La
caffetteria Dulcamara era affollata di
clienti come ogni mattina. I
frequentatori del locale erano
soprattutto impiegati che avevano
l'abitudine di consumare un caffè, rimanendo
in piedi dinanzi al bancone, prima di
recarsi al posto di lavoro, ma c'era
anche chi prediligeva consumare la
colazione seduto a un tavolo conversando
con i colleghi.
Nulla di quanto
accadeva nella caffetteria sfuggiva agli
occhi vigili della signora Flavia,
l'anziana proprietaria della caffetteria
che coadiuvavo nella gestione del
locale. Un lavoro par-time, il mio, che
mi permetteva di guadagnare il denaro
necessario per mantenermi agli studi
universitari e rendermi autonoma
finanziariamente dai genitori.
Stando dietro il
bancone della caffetteria davo ascolto
ai discorsi dei clienti, sorridendo
garbatamente alle frasi spiritose che
gli uomini mi riversavano addosso, senza
concedere confidenze a quelli che si
arrischiavano a farmi proposte
indecenti, oppure propormi inviti a
cena.
Fabrizio non era un
habitué della caffetteria. Le volte in
cui metteva piede nel locale occupava un
tavolo d'angolo, lontano dalla ressa di persone,
dove s’intratteneva a leggere le
pagine rosa della Gazzetta dello Sport
mentre faceva colazione.
Aveva l'abitudine di
bere un cappuccino e cibarsi con una
brioche, sempre alla marmellata di
fragola, dopodiché si allontanava dalla
caffetteria salutandomi garbatamente con
un "Ciao, ci vediamo domani".
Ma il più delle volte tornava a farsi
vivo soltanto dopo un paio di settimane.
Non sapevo niente del
tipo di vita che conduceva. Supponevo
che non fosse sposato poiché non
portava l'anello nuziale al dito. Una
barba folta gli nascondeva i lineamenti
del viso, mentre i capelli lunghi e
arruffati gli conferivano un aspetto da
sorcio. Sì, era proprio così che lo
reputavo: un interessante
"Sorcio".
A differenza della
maggioranza dei clienti che
frequentavano la caffetteria, perlopiù
impiegati, non l'avevo mai visto con
indosso la cravatta. Sotto la giacca
indossava dei curiosi papillon a pois,
annodati a quattro capi, con due code e
due cocche attorno al collo. E quella
particolare cravatta a farfalla mi aveva
incuriosito non poco.
Mostrava d'avere una
trentina di anni. Di sicuro era un
tipo fuori dell'ordinario e ciò me lo
rendeva speciale. Ma un po' sorcio lo
era per davvero con quella barba e i
capelli scompigliati.
Non l'avevo mai visto
interloquire con nessuno degli avventori
della caffetteria. Le rare occasioni in
cui gli avevo rivolto la parola,
scalfendo la barriera che con tanto
garbo aveva innalzato a difesa della sua
privacy, mi aveva risposto in modo
evasivo, rendendomelo ancora più
interessante per l'alone di mistero che
gravitava intorno alla sua persona.
Non si era mai
interessato a me, contrariamente alla
maggioranza dei clienti maschi della
caffetteria, e questo mi aveva
indispettito. Io invece avrei sotterrato
volentieri il suo cazzo fra le mie
cosce, anzi, lo avrei trattenuto a lungo
nella vagina fino a farlo venire, il
Sorcio.
Nella testa mi ero
fatta l'idea che fosse un funzionario
alle dipendenze di uno degli uffici le
cui finestre si affacciavano nella
piazzetta dove era situata la
caffetteria. Scoprii qual era la sua
professione il giorno che capitai negli
uffici della redazione del più
importante quotidiano cittadino.
Ero in attesa che
giungesse il mio turno, davanti
all'ufficio dei necrologi, per
consegnare il testo di un annuncio
mortuario, quando mi capitò di scorgere
Fabrizio. Era seduto dietro una
scrivania, in una stanza poco distante
dall'ufficio dei necrologi, impegnato a
comporre un testo sulla tastiera di un
computer.
Fra le molte
congetture che avevo fatto, a proposito
della sua professione, non avevo preso
in considerazione l'ipotesi che potesse
essere un giornalista, anche se i modi
da intellettuale erano appropriati alla
sua persona. I fantastici papillon a
pois, che esibiva con tanta nonchalance,
avrebbero dovuto farmi intuire per tempo
che non era assimilabile a nessuno degli
impiegati che frequentavano la
caffetteria.
Rimasi a osservarlo
mentre batteva le dita sulla tastiera
del computer, e provai a immaginare il
ruolo che ricopriva nel giornale.
Scartai l'eventualità che si occupasse
della cronaca locale o di quella della
provincia. Di sicuro non si occupava di
politica, pensai. Magari della pagina
della cultura. Sì, d'arte, quasi
certamente recensiva avvenimenti
culturali di spettacoli, cinema e
teatro.
Era questa l'ipotesi
più probabile che formulai, ma subito
dopo scartai anche questa tesi,
considerato che l'avevo visto parecchie
volte impegnato a leggere la Gazzetta
dello Sport mentre consumava la
colazione. No, un tipo così doveva per
forza occuparsi di cronaca nera. Questa
ipotesi fu l'istinto a suggerirmela,
infatti, mi avvicinai moltissimo alla
verità.
Mentre la fila
davanti all'ufficio dei necrologi stava
assottigliandosi mi riproposi di
chiedergli qual era il compito che
svolgeva al giornale nel caso fosse
tornato al Dulcamara per consumare la
colazione.
Erano da poco passate
le otto di mattina quando Fabrizio mise
piede nella caffetteria, appena 24 ore
dopo che l'avevo visto di sfuggita nella
redazione del giornale. Prima che la
signora Flavia se ne occupasse la
precedetti per riceverne l'ordinazione.
- Il solito? - dissi.
- Sì, grazie,
cappuccino e brioche di marmellata. Alla
fragola, eh!
- Sì, certo, non si
preoccupi, le porto tutto al tavolo.
- Grazie, ma aspetto
qui, non è il caso che si scomodi.
- Non si preoccupi lo
faccio volentieri, per lei.
- Ma...
- Vada, la raggiungo
al tavolo.
- Beh, allora mi
accomodo, eh.
- Sì, va bene.
Fabrizio, dopo
essersi allontanato dal bancone, prese
posto a un tavolo accanto alla vetrina
da cui poteva scorgere la piazzetta.
Dalla tasca della giacca tolse la
Gazzetta dello Sport e si mise sfogliare
le pagine del giornale sportivo.
Mi avvicinai alla
macchina del caffè. Intinsi il tubo del
vapore nel bricco, colmo di latte che
stringevo nella mano, senza perdere di
vista Fabrizio intento a leggere le
pagine rosa del quotidiano sportivo.
Scorgendolo impegnato
a leggere la Gazzetta dello Sport pensai
di avere commesso un errore
imperdonabile nell'attribuirgli il ruolo
di redattore di cronaca nera. Doveva per
forza fare parte della redazione
sportiva perché metteva troppa
attenzione nel leggere le pagine rosa di
quel giornale sportivo.
Lasciai defluire la
crema di latte nella tazza col caffè,
attenta a spanderla con piccoli ma
rapidi spostamenti, in modo da fare
scendere contemporaneamente il latte
insieme alla crema. Prima di avvicinarmi
al Sorcio sistemai sul cabaret la tazza
con il cappuccino, una brioche farcita
di marmellata alla fragole, un
tovagliolo di carta, dopodiché mi
avvicinai al suo tavolo.
- Eccomi qua.
Quando si accorse
della mia presenza si premurò di
rimuovere il giornale da sopra il tavolo
e mi fece spazio sulla tovaglia.
Dopo avere collocato
sul tavolo la tazza di latte macchiato e
il piattino su cui avevo collocato la
brioche, mi accomodai a sedere nella
sedia di fronte a lui, sorprendendolo
non poco.
- Ieri sono stata
alla redazione del suo giornale e ho
avuto occasione di vederla al lavoro.
Era impegnato a scrivere un testo
davanti al computer della sua scrivania.
Non avevo ben chiaro che lei fosse un
giornalista.
- Ah, sì? - rispose
portandosi alle labbra la tazza del
caffè macchiato.
- Un lavoro di
soddisfazione quello del giornalista,
vero?
- Se lo dice lei. -
disse dandomi l'impressione di essere
infastidito dalle mie parole.
- Sono iscritta alla
Facoltà di Lettere, frequento il terzo
anno, e non mi dispiacerebbe, in un
prossimo futuro, realizzarmi
professionalmente come scrittrice o in
subordine come giornalista. Le sembrerò
un po' strana, lo so, ma ho scritto
parecchie cose, soprattutto brevi
racconti. Potrei fargliene leggere
qualcuno, tanto per avere un giudizio da
uno che è del mestiere, se le va.
- Se le fa piacere
posso darci un'occhiata, ma senza
impegno.
- I racconti li ho
archiviati nell'hard disk del mio
computer, magari una di queste mattine
ne stampo un paio e glieli faccio avere.
Stavo per domandargli
qual era la redazione cui faceva capo al
giornale quando la signora Flavia, da
dietro il bancone, invocò la mia
presenza interrompendo la nostra
conversazione. Salutai Fabrizio
esprimendogli tutta la mia riconoscenza
per l'attenzione che mi aveva riservato,
dopodiché tornai a occupare il posto
che mi competeva dietro il bancone. Misi
sotto pressione la macchina del caffè e
incominciai a soddisfare le richieste
dei clienti in attesa.
Il giorno seguente,
era un sabato mattina, mi premurai di
consegnare a Fabrizio un paio di
racconti che giudicai essere fra i
migliori della mia vasta produzione. In
quella occasione per la prima volta gli
diedi confidenzialmente del tu. A dire
il vero fu lui il primo a esporsi. Io
non ebbi difficoltà a ricambiare la sua
amicizia. Se fosse dipeso da me il tu
glielo avrei dato molto tempo prima, ma
volevo che fosse lui a prendere
l'iniziativa. Avrei acconsentito a
soddisfare qualsiasi sua richiesta,
anche fargli un pompino nel cesso della
caffetteria se me l'avesse chiesto.
- Prometto che li
leggerò con attenzione, poi ti farò
sapere che ne penso a tale proposito.
- Sì, grazie, te ne
sono grata.
- Ma di che?
- Ah, dimenticavo!
Sono tutt'e due racconti erotici, spero
che la cosa non ti stupisca. Non
giudicarmi male leggendoli, sono
soltanto delle fantasie, non c'è niente
di autobiografico in quelle storie.
- Anche se fossero
testimonianze di fatti realmente
accaduti non ci sarebbe niente di
strano, mica mi scandalizzo, anzi.
- Beh, adesso ti
lascio, altrimenti la signora Flavia si
incavola di brutto se mi trattengo a
lungo a conversare con i clienti, specie
quando c'è ressa attorno il bancone.
- Ci risentiamo,
allora.
- Sì.
Consumai la domenica
curva sui libri a preparare un esame di
storia dell'arte che dovevo sostenere la
settimana seguente. Ero troppo inquieta
per studiare con profitto, nella testa
mi tamburellava il giudizio che Fabrizio
si era impegnato d'esprimere una volta
letti i racconti. Considerai di avere
peccato di presunzione nell'esibirgli
quei racconti erotici, che avrei fatto
meglio a presentagli dei racconti
d'altro genere, magari dei fantasy. Ne
avevo scritti parecchi di fantascienza,
invece stupidamente avevo scelto di
fargli leggere dei racconti erotici. Se
l'avevo fatto non era stato un caso e lo
sapevo bene perché avrei voluto
scoparlo al più presto il
"Sorcio".
Il lunedì successivo
Fabrizio non si fece vedere alla
caffetteria e la cosa mi amareggiò
parecchio. Lo stesso accadde il giorno
seguente e quello dopo ancora. Questo
suo defilarsi mi convinse che i racconti
non gli erano piaciuti. E sbagliai
perché il "Sorcio" si fece
vivo dopo una quindicina di giorni e si
dichiarò entusiasta dei miei scritti.
Scorgendolo quando
mise piede nella caffetteria il respiro
mi si fece ingombrante. Il cuore
cominciò a palpitarmi, ma feci in modo
di non farglielo intendere.
- Il solito?
- Sì, grazie,
cappuccino e brioche.
- Te lo servo al
tavolo?
- No, grazie, ho
fretta, oggi farò colazione al bancone.
Alla macchina del
caffè mi affaccendai a preparargli il
latte macchiato. Mentre la crema di
latte saliva di volume nel bricco mi
premurai di girare la manopola che
regolava il flusso del tubo a vapore,
infine mi rivolsi a lui.
- Allora? Non dici
niente a proposito dei racconti che ti
ho consegnato da leggere? Sono ansiosa
di sapere qual è il tuo giudizio.
Dopo avere
pronunciato quella frase rimasi col
fiato sospeso in attesa di una risposta
che invece tardò ad arrivare. Un lungo
silenzio fece seguito alle mie parole.
In quei momenti il mondo sembrò
crollarmi addosso, invece.
- Li ho letti tutt'e
due con attenzione, e quello che posso
dirti è che hai talento, ma
dovremmo parlarne più compiutamente,
magari in un posto diverso da questo. Ti
va di venire a cena con me una di queste
sere?
Non fece in tempo a
finire la frase che già avevo risposto
in modo affermativo all'invito.
- Sì.
- Domani sera ti
andrebbe bene? Oppure hai già altri
impegni?
- No, non ho impegni,
mi sta bene.
- Allora ti passo a
prendere a casa?
- Potremmo trovarci
qui, alla chiusura serale della
caffetteria, se ti sta bene.
- Alle otto? E' a
quell'ora che chiude il locale, vero?
- Okay. - dissi dopo
avere sistemato la tazza del cappuccino
nel lavandino del bancone.
L'autovettura con cui
Fabrizio si presentò all'appuntamento,
una Fiat Duna, colore grigio topo, era
la classica macchina da sfigati. Non ci
feci troppo caso anche se avrei
preferito salire su un Bmw o un Mercedes.
Il locale dove mi
condusse a cena aveva i crismi del
ristorante per innamorati. Un lume di
candela sistemato su ciascuno dei tavoli
conferiva all'ambiente un alone
romantico e la cosa non mi sorprese.
Prima di avventurarmi fuori dalla mia
abitazione mi ero soffermata a lungo
davanti allo specchio indecisa
sull'abito da indossare. Infine avevo
ceduto all'idea di un vestito
scollacciato che avevo indossato solo in
un paio di occasioni. Fabrizio si
presentò all'appuntamento con addosso
una giacca a quadrettoni e un papillon
giallo a pois rossi, smodatamente
eccentrico come suo solito, ma questo
era uno dei motivi che lo avevano reso
interessante ai miei occhi.
A cena si sperticò
nell'affibbiarmi una serie di elogi,
dilungandosi a più riprese
nell'affermare che ero dotata di
talento. Sostenne che in alcun modo
avrei dovuto sprecarlo, insistendo
affinché mi mettessi alla prova,
spronandomi a scrivere qualcosa di più
impegnativo come un romanzo. Sedotta dai
complimenti che mi riversò addosso per
tutta la serata accettai l'invito a
seguirlo a casa sua per bere qualcosa.
Ma già sapevo che gliela avrei data la
fica.
A dire il vero, a
letto, il "Sorcio", non si
mostrò granché come amante, nemmeno
riuscì a farmi raggiungere l'orgasmo.
Finsi di godere ansimando senza ritegno
per non deluderlo. Alla seconda scopata
quando ormai aveva dato fondo a tutto il
suo repertorio mi crollò addosso
esausto, poverino!
Sdraiati sul letto,
una accanto all'altro, sudati fradici,
rimanemmo a lungo a contemplare le travi
del soffitto senza spiaccicare una sola
parola. Fabrizio accese una sigaretta,
dandomi l'impressione di essere
soddisfatto della scopata, dopodiché si
rivolse a me
- Ti è piaciuto?
- Sì. - risposi
fingendo un appagamento che invece non
c'era stato, anche se mi era piaciuto
succhiarglielo, il cazzo. Ma sono di
bocca buona, io.
- Adesso avrai
finalmente qualcosa di nuovo da scrivere
nei prossimi racconti erotici che
comporrai.
- Eh, sì.
- Sono contento.
- A te, piuttosto,
non è mai capitato di scrivere un
romanzo?
- A me? Scherzi? Non
ci sono portato per scrivere romanzi,
non ho sufficiente fantasia.
- E racconti? Nemmeno
quelli?
- Nemmeno.
- Ma scusa non scrivi
articoli per il giornale?
- Sì, qualche volta,
ma non troppo spesso.
- Non capisco. -
dissi sorpresa da quella strana
rivelazione.
- Al giornale mi
occupo principalmente di necrologi. Io
non ho velleità letterarie, anche se
seguito a essere affascinato dalla
scrittura di chi come te ha talento.
- Non è possibile!
No, non ci credo! Cazzo! Ma allora non
ti occupi né di cronaca locale, né di
nera né tanto meno di notizie sportive?
- Che c'è di così
strano?
- Niente, è che...
- Essere il solo
redattore del giornale che si dedica a
scrivere necrologi, magari destinati ad
accompagnare la scomparsa di eminenti
personalità che hanno dato lustro alla
città o alla nazione intera, è un
lavoro importante. Un lavoro che mi
gratifica, più di quanto puoi
immaginare.
- Sì? - dissi
disarmata da quella rivelazione.
- Non è un caso,
credimi, se i necrologi occupano intere
pagine nel giornale della nostra città,
c'hai mai fatto caso? Se provi a
sfogliare le pagine dei più autorevoli
quotidiani italiani, per non parlare di
quelli europei e americani, ti
accorgerai che lo spazio dedicato agli
annunci mortuari è ridottissimo.
Soltanto nel quotidiano della nostra
città e in pochi altri a distribuzione
locale sono pubblicate pagine e pagine
di necrologi. Il più delle volte sono
annunci simili l'uno all'altro, magari
ripetuti anche centinaia di volte, a
firma di conoscenti, amici, colleghi di
lavoro del defunto. Ti sei mai domandata
il perché?
- No.
- La pubblicazione di
un necrologio, specie se il defunto è
stato un personaggio importante, più
che esprimere la partecipazione al
lutto, serve soltanto a manifestare,
alla comunità tutta, che il firmatario
appartiene alla cerchia degli amici
dello scomparso o della famiglia,
altrimenti la gente potrebbe benissimo
inviare un semplice biglietto affettuoso
all'indirizzo dei parenti, non credi?
- Sì, è vero.
- Ma di ragioni ce ne
sarebbero tante altre, non ultima quella
che gli annunci mortuari sono una delle
principali fonti di reddito del nostro
giornale. Strano, eh.
- Cazzo!
- Eh?
- Niente, stavo
pensando ad alta voce.
Redattore di
necrologi, ecco qual era la professione
del "Sorcio", e io che mi ero
illusa che fosse, perché no, un
reporter. L'universo di cartapesta che
mi ero costruita nella mente mi crollò
addosso d'improvviso lasciandomi
esterrefatta. Accucciata sotto le
lenzuola mi venne da pensare che in un
mondo in cui giornali, televisioni
annunciano in continuazione nascite,
matrimoni e amori, proprio a me doveva
capitare uno che annunciava soltanto
notizie di morte?
*
* *
Dalla sera in cui sono andata a letto
con Fabrizio sono trascorsi sei mesi o
poco più. Dopo di allora non siamo più
stati insieme. Il "Sorcio" ha
insistito a lungo per rivedermi, ma ogni
volta ho fatto in modo di rifiutare i
suoi inviti accampando scuse diverse,
poi ha finito per non fare più visita
alla caffetteria. Anche la signora
Flavia ha notato la sua assenza,
infatti, un paio di settimane fa mi ha
chiesto notizie a tale proposito.
- Ti ricordi quel
signore con la barba e papillon a pois
che assomigliava ad un sorcio e spesso
veniva a fare colazione da noi?
- Sì, lo ricordo. -
ho detto fingendo poco interesse per la
cosa.
- E' da tanto che non
si fa vedere, probabilmente avrà
cambiato posto di lavoro.
- Non credo, era
troppo soddisfatto del compito che gli
hanno affidato nella azienda per cui
lavora.
- Ah, sì?
- Sì.
- Beh, se lo dici tu.
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