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INCONTRARSI PER CASO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Quello
fra Antonella e Fabrizio era stato un
amore autentico, pulito, e soprattutto
intenso. Si erano amati ai tempi del
liceo. Lei, bellissima, alta, mora,
gambe ben tornite, dotata di una terza
di seno. Lui, il ragazzo più ambito
della scuola per il fisico statuario. La
loro storia era durata la bellezza di
tre anni, sino al conseguimento del
diploma di maturità, dopodiché
Antonella, bizzosa, nevrotica e
ingestibile, lo aveva scaricato persuasa
che avrebbe potuto riprenderselo in
qualunque momento, se ne
avesse avuto voglia.
Esaurita la storia
d'amore ognuno aveva imboccato strade
diverse. Fabrizio, conseguito il diploma
di maturità, era partito per il
servizio militare e non l’aveva più
cercata. Antonella si era iscritta
all’università e aveva conseguito la
laurea in medicina e nemmeno lei lo
aveva più cercato. A distanza di
vent’anni tutt’e due godevano di
relazioni sentimentali stabili e messo
al mondo dei figli. Ma il destino si era
divertito a farli di nuovo incontrare
proprio sulla scalinata del liceo
Romagnosi, là dove un tempo si erano
conosciuti e aveva avuto inizio la loro
storia d'amore.
Antonella
era da poco uscita dall’ambulatorio,
dove esercitava l'attività di medico di
base, intenzionata a raggiungere il
liceo Romagnosi, là dove studiava il
figlio Roberto. Una volta effettuata
l’ultima visita della mattina avrebbe
fatto ritorno nell'ambulatorio soltanto
nel tardo pomeriggio per riprendere le
visite ai pazienti.
Alla guida della Mini
Cooper aveva attraversato la città,
poco trafficata a quell’ora di primo
pomeriggio, e una volta raggiunto il
liceo si era precipitata al primo piano
della scuola. Lì uno dei bidelli le
aveva indicato i locali adibiti dalla
direzione scolastica agli incontri fra
genitori e insegnati. Seduta su una
panca era rimasta in attesa per una
decina di minuti fintanto che
l’insegnante di matematica con cui
aveva appuntamento, una donna di bella
presenza, sulla quarantina, capelli
corti e spettinati con metodo, uscisse
da una porta e si rivolgesse a lei
porgendole la mano, abbondantemente
inanellata, in segno di saluto.
Recarsi
dagli insegnanti a parlare dei problemi
del figlio era uno di quei momenti che
le mettevano addosso una certa
apprensione. A colloquio con gli
insegnanti non era solita prendere le
difese del figlio, avendo piena fiducia
verso chi stava dietro la cattedra,
disponibile quindi a farsi carico delle
insufficienze nella materia di
matematica e degli eventuali problemi
disciplinari, scontati e ineluttabili,
che, conoscendo il carattere del figlio,
le sarebbero stati sottoposti alla sua
attenzione.
Il
colloquio con l’insegnante che si era
premurata di convocarla, in relazione a
certi atteggiamenti comportamentali
assunti dal figlio durante le ore di
lezione, l'avevano preoccupata mentre il
rendimento scolastico per quanto
riguardava la materia da lei insegnata
era ottimo. Quest’ultima notizia, al
contrario dell'altra, aveva soddisfatto
Antonella conscia dello scarso tempo che
il figlio dedicava allo studio dentro le
mura di casa. Infatti, aveva preso in
considerazione l'idea di sentirsi dire
le classiche frasi del tipo: “Suo
figlio è un ragazzo intelligente ma non
si applica”, oppure sterili giudizi
del tipo “E’ svogliato!”, invece
l'insegnate aveva insistito nel dirle
che era ingegnoso e brillante, ma anche
insolente e con un “ego” smisurato,
strapieno di narcisismo, e mostrava poco
rispetto verso le istituzioni e i
docenti. Un ribelle, insomma!
