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KEMAL
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Quando
ho fatto girare la chiave del motorino
di avviamento della Peugeot 206 un
rumore tonfo, alquanto diverso da quello
a cui sono abituata, seguito da un paio
di sussulti dei pistoni del motore, non
è stato sufficiente per fare partire
l’automobile.
Per niente scoraggiata ho
ripetuto la manovra girando la chiave
una seconda e una terza volta, ma il
risultato è stato il medesimo.
Scoraggiata ho lasciato cadere le spalle
sul sedile, certa che a quell'ora, da
poco era passata mezzanotte, non avrei
trovato un elettrauto disposto ad
accorrere in mio soccorso.
Soltanto tre ore prima,
verso le nove, avevo messo piede in sala
operatoria, richiamata in servizio perché
di reperibilità notturna, a coadiuvare
l'equipe di medici impegnati in un
intervento chirurgico d'urgenza. Nella
fretta di raggiungere l'ospedale, una
volta parcheggiata l'automobile dinanzi
alla clinica, ho dimenticato di spegnere
i fari e la batteria si è scaricata.
Prima di stanotte la mia
Peugeot 206 non mi aveva mai dato
problemi di sorta. E poi ha soltanto due
anni di vita e percorso 10.000 Km.
Comunque, preso atto che
qualsiasi tentativo di mettere in moto
la vettura sarebbe stato inutile, non mi
sono persa d'animo. Ho tolto dalla
borsetta il cellulare intenzionata a
chiamare un taxi per tornare a casa.
Stavo per digitare il numero sulla
tastiera quando ho sentito bussare, con
una certa insistenza, contro il vetro
della portiera della vettura, dalla
parte del sedile dove avevo preso posto.
Attraverso le gocce di
pioggia che decoravano il vetro della
portiera ho riconosciuto il volto di
Kemal, un medico specializzando che da
un paio di anni presta servizio nella
clinica dove lavoro.
- Sei in difficoltà? - mi
ha chiesto.
- Uhm... devo avere la
batteria scarica. Ho dimenticato le luci
dei fari accese. Il motore di avviamento
non vuole saperne di mettersi in
movimento. - ho risposto sfiduciata.
- Se vuoi posso offrirti un
passaggio verso casa. Dai, sali sulla
mia macchina che ti accompagno. - ha
detto indicandomi una Volkswagen
station-wagon parcheggiata poco distante
dalla mia vettura.
Ho esitato prima di
accettare l'invito. Mi disturba che la
gente possa vedermi in giro per la città,
specie di notte, in compagnia di uomini
dalla pelle nera. Nonostante tutte le
mie riserve ho approfittato dell'offerta
e sono salita sulla station-wagon.
Quando ho accettato di
farmi accompagnare a casa non mi è
balenato per la testa che Kemal potesse
serbare delle mire sulla mia persona,
invece è accaduto.
Giunti dinanzi al portone
di casa ha spento il motore
dell'autovettura, dopodiché mi ha
chiesto se poteva salire nel mio
appartamento a bere qualcosa.
Presa alla sprovvista dalla
sua sfrontata richiesta ho esitato prima
di rispondergli in modo affermativo.
Avrei potuto tirarmi fuori
dall'imbarazzante situazione in cui ero
precipitata raccontandogli una qualsiasi
scusa. Sono certa che avrebbe capito, ma
non l'ho fatto. Ho tergiversavo, e vista
la sua insistenza gli ho detto che
poteva salire a bere qualcosa come
ringraziamento del passaggio in
automobile che mi aveva concesso.
A distanza di
ventiquattrore da quell'avvenimento
penso di avere fatto la cosa giusta a
farlo salire nel mio appartamento,
infatti, Kemal si è rivelato una
sorpresa.
Kemal è dotato di un cazzo
robusto, del colore del tabacco, con la
cappella rosa in netto contrasto con la
carnagione del corpo. Quando abbiamo
messo piede nell'appartamento non mi ha
lasciato il tempo di farmi una doccia.
Mi è saltato addosso da dietro,
dopodiché mi ha bendato il petto con le
braccia e si è impossessato delle
tette. Ero sudata da fare schifo dopo
l'intera giornata trascorsa in ospedale,
eppure gli sono piaciuta così.
Ho percepito in modo chiaro
la sporgenza del cazzo che puntava
dritto contro il mio culo. Non indossavo
i collant, li odio, bensì le
autoreggenti. Ho avvertito in modo
chiaro le dita che risalivano lungo le
mie cosce dopo che avevano trovato
spazio sotto la gonna.
Non ho fatto niente per
arrestare il cammino delle sue mani sul
mio corpo. Avevo la fica bollente e
l'umore mi filava fra le cosce come
spesso mi succede in simili situazioni.
