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IL
SAPORE DELLE
CILIEGIE MATURE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
C i
sono brutture che giacciono in qualche
angolo remoto del nostro cervello celate fra migliaia di
altri ricordi. A volte, quando si
ripresentano, possono provocarci disagio,
terrore, e anche attacchi di panico.
Elena era incline a un
certo tipo di allucinazioni. Le aveva
nei momenti di massima eccitazione,
specie quando le capitava di fare
l'amore. Per brevi istanti la testa le
doleva, si sentiva strana, e
d'improvviso le esplodeva una
irrefrenabile voglia di punire il
compagno che giaceva sopra o sotto di
lei. Non le era mai accaduto di
provocare lesioni ad alcuno dei suoi
partner, nondimeno la cosa l'inquietava
perché non riusciva a spiegarsene la
ragione.
Le crisi duravano pochi
secondi, dopodiché riprendeva il
controllo di se stessa e tornava a
essere l'Elena di sempre, una donna
dolce e serena che insegnava lettere e
filosofia ai ragazzi del liceo.
Gli stati di totale
sospensione della coscienza, cui ogni
volta facevano seguito delle amnesie, li
considerava una forza estranea alla sua
natura, infatti, non le avevano mai
lasciato strascichi di nessuna natura,
perlomeno non ancora.
Uscendo da casa era salita
in sella alla bicicletta per recarsi a fare delle
compere. Sul Ponte di Mezzo arrestò la
corsa in corrispondenza del semaforo di
Via Mazzini. Una moltitudine di
biciclette occupava la sede stradale nei
due sensi di marcia. Nell'istante in cui
il semaforo passò al verde riprese la
corsa diretta verso il centro della città.
Dall'edicolante di Piazza
Garibaldi si fece consegnare una copia
del quotidiano la Repubblica, dopodiché
riprese a pedalare verso il mercato di
Piazza della Ghiaia. Da un fruttivendolo
acquistò un cesto di ciliegie di
Vignola di cui era ghiotta, ma anche
dell'insalata gentilina, qualche gambo
di rosmarino e della salvia. Mise tutto
nel cesto di vimini fissato al manubrio
della bicicletta, poi riprese la
passeggiata percorrendo la pista
ciclabile che costeggia il torrente e
arriva sino a Ponte Verdi.
Mancavano pochi minuti a
mezzogiorno quando oltrepassò il
cancello d’ingresso al Parco Ducale.
Raggiunse una delle piazzole distanti
poche decine di metri dal viale
principale e si mise seduta su una
panchina.
Nella piazzola non era
sola. Un uomo occupava la panchina
dirimpetto a quella dove aveva preso
posto. Era intenta ad aprire le pagine
del giornale che si era portata appresso
quando l'uomo, un tipo smilzo di mezza
età, si mise a vomitare sul prato i
resti di un cibo male digerito.
Il senso di disgusto che
Elena provò fu pari a quello che un
tempo aveva nutrito nei confronti del
padre quando la sera faceva ritorno a
casa ubriaco e vomitava. Sperava di
avere rimosso il ricordo di quei momenti
tristi, invece le tornarono alla mente
insieme all'immagine della madre
costretta a sopportare angherie e
sevizie di ogni tipo da parte del
marito.
Aveva giurato a se stessa
che non avrebbe fatto la medesima fine
della madre, era questa la principale
ragione per cui non si era ancora
sposata anche se non le erano mancate le
occasioni per farlo. Se il ricordo degli
anni della giovinezza per la maggior
parte delle sue coetanee era tinto
d'azzurro, il suo era colorato di nero.
Colpa di un uomo, suo padre, che le
aveva portato via la primavera della
vita.
Si alzò dalla panchina e
in sella alla bicicletta si mise alla
ricerca di un altro spazio nel parco.
Ripercorse il tratto sterrato di ghiaia
in direzione del viale centrale. Lo
attraversò e si portò in un'altra
piazzola.
Si avvicinò a una delle
panchine libere e appoggiò la
bicicletta sullo schienale di legno.
Tolse dal cestello della bicicletta il
quotidiano la Repubblica e il sacchetto
di carta con dentro le ciliegie, poi si
sedette.
Sollevò la gonna e lasciò
che le cosce si intiepidissero al calore
dei raggi del sole, dopodiché si mise a
leggere le pagine del giornale.
Piluccare le succose
ciliegie di cui era ghiotta era quanto
di meglio potesse offrirle la mattinata.
