IL CALORE 
DEL TUO SESSO

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
Curvo sui libri, al riparo dalle voci assordanti dei miei genitori occupati a litigare davanti al televisore, ero intento a preparare un esame universitario quando il cellulare si mise a trillare. Sullo schermo a cristalli liquidi intravidi il numero di Marika. Da un paio di settimane non ci vedevamo. L'ultima volta che eravamo stati insieme avevamo praticato del sesso acrobatico nel cesso di un bar. In preda a una forte eccitazione, dopo che tutt'e due avevamo mangiato mortadella e tracannato lambrusco più del solito, l'avevo trascinata nello stanzino dei servizi igienici; quello riservato alle donne per la precisione. Una volta lì l'avevo costretta a chinare il capo e appoggiare il torace al bordo del lavandino, poi le avevo sollevato la gonna e abbassato le mutandine, dopodiché, mantenendo le mani abbrancate ai suoi fianchi, l'avevo scopata mantenendo lo sguardo fisso sul mio viso riflesso nello specchio sistemato alla parete di fronte a noi. 
    - Pronto.
    - Ciao, sono io, Marika.
    Dopo i soliti convenevoli ci raccontammo un mucchio di pettegolezzi e stronzate. Succedeva tutte le volte che conversavamo al telefono, in effetti non sapevamo fare altro, poi di colpo il tono della sua voce si fece serio.
    - Esattamente una settimana fa ho abortito. T'interessa saperlo?
    - Eh?
    - Ero incinta di due mesi.
    L'annuncio mi mise in imbarazzo. Non ero preparato a incassare una simile notizia, anzi, nemmeno mi era passato per la mente che una qualsiasi delle donne con cui faccio sesso potesse rivolgersi a me in quel modo.
    - Adesso come stai? - dissi cercando di mitigare l'imbarazzo che mi aveva colto.
    - Bene... Bene.
    - I tuoi genitori come l'hanno presa?
    - Non lo hanno saputo, gliel'ho tenuto segreto, altrimenti sai che casino!
      Mi risultò difficile proseguire nella conversazione. Mi misi sulla difensiva per paura che potesse accusarmi di essere l'uomo che l'aveva messa incinta. Una paternità che non sentivo mia, ma che poteva esserla.
      Io e Marika scopavamo di rado, un paio di volte al mese e occasionalmente, mentre avventure di una sola notte con sconosciuti ne contava diverse e non ne faceva mistero. 
    - Non ti è passato per la mente che sarei potuta essere incinta di te. 
    - Di me?
    - Sì, perché, che c'è di strano? Sei sterile?
    - No.
    - E allora?
    - Beh, in effetti potrei essere stato il tuo "inseminatore". Si dice così in questi casi? Ma non lo credo possibile perché con te ho sempre adottato delle precauzioni, consapevole del fatto che la passera la concedi abbastanza facilmente ai maschi che ti ronzano d'intorno.
    - Non sei affatto carino a dirmi queste cose.
    - Non è forse la verità?
    - Un preservativo può anche risultare difettoso o addirittura rompersi. A noi è accaduto in una occasione, ricordi?
    - Se intendi incolparmi della tua gravidanza dicendo che sono stato io a ingravidarti devi dirlo in maniera esplicita, senza fare ricorso a inutili giri di parole.
    - Non so chi sia lo stronzo che mi ha messo incinta. Merda! Davvero non lo so. In effetti non sono il tipo di donna che si tira indietro quando incontra un uomo con cui ha voglia di scopare. Sai bene come sono fatta. Non è vero?
    - Sì, certo che lo so, per questo dubito d'essere il maschio che ti ha ingravidata.
    - La ginecologa che ha eseguito l'aborto mi ha consigliato di astenermi dall'avere rapporti sessuali per almeno tre settimane. Mentre l'ostetrica che la coadiuvava nell'intervento ha aggiunto la frase: "niente rapporti vaginali". Ho riflettuto parecchio sulle parole pronunciate da ginecologa e ostetrica, e sono giunta alla conclusione che volendo potrei avere dei rapporti orali e anali, tu che ne pensi?