Le
parole pronunciate dall’insegnante
avevano afflitto non poco Antonella,
facendole provare dei sensi di colpa
stante il poco tempo che, impegnata
com’era nella propria attività di
medico di base, riusciva a dedicare al
figlio. La conversazione si era fatta
ancora più complessa quando, insieme
all'insegnate, si era trattato di
trovare delle soluzioni per porre
rimedio agli atteggiamenti da ribelle
del ragazzo che invece doveva essere
indirizzato e incoraggiato verso valori
solidi, al rispetto degli altri e al
sacrificio.
Terminato
il colloquio Antonella aveva ringraziato
l’insegnante per le sue premure e
subito dopo aveva abbandonato
l’edificio scolastico. Stava scendendo
l’ampia gradinata che dall'edificio
scolastico conduceva verso la strada che
costeggia il lungoparma, quando i suoi
occhi incrociarono lo sguardo di un uomo
che le veniva incontro. All’improvviso
le riapparvero nella mente le immagini
di vent’anni prima quando lei e
quell’uomo si erano incontrati
l’ultima volta. In quella occasione
gli aveva confessato il bisogno di
allontanarsi da lui, seppure soltanto
per un po’ di tempo, dopo che aveva
intrapreso una storia con un altro
ragazzo e doveva prendere una decisione.
Nonostante
i capelli brizzolati e qualche ruga sul
viso non ebbe difficoltà a riconoscere
nell’uomo che le veniva incontro
Fabrizio. Superato l’imbarazzo
iniziale gli sorrise e appena furono
vicini scambiarono un doppio bacio sulle
guance. La presenza di Fabrizio in quel
luogo ebbe su di lei lo stesso
significato dell’Ulisse che fa ritorno
nella natia Itaca.
Fabrizio era
stato il suo primo amore, quello a cui
aveva fatto dono della verginità, e non
lo aveva mai dimenticato. Sembrava
persino impossibile che, pur abitando
nella medesima città, non si fossero
mai incontrati.
Cercò
di evitare una conversazione basata su
argomenti banali come la famiglia, il
lavoro, e le amicizie che avevano in
comune. Le sarebbe piaciuto che Fabrizio
condensasse in poche e semplici parole
gli ultimi vent’anni della propria
vita, periodo in cui erano stati
lontani, allo stesso modo che avrebbe
fatto lei se lui glielo avesse permesso
certa di suscitargli un po' d'interesse.
-
Non sei cambiato per niente, sei sempre
uguale. Un gran fico! - disse Antonella
incurvando le labbra in un ampio
sorriso.
-
Tu invece ti sei fatta ancora più bella
di quanto non la fossi già.
-
Dai, non è vero, sono più vecchia
adesso.
Dare
ascolto alle belle parole pronunciate da
Fabrizio ad Antonella fece un immenso
piacere. Infatti, era consapevole che il
ricordo del primo amore lascia nel cuore
di tutte le persone una grande impronta
emotiva, e conduce a rammentare il
passato come fosse stato tutto rosa. Ma
sarebbe stato un errore pensare che
entrambi fossero rimasti gli stessi di
vent’anni prima. Eppure nella memoria
aveva bene impresso il ricordo del primo
bacio che si erano scambiati in uno dei
bagni della scuola, cui ne avevano fatto
seguito numerosi altri, e quanto fossero stati innamorati.
-
Cosa fai di bello da queste parti? -
chiese Fabrizio.
-
Sono venuta a colloquio con una
insegnante di mio figlio.
-
Ah. E come va a scuola? Tutto bene?
-
Beh, è più intelligente della madre.
E' soltanto un po’ troppo vivace mi ha
informato l’insegnante di matematica.
E’ questa la ragione per cui ha voluto
incontrarmi.
-
I ragazzi d’oggi non sono più quieti
e rispettosi come lo eravamo noi alla
loro età.
-
Ne sei davvero convinto?
