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IL
CALORE
DEL TUO SESSO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Curvo
sui libri, al riparo dalle voci assordanti dei miei
genitori occupati a litigare davanti al
televisore, ero intento a preparare un
esame universitario quando il cellulare si mise
a trillare. Sullo schermo a cristalli
liquidi intravidi il numero di Marika. Da un paio di settimane non ci
vedevamo. L'ultima volta che eravamo
stati insieme avevamo praticato del
sesso acrobatico nel cesso di un bar. In
preda a una forte eccitazione, dopo che
tutt'e due avevamo mangiato mortadella e
tracannato lambrusco più del
solito, l'avevo trascinata nello
stanzino dei servizi igienici; quello
riservato alle donne per la precisione.
Una volta lì l'avevo costretta a
chinare il capo e appoggiare il torace
al bordo del lavandino, poi le avevo
sollevato la gonna e abbassato le
mutandine, dopodiché, mantenendo le
mani abbrancate ai suoi fianchi, l'avevo
scopata mantenendo lo sguardo fisso sul
mio viso riflesso nello specchio
sistemato alla parete di fronte a
noi.
- Pronto.
- Ciao, sono io,
Marika.
Dopo i soliti
convenevoli ci raccontammo un mucchio di
pettegolezzi e stronzate. Succedeva tutte le volte che
conversavamo al telefono, in effetti non
sapevamo fare altro, poi di colpo il
tono della sua voce si fece serio.
- Esattamente una
settimana fa ho abortito. T'interessa
saperlo?
- Eh?
- Ero incinta di due
mesi.
L'annuncio mi mise in
imbarazzo. Non ero preparato a incassare
una simile notizia, anzi, nemmeno mi era
passato per la mente che una qualsiasi
delle donne con cui faccio sesso potesse
rivolgersi a me in quel modo.
- Adesso come stai? -
dissi cercando di mitigare l'imbarazzo
che mi aveva colto.
- Bene... Bene.
- I tuoi genitori
come l'hanno presa?
- Non lo hanno
saputo, gliel'ho tenuto segreto,
altrimenti sai che casino!
Mi
risultò difficile proseguire nella
conversazione. Mi misi sulla difensiva
per paura che potesse accusarmi di
essere l'uomo che l'aveva messa incinta. Una
paternità che non sentivo mia, ma
che poteva esserla.
Io e
Marika scopavamo di rado, un paio di
volte al mese e occasionalmente, mentre
avventure di una sola notte con
sconosciuti ne contava diverse e non ne
faceva mistero.
- Non ti è passato
per la mente che sarei potuta essere
incinta di te.
- Di me?
- Sì, perché, che
c'è di strano? Sei sterile?
- No.
- E allora?
- Beh, in effetti
potrei essere stato il tuo "inseminatore".
Si dice così in questi casi? Ma non lo
credo possibile perché con te ho sempre
adottato delle precauzioni, consapevole
del fatto che la passera la concedi
abbastanza facilmente ai maschi che ti
ronzano d'intorno.
- Non sei affatto
carino a dirmi queste cose.
- Non è forse la
verità?
- Un preservativo
può anche risultare difettoso o
addirittura rompersi. A noi è accaduto
in una occasione, ricordi?
- Se intendi
incolparmi della tua gravidanza dicendo
che sono stato io a ingravidarti devi
dirlo in maniera esplicita, senza fare
ricorso a inutili giri di parole.
- Non so chi sia lo
stronzo che mi ha messo incinta. Merda!
Davvero non lo so. In effetti non sono
il tipo di donna che si tira indietro
quando incontra un uomo con cui ha
voglia di scopare. Sai bene come sono
fatta. Non è vero?
- Sì, certo che lo
so, per questo dubito d'essere il
maschio che ti ha ingravidata.
- La ginecologa che
ha eseguito l'aborto mi ha consigliato
di astenermi dall'avere rapporti
sessuali per almeno tre settimane.
Mentre l'ostetrica che la coadiuvava
nell'intervento ha aggiunto la frase:
"niente rapporti vaginali". Ho
riflettuto parecchio sulle parole
pronunciate da ginecologa e ostetrica, e
sono giunta alla conclusione che volendo
potrei avere dei rapporti orali e anali,
tu che ne pensi?
