IL MIO AMICO TONY MANERO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

        A drasto Agosti, meglio conosciuto con il soprannome di "Tony Manero della Bassa", giaceva cadavere, nella bara di legno sistemata nella camera mortuaria, pronto per essere accompagnato nel tempio per la cremazione del cimitero di Valera. Il volto corroso dagli effetti devastanti della malattia avevano scioccato Matilde quando, accostatasi alla bara, aveva faticato non poco a riconoscere nella larva d’uomo che si era trovata dinnanzi l’amico da cui, anni addietro, aveva ricevuto morbose attenzioni senza per altro andarci a letto. 
   La notizia della morte dell'amico l'aveva appresa in maniera del tutto casuale, sfogliando le pagine della Gazzetta di Parma, quotidiano della propria città, dove, oltre all’annuncio funebre, presente nella pagina dei necrologi, ne aveva trovato traccia in un articolo, comparso nella cronaca locale. Infatti, la redazione del giornale aveva dato ampio risalto alla notizia della morte di Adrasto stante la notorietà del personaggio, e non era rimasta stupita nel costatare la massiccia presenza di uomini e donne intervenuti alla cerimonia funebre.
   Matilde, come le altre persone presenti ala cerimonia funebre, non aveva esitato a liberarsi dagli impegni di lavoro per porgere un ultimo saluto all’amico defunto.

   Matilde, una volta completati gli studi universitari, aveva lasciato Parma e si era trasferita a lavorare a Milano, interrompendo ogni rapporto con Adrasto, anzi, a dirla tutta, da almeno una decina di anni si erano completamente persi di vista, ciò nondimeno nel mettere piede nella camera ardente era rimasta sgomenta dinnanzi al corpo nudo dell’amico, stranamente privo di indumenti, contenuto dentro un sacco trasparente di plastica bianca, presumibilmente sterile, con al centro una lunga cerniera a chiusura ermetica da cui usciva fuori soltanto il volto smagrito e sofferente dell'amico. Uno spettro d'uomo dall'aspetto molto diverso da quello che aveva conosciuto vent’anni prima quando, ogni sabato sera, al Kursaal, acclamata discoteca della Bassa assai popolare nel mondo giovanile, si presentava sulla pedana da ballo con indosso dei pantaloni scampanati, giacca bianca d’ordinanza, camicia nera, gelatina nei capelli, zircone bianco al lobo sinistro dell’orecchio, catena d’oro al collo, impegnato a imitare il personaggio di Tony Manero, protagonista indiscusso del film La febbre del sabato sera portato sullo schermo da John Travolta.

   Adrasto, stando al parere delle tante persone che lo avevano conosciuto, era dotato di notevole talento. Si diceva che fosse nato per ballare, soprattutto per le movenze sensuali del corpo di una eleganza piumata naturale di cui la natura lo aveva dotato, ma nello stesso tempo aveva condotto una vita sregolata, rivolta principalmente al divertimento e a soddisfare i piaceri della carne che l’ambiente delle discoteche sapeva procurargli con sua grande soddisfazione.
   Sulla pista da ballo, alla maniera di Tony Manero, non conosceva rivali, infatti, ballando, si era guadagnato anche il rispetto dei maschi suoi coetanei che, in virtù del talento, lo avevano soprannominato: “Re della Disco Dance”, ma soprattutto aveva saputo guadagnarsi l’ammirazione dell'universo femminile che riempiva le discoteche, tanto che erano molte le donne che bisticciavano fra loro per contendersi i suoi favori. 
   Adrasto aveva saputo mettere a profitto il proprio fascino catturando l'attenzione di una infinità di donne, portandosele a letto ed esercitando su di loro il proprio dominio, specie dopo che si era sparsa la voce che non fosse soltanto dotato nel ballo, ma superdotato sessualmente. Difatti, fra le donne, si era ben presto diffusa la voce che a letto, oltre all’ardore e l’essere capace di mantenere a lungo l’erezione, madre natura l'avesse dotato di un uccello dalle dimensioni pari a quello di Rocco Siffredi e Trentalance, quindi capace di acquietare col suo magnetismo le esigenze sessuali di qualsiasi donna.