-
Boh!
-
E tu cosa ci fai qui?
-
Io?
-
Sì, tu.
-
Mia moglie è una delle insegnanti del
liceo. Sono venuto a prenderla per
accompagnarla a casa.
-
Ah.
Antonella
evitò di condurre la conversazione sui
tempi trascorsi insieme, probabilmente sentendosi
in colpa essendo stata lei a mandare a
monte la loro storia. Ebbe persino paura
che lui, seppure a distanza di tanti
anni, potesse rinfacciarle di averlo
lasciato per impegnarsi in una relazione
con un uomo maturo che all'epoca aveva
dieci anni più di lei.
-
Sei stata la mia prima ragazza! E come
bene sai il primo amore non si scorda
mai. - disse Fabrizio sorprendendola non
poco. - Anzi, sei stata e rimarrai per
sempre il mio “Grande Amore”. Non
sto scherzando eh! Sto dicendo sul
serio!
-
Beh, ritenere che il primo amore debba
essere per forza il Grande Amore è
sbagliato. Quando si è giovani
l’euforia della prima esperienza
amorosa porta a ingigantire tutto ciò
che è stato, poiché a quell’età,
per molti l'amore non è altro che una
infatuazione. E poi ammettendo che il
primo amore sia stato davvero Grande non
è detto che lo sia stato per entrambi i
partner perché, come è accaduto nel
nostro caso, non si spiegherebbe
altrimenti la ragione per cui abbiamo
preso strade diverse.
-
Vuoi dire che per te non è stato un
Grande Amore?
Tutt’a
un tratto a Antonella tornarono in mente
le parole pronunciate dalla madre quando
scoprì che lei e Fabrizio si erano
lasciati. In quella occasione l’aveva
rimproverata adducendo che era stato un
errore madornale porre fine alla loro
storia per mettersi insieme a un uomo
molto più vecchio di lei. Rimprovero
che le risultò ancora più fastidioso
quando negli anni seguenti cominciò a
sbattersi da un uomo all’altro
fintanto che, incinta, si era sposata.
-
A quell’età non eravamo pienamente
coscienti di quello che stavamo facendo.
Nemmeno ricordo come siamo giunti alla
rottura. - mentì spudoratamente.
-
Sarebbe più esatto dire che mi hai
lasciato per metterti con un altro. -
ribatté Fabrizio apparentemente senza
rancore.
-
Mi stai attribuendo delle responsabilità
a proposito della fine della nostra
storia, ma a quel tempo molte cose della
vita non le avevamo capite entrambi.
Tutt’e due, perlomeno a parole,
dicevamo che avremmo dovuto lanciarci in
nuove esperienze e quando l’ho fatto
non hai saputo accettarlo. A mia
discolpa posso dire di non essere stata
capace di misurare i miei sentimenti,
mentre i tuoi erano troppo intensi e
miei troppo deboli, così ti ho fatto
soffrire.
-
Beh, tu sei stata il mio primo amore! E
rimarrai comunque, per sempre, anche il
mio Grande Amore!
-
Dai, non mettermi in difficoltà, mi fai
arrossire!
-
Non ti ho mai dimenticata. Il tuo
ricordo accompagna spesso le mie notti,
specie quando scopo con mia moglie.
Infatti, talvolta, in quei momenti mi
viene da pensare a te e immagino di
stringerti fra le braccia.
-
Stai scherzando, vero?
-
No, affatto.
Antonella,
piuttosto imbarazzata nell’ascoltare
quelle parole, cosciente che a suo tempo
la madre le aveva dato della pazza
allorché si era allontanata da lui,
cercò di cambiare argomento
distraendolo da tutto ciò che aveva a
che fare con il loro passato.
-
Piuttosto non mi hai ancora detto cosa
fai nella vita. Io mi sono laureata in
medicina e svolgo l'attività di medico
di famiglia. Ho un figlio di quindici
anni e sono sposata con un uomo che di
mestiere fa pure lui il medico chirurgo.