- Boh, non lo so,
mica sono una ostetrica.
- La ginecologa ha
detto che scopando andrei a provocare
delle contrazioni all'utero le cui
pareti non devono essere stimolate per
non creare delle complicanze. E se mi
venisse voglia di praticare un pompino?
E perché no, magari prenderlo nel culo?
Secondo te potrei fare queste due cose?
- Scusa, ma ti rendi
conto di quello che mi stai
chiedendo? Che vuoi che ne sappia
se durante un rapporto anale oppure
orale il tuo utero si contrae? Ma sei
scema o la fai? E' una domanda che devi
fare a te stessa, che ne so se la tua
agina si contrae a prenderlo nel culo.
- Studi medicina, no?
- Mica sono un
medico, sono soltanto al terzo anno di
università. Questa domanda la devi fare
alla tua ginecologa, magari domani
mattina le telefoni e vedrai che saprà
darti una risposta esauriente.
- Fai le cose facili
tu. Secondo te ho abbastanza faccia
tosta per chiederle un parere su una
cosa del genere? Dai, dimmi comunque
qual è la tua opinione.
- Se ti va di fare un
pompino fallo pure. Cristo! Non credo
possa crearti dei problemi, sempre che
non ti ecciti tanto dall'avere delle
contrazioni all'utero anche quando
succhi un cazzo.
- Beh, in effetti, a
volte mi succede, anzi con te mi è
accaduto abbastanza spesso.
- Allora non
farli.
- E prenderlo nel
culo?
- Se fossi in te
aspetterei una ventina di giorni prima
di riprendere a farti sodomizzare. La
parete dell'ano è molto sottile e
contigua a quella della vagina. Il
passaggio di un qualsiasi oggetto
estraneo potrebbe provocare all'utero
dei danni irreversibili.
- Penso che farò
così.
- Cioè?
- Mi asterrò
dall'avere un qualsiasi rapporto
sessuale, non concederò nemmeno un
bacio a un uomo. Ti va bene se faccio
così?
- Beh, adesso ti
saluto. Per stasera ne ho avuto abbastanza di
te e dei tuoi problemi.
- Perché parli
così? Cazzo, non capisci una sega, lo
sai? Se ti ho telefonato è perché
avvertivo il bisogno di confidarmi con
qualcuno di quello che mi è accaduto.
Credi davvero che depressa come sono
potrei fare dei pompini o prenderlo nel
culo? Ma sei scemo? Queste confidenze le
ho fatte a te, soltanto a te, perché ti
considero un amico, uno dei pochi di cui
ho stima, non lo hai capito? Che razza
di stronzo che sei!
- Sì, però... Va
be', dai.
- Ciao.
.
Io e Marika abbiamo
fatto conoscenza una sera in cui,
uscendo da casa alla ricerca di fica, mi
ero imbattuto nella sua persona. Altre
volte l'avevo notata nel pub che sono
solito frequentare e in ogni occasione
era circondata da uno sciame di
corteggiatori che le ronzavano intorno
come calabroni. Quella sera, strano a
dirsi, era seduta a un tavolo ed era
sola. Senza chiederle il permesso andai
a sedermi di fronte a lei. Non fu
difficile imbastire un discorso e
abbordarla. Dopo un paio di ore
trascorse a conversare e bere birra la
invitai a proseguire la serata fuori dal
locale. La mia macchina, una Fiat Croma
presa a prestito da mio padre, era
parcheggiata in una zona buia a due
passi dal bar e nell'abitacolo trovammo
rifugio.
All'epoca Marika
frequentava l'ultimo anno di liceo. Era
una ragazza di una bellezza
sconvolgente, da rimescolare gli ormoni
a qualunque uomo avesse avuto modo di
avvicinarla. Io frequentavo il secondo
anno della facoltà di medicina e la
cosa sembrò interessarla parecchio,
infatti mi confidò che le sarebbe
piaciuto, una volta superato l'esame di
maturità, iscriversi alla mia facoltà.
Infine parlando delle sue aspettative di
vita e delle mie si creò subito un
certo feeling.
Dopo una decina di
minuti, consumati a limonare e
palpeggiarci sui sedili dell'automobile,
abbassai i ribaltabili e finimmo per
ritrovarci sdraiati uno accanto
all'altra. La cosa mi sorprese parecchio, di sua
iniziativa mi slacciò la cinghia dei
pantaloni che si premurò di fare
scivolare verso il basso insieme alle
mutande, dopodiché seppellì il viso
fra le mie cosce.
Percepii la punta del
naso scorrere dall'ombelico e dirigersi
verso il basso. Mi cinse l'uccello con
il palmo della mano e affondò la bocca
sulla cappella. Lasciai che si
deliziasse a succhiarmi l'uccello per
una decina di minuti, attento a non
venire troppo presto, dopodiché mi
liberai degli abiti che avevo indosso,
compresi i calzini. Lei fece altrettanto
spogliandosi anche dell'intimo. Nuda era
un gran bello spettacolo di carne
fresca.
Esplorai ogni curva
del suo giovane corpo. Mi soffermai a
carezzarle i seni, l'addome, i fianchi,
la schiena, e le dita dei piedi. La
leccai dappertutto senza trascurare un
solo anfratto del suo giovane corpo.
Più la leccavo e più avvertivo il
bisogno di conoscere ogni suo particolare anatomico e non ne rimasi
deluso. Quando lasciai cadere la mano
sul pube, e cominciai a carezzarle la
macchia di peli che le circondava la
fica, fu scossa da frequenti tremiti. Mi
spinse con forza il capo sul suo sesso e
con la punta della lingua la penetrai.
Seguitai a succhiarle il clitoride sino
a quando raggiunse l'orgasmo, soltanto
allora allargò le cosce e le seppellii
l'uccello nella vagina.
Prima di scopare con
Marika non avevo mai sperimentato un
piacere così travolgente. Quella sera
dentro l'abitacolo dell'automobile di
mio padre, ci accoppiammo come bestie in
calore lasciandoci alle spalle ogni
inibizione.
Marika si mostrò come una ragazza dalla personalità
straripante. In questo assomigliava un
po' a Rossana, la mia attuale amante,
una vera macchina da sesso. Dopo la
notte trascorsa a fare l'amore sui
ribaltabili della macchina seguitammo a
incontrarci, seppure occasionalmente.
Non l’avevo mai considerata come la
mia ragazza, anzi credo di averla
trattata male in più di una occasione
consapevole che non ero il solo a godere
delle sue grazie. In ogni caso non
scopava con tutti i ragazzi che le
gravitavano d'intorno, ma soltanto con
quelli per cui aveva simpatia ed io
dovevo esserle molto simpatico.
Lasciai trascorrere
una decina di minuti dalla sua
telefonata, dopodiché, preso da un
senso di colpa per il modo in cui
l'avevo bistrattata, digitai il numero
del suo cellulare. Marika non diede
subito risposta, lasciò passare un po'
di tempo prima di decidersi a farlo.
- Ciao.
- Ah, sei ancora tu.
- disse con un tono di voce imbronciato.
- Che cazzo vuoi?
- Beh, innanzitutto
voglio chiederti scusa. Mi sono
comportato da imbecille poco fa. Avrei
dovuto comprendere quanto sei scossa e
stai patendo visto quanto ti è
accaduto, e ne sono dispiaciuto.
- Non importa, tanto
è lo stesso.
- Non vuoi dirmi cosa
c'é che ti angoscia?
- Niente.
- Davvero?
- Beh, no.
- Scusa se te lo
chiedo, ma quando hai preso la decisione
di abortire lo hai fatto da sola oppure
ti sei consigliata con qualcuno? Ne vuoi
parlare con me adesso?
- Non so che idea ti
sei fatto di me, probabilmente credi di
conoscermi a fondo soltanto perché
siamo andati a letto insieme. Invece ti
assicuro che sai molto poco di me.
- E' vero, però non
ti ci avrei visto a fare la genitrice.
- Scherzi?
- Mettere al mondo un
figlio comporta una responsabilità
enorme, un evento da non prendere
sottogamba, magari potrai scegliere di
concepirne uno fra qualche anno quando
avrai stabilizzato la tua vita sociale e
anche economica e sarai più matura,
allora sì.
- Mah.
- Un figlio è una
scommessa grandiosa che non può essere
legata al caso, un incidente, oppure un
obbligo.
- Infatti è per
queste ragioni che ho preso la mia
decisione e non è stato facile
scegliere d'interrompere la gravidanza
te lo assicuro.