    - Boh, non lo so, mica sono una ostetrica.
    - La ginecologa ha detto che scopando andrei a provocare delle contrazioni all'utero le cui pareti non devono essere stimolate per non creare delle complicanze. E se mi venisse voglia di praticare un pompino? E perché no, magari prenderlo nel culo? Secondo te potrei fare queste due cose?
    - Scusa, ma ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?  Che vuoi che ne sappia se durante un rapporto anale oppure orale il tuo utero si contrae? Ma sei scema o la fai? E' una domanda che devi fare a te stessa, che ne so se la tua agina si contrae a prenderlo nel culo.
    - Studi medicina, no?
    - Mica sono un medico, sono soltanto al terzo anno di università. Questa domanda la devi fare alla tua ginecologa, magari domani mattina le telefoni e vedrai che saprà darti una risposta esauriente.
    - Fai le cose facili tu. Secondo te ho abbastanza faccia tosta per chiederle un parere su una cosa del genere? Dai, dimmi comunque qual è la tua opinione.
    - Se ti va di fare un pompino fallo pure. Cristo! Non credo possa crearti dei problemi, sempre che non ti ecciti tanto dall'avere delle contrazioni all'utero anche quando succhi un cazzo.
    - Beh, in effetti, a volte mi succede, anzi con te mi è accaduto abbastanza spesso.
    - Allora non farli. 
    - E prenderlo nel culo?
    - Se fossi in te aspetterei una ventina di giorni prima di riprendere a farti sodomizzare. La parete dell'ano è molto sottile e contigua a quella della vagina. Il passaggio di un qualsiasi oggetto estraneo potrebbe provocare all'utero dei danni irreversibili. 
    - Penso che farò così.
    - Cioè?
    - Mi asterrò dall'avere un qualsiasi rapporto sessuale, non concederò nemmeno un bacio a un uomo. Ti va bene se faccio così?
    - Beh, adesso ti saluto. Per stasera ne ho avuto abbastanza di te e dei tuoi problemi.
    - Perché parli così? Cazzo, non capisci una sega, lo sai? Se ti ho telefonato è perché avvertivo il bisogno di confidarmi con qualcuno di quello che mi è accaduto. Credi davvero che depressa come sono potrei fare dei pompini o prenderlo nel culo? Ma sei scemo? Queste confidenze le ho fatte a te, soltanto a te, perché ti considero un amico, uno dei pochi di cui ho stima, non lo hai capito? Che razza di stronzo che sei!
    - Sì, però... Va be', dai.
    - Ciao.
.
    Io e Marika abbiamo fatto conoscenza una sera in cui, uscendo da casa alla ricerca di fica, mi ero imbattuto nella sua persona. Altre volte l'avevo notata nel pub che sono solito frequentare e in ogni occasione era circondata da uno sciame di corteggiatori che le ronzavano intorno come calabroni. Quella sera, strano a dirsi, era seduta a un tavolo ed era sola. Senza chiederle il permesso andai a sedermi di fronte a lei. Non fu difficile imbastire un discorso e abbordarla. Dopo un paio di ore trascorse a conversare e bere birra la invitai a proseguire la serata fuori dal locale. La mia macchina, una Fiat Croma presa a prestito da mio padre, era parcheggiata in una zona buia a due passi dal bar e nell'abitacolo trovammo rifugio.
    All'epoca Marika frequentava l'ultimo anno di liceo. Era una ragazza di una bellezza sconvolgente, da rimescolare gli ormoni a qualunque uomo avesse avuto modo di avvicinarla. Io frequentavo il secondo anno della facoltà di medicina e la cosa sembrò interessarla parecchio, infatti mi confidò che le sarebbe piaciuto, una volta superato l'esame di maturità, iscriversi alla mia facoltà. Infine parlando delle sue aspettative di vita e delle mie si creò subito un certo feeling.