-
Non ci crederai, ma faccio
l’agricoltore. Anni fa ho ereditato
una tenuta agricola e mi sono inventato
contadino abbandonando per sempre il
lavoro d’ufficio.
All’improvviso,
abbattendo ogni barriera, Fabrizio le
afferrò una mano e la guardò dritta
negli occhi ostentando il proprio
fascino.
-
Ma non ti capita mai di pensare a me? -
le disse di brutto. - Non ti capita di
imbatterti nei ricordi di noi due ogni
tanto?
Rispondergli
che la loro vita sarebbe potuta essere
stata diversa, nel caso si fossero
incontrati qualche anno dopo che si
erano lasciati, ad Antonella sarebbe
piaciuto dirglielo, ma non lo fece.
Avrebbe voluto dirgli che la ragazzina
bizzosa e nevrotica che lui aveva
conosciuto quando stavano insieme non
esisteva più. E poi l’avrebbe
infastidita se lui avesse conservato un
ricordo acido perché in questo caso
sarebbe stata male sino alle lacrime.
Stava
per rispondergli quando alla sua destra
udì la voce di una donna che ripeteva a
gran voce il nome di Fabrizio. Girò lo
sguardo in quella direzione e poco
lontano vide l’insegnante di
matematica con cui aveva interloquito a
proposito del rendimento del figlio.
-
E’ mia moglie. - disse con un certo
imbarazzo Fabrizio.
-
Ah.
-
Beh, adesso devo lasciarti, magari uno
di questi giorni ti telefono in
ambulatorio.
-
Sì, certo, vai pure.
Antonella
lo seguì con lo sguardo mentre si
allontanava verso la moglie, poi prese
la direzione della propria automobile
parcheggiata sul lungoparma.
.
Nei
giorni che fecero seguito a
quell’incontro Antonella non fece
altro che pensare a Fabrizio.
Soprattutto provò a pensare come
avrebbe dovuto comportarsi nel caso
l'avesse davvero cercata. Rivederlo le
era risultato gradito e avrebbe
accettato volentieri d’incontrarlo,
dando seguito alla chiacchierata che
avevano soltanto abbozzato davanti alla
scuola, prima che arrivasse la moglie a
interrompere la conversazione.
Un
paio di settimane più tardi, quando
Fabrizio le telefonò per chiederle
d’incontrarla, l’istinto le suggerì
di non lasciarsi sfuggire l’occasione
di stare in sua compagnia ancora una
volta. Nella sua mente c’era rimasto
un ricordo molto sfumato degli anni in
cui erano stati morosi, ma aveva anche
tanta voglia di stare di nuovo insieme a
lui.
Fabrizio
si presentò davanti all’ambulatorio di
Antonella poco dopo le due del
pomeriggio. Rimase seduto al posto di
guida del Bmw col motore spento, ad
ascoltare della musica, in attesa che
Antonella ultimasse le visite e uscisse
in strada. Lei non lo fece attendere
molto tempo, solo un quarto d’ora.
-
Ho poco tempo a disposizione fra un paio
d’ore devo essere di ritorno in
ambulatorio. Dove andiamo? - disse
Antonella appena ebbe preso posto sul
sedile accanto a lui.
-
Non lo immagini?
-
No. - disse Antonella piuttosto
sorpresa.
Mentre
percorrevano i lunghi rettilinei e i
brevi tratti curvi della tangenziale si
trovarono a parlare del loro passato
cercando di annullare e dimenticare gli
anni persi. Questo fece perdere a
entrambi la cognizione del tempo e fra
loro scattò una antica complicità
difficile per entrambi da dimenticare.
Uscirono
dalla tangenziale all’altezza della
strada provinciale che conduce a
Cremona. Presero una strada secondaria
fintanto che si ritrovarono a
costeggiare gli argini del fiume Taro.
Solo allora Antonella comprese dove
Fabrizio la stava conducendo.
Dopo essersi inoltrati
nella fitta nebbia, lungo una carraia
umidiccia e in alcuni tratti melmosa,
contigua all’abitato di Viarolo,
Fabrizio arrestò il Bmw in un bosco di
pioppi, spoglio di foglie, molto simile
a quello dove un tempo erano soliti
trovare rifugio per cercare un po’ di
intimità.
Quando
Fabrizio le lasciò cadere il palmo
della mano fra le cosce Antonella arrossì
nel grigiore della nebbia che circondava
l’autovettura, ma non si ritrasse. Nel
silenzio della campagna Fabrizio la fissò
dritta negli occhi e nell’intensità
di quello sguardo lei intravide il forte
desiderio di denudarla.
-
Ti ho desiderata dal momento in cui ho
incrociato il tuo sguardo mentre
scendevi la scalinata del liceo dopo il
colloquio con mia moglie. - disse
Fabrizio avvicinando il viso a quello di
Antonella.
-
Vuoi dire che ci stavamo cercando da
tutta una vita, seppure
inconsapevolmente. E’ così? - disse
Antonella.
-
Negli ultimi tempi ti ho persino sognata
più di una volta.
-
Stai zitto! Baciami! - gli bisbigliò
sommessamente a un orecchio mentre
Fabrizio insisteva a carezzarla con una
certa insistenza, muovendo il palmo
della mano e le dita nell'incavo fra le
cosce.
Quando
le labbra di Fabrizio incontrarono
quelle di Antonella, esigenti e
affamate, lei avvertì una vampata di
calore salire dal basso ventre verso
l’alto frutto di una forte attrazione
animalesca.
La bocca di Fabrizio
profumava di mascolinità e lei
contraccambiò il bacio facendogli
scivolare le braccia intorno al collo,
ricambiando i suoi baci e ubriacandosi
di passione in un lungo amplesso di
baci.
Non furono baci frettolosi
quelli che si scambiarono, ma baci
selvaggi, possessivi e penetranti, di
una avidità insaziabile, come se
tutt’e due non ne avessero mai avuto
abbastanza uno dell'altra.
Stordita
dai gemiti che le uscivano dalla bocca,
sopraffatta da un flusso di emozioni,
Antonella cercò di divincolarsi, ma lui
la tenne stretta a sé rassicurandola
dalle paure che l’avevano colta.
-
Ti voglio! - disse Fabrizio,
spiaccicandole le spalle contro lo
schienale, mentre con le labbra le
lambiva il collo riempiendola di baci,
poi le aprì le cosce e si inginocchiò
fra le gambe.
Le
mani di Fabrizio la liberarono delle
autoreggenti, dopodiché si perse a
leccarle con una certa insistenza le
cosce riempiendola di brividi caldi.
Eccitato dai gemiti di piacere che
uscivano dalla bocca di Antonella,
Fabrizio fece scivolare entrambe le mani
sotto il bordo della camicetta. Lei
incominciò a tremare tutta quando le
dita raggiunsero le tette e il contatto
la eccitò a dismisura.
Guardandola
dritta negli occhi Fabrizio le sbottonò
la camicetta e subito dopo le abbassò
le spalline del reggiseno, che lei
stessa si premurò di togliere
mostrandogli le tette non più sode come
lui le aveva palpato vent’anni prima.
Il
desiderio di essere posseduta aumentò a
dismisura quando le mani di Fabrizio
scivolarono sulle tette ed iniziarono a
carezzarle, stringendo i capezzoli,
alimentando la passione che ardeva
dentro di lei. La lingua, i denti e le
labbra di Fabrizio le molestarono i
capezzoli succhiando prima uno e poi
l’altro scatenandole una sensazione di
piacere e dolore.