- Adesso devi
metterti alle spalle tutte le paure che
hai vissuto con l'aborto. Lascia i
brutti ricordi dietro di te e guarda
avanti. Decidendo di interrompere la
gravidanza sono certo che hai fatto la
scelta migliore, non potevi fare
altrimenti.
- Immediatamente dopo
l'intervento chirurgico stavo bene,
strano eh! Mi sentivo libera,
sollevata da un grande peso. Invece col
passare dei giorni ho avvertito un gran
vuoto dentro me, per la mancanza del
bambino che avrei potuto avere. Adesso
ogni notte piango. Ho persino delle
allucinazioni e ho pensato al suicidio.
Non so come fare a colmare il vuoto che
ho dentro. Mi viene da pensare a come
sarebbe potuto evolversi nel tempo quel
feto. E ogni volta mi coglie una dannata
rabbia pensando che ho ucciso il mio
bambino.
- Devi convincerti
che quello che hai abortito era soltanto
un embrione.
- No, sbagli, era
qualcosa di più.
- Ti sei pentita per avere interrotto la gravidanza?
- Non riesco a
superare questo trauma. Come posso
uscirne? Vorrei tornare a essere serena
come lo sono sempre stata, e riprendere
a vivere. Per favore aiutami.
- Probabilmente stai
passando un brutto periodo. E' un po' di
depressione dovuta all'aborto, vedrai
che ti passerà.
- Vivere mi sta
diventando abbastanza faticoso.
- Non dire
sciocchezze.
- Purtroppo è vero.
- I sensi di colpa e
d'inadeguatezza che stai provando
rispetto a ciò che ti è accaduto sono
abbastanza normali per una ragazza della
tua età, tanto più che ti sei trovata
a gestire questa scelta da sola.
- Non hai idea di
quanto mi sia costato decidermi a farlo.
Voi maschi non potete capirlo, siete
inadeguati di fronte a questo tipo di
accadimenti. Io quel figlio lo avrei
anche tenuto, ma sono sincera se dico
che non sapevo nemmeno chi ne era il
padre.
- Comunque prima di
interrompere la gravidanza avresti
dovuto consigliarti con qualcuno.
- L'ho fatto con la
ginecologa del consultorio.
- Intendevo con
qualcuno che ti è caro, senza che
questa persona potesse mettere dei
vincoli alla interruzione della
gravidanza, decisione che comunque
sarebbe spettata soltanto a te perché
coinvolgeva non solo il tuo corpo, ma
anche il tuo avvenire.
- Spero soltanto che
questa mia sofferenza non si prolunghi
troppo nel tempo.
- Forse
nell'immediato hai vissuto l'aborto come
una liberazione, mentre adesso la cosa
ti è diventata un peso, e ti dà dolore
ripensare alla scelta che hai fatto.
- Sì, è così.
- Non so in che modo
posso aiutarti a superare il tuo stato,
ma puoi contare su di me in ogni
momento, sappilo.
- Ti ringrazio,
parlarne con te mi ha aiutata
moltissimo. Non sai quanto, adesso però
ti lascio e ti do la buonanotte. Un
bacio. Ciao.
- Buonanotte.
Non ricordo in quali
altre occasioni dopo quella drammatica
telefonata mi capitò di intrattenermi
di nuovo in compagnia di Marika.
Sembrava evitarmi, respingendo ogni mia
avance, probabilmente pentita di ciò
che mi aveva rivelato. Da quell'episodio
sono trascorsi una decina di anni. Con
Marika ci siamo persi di vista, non so
nemmeno che vita conduca adesso, magari
si è sposata e ha messo al mondo dei
figli, spero soltanto che abbia
ritrovato quella voglia di vivere che
aveva perso con l'aborto, e non sia più
un enigma per sé e per chi le sta d’intorno.
Durante la mia vita
sono stato legato affettivamente a poche
donne, ma con nessuna ho saputo annodare
le nostre vite, alla convivenza forzata
ho sempre preferito la solitudine. Da un
paio di anni porto avanti una storia con
Rossana. E' una donna sposata e non mi
chiede mai niente. A entrambi sta bene
la vita che conduciamo, perlomeno fino a
ieri sera.
