IL BUIO DENTRO ME
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

   -Ho saputo che tu e Lorenzo vi siete lasciati. Cazzo! Ancora stento a crederlo. Ma è vero?
   - Purtroppo sì.
   - Eppure avevate tutta l'apparenza di una coppia affiatata, anzi oserei dire fatti uno per l'altra. Non avrei mai pensato che vi sareste separati.
   - Neanche io.
   - E allora?
   - Un anno d'amore non si cancella tanto facilmente. Quello che mi è rimasto è soltanto il buio che ho dentro di me.
   - Comprendo il tuo stato, anch'io ho provato lo stesso smarrimento quando Marco mi ha lasciata per un'altra.
   - Sono stata io a lasciarlo.
   - Eh?
   - Sì, hai capito bene. Sono stata io. E la cosa mi angoscia.
   - Perché?
   - Ho preso questa decisione quando ho scoperto che aveva un'altra donna. Lui non l'avrebbe mai fatto. Gli stava bene portare avanti due relazioni e scopare alternativamente con entrambe.
   - Mi riesce difficile crederci. Lorenzo non mi sembra il tipo capace di fare queste cose. Ha tutta l’apparenza di un tipo d'uomo dolce e carino.
   - Eppure è la sacrosanta verità, te lo assicuro.
   - Allora non devi angustiarti per lui, non sa cosa si è perso. Sono certa che troverai un altro uomo meglio di lui.
   - Il fatto è che non reggo più nessuno.
   - Neanche me?
   - Tu sei l'eccezione.
   - Meno male. Da quanto tempo ci conosciamo?
   - Dieci anni, almeno.
   - Praticamente da quando sono arrivata a Parma per lavorare nella nostra stessa clinica.
   - Sì, è vero.
   - Chi più di me ti conosce?
   - Nessuna.
   - E allora vuoi dirmi cosa c'é che non va?
   - Bérénice, io c'ho il mal di vivere.
   - Tutti lo avvertiamo, più o meno, in periodi diversi della nostra esistenza.
   - Io sto male.
   - E allora fatti vedere dal tuo medico.
   - Le cose non sono così semplici come le fai tu. Hai in mente Mary Poppins e il suo "Basta un poco di zucchero e la pillola va giù..." dopodiché tutto ritorna a essere come e meglio di prima. Nella vita reale una pillola non basta per farti stare bene. Può servire a migliorare le condizioni dello spirito, a farti cambiare l'umore, ma il mal di vivere quello è uno stato dell'anima. Lo capisci questo? Io mi trovo nella condizione di chi è prigioniera dentro un tombino e non riesce a trovare una via di uscita.
   - Eppure con Lorenzo mi sembravi felice.
   - Se alludi alle soddisfazioni della carne allora non sbagli, con lui scopavo bene. Lorenzo sapeva come farmi godere, ma anche tu lo sai fare le rare volte che stiamo insieme, seppure in maniera diversa, ormai dovresti conoscermi.
   - Erika tu sei bellissima, dentro e fuori, pagherei non so cosa per essere bella come te.
   - La bellezza fisica non dà la felicità. Sono così stanca di vivere che non ho più la forza per andare avanti.
   - Più che un medico quello di cui hai urgente bisogno è di un bravo psicologo.
   - Dici? In passato sono stata sotto cura da uno specialista che mi ha prescritto una terapia con dell'Efexor, un antidepressivo. Per un po' di anni sono stata bene, ma adesso mi trovo a essere di nuovo punto e a capo.
   - Lo psicologo potrebbe aiutarti a trovare la chiave d'accesso che serve a guardarti dentro l'anima, e tirare fuori tutto quello di guasto che c'è in te.
   - Forse, hai ragione, non lo so.
   - Ricorda che gli altri possono soltanto aiutarti ad affacciarti alla finestra e stare a guardare quanto di bello c'è nel mondo. Il resto devi farlo tu, anche se tutti, io compresa, non abbiamo ancora compreso cosa ci stiamo a fare di preciso su questa terra e talvolta, come sta succedendo a te, ci sentiamo inutili e incompresi. Lo stare male non è solo una tua prerogativa, anch'io, ti ripeto, l'ho sperimentata la depressione.
   - Cazzo! Ma io c'ho il mal di vivere, lo capisci?
   - E' solo un nemico che puoi sconfiggere. Devi essere brava a prenderti carico del senso di vuoto che ti assale quando sei in crisi.
   - Facile a dirsi.
   - Te lo ripeto. Credi che io ne sia immune? La mia vita, come quella di tutte le altre persone, è fatta di gioie, dolori improvvisi, e tante delusioni, ma quello che tutti noi ci dobbiamo lasciare alle spalle sono le nostre illusioni, quelle e basta, non noi.