Con
gli ormoni in tumulto Antonella intrecciò
le dita fra i capelli di Fabrizio che,
tutto eccitato, si trovò a dovere
lottare con la propria mano attorno alla
cerniera della gonna che con una certa
difficoltà riuscì a fare scivolare sul
pavimento dell’autovettura. Antonella
si ritrovò con solo le mutandine
addosso mentre le dita di Fabrizio le
toccavano l’umida attestazione del
desiderio che le albergava fra le cosce.
Antonella lasciò che il piacere
derivato da quel contatto fluisse dentro
di sé mentre un cerchio di stelle prese
a ruotarle tutt’attorno al capo
mandandola in estasi.
-
Spogliati, dai. - disse Antonella.
-
Togliami tu gli abiti, dai...
Antonella
non se lo fece ripetere una seconda
volta. Liberò Fabrizio dalla camicia
mettendolo nella condizione di esibire
il petto villoso e le braccia muscolose.
Il colpo secco della fibbia della
cintura che si sfilava, insieme al
rumore della lampo che si abbassava,
fece sussultare Antonella quando vide il
cazzo in tiro perché non più protetto
dal tessuto dei pantaloni e dalle
mutande.
Fabrizio si premurò
di abbassare ambedue i sedili, dopodiché
le passò più volte l’estremità
delle dita sulla pelle delicata dei
seni. Infine, abbassò il capo e circondò
con le labbra uno dei capezzoli. Lo
succhiò avidamente strappando a
Antonella più di un gemito di piacere,
mentre un effluvio di umore la bagnava
a dismisura fra le cosce.
Le
difese di Antonella, se mai ce n’erano
state, si sciolsero del tutto quando
Fabrizio si mise di nuovo in ginocchio,
trovando spazio fra le cosce, e affondò
la lingua fra le grandi labbra, gonfie a
dismisura, soffermandosi a succhiare il
clitoride, stringendolo nella bocca.
Antonella incominciò
a dimenare in maniera ossessiva i
fianchi, incalzata dal movimento della
lingua. Il respiro ansimante si trasformò
mano a mano in una sequela ravvicinata
di chiassosi gemiti di piacere. Sollevò
più volte il bacino facendo in modo
d'accompagnare il ritmo della bocca con
cui Fabrizio succhiava il clitoride, e
cercò più volte di divincolarsi dalla
morsa delle labbra che le circondavano
l'esile escrescenza erettile. Il corpo
incominciò a tremarle tutto da capo a
piedi stordita dal piacere che stava
provando, preda di un rabbioso orgasmo.
Quando
Fabrizio le fu sopra Antonella si premurò
di incrociargli le gambe dietro la
schiena e gli affondò le unghie nelle
scapole. Lui le stese le braccia oltre
la testa, intrecciò le mani con quelle
di Antonella, poi la baciò a lungo
mentre con il cazzo la penetrava
soddisfacendo il cocente bisogno che lei
aveva di essere scopata.
Antonella
si aggrappò a lui e insieme cavalcarono
una lunga ondata di piacere che pareva
non dovesse mai terminare. I corpi
presero a pulsare in maniera selvaggia,
ondeggiando dentro l’abitacolo della
autovettura, fintanto che trovarono il
ritmo dell’appagamento. Fabrizio la
penetrò ripetutamente facendo ricorso a
profonde spinte delle reni e del bacino.
Antonella fu in grado di avvertire tutta
la potenza di Fabrizio muoversi dentro
di sé e raggiunse per prima l’orgasmo
ansimando di piacere. Subito dopo andò
a stringere la mano attorno il cazzo e
lo prese in bocca. Fabrizio gemette
mentre Antonella glielo succhiava e con
tutta la sua durezza venne dentro la
bocca.
.
Quel
pomeriggio Antonella e Fabrizio si
lasciarono con la promessa di risentirsi
nei giorni successivi, invece nessuno
dei due si prese la briga di cercare
l’altro e di fatto misero fine a una
storia che non si era mai chiusa durante
tutti quegli anni.
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