Da adolescente avevo
l'abitudine di starmene da solo. Alla
compagnia dei miei coetanei preferivo la
solitudine. A quell'età non ero un
ragazzo felice, anche se avevo la
presunzione di considerarmi tale. Vivevo
in uno stato di perenne insoddisfazione,
arrabbiato con il mondo intero. Ciò
nondimeno all'età di sedici anni ho
avuto il mio primo innamoramento. La
ragazza si chiamava Mirella ed era
dotata di una bellezza unica e
selvaggia, perlomeno così appariva ai
miei occhi. Frequentavamo il medesimo
liceo e se la nostra storia non
funzionò fu soltanto per colpa mia.
Arrivai a un passo dal suo cuore,
ma disgraziatamente a un chilometro
dalla sua passera. Lei nemmeno si
accorse che mi ero preso una cotta per
lei, presa com'era dall'amore per un
altro ragazzo, cosicché mi tirai da
parte.
A quell'età mi
atteggiavo a grande rivoluzionario e
mentre la maggioranza dei miei coetanei
faceva il filo alle ragazze io
trascorrevo le giornate al Centro
Sociale del mio quartiere, sede di
aggregazione del gruppo di anarchici che
a quell'età ero solito
frequentare.
Il cinema e i libri
sono stati per molti anni i miei
passatempi preferiti. Trascorrevo interi
pomeriggi rinchiuso in qualche cinema
d'essai. Mi piacevano le pellicole degli
anni sessanta, soprattutto quelle
realizzate da registi francesi della
nouvelle vague. Di uno di questi film,
"I 400 colpi", avevo persino
imparato a memoria i dialoghi dei
personaggi, forse perché in Antoine
Doinel, protagonista di molti film di
Françoise Truffaut, mi riconoscevo in
tutto e per tutto. Lo stesso accade con
molte delle pellicole del medesimo
regista in cui l'attore Jean Pierre
Léaud, fu chiamato a interpretare il
personaggio di Antoine Doinel nelle
diverse fasi evolutive della sua vita
sino al raggiungimento dell'età matura.
Se il cinema è stato
per molto tempo il mio passatempo
preferito, dentro le mura di casa la
letteratura riempiva le mie ore. Leggevo
libri in continuazione, di ogni genere,
soprattutto di storia e filosofia. Nella
testa mi ero costruito un mondo tutto
mio in cui ci abitavo dentro da solo. E
mentre la maggioranza dei miei coetanei
aveva cominciato a scopare, io ero
ancora vergine. Raccontavo a me stesso
che era sufficiente lo scorrere della
mia mano attorno l'uccello per
masturbarmi e fare del sesso sicuro, ma
non ero affatto sincero.
La maggior parte
delle persone consuma la vita mettendosi
alla ricerca disperata della propria
metà senza riuscire a trovarla. Io
ancora oggi seguito ad avere un rapporto
morboso con la solitudine. Chi come me
ha una indole solitaria percepisce
l'isolamento come un bisogno
inalienabile, ma questo non significa
che sono sociofobico. E' che mi
piacciono i momenti di lontananza dagli
altri. Al momento non sento nemmeno più
il bisogno di innamorarmi, mi basta
avere una donna con cui fare l'amore
ogni tanto, senza assumermi nessun
impegno, questo e basta.
Rossana giace nel
letto accanto a me. Mantiene il capo
appoggiato sulla mia spalla e dorme. Ha
la bocca chiusa e respira dal naso a
intervalli regolari. Le luci dell'alba
hanno fatto capolino dalla finestra e
rischiarano la camera. Abbasso lo
sguardo sulle curve della sua schiena
nuda e ne resto confuso. Immagino il
seno morbido nascosto lì sotto, penso
ai capezzoli rosa che si inturgidiscono
ogni volta che entrano a contatto con le
mie dita, e mi ritrovo ad avere una
erezione del tutto simile alla torre di
Pisa.
Rossana sembra
intuire che la sto guardando, abbandona
la sua postura e si mette a pancia in
su. Guardo attentamente la forma dei
seni. La parte estrema dei capezzoli,
piuttosto in rilievo, si solleva e si
abbassa seguendo il ritmo del respiro.
Per ora mi accontento di guardarla
mentre avverto che mi sta salendo
l'eccitazione.
Mantiene le gambe
scomposte, libere di aprirsi se mai
avrò voglia di penetrarla. Il suo sesso
è di una bellezza inquietante, privo
com'è di peli tutt'attorno alle grandi
labbra. Sfioro con l'estremità delle
dita l'addome e mi soffermo a pensare a
quanto di prezioso vi è custodito sotto
lo strato di pelle dopo che Rossana,
soltanto qualche ora fa mi ha confidato
di essere incinta di due mesi. Esploro
con le dita la pelle tutt'attorno
l'ombelico, risalgo l'addome, e
raggiungo il solco dei seni. Mentre
sfioro i capezzoli ho l'impressione che
al tocco delle mie dita si innalzino.
Rossana inarca la schiena e dischiude la
bocca. Dalle labbra le esce un gemito. Lo
spettacolo del suo corpo nudo, docile e
disponibile, rischiarato dalle luci del
mattino, mi ha messo addosso una
irrefrenabile voglia di fare l'amore.
Lascio cadere il palmo della mano a
cavallo del suo pube, l'accarezzo, e
faccio scorrere un paio di dita
all'interno della fica. E' calda, umida,
e appetibile. Muovo con delicatezza le
dita mentre Rossana si limita a eseguire
dei profondi sospiri.
E' sveglia,
mi guarda e sorride. In breve tempo
piccole perle d'umore le bagnano la fica.
Vorrei mettermi cavalcioni sopra il suo
corpo e scoparla, ma desisto dal farlo.
Seguito a carezzarla dilungandomi con
l'estremità delle dita a solleticarle
il clitoride.
L'odore della sua
eccitazione si è fatto più incalzante.
I gemiti che escono sempre più di frequente dalla sua bocca sembrano
invitarmi a seguitare ad accarezzarla. Chino il capo sino a sfiorare i
capezzoli con le labbra. Gioco con la
lingua dilungandomi a leccare il
contorno delle areole ispessite e
turgide. Mi diletto a succhiarle senza
mai smettere di carezzarle la fica. Un
gemito di piacere più intenso dei
precedenti le si strozza in gola. Mi
stacco dal suo corpo e resto immobile,
giusto il tempo per disorientarla.
Rossana allarga le cosce come fosse sua
intenzione invitarmi a scoparla. Invece
mi metto in ginocchio fra le sue gambe e
mi tuffo con la bocca sul suo sesso.
Incomincio a leccarla sforzandomi di
mantenere separate le labbra della fica
con le dita. Il clitoride, gonfio come
un cece, è turgido. Seguo il suo
contorno con l'estremità della lingua.
Lo lecco, aspiro e lo bacio
ripetutamente, lo denudo dalla sottile
pellicola di carne che lo avvolge e lo
succio seguendo il ritmo dei gemiti
che escono dalla bocca di Rossana.
Oramai è prossima a
venire. Accelero i movimenti della
lingua, mi aggrappo con le dita alle
tette e strizzo i capezzoli certo di
farle piacere. Lei sembra impazzita.
Ruota il capo da un lato all'altro del
cuscino. L'intero suo corpo è percorso
da brividi e la schiena sobbalza
ripetutamente sul letto. Morde il labbro
inferiore come se volesse trattenere
l'urlo che sta per uscirle dai polmoni.
Io divento una furia, lascio da parte le
belle maniere e accelero il ritmo con
cui le sto succhiando il clitoride. Lei
finalmente urla implorandomi di non
smettere perché sta per raggiungere
l'orgasmo. Le stringo le mani attorno
alle natiche, trattenendo la fica
ancorata alla mia bocca, mentre la
stanza si satura dei suoi gemiti. Le
contrazioni dell'utero si fanno spasmodiche. Viene mentre mi
allontana il capo con forza dalla fica.
Arriccia gambe e schiena su se stessa e
si scuote tutta. Stremata gira lo
sguardo verso di me e sorride.
A distanza di dieci
anni da quando Marika mi rivelò di
avere abortito, prospettandomi l'idea
che a metterla incinta fossi stato io,
mi ritrovo a vivere una situazione
simile a quella con la sola differenza
che stavolta le possibilità che io
possa essere il padre del nascituro sono
all'incirca del 50% l'altra metà è da
attribuire al marito di Rossana.
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