   Vanitoso, dal carattere estroverso, impulsivo e superficiale, ma con l'ormone del testosterone costantemente ai massimi livelli, Adrasto era un mito per il popolo della notte, soprattutto per coloro che nei fine settimana frequentavano le discoteche della Bassa Parmense. Completamente assorbito nella cura del suo personaggio, afflitto da un ego smisurato, ammiccava alle ragazze che lo avvicinavano e immancabilmente rimanevano catturate dal fascino dei suoi muscoli, dai tatuaggi disseminati su tutta la superficie del corpo, ma soprattutto dalle dimensioni dell'uccello.

   La morte, come si sa, non fa sconti a nessuno e non aveva avuto pietà nemmeno per Adrasto. Al termine di una vita bruciata dalla droga e poi dall’Aids si era trovato rinchiuso, dentro una bara, davanti all’altare nella piccola chiesa monumentale di Zibello a ridosso dell'argine del Po. Della natura della malattia che lo aveva condotto alla morte, mantenuta nascosta dai famigliari, Matilde ne era venuta a conoscenza soltanto durante la cerimonia funebre quando una donna, che in seguito si era rivelata una delle infermiere del piccolo ospedale di provincia dove Adrasto era stato ricoverato, era salita sul pulpito, dopo che il prete aveva terminato l’omelia, e ne aveva dato notizia, scoccando soprattutto la pletora di donne presenti nella chiesa, mandandole nel panico, denunciando qual'era la malattia infettiva che aveva condotto Adrasto alla morte. 
   A rinvenirlo cadavere, alle sei di mattina, nella clinica in cui era ricoverato, in un pozzanghera di sangue coagulato e con le cannule delle flebo staccate dal corpo, era stata un’ausiliaria delle pulizie. Nessuna delle figure mediche e infermieristiche, deputate all’assistenza dei ricoverati presenti nella clinica, si era accorta del decesso di Adrasto sopravvenuto durante la notte. 
   Dalla stanza dove era degente, una volta che il medico di guardia ne aveva comprovato la morte, il cadavere era stato trasportato in necroscopia avvolto dentro un lenzuolo, e lì era rimasto per tre giorni, nudo, ospite indesiderato della camera mortuaria, senza che nessun necroforo si fosse azzardato a mettergli addosso uno straccio di vestito per accompagnarlo nell’ultimo viaggio, nonostante le sollecitazioni dei famigliari.
   La colpevole ignoranza degli addetti a comporre le salme che, essendo Adrasto risultato sieropositivo all’Aids, si erano rifiutati di toccarlo per paura del contagio e costretto in questo modo i parenti a lasciarlo nudo, dentro un sacco di tela sterile, depositandolo nella bara, per essere bruciato come un appestato, oltraggiandolo nella sua dignità di uomo.  

   Il giorno successivo il funerale, dopo che fra gli abitanti della Bassa si era sparsa a macchia d’olio la notizia della malattia che aveva condotto alla morte Tony Manero, i medici di base che operavano in quei territori si erano trovati, da un giorno all'altro, sommersi da una infinità di richieste da parte di donne di ogni età e classe sociale che insistevano per essere sottoposte al test dell'Hiv. 
   Delle circa millecinquecento donne che nel corso degli anni avevano avuto rapporti sessuali, seppure occasionali, con Adrasto quattro erano risultate sieropositive. Matilde non ebbe bisogno di effettuare il test Hiv, poiché a letto con Tony Manero non c’era mai andata anche se in più di un’occasione le aveva fatto delle avance. Lei però gli si era sempre rifiutata semplicemente perché lesbica.

 

 
 

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