IL BOUQUET
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Il matrimonio non va inteso  soltanto come un contratto sottoscritto fra due persone, ma è anche un importante sacramento religioso, e io non mi sento ancora pronta per beneficiare di una simile istituzione, voglio seguitare a essere libera da vincoli che potrebbero limitarmi nella libertà e rimanere indipendente da tutto e tutti. Per carità, non sono affatto contraria al matrimonio, anzi, ma lascio che siano gli altri a convolare a nozze perché sposarsi metterebbe fine a molte delle cose di cui non so fare a meno. Quando sarò stufa di me stessa, e della vita che conduco, allora mi sposerò e finalmente stuferò qualcun altro.

   Queste idee le avevo sostenute fino alla noia con le mie amiche, andando controcorrente, fintanto che una mattina mi sono svegliata in un letto diverso dal mio, con accanto un uomo conosciuto la sera prima, e la mia vita è cambiata d'improvviso.
   Con quell'uomo ci avevo scopato tutta la notte, fino allo sfinimento, lasciandomi stregare dal suo cazzo. Sì, il suo fantastico e grosso cazzo, accidenti! Nessun uomo o donna mi aveva fatto godere tanto quanto c'era riuscito lui.
   Dopo la notte trascorsa in sua compagnia sono stata costretta a rimettere in discussione le mie convinzioni di donna indipendente, ma soprattutto quanto avevo postulato a proposito del matrimonio.
   Svegliandomi in compagnia di un uomo pressoché sconosciuto ho pensato che sarebbe stato bello averlo accanto per il resto della vita, lui e il suo cazzo.
   Gli ho accarezzato la cappella e ho seguitato a farlo fintanto che il mio compagno di letto si è svegliato, poi abbiamo ripreso a scopare insaziabili una dell'altro.

   Da un mese a questa parte lui e io facciamo coppia fissa. Durante tutto questo tempo non mi ha mai chiesto di essere diversa da quella che sono, tutto il contrario di quanto succedeva con gli uomini che mi hanno posseduta prima di lui.
   Vittorio, questo è il suo nome, è l'uomo più importante della mia vita. Per lui sarei pronta a qualsiasi atto di sottomissione, se servisse a rendere il mio corpo più femminile e appetibile ai suoi occhi. Chi mi conosce sa che sono una tipa tosta, dal carattere duro, poco affabile, ma per tenerlo stretto a me saprei costringermi a indossare abiti scomodi, calzare scarpe con tacchi di dodici centimetri, farmi spaccare il naso per tirarlo all'insù, gonfiare il seno, iniettare collagene nelle labbra e affamarmi per diventare più magra e snella. Sono matta, eh?
   La mia storia con Vittorio ha avuto inizio in concomitanza con un matrimonio. Lo sposalizio in questione riguarda Marta e il suo compagno. Chi è Marta? Una amica, che altro! Tutt'e due lavoriamo come infermiere nella medesima clinica, ma in passato abbiamo condiviso un sentimento molto più importante di una semplice amicizia e non mi vergogno a dirlo.
   Una pieve romanica, piccola e graziosa, collocata sulle prime colline della città, è la chiesa dove ha avuto luogo la cerimonia nuziale.
   Quando l'autovettura su cui aveva preso posto Marta ha arrestato la corsa davanti al sagrato della chiesa, il promesso sposo, impacchettato come un manichino dentro un'inappuntabile abito fumo di Londra, era ad attenderla davanti all'altare scortato dalla madre.
   Davanti alla chiesa Marta ha sorriso alle persone che l'attendevano sul sagrato. L'abito, colore dell'avorio, semplice e di pregevole fattura, assoluto protagonista della cerimonia religiosa, non era per niente castigato e metteva in rilievo le forme voluttuose del giovane corpo, soprattutto per la profonda scollatura a V che dava risalto al profilo delle tette.
   Un modello d'abito che Marta aveva scelto con cura, premurandosi di consultare numerose riviste femminili, facendo visita a tutti i negozi specializzati in abiti da sposa della città, prima di decidersi nella scelta, consapevole che gli occhi degli invitati sarebbero caduti prima di tutto sul modello del vestito, piuttosto che sulle forme del suo corpo, e solo in un secondo tempo sul trucco del viso e la messa in piega dei capelli.
   Fasciata nell'abito da sposa Marta si è trovata a percorrere, stretta al braccio del padre, la navata centrale della chiesa diretta all'altare. Nelle mani, ben visibile, manteneva stretto un bouquet a composizione tondeggiante, composto da piccoli fiori rosa non troppo appariscenti. Le note musicali della Primavera di Antonio Vivaldi, diffuse dalle canne di un organo, hanno accompagnato il suo incedere verso l'altare.
   Ah, sì, la musica. Mi sono dimenticata di parlarvi della musica. Per un mese intero ho dovuto sorbirmi dubbi e perplessità di Marta in merito alle musiche che avrebbero dovuto accompagnare le fasi più importanti della cerimonia religiosa, infine aveva trovato l'accordo col sacerdote per aggiungere al repertorio classico della cerimonia alcune musiche meno solenni, ma dal significato profondo per lei e lo sposo.
   L'addobbo floreale della chiesa era in simbiosi con lo stile architettonico dell'edificio sacro. Un cordolo di fiori era stato collocato tutt'intorno al portone d'ingresso della chiesa. Altre composizioni floreali erano presenti sull'altare, lungo tutta la navata centrale, intorno alla balaustra, e dietro le sedie degli sposi. Uno spreco di denaro che avrei saputo impiegare in maniera ben diversa rispetto alla scelta fatta da Marta, cosa che non le ho mai detto.
   La cerimonia religiosa è iniziata verso l'ora prestabilita con i banchi della chiesa gremiti di parenti e amici degli sposi. Io ho preso posto in uno dei banchi delle prime file e da lì ho seguito la cerimonia, attenta a cogliere negli sguardi e nei gesti che si scambiavano Marta e lo sposo i segni della loro felicità.
   Il tanto desiderato scambio degli anelli è avvenuto verso la fine della cerimonia, qualche minuto dopo l'omelia pronunciata dal sacerdote. Gli sposi hanno provveduto a infilarsi reciprocamente l'anello all'anulare scambiandosi la promessa di fedeltà e vicendevole aiuto per il resto della vita. E su quelle parole ha preso avvio la musica dell'Ave Maria.
   Mentre ascoltavo le note di Franz Shubert ho fatto più di una considerazione. La più importante è stata che per unirmi in matrimonio con chicchessia, avrei dovuto amare un uomo a tal punto che solo la paura di perderlo mi avrebbe fatto decidere a compiere un'azione che rasentava la pazzia.
   A cerimonia conclusa gli sposi si sono attardati ad apporre le firme sui registri matrimoniali insieme ai due testimoni e al sacerdote. Ho approfittato di quell'attimo di pausa per uscire dalla chiesa e fumare una sigaretta, poi insieme agli altri invitati mi sono intrattenuta sul sagrato in attesa che gli sposi uscissero dal luogo di culto.
   Quando Marta si è affacciata sul portone dalla chiesa, accolta da urla e applausi, si è girata di spalle e ha lanciato il bouquet per aria. Fra le ragazze assiepate nel sagrato, impegnate a gettare chicchi di riso addosso agli sposi, c'è stato un fuggi fuggi generale, neanche le avessero scagliato contro una bomba incendiaria.
   D'istinto mi sono proiettata in un gesto di sfida e da ex pallavolista ho acchiappato al volo il bouquet prima che cadesse a terra, poi l'ho sollevato per aria come fosse un trofeo riscuotendo gli applausi di chi mi stava d'intorno, maschi soprattutto, senza curarmi del significato del gesto e di quello che implicava l'essermi appropriata del bouquet.

   Un matrimonio per essere impeccabile non può prescindere dal rinfresco. Il ristorante dove gli sposi avevano programmato il pranzo nuziale distava solo qualche chilometro dalla pieve dove ha avuto luogo la cerimonia.
   La scelta del banchetto aveva messo in seria difficoltà Marta nei mesi che avevano preceduto il matrimonio. Indecisa se svolgere un pranzo tradizionale oppure un buffet con gli invitati a consumare le pietanze in piedi, aveva scelto il banchetto tradizionale facendo cosa gradita ai parenti, per lo più persone anziane, che si sono accomodati attorno ai tavoli durante il pranzo. Invece le sarebbe piaciuto attuare la seconda soluzione, con una serata danzante a fine ricevimento e i tavoli collocati qua e là in uno spazio all'aperto.
   Un grande tavolo a buffet, per gli aperitivi e gli antipasti, mi ha dato il benvenuto quando ho messo piede nel ristorante preceduta da un branco di invitati affamati. Ho preso posto a un tavolo in compagnia delle mie colleghe di lavoro e con loro ho trascorso il resto del pomeriggio ridendo e scherzando.
   Al momento del taglio della torta nuziale mi sono allontanata dalla sala perché mi aveva preso una dannata voglia di fumare una sigaretta. Dall'ampia terrazza dell'albergo dove eravamo ospiti si godeva una splendida vista sulla pianura e la città. Mi sono accesa una sigaretta, la prima da quando avevo messo piede nel ristorante, e sono rimasta a guardare il panorama tutt'attorno.
   - Ti annoi? - ha sussurrato una voce alle mie spalle. - Se vuoi posso farti compagnia.
   Ho girato lo sguardo nella direzione da cui proveniva la voce e mi sono trovata di fronte a un uomo sulla trentina, un tipo con tutti gli attributi dell'uomo macho e fatto apposta per piacermi. Lo avevo adocchiato in precedenza, davanti all'altare, mentre faceva da testimone allo sposo, poi lo avevo rivisto seduto a un tavolo poco lontano da quello che occupavo con le mie amiche, ma non ci avevo fatto troppo caso se non per la sua bellezza.
   - Sono una donna sposata. - ho mentito per levarmelo d'intorno, poi gli ho gettato in faccia il fumo della sigaretta.
   - E che vuol dire?
   - Vuol dire che non cerco compagnia. Contento?
   - Mi stai prendendo per il culo, vero?
   - E perché mai?
   - Non ti ci vedo maritata. Sei amica dello sposo o della sposa?
   - Sono amica di Marta, noi due lavoriamo insieme.
   - Sei infermiera anche tu?
   - Che c'è di strano?
   - Niente, ma permettimi di presentarmi. Il mio nome è Vittorio.
   - Il mio Erika.
   - Non sei sposata, vero? Ma come tutte le donne della tua età ambiresti esserlo, eh?
   - Cazzo! Ma sei cafone mica poco.
   - Sono certo che come molte donne presenti alla cerimonia hai guardato Marta con invidia, specie quando l'hai vista con addosso l'abito bianco con cui ha preso posto sull'altare, vero?
   - Credi davvero che sia importante unirsi in matrimonio per essere felici? Io no.
   - Il matrimonio è la degna conclusione dell'incontro fra due persone innamorate. Se è amore autentico lo si vorrebbe vivere per sempre.
   - Mi stai prendendo per il culo?
   - No, perché?
   - Sì, invece. Non sono mica scema.
   - Vuoi sapere quello che voglio da te?
   - Lasciami indovinare.
   - Scoparti.
   Ho mascherato la sorpresa provocatami dalla sua proposta guardandolo fisso negli occhi, senza abbassarli, anche se mi aveva fatto piacere sentirmi recapitare quella insolente avance. Ho evitato di rispondergli e ho riportato la conversazione sul tema del matrimonio.
   - Molte statistiche riguardano la durata dei matrimoni e ti posso assicurare che sono tutte infauste. C'è chi si separa anche dopo poche settimane di vita in comune. Meglio restare single, non credi?
   - La vita coniugale non è per niente facile. Nel matrimonio non c'è niente di scontato. Ti sorprenderà sapere che sono stato sposato per sei mesi, dopodiché ho ripreso la mia libertà.
   - Mi sembra impossibile.
   - La vita è piena di sorprese.
   - C'è sempre più gente che preferisce convivere anziché sposarsi. Se un rapporto non funziona ognuno va per la sua strada senza troppi rimpianti. Tu come hai vissuto la separazione?
   - La questione è complessa e correrei il rischio di renderla banale. Una separazione è qualcