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JOGGING
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Reggevo
a fatica il ritmo di corsa di Licia, sul
sentiero sterrato che cinge d'intorno il
Parco Ducale, con la suola delle scarpe
che sollevava di continuo granuli di
polvere e terriccio.
Avevo il respiro in affanno
e
le
gocce di sudore mi fluivano copiose
dalla fronte rigandomi il viso. Stentavo
a tenerle il passo e desideravo fermarmi
al più presto, ma non avevo il coraggio
di dirglielo per non dare l'impressione della rompiballe.
Da un po' di tempo facevo
jogging per smaltire il grasso superfluo
accumulato durante i mesi invernali,
solo due chili in verità, vogliosa di
presentarmi in spiaggia, a Marina di
Massa, senza un grammo di adipe
superfluo addosso. Era questo il motivo
per cui mi ero dedicata alla corsa.
- Beh, allora riprendiamo a
correre? - mi esortò Licia dopo che
avevamo rallentato il passo.
- Sì... Sì... Lascia che
riprenda fiato però.
- Sei la solita
scansafatiche.
- Mica c'ho il tuo fisico,
io.
- Dai, Erika non dire
scemenze sai bene che non avrò mai un
corpo in perfetta forma come il tuo.
Licia soffriva di un
complesso d'inferiorità nei miei
confronti, soprattutto a causa della
morfologia delle tette. Infatti, le mie
sono sode e per niente pendule a
differenza delle sue che avevano bisogno
di un sostegno.
Durante la corsa le
contenevo con un reggiseno a fascia, un
tipo d'indumento che sono solita
indossare soltanto quando pratico il
footing, altrimenti non indosso mai
niente. Il fondo schiena di Licia,
invece, era fantastico, soprattutto per
la forma sporgente e arrotondata delle
natiche: era un gran bello spettacolo
stare a guardarla mentre correva e le
dimenava.
In prossimità del Palazzo
Ducale riprendemmo la corsa
interrompendola di tanto in tanto per
non affaticarci troppo. Mi piaceva
correre nel parco insieme a lei, la
preferivo alla compagnia degli
auricolari, mantenuti appiccicati alle
orecchie, per ascoltare un po' di musica
quando facevo jogging da sola.
Altre persone correvano sul
medesimo percorso sterrato che circonda
il Parco Ducale insieme a noi, ed erano
frequenti i saluti che scambiavamo con
conoscenti occasionali incrociati lungo
il percorso.
Nell'ampio spazio aperto,
prospiciente la salita che conduce a
Ponte Verdi, diversi gruppi di
adolescenti occupavano i prati,
impegnati ad abbronzarsi ai raggi del sole, ma
altrettanto numerose erano le coppiette
confuse fra la macchia e le querce
secolari a scambiarsi baci, carezze e
non solo.
- Ci fermiamo? - disse
Licia.
- Sì, ma qui c'è troppa
confusione, cerchiamo un posto più
tranquillo dove eseguire qualche
esercizio di stretching.
- Okay.
La radura in cui ci
addentrammo, vicino alla peschiera, era
sufficientemente lontana da occhi
indiscreti. Dopo un'ora di corsa tutt’e due avvertivamo la necessità di
rilassarci ed eseguire degli esercizi di
stiramento muscolare. La canotta bianco
latte di Licia, resa trasparente dalle
macchie di sudore, lasciava intravedere
le punte scure dei capezzoli. Fui colta
dal desiderio di toccarglieli e
stringerli fra le dita, ma ancora una
volta riuscii a contenere questa voglia
come mi era accaduto in precedenti
occasioni. Ci coricammo sul prato e
iniziammo a eseguire una serie di
esercizi di stiramento muscolare.
Avevo fatto conoscenza di
Licia qualche mese addietro mentre
correvo nel parco. Ero stata io a
rivolgerle per prima la parola, dopodiché
avevamo stretto amicizia. Mi piaceva
stare in sua compagnia, ma della sua
vita privata non sapevo granché, era
restia a parlare di sé. Sapevo che era
iscritta al quarto anno di lettere e
filosofia ed era prossima a laurearsi.
Mi aveva confidato di essere
sentimentalmente legata a un ragazzo di
Milano, ma non ero certa che dicesse la
verità. Speravo che fosse come me,
libera di amare.
Continuammo a eseguire
degli esercizi di stretching per un po'
di tempo, dopodiché andai a sedermi
accanto a lei per scambiare qualche
chiacchiera come eravamo solite fare una
volta terminati gli esercizi.
Licia stava coricata
sull'erba e io l'ascoltavo mentre mi
parlava dell'esame di letteratura
moderna che stava preparando. Il suo
viso era arrossato e ricoperto da gocce di
sudore. I capelli con le mèche, lunghi
e lisci, erano raccolti all'indietro a
coda di cavallo. Tutt'a un tratto una
farfalla, maculata d'arancione e nero,
andò a fermarsi sulla striscia di panno
di spugna che circondava la fronte della
mia amica. La farfalla diede un breve
battito d'ali e rimase immobile sulla
fronte.
- Ferma non muoverti. -
dissi a Licia.
- Perché?
- Hai una farfalla sulla
fronte.
- Oddio!
- Non avere paura. Non ti
farà del male, anzi, porta fortuna.
