al mare. Quando si presentarono alla reception, accolti dal concierge, persona di riferimento per le relazioni fra i clienti e i servizi interni dell'albergo, non ebbero bisogno di esibire il documento d’identità. Difatti, salutandoli, il concierge gli consegnò senza perdere tempo la tessera magnetica destinata ad aprire la porta della camera che li avrebbe ospitati e augurò la buonanotte.
    Una volta raggiunta la camera Lorenzo tolse dalla borsa 24 ore un paio di manette, bende, frustini, vibratori e altri aggeggi erotizzanti che depositò sul ripiano di un scrittoio. Se ne sarebbe servito durante i giochi erotici che lui e Silvia avrebbero messo in pratica durante il soggiorno in quella stanza d'albergo, certo che anche stavolta, come nelle altre circostanze, si sarebbe eccitato nel procurare all’amante un certo numero di orgasmi multipli.

   Nuda, coricata sul letto, seni gonfi all'inverosimile per la forte eccitazione, Silvia era in attesa che Lorenzo prendesse posto accanto a lei. Lui invece sembrò prendere tempo trattenendosi a distanza di qualche passo dal letto, mantenendo lo sguardo fisso verso il pube della compagna.
   - Dai, stupidino, prendi posto qui accanto a me. Lo so che hai voglia di giocare. C'hai il cazzo in tiro! E io ho una voglia che incominci a prendere a schiaffi il mio corpo. Non ti va? Sbaglio?
   - Dopo tre anni che stiamo insieme dovresti sapere quali sono i giochi che mi piace mettere in pratica con te.
   - Uhm… non si finisce mai di conoscere qual è l’indole di una persona del tuo stampo.
   - E che tipo di inclinazioni perverse avrei secondo te?
   - Tu sei un dannato porco!
   - E basta?
   - Il tuo cuore è saturo di cattiveria.
   - Ripetilo se hai il coraggio! 
   - Sì, sei crudele e spietato ed io ho voglia di baciare la frusta che hai sistemato sullo scrittoio e che fra poco, presumo, segnerà la mia carne.
   - Ti piace essere frustata da me, eh.
   - Sì.
   - Dovresti provare a farti battere con una frusta anche da tuo marito.
   - Lui non lo farebbe mai, ne sono sicura, mentre le frustate che tu riversi sul mio corpo mi eccitano da morire. E ogni orgasmo che riesci a farmi raggiungere mi fa diventare sempre più tua.
   - Quando ci siamo conosciuti non eri così viziosa.
   - Ci ho messo del tempo a persuadermi che ti piace farmi male perché vuoi impedirmi anche solo di pensare di fare sesso con un altro uomo all’infuori di te. E anche stasera sono in attesa di assaporare il dolore che mi infliggerai. Lo farai, come tua abitudine, guardandomi dritta negli occhi mentre mi frusterai sino a farmi piangere per il dolore e poi ti metterai a leccare le mie lacrime. Beh! Che aspetti a colpirmi? - disse Silvia con la figa bagna fradicia per l’eccitazione.
   - Stasera esigo da te una cosa davvero speciale.
   - Cioè?
   - Ti voglio calva intorno alla figa!
   - Sei matto? E poi cosa gli racconto a mio marito?
   - Esigo che fra le cosce tu sia completamente liscia in modo che la mia lingua possa scorrere sulla carne rosea della figa senza trovare ostacoli di sorta e gustarne a pieno l’umore di cui è pregna. 
   - Adesso non dirmi che sino a oggi ti ha fatto schifo affondare il muso fra la macchia di peli. - disse Silvia allargando le cosce in modo da mettere in bella mostra il fitto bosco di peli scuri che adornavano la carne rosea delle grandi labbra 
   - Affatto, però voglio vederti calva.
   - Ti ho sempre coadiuvato, assecondanti, perché mi piace essere protagonista dei tuoi giochi, ma stavolta non posso rassegnarmi ad accettare di farmi depilare. Non ci penso proprio!
   - Ne sei sicura?
   - Beh… davvero lo desideri?
   - Sì. - disse Lorenzo avvicinandosi al letto, esplorando con lo sguardo il pube dell’amante stesa sul dorso. All'improvviso lasciò cadere una mano sui seni, li accarezzò, poi fece scivolare le dita verso il basso e le infilò fra le labbra della vagina.
   - Hai voglia di montarmi?
   - Ti monto! Stai certa che ti monto e ti faccio godere… ma prima di farlo ho bisogno di depilarti. Sei una gatta selvatica e hai bisogno di essere addomesticata.
   - Rendermi calva, mutilandomi dei peli fra le cosce, pensi davvero che mi renderà mansueta?
   - Ci provo.
   - E allora fallo. - disse Silvia divaricando le cosce. 
   Lorenzo carpì dalla borsa 24 ore che poc’anzi aveva sistemato sul pavimento, poco distante dal tavolo dove aveva sistemato una sequela di oggetti, un rasoio da usare a mano libera e una bomboletta spray di schiuma da barba il cui contenuto si premurò di spruzzare sul pube dell’amante. Si avvalse delle dita per spargere la schiuma sui peli anziché fare ricorso al pennello da barba come era solito fare a casa propria, davanti allo specchio del bagno, quando montava la crema da barba prima di radersi il viso. Eccitato dall’atto che stava per accingersi a compiere incominciò a fare scorrere la lama del rasoio sulla carne e in poco tempo rese la figa calva.
   Silvia lasciò che le dita di Lorenzo spadroneggiassero su quanto aveva di prezioso fra le cosce, imperlate di voglia, schiudendo le grandi labbra.
   - Baciami. - gli disse indicandogli con lo sguardo il pube. - Lascia che la tua lingua dica quelle parole che non mi hai detto mai.
   Lorenzo salì sul letto e si pose in ginocchio fra le gambe dell’amante. Chinò il capo e posò la bocca all’ingresso del paradiso, poi si mise a leccare la figa inducendo la compagna a biascicare dei rantoli di godimento che poco alla volta si tramutarono in un piacere urlato. Seguitò a lungo succhiarle il clitoride affondando le mani nel petto, strizzandole i capezzoli, mentre docile e selvaggia inarcava la schiena fino a raggiungere l’orgasmo.


   Lorenzo si svegliò alle prime luci dell'alba con Silvia che gli dormiva a fianco. Avevano trascorso la notte fra le mura della lussuria a fare l’amore. I loro corpi non più imperlati di gocce di sudore erano prostrati, ma la notte non aveva cancellato sulla loro pelle gli odori dell’altro. Ancora una volta Lorenzo sarebbe uscito da quella stanza d’albergo portandosi appresso l’odore del sesso consumato. - Sesso! Era soltanto sesso. - disse a se stesso cercando di anestetizzare il sentiment
o che provava per Silvia.
  
Gli piaceva giocare, ma soprattutto gli piaceva avere due donne tutte per sé e amarne almeno una.

 

 
 

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