    Dopo una decina di minuti, consumati a limonare e palpeggiarci sui sedili dell'automobile, abbassai i ribaltabili e finimmo per ritrovarci sdraiati uno accanto all'altra. La cosa mi sorprese parecchio, di sua iniziativa mi slacciò la cinghia dei pantaloni che si premurò di fare scivolare verso il basso insieme alle mutande, dopodiché seppellì il viso fra le mie cosce. 
    Percepii la punta del naso scorrere dall'ombelico e dirigersi verso il basso. Mi cinse l'uccello con il palmo della mano e affondò la bocca sulla cappella. Lasciai che si deliziasse a succhiarmi l'uccello per una decina di minuti, attento a non venire troppo presto, dopodiché mi liberai degli abiti che avevo indosso, compresi i calzini. Lei fece altrettanto spogliandosi anche dell'intimo. Nuda era un gran bello spettacolo di carne fresca.
    Esplorai ogni curva del suo giovane corpo. Mi soffermai a carezzarle i seni, l'addome, i fianchi, la schiena, e le dita dei piedi. La leccai dappertutto senza trascurare un solo anfratto del suo giovane corpo. Più la leccavo e più avvertivo il bisogno di conoscere ogni suo particolare anatomico e non ne rimasi deluso. Quando lasciai cadere la mano sul pube, e cominciai a carezzarle la macchia di peli che le circondava la fica, fu scossa da frequenti tremiti. Mi spinse con forza il capo sul suo sesso e con la punta della lingua la penetrai. Seguitai a succhiarle il clitoride sino a quando raggiunse l'orgasmo, soltanto allora allargò le cosce e le seppellii l'uccello nella vagina. 
    Prima di scopare con Marika non avevo mai sperimentato un piacere così travolgente. Quella sera dentro l'abitacolo dell'automobile di mio padre, ci accoppiammo come bestie in calore lasciandoci alle spalle ogni inibizione.

    Marika si mostrò come una ragazza dalla personalità straripante. In questo assomigliava un po' a Rossana, la mia attuale amante, una vera macchina da sesso. Dopo la notte trascorsa a fare l'amore sui ribaltabili della macchina seguitammo a incontrarci, seppure occasionalmente. Non l’avevo mai considerata come la mia ragazza, anzi credo di averla trattata male in più di una occasione consapevole che non ero il solo a godere delle sue grazie. In ogni caso non scopava con tutti i ragazzi che le gravitavano d'intorno, ma soltanto con quelli per cui aveva simpatia ed io dovevo esserle molto simpatico.

    Lasciai trascorrere una decina di minuti dalla sua telefonata, dopodiché, preso da un senso di colpa per il modo in cui l'avevo bistrattata, digitai il numero del suo cellulare. Marika non diede subito risposta, lasciò passare un po' di tempo prima di decidersi a farlo.
    - Ciao.
    - Ah, sei ancora tu. - disse con un tono di voce imbronciato. - Che cazzo vuoi?
    - Beh, innanzitutto voglio chiederti scusa. Mi sono comportato da imbecille poco fa. Avrei dovuto comprendere quanto sei scossa e stai patendo visto quanto ti è accaduto, e ne sono dispiaciuto.
    - Non importa, tanto è lo stesso.
    - Non vuoi dirmi cosa c'é che ti angoscia?
    - Niente.
    - Davvero?
    - Beh, no.
    - Scusa se te lo chiedo, ma quando hai preso la decisione di abortire lo hai fatto da sola oppure ti sei consigliata con qualcuno? Ne vuoi parlare con me adesso?
    - Non so che idea ti sei fatto di me, probabilmente credi di conoscermi a fondo soltanto perché siamo andati a letto insieme. Invece ti assicuro che sai molto poco di me.
    - E' vero, però non ti ci avrei visto a fare la genitrice.
    - Scherzi?
    - Mettere al mondo un figlio comporta una responsabilità enorme, un evento da non prendere sottogamba, magari potrai scegliere di concepirne uno fra qualche anno quando avrai stabilizzato la tua vita sociale e anche economica e sarai più matura, allora sì.
    -  Mah.
    - Un figlio è una scommessa grandiosa che non può essere legata al caso, un incidente, oppure un obbligo. 
    - Infatti è per queste ragioni che ho preso la mia decisione e non è stato facile scegliere d'interrompere la gravidanza te lo assicuro.
    - Adesso devi metterti alle spalle tutte le paure che hai vissuto con l'aborto. Lascia i brutti ricordi dietro di te e guarda avanti. Decidendo di interrompere la gravidanza sono certo che hai fatto la scelta migliore, non potevi fare altrimenti.
    - Immediatamente dopo l'intervento chirurgico stavo bene, strano eh! Mi sentivo libera, sollevata da un grande peso. Invece col passare dei giorni ho avvertito un gran vuoto dentro me, per la mancanza del bambino che avrei potuto avere. Adesso ogni notte piango. Ho persino delle allucinazioni e ho pensato al suicidio. Non so come fare a colmare il vuoto che ho dentro. Mi viene da pensare a come sarebbe potuto evolversi nel tempo quel feto. E ogni volta mi coglie una dannata rabbia pensando che ho ucciso il mio bambino. 
    - Devi convincerti che quello che hai abortito era soltanto un embrione. 
    - No, sbagli, era qualcosa di più.
    - Ti sei pentita per avere interrotto la gravidanza?
    - Non riesco a superare questo trauma. Come posso uscirne? Vorrei tornare a essere serena come lo sono sempre stata, e riprendere a vivere. Per favore aiutami.
    - Probabilmente stai passando un brutto periodo. E' un po' di depressione dovuta all'aborto, vedrai che ti passerà.
    - Vivere mi sta diventando abbastanza faticoso.
    - Non dire sciocchezze.
    - Purtroppo è vero.
    - I sensi di colpa e d'inadeguatezza che stai provando rispetto a ciò che ti è accaduto sono abbastanza normali per una ragazza della tua età, tanto più che ti sei trovata a gestire questa scelta da sola.
    - Non hai idea di quanto mi sia costato decidermi a farlo. Voi maschi non potete capirlo, siete inadeguati di fronte a questo tipo di accadimenti. Io quel figlio lo avrei anche tenuto, ma sono sincera se dico che non sapevo nemmeno chi ne era il padre.
    - Comunque prima di interrompere la gravidanza avresti dovuto consigliarti con qualcuno.
    - L'ho fatto con la ginecologa del consultorio.
    - Intendevo con qualcuno che ti è caro, senza che questa persona potesse mettere dei vincoli alla interruzione della gravidanza, decisione che comunque sarebbe spettata soltanto a te perché coinvolgeva non solo il tuo corpo, ma anche il tuo avvenire.
    - Spero soltanto che questa mia sofferenza non si prolunghi troppo nel tempo.
    - Forse nell'immediato hai vissuto l'aborto come una liberazione, mentre adesso la cosa ti è diventata un peso, e ti dà dolore ripensare alla scelta che hai fatto.
    - Sì, è così.
    - Non so in che modo posso aiutarti a superare il tuo stato, ma puoi contare su di me in ogni momento, sappilo.
    - Ti ringrazio, parlarne con te mi ha aiutata moltissimo. Non sai quanto, adesso però ti lascio e ti do la buonanotte. Un bacio. Ciao.
    - Buonanotte.

    Non ricordo in quali altre occasioni dopo quella drammatica telefonata mi capitò di intrattenermi di nuovo in compagnia di Marika. Sembrava evitarmi, respingendo ogni mia avance, probabilmente pentita di ciò che mi aveva rivelato. Da quell'episodio sono trascorsi una decina di anni. Con Marika ci siamo persi di vista, non so nemmeno che vita conduca adesso, magari si è sposata e ha messo al mondo dei figli, spero soltanto che abbia ritrovato quella voglia di vivere che aveva perso con l'aborto, e non sia più un enigma per sé e per chi le sta d’intorno.
    Durante la mia vita sono stato legato affettivamente a poche donne, ma con nessuna ho saputo annodare le nostre vite, alla convivenza forzata ho sempre preferito la solitudine. Da un paio di anni porto avanti una storia con Rossana. E' una donna sposata e non mi chiede mai niente. A entrambi sta bene la vita che conduciamo, perlomeno fino a ieri sera.

    Da adolescente avevo l'abitudine di starmene da solo. Alla compagnia dei miei coetanei preferivo la solitudine. A quell'età non ero un ragazzo felice, anche se avevo la presunzione di considerarmi tale. Vivevo in uno stato di perenne insoddisfazione, arrabbiato con il mondo intero. Ciò nondimeno all'età di sedici anni ho avuto il mio primo innamoramento. La ragazza si chiamava Mirella ed era dotata di una bellezza unica e selvaggia, perlomeno così appariva ai miei occhi. Frequentavamo il medesimo liceo e se la nostra storia non funzionò fu soltanto per colpa mia. Arrivai a un passo dal suo cuore, ma disgraziatamente a un chilometro dalla sua passera. Lei nemmeno si accorse che mi ero preso una cotta per lei, presa com'era dall'amore per un altro ragazzo, cosicché mi tirai da parte.
    A quell'età mi atteggiavo a grande rivoluzionario e mentre la maggioranza dei miei coetanei faceva il filo alle ragazze io trascorrevo le giornate al Centro Sociale del mio quartiere, sede di aggregazione del gruppo di anarchici che a quell'età ero solito frequentare. 
    Il cinema e i libri sono stati per molti anni i miei passatempi preferiti. Trascorrevo interi pomeriggi rinchiuso in qualche cinema d'essai. Mi piacevano le pellicole degli anni sessanta, soprattutto quelle realizzate da registi francesi della nouvelle vague. Di uno di questi film, "I 400 colpi", avevo persino imparato a memoria i dialoghi dei personaggi, forse perché in Antoine Doinel, protagonista di molti film di Françoise Truffaut, mi riconoscevo in tutto e per tutto. Lo stesso accade con molte delle pellicole del medesimo regista in cui l'attore Jean Pierre Léaud, fu chiamato a interpretare il personaggio di Antoine Doinel nelle diverse fasi evolutive della sua vita sino al raggiungimento dell'età matura.
    Se il cinema è stato per molto tempo il mio passatempo preferito, dentro le mura di casa la letteratura riempiva le mie ore. Leggevo libri in continuazione, di ogni genere, soprattutto di storia e filosofia. Nella testa mi ero costruito un mondo tutto mio in cui ci abitavo dentro da solo. E mentre la maggioranza dei miei coetanei aveva cominciato a scopare, io ero ancora vergine. Raccontavo a me stesso che era sufficiente lo scorrere della mia mano attorno l'uccello per masturbarmi e fare del sesso sicuro, ma non ero affatto sincero.
    La maggior parte delle persone consuma la vita mettendosi alla ricerca disperata della propria metà senza riuscire a trovarla. Io ancora oggi seguito ad avere un rapporto morboso con la solitudine. Chi come me ha una indole solitaria percepisce l'isolamento come un bisogno inalienabile, ma questo non significa che sono sociofobico. E' che mi piacciono i momenti di lontananza dagli altri. Al momento non sento nemmeno più il bisogno di innamorarmi, mi basta avere una donna con cui fare l'amore ogni tanto, senza assumermi nessun impegno, questo e basta.

    Rossana giace nel letto accanto a me. Mantiene il capo appoggiato sulla mia spalla e dorme. Ha la bocca chiusa e respira dal naso a intervalli regolari. Le luci dell'alba hanno fatto capolino dalla finestra e rischiarano la camera. Abbasso lo sguardo sulle curve della sua schiena nuda e ne resto confuso. Immagino il seno morbido nascosto lì sotto, penso ai capezzoli rosa che si inturgidiscono ogni volta che entrano a contatto con le mie dita, e mi ritrovo ad avere una erezione del tutto simile alla torre di Pisa. 
    Rossana sembra intuire che la sto guardando, abbandona la sua postura e si mette a pancia in su. Guardo attentamente la forma dei seni. La parte estrema dei capezzoli, piuttosto in rilievo, si solleva e si abbassa seguendo il ritmo del respiro. Per ora mi accontento di guardarla mentre avverto che mi sta salendo l'eccitazione. 
    Mantiene le gambe scomposte, libere di aprirsi se mai avrò voglia di penetrarla. Il suo sesso è di una bellezza inquietante, privo com'è di peli tutt'attorno alle grandi labbra. Sfioro con l'estremità delle dita l'addome e mi soffermo a pensare a quanto di prezioso vi è custodito sotto lo strato di pelle dopo che Rossana, soltanto qualche ora fa mi ha confidato di essere incinta di due mesi. Esploro con le dita la pelle tutt'attorno l'ombelico, risalgo l'addome, e raggiungo il solco dei seni. Mentre sfioro i capezzoli ho l'impressione che al tocco delle mie dita si innalzino. Rossana inarca la schiena e dischiude la bocca. Dalle labbra le esce un gemito. Lo spettacolo del suo corpo nudo, docile e disponibile, rischiarato dalle luci del mattino, mi ha messo addosso una irrefrenabile voglia di fare l'amore. Lascio cadere il palmo della mano a cavallo del suo pube, l'accarezzo, e faccio scorrere un paio di dita all'interno della fica. E' calda, umida, e appetibile. Muovo con delicatezza le dita mentre Rossana si limita a eseguire dei profondi sospiri.
    E' sveglia, mi guarda e sorride. In breve tempo piccole perle d'umore le bagnano la fica. Vorrei mettermi cavalcioni sopra il suo corpo e scoparla, ma desisto dal farlo. Seguito a carezzarla dilungandomi con l'estremità delle dita a solleticarle il clitoride. 
    L'odore della sua eccitazione si è fatto più incalzante. I gemiti che escono sempre più di frequente dalla sua bocca sembrano invitarmi a seguitare ad accarezzarla. Chino il capo sino a sfiorare i capezzoli con le labbra. Gioco con la lingua dilungandomi a leccare il contorno delle areole ispessite e turgide. Mi diletto a succhiarle senza mai smettere di carezzarle la fica. Un gemito di piacere più intenso dei precedenti le si strozza in gola. Mi stacco dal suo corpo e resto immobile, giusto il tempo per disorientarla. Rossana allarga le cosce come fosse sua intenzione invitarmi a scoparla. Invece mi metto in ginocchio fra le sue gambe e mi tuffo con la bocca sul suo sesso. Incomincio a leccarla sforzandomi di mantenere separate le labbra della fica con le dita. Il clitoride, gonfio come un cece, è turgido. Seguo il suo contorno con l'estremità della lingua. Lo lecco, aspiro e lo bacio ripetutamente, lo denudo dalla sottile pellicola di carne che lo avvolge e lo succio seguendo il ritmo dei gemiti che escono dalla bocca di Rossana.
    Oramai è prossima a venire. Accelero i movimenti della lingua, mi aggrappo con le dita alle tette e strizzo i capezzoli certo di farle piacere. Lei sembra impazzita. Ruota il capo da un lato all'altro del cuscino. L'intero suo corpo è percorso da brividi e la schiena sobbalza ripetutamente sul letto. Morde il labbro inferiore come se volesse trattenere l'urlo che sta per uscirle dai polmoni. Io divento una furia, lascio da parte le belle maniere e accelero il ritmo con cui le sto succhiando il clitoride. Lei finalmente urla implorandomi di non smettere perché sta per raggiungere l'orgasmo. Le stringo le mani attorno alle natiche, trattenendo la fica ancorata alla mia bocca, mentre la stanza si satura dei suoi gemiti. Le contrazioni dell'utero si fanno spasmodiche. Viene mentre mi allontana il capo con forza dalla fica. Arriccia gambe e schiena su se stessa e si scuote tutta. Stremata gira lo sguardo verso di me e sorride.

    A distanza di dieci anni da quando Marika mi rivelò di avere abortito, prospettandomi l'idea che a metterla incinta fossi stato io, mi ritrovo a vivere una situazione simile a quella con la sola differenza che stavolta le possibilità che io possa essere il padre del nascituro sono all'incirca del 50% l'altra metà è da attribuire al marito di Rossana.

 

 
 

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