Afferrai la mano di Licia e
la strinsi forte nella mia. Lei mi guardò
e sorrise. Restammo a guardarci senza
parlare per un tempo che mi sembrò
senza fine, fintanto che la farfalla
riprese a volare. Ancora una volta
desiderai baciarla, seppure consapevole
che sarebbe stato assai rischioso; per
me soprattutto.
Essere rifiutata avrebbe
significato mettere fine alla nostra
amicizia e io non volevo che succedesse.
Ero disposta a tutto pur di scoparla
se soltanto mi avesse fatto capire di
starci.
Lasciai cadere le labbra
sulle sue senza rendermene conto. Lei
scostò il viso di lato per evitare il
contatto con la mia bocca. Le labbra mi
tremavano, ero timorosa, ma non avevo
nessuna intenzione di arrendermi così
facilmente. Mi ero buttata in
quell'avventura d'istinto e decisi che
era giunto il momento di giocare tutte
le carte che avevo a disposizione.
Cominciai a lambirle l'angolo della
bocca con le labbra e la baciai
delicatamente. Assaporai il gusto della
sua pelle sudata e provai un intenso
piacere dal contatto. Stavolta non si
scansò come aveva fatto in precedenza,
lasciò che le sfiorassi le guance con
le labbra senza contrastarmi. Non cessai
di baciarla per un solo istante, seppure
con molta cautela. Mi soffermai a
lambirle il collo dove si rivelò
particolarmente sensibile.
D'improvviso roteò il capo
e, cogliendomi di sorpresa, spinse con
decisione la lingua nella mia bocca. Fui
attraversata da un brivido caldo,
corrisposi al suo slancio e aspirai
l'apice della lingua. Era bollente,
dolce, cremosa.
Rassicurata dalla sua
insperata arrendevolezza mi sistemai a cavallo del suo corpo. Infilai le mani
sotto la canotta che le nascondeva il
torace e raggiunsi le tette.
Aveva i capezzoli turgidi.
Li strizzai fra le dita provocandole un
leggero stato di sofferenza. S'inalberò
col busto verso l'alto come per
scansarsi. Lasciai andare la presa e le
fasciai le tette con tutt'e due le mani.
Trovarmi lì, con lei, in
quell'atteggiamento affettuoso era
quanto di meglio potessi sperare. Me la
sarei scopata all'istante, ma sapevo che
in quel luogo sarebbe stato pressoché
impossibile. Ero eccitata, terribilmente
eccitata. Afferrai le sue mani e le
guidai sopra alle mie tette. Lei
acconsentì a toccarmele abbandonando
ogni resistenza. Il tocco delle dita
sulle tette parve rassicurarla,
finalmente poteva stringerle fra le mani
come probabilmente aveva sempre
desiderato fare.
Continuammo a toccarci
procurandoci un reciproco piacere. Avevo
la figa in liquefazione e non stavo più
nella pelle per l'eccitazione. Stirai la
canotta di Licia sopra la sua testa e
misi in mostra le tette prive di
reggiseno. I capezzoli erano scuri,
turgidi, ma non troppo grossi. Calai le
labbra su un capezzolo e iniziai a
succhiarlo.
La sua pelle era saporita e
io ero ingorda della sua carne.
Abbandonai la presa sulle tette, le
sollevai le braccia sopra il capo, e,
tenendole ferme, lasciai scivolare la
lingua nella sua bocca, dopodiché
c'inabissiamo in un vortice di piacere
inumidendoci le labbra di saliva,
insaziabili di tutto ciò che
apparteneva alla bocca dell'altra.
Ero confusa e avevo perso
qualsiasi ritegno. A Licia stava
succedendo la medesima cosa perché
corrispondeva alle mie avance con dei
lunghi sospiri muti. All'improvviso mi
prese la voglia di toccarla, la sua
passera.
Scivolai al fianco di Licia
e insinuai la mano sotto il bordo del
perizoma. Lo attraversai con le dita e
lei ebbe un sussulto. Intinsi le dita
nel suo bagno di calore e le avvicinai
alla bocca, la mia.
Il sapore del suo umore era
delizioso, seguitai a toccarla e a
leccarmi le dita traendo immenso piacere
dal liquido che metteva in circolazione,
infine mi soffermai a strofinarle il
clitoride.
Ad ogni passaggio dei
polpastrelli sulla piccola escrescenza
Licia sollevava il petto e ansimava in
modo scomposto. Mi feci più ardita e
scivolai con le dita nella vagina, poi
cominciai a scoparla, decisa a condurla
all'orgasmo, ma commisi l'errore di
scivolare con le dita troppo sotto,
spingendomi verso l'ano, e cercai di
penetrarla.
Infastidita da quel tocco
Licia si divincolò dalla stretta e
scappò via. La rincorsi per un breve
tratto urlandole di fermarsi, poi visti
inutili i miei tentativi arrestai la
corsa e desistetti dall'inseguirla.
Sono trascorsi tre mesi da
quel pomeriggio. Non ho più rivisto
Licia. Le ho telefonato in più di una
occasione, ma si è sempre negata. Con
l'arrivo dell'autunno ho ripreso a fare
jogging nel Parco Ducale con la speranza
di fare qualche nuova amicizia. Chissà.
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