Seguitò a leggere le pagine del
giornale fino al momento in cui fu
interrotta nella lettura dal
sopraggiungere di un tizio dalla pelle
nera. L'uomo reggeva tracolla delle
stoffe e diverse borsette griffate. Le
si avvicinò e con poca discrezione cercò
d'intavolare con lei un discorso.
- T'interessa qualcosa
delle cose che ho con me? - disse in un
italiano incerto.
- No, grazie.
- Vuoi comperare delle
borsette firmate?
- No, grazie.
- Allora vuoi dei CD
musicali?
- No, grazie.
L'uomo aprì la valigetta
24 ore che teneva stretta sotto
l'ascella e mostrò il resto della
mercanzia a sua disposizione.
- Questo bellissimo
orologio te lo lascio a 15 euro, va
bene?
- Mi spiace, mi devi
scusare, ma non ho bisogno di nulla.
- Appena dodici euro,
allora, va bene?
L'insistenza con cui
l'ambulante stava portando avanti il
mercanteggiamento la indispettì. Non
era sua intenzione essere sgarbata e
nemmeno offenderlo, portava troppo
rispetto per le persone per farlo. Per
evitare di rispondere in malo modo alle
insistenti richieste d'acquisto pose a
barriera fra sé e l'uomo le pagine del
giornale, unico mezzo per togliersi
d'intorno l'indesiderato ospite.
L'uomo seguitò a
biascicare parole, dopodiché non
trovando adeguata corrispondenza si
allontanò. Quando Elena abbassò le
pagine del giornale e si guardò
attorno, lo vide seduto su una panchina
a una decina di metri di fronte a lei.
L'uomo aveva riposto la
mercanzia sulla panca e guardava nella
direzione dove lei era seduta. Per nulla
intimorita riprese a gustare le succose
ciliegie ingurgitandole una dopo
l'altra, poi con un gesto della mano
fece un cenno all'uomo indicandogli se
ne voleva qualcuna. Con un movimento del
capo il venditore fece cenno di no, ma
lasciò intendere di volere abbassare la
cerniera dei pantaloni muovendo più
volte il cursore della lampo avanti e
indietro.
Per niente scoraggiato
seguitò a mantenere lo sguardo fisso su
Elena, come chi è in attesa di prendere
una decisione, infine sganciò il
bottone che teneva i jeans stretti in
vita e tirò fuori il cazzo.
Sorpresa dall'inaspettato
spettacolo Elena continuò a ingurgitare
ciliegie sputando il nocciolo in
direzione dell'uomo come fosse sua
intenzione indicargli il proprio
disprezzo.
Lo vide cingere il cazzo
con il palmo della mano e iniziare a
masturbarsi. Furono sufficienti pochi
secondi per fare assumere al rotolo di
carne l'aspetto di un randello scuro.
Fino a quel momento non si
era mai posta l'interrogativo sul colore
che poteva avere la cappella di un uomo
dalla pelle nera, rimase sorpresa nel
vederla rosea come quella degli uomini
bianchi con cui aveva fatto l'amore.
Anche il palmo della mano era chiaro,
nemmeno a quello ci aveva fatto caso.
L'uomo seguitò a
masturbarsi con movimenti lenti della
mano, come se fosse sua intenzione
prolungare all'infinito il piacere che
stava provando.
A quell'ora i viali del
parco erano pressoché deserti, nessuno
sarebbe venuto a interrompere la sua
opera. Dalle labbra carnose fece
capolino un timido sorriso, sembrava
soddisfatto della piega che stava
assumendo la sua performance. In altre
occasioni le spettatrici a cui regalava
quel tipo di spettacolo erano fuggite
lasciandolo da solo a masturbarsi. Elena
invece seguitò a guardarlo, fredda,
impassibile, sfamandosi con le ciliegie.
Il cazzo, leggermente
incurvato verso l'addome, si presentava
di notevoli dimensioni e faceva bella
mostra di sé fra le cosce dell'uomo.
Dopo avere sputato l'ultimo
nocciolo si alzò dalla panca. Aprì
la borsetta e dal beauty-case, dove era
solita riporre il necessario per il
trucco, tolse un paio di forbici di
piccole dimensioni. Si avvicinò
all'uomo tenendo la mano nascosta dietro
alla schiena. Quando gli fu vicino
s'inginocchiò ai suoi piedi e gli prese
il cazzo nella mano. Con l'altra conficcò
le punte metalliche alla radice del
organo sessuale maschile.
In quel momento le
passarono per la mente immagini del
proprio passato, e si rese conto che la
stessa cosa avrebbe dovuto farla molto
tempo addietro al cazzo di suo padre
quando all'età di dieci anni, tornando
a casa ubriaco, l'aveva deflorata.
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