Ho allargato le gambe e ho
lasciato che mi penetrasse la fica con
le dita. Dopo un po' che mi accarezzava
il clitoride mi sono girata verso di
lui. Gli ho abbassato la cerniera della
patta e gli ho tirato fuori l'arnese che
nascondeva sotto il tessuto dei
pantaloni.
Nella mano mi sono trovata
un cazzo, scuro e odoroso, che pulsava
divinamente. Mi sono inginocchiata e
l'ho trascinato dentro le labbra. Kemal
ha spinto la cappella verso la bocca,
accompagnando il gesto con il movimento
delle anche. Subito dopo ha cominciato a
lasciarsi andare pronunciando dei gemiti
di piacere.
- Succhia! Succhia! - mi ha
incitata più volte mentre spingeva il
bacino in avanti verso il mio viso. Ho
seguitato a succhiare fintanto che ho
avuto l'impressione che stesse per
venirmi in bocca. Soltanto allora ho
rallentato l'azione decisa a prolungare
il suo e il mio piacere.
Tenevo stretto il
cazzo fra le labbra e non vedevo l'ora
d'infilarmelo nel culo. Sì, lo so che
può sembrare strano, ma è così. E'
una fantasia che rincorre spesso nella
mia testa quella di essere inculata da
un grosso cazzo nero.
Ho allentato la stretta e
ho sfilato il cazzo dalla bocca. Mi sono
rialzata e di seguito mi sono tolta la
gonna, la camicia, gli slip, e il
reggiseno, infine sono rimasta nuda
davanti a lui.
Dal corridoio d'ingresso
dell'appartamento Kemal mi ha inseguita
fino alla cucina dove l'ho preceduto.
Dal frigorifero ho tolto un panno di
burro e gliel'ho consegnato nella mano.
Lì per lì non ha capito quali fossero
le mie intenzioni, forse perché non ha
mai assistito alla proiezione di Ultimo
tango a Parigi, il film di Bertolucci.
E' questo ciò che ho pensato in quel
momento.
Kemal è rimasto in
piedi, davanti a me, con il panno di
burro depositato nel palmo della mano,
senza prendere nessuna iniziativa. Il
cazzo che gli usciva dritto dalla patta
dei pantaloni, pulsando come fosse
impazzito, era l'unica testimonianza
della forte eccitazione.
- Inculami! Prima però
ammorbidiscimi il culo con quello! - gli
ho detto indicando il burro che
stringeva nella mano.
Mi sono chinata sul tavolo
da cucina, su cui ho appoggiato
l'addome, dopodiché ho steso le braccia
in avanti e ho afferrato il bordo di
legno sopra il mio capo. Ho lasciato che
spargesse il burro sull'orifizio
dell'ano, dopodiché l'ho invitato a
ficcare un dito nell'apertura per
addolcire la successiva penetrazione del
cazzo.
Sentire la cappella
risalire nelle viscere si è rivelato un
piacere senza pari, seppure doloroso. A
suo agio in quella postura Kemal mi ha
cinto i fianchi con entrambe le mani
intenzionato a mantenermi ferma, poi ha
cominciato a sbattermi il cazzo avanti e
indietro con inaudita violenza.
In altre occasioni, mentre
il mio partner provvedeva a
sodomizzarmi, mi sono sempre masturbata.
Mi piace farlo perché aumenta a
dismisura il mio piacere, stavolta
in quella posizione, con l'addome
appiccicato al piano del tavolo, mi è
stato impossibile riuscire a farlo.
Ho lasciato che si
appropriasse del mio corpo sbattendomi
il cazzo dentro il culo con dei colpi
violenti, tanto che il tavolo ha
cominciato, a più riprese, a slittare
in avanti. Ho preso a gemere di dolore e
piacere incrementando in questo modo
l'eccitazione del mio occasionale
compagno.
Kemal ha cominciato ad
agitarsi. I colpi sono diventati più
intensi e profondi fintanto che è
venuto e mi ha riempito il culo di
sborra calda.
Mi sono ritrovata con la
pelle sudata fradicia e un bisogno
urgente di venire anch'io. Kemal si è
chinato su di me e all'orecchio mi ha
sussurrato:
- Sei stupenda! Posso
dormire nel tuo letto stanotte?
Merda! Che avrei dovuto
rispondergli? Non vedevo l'ora di essere
di nuovo scopata dal suo superbo cazzo
nero, ma stavolta non più nel culo bensì
nella fica. Ho risposto di sì alla sua
richiesta perché quando c'è da scopare
sono una di quelle donne che non si
tirano mai indietro.
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