   - Ormai sono anni che ci convivo con il mal di vivere. Ho cominciato a piangere e soffrire dall'infanzia quando assistevo, impotente, alle botte che il mio patrigno dava a mia madre ogni volta che faceva ritorno a casa ubriaco. Da adolescente anch'io ho dovuto subire le sue attenzioni, niente di particolare. Capisci.
   - Ha tentato di violentarti?
   - Sì.
   - E c'è riuscito.
   - No.
   - Oh! Cazzo! E non lo hai detto a nessuno? Nemmeno a tua madre?
   - No.
   - Perché?
   - L'avrei fatta soffrire. E non volevo che succedesse.
   - Ha continuato a lungo a importunarti?
   - Fintanto che, all'età di diciassette anni, sono andata via da casa per frequentare la scuola per infermieri professionali, seguendo le orme di una mia cugina che era venuta a lavorare qui a Parma.
   - Hai fatto bene a lasciarti alle spalle la tua casa, altrimenti chissà cosa sarebbe potuto accadere con il tuo patrigno.
   - Ciclicamente il mal di vivere torna a farmi compagnia. E allora si affaccia il buio dentro di me. E' come sentirsi nuda dentro a una bara. Urli, vorresti uscire da lì, ma hai l'impressione che nessuno ti possa udire.
   - E sai perché?
   - No.
   - Perché solo tu puoi sfondare il legno di quella bara.
   - Non riesco a integrarmi in questa società. Lo capisci? Sento e vedo intorno a me soltanto cose che non mi piacciono. Il mucchio di esperienze negative a cui sono andata incontro nel corso della mia vita hanno preso il sopravvento su quelle positive che ormai non sono più sufficienti a pareggiare il conto.
   - Quello che tu chiami mal di vivere è una specie di mostro che soffoca il tuo desiderio di esistere, ma è uno ostacolo che puoi e devi superare se vuoi tornare a essere te stessa.
   - Le vicende familiari di cui ti ho reso partecipe hanno lasciato sulla mia persona delle profonde ferite che non si sono mai rimarginate. Ma ci sono molte altre cicatrici che mi fanno stare male e di cui non ti ho mai parlato perché provo vergogna e non mi va di confessare nemmeno a uno psicologo. Ciclicamente quelle cicatrici si riaprono, e allora tutto ritorna a essere come prima e devo fare di nuovo i conti con il mio mal di vivere.
   - Se non vuoi parlare con uno psicologo, allora questo è il momento giusto per parlarne con me.
   - Il mal di vivere è orrendo. Non ci sono ricette dagli effetti miracolosi per contrastarlo. E' simile un onda gigantesca, uno tsunami, che ritorna ciclicamente, ma io non sono mai preparata ad accogliere i suoi effetti devastanti.
   - Stavolta ha avuto inizio quando Lorenzo ti ha lasciato?
   - Quella è solo una conseguenza.
   - Di cosa?
   - Non è vero che l'ho lasciato perché ha un'altra. Ti ho mentito. Sono sciocca, eh?
   - Allora qual è la verità? Vuoi dirmela? Finalmente...
   - La verità? La verità è che mi hanno violentata! E' accaduto tre mesi fa e da allora non riesco più a essere quella che vorrei. Rivivere quei momenti che ciclicamente tornano nella mia mente mi fa stare male e vedo solo il buio.
   - Lo sapevo! E' stato quel despota del tuo patrigno, vero?
   - Sbagli, non è stato lui. Quel porco sono riuscita a tenerlo sempre a bada.
   - E allora, chi?
   - E' accaduto e basta.
   - Adesso non fare la stronza. Raccontami tutto, perché parlarne non può farti che bene.
   - Dici?
   - Sì.
   - E' accaduto una sera, mentre tornavo a casa, dopo che avevo espletato il turno di lavoro in ospedale. Sono stata violentata da tre uomini e adesso provo vergogna a raccontare quello che mi è accaduto.
   - Non devi vergognarti, sei soltanto una vittima degli uomini. Quello che ti è accaduto, qualunque cosa sia, non è per colpa tua.
   - Il fatto è che i tre che mi hanno violentato, due fratelli albanesi e un loro amico rumeno, dediti allo spaccio di stupefacenti, li consideravo degli amici.
   - Ma che razza di amicizie hai?
   - Avevo l'abitudine di rifornirmi di roba fumereccia da loro. Quando ne avevo bisogno gli telefonavo e andavo direttamente a casa loro a ritirare la roba. 
   - Ci andavi sempre da sola?
   - Sì.
   - Oh, merda!
   - Mica potevo immaginare che mi avrebbero stuprata. Tutte le altre volte che mi ero recata in quell'appartamento pagavo, ritiravo la roba, e venivo via senza alcun problema.
   - E la volta in cui ti hanno stuprata cosa è accaduto?
   - Dopo che Dumitru, il ragazzo rumeno, mi ha consegnato la roba, l'ho salutato e gli ho girato le spalle per andarmene. Davanti alla porta ho trovato Shendor e Kushtim, i due complici albanesi, determinati a impedirmi l'uscita. Tutt'a un tratto le braccia forti di Dumitru mi si sono strette intorno al collo. Mi sono sentita soffocare. Ho cominciato a boccheggiare, impedita nel gridare, anche se avrei voluto farlo, dalla stretta delle braccia intorno al collo. 
   - E poi?
   - Mi sono trovata distesa sul pavimento con loro tre, chini su di me, che mi strappavano gli abiti di dosso mentre mi dibattevo per impedirglielo. Un paio di pugni, assestatemi con una certa violenza al viso, mi hanno fatto perdere momentaneamente la conoscenza. Quando mi sono ripresa mi sono ritrovata nuda, con le gambe forzatamente divaricate, con uno degli albanesi che mi scopava, e mi sono sentita morire.
   - Oddio!
   - Avrei potuto scegliere di continuare a dibattermi, ma non l'ho fatto. In una frazione di secondo, impaurita, ho scelto di lasciarli fare, assecondandoli in tutto quello che desideravano fare con il mio corpo. L'ho fatto per rimanere in vita. Se non lo avessi fatto sono certa che non starei qui a raccontartelo. 
   - Ci credo.
   - Mi hanno scopata tutt'e tre contemporaneamente. Può sembrare inverosimile quello che racconto, ma è successo.
   - Mi riesce difficile immaginarlo, ma ti credo.
   - La cosa più strana è che durante quei ripetuti amplessi io ne ho tratto piacere. Messa da parte l'iniziale paura o goduto. Ho goduto come una cagna in calore.
   - Sembra incredibile.
   - Lo so. Infatti, è questo che mi fa stare male. Mi hanno scopata per una notte intera, sino a farmi sanguinare culo e vagina, colmandomi la bocca del loro sperma.
   - E poi?
   - All'alba mi sono messa addosso il cappotto, in modo che, una volta in strada, la gente non potesse vedere le ecchimosi che tappezzavano il mio corpo nudo, e ho fatto ritorno a casa, distrutta, ma ancora viva.
   - E non hai pensato di andare a sporgere denunzia alla polizia?
   - Ci ho pensato, ma ho avuto troppo paura d'essere coinvolta in fatti di droga, ma soprattutto m'infastidiva la cattiva pubblicità che ne sarebbe derivata se lo avessi fatto.
   - Adesso che mi hai fatto partecipe del tuo malessere comprendo che non deve essere facile reagire a questo tipo di violenza, ma tu non devi mollare. Hai fatto bene a non tenere dentro te la mostruosità di questo sopruso che a tutti i costi voleva uscire dalla tua bocca, confidarti e urlarmi addosso il tuo dolore spero che ti abbia fatto bene.
   - I farmaci e lo psicologo non possono farmi uscire dalla bara o dal tombino in cui di volta in volta sto segregata. Dopo quanto mi è accaduto il mal di vivere lo trovo nella falsità della vita che mi circonda, nel relazionarmi con gli altri e nei momenti del mio passato che mi tormentano.
   - Avere accanto Lorenzo non ti ha aiutato? Con lui hai parlato della violenza che hai subito?
   - No
   - Invece avresti dovuto farlo. Sono certa che ti sarebbe stato di aiuto.
   - Dopo la notte in cui ho subito quella brutale violenza non sono stata più la stessa. Quando ho ripreso a fare l'amore con Lorenzo fra noi non è stato più come prima, nemmeno riuscivo a raggiungere l'orgasmo. Eppure non avevo mai avuto difficoltà a godere quando mi scopava, e nemmeno quando si dannava l'anima a leccarmi il clito. Invece dopo quella maledetta notte ho provato soltanto fastidio nel sentire il peso del suo corpo addosso al mio.
   - Mi spiace.
   - Adesso non riesco più a essere quella che vorrei. A dire il vero non so nemmeno quella che agognerei essere. Vedo solo buio dentro di me. 
   - Essere violentate da tre uomini deve essere stata una esperienza tremenda.
   - Quello che mi tormenta è il ricordo di quanto mi è accaduto. 
   - Ti capisco.
   - Non credo.
   - Perché dici questo?
   - Quello che non sai è che quella notte, mentre mi seviziavano, ho trovato piacere dal dolore provocatomi da quelle violenze. Oggi sono cosciente di avere ampiamente superato, in quella occasione, la cosiddetta barriera di normalità, ed è questa la ragione per cui detesto quel lato oscuro che ho scoperto di me stessa.
   -  Faccio fatica a credere a quello che mi hai appena rivelato.
   -  Qualcuno dice che tre è il numero perfetto per fare l'amore. Non è affatto vero perché quella notte ho scoperto che è quattro!
   - Che porca sei, Erika. Ma a me piaci così.

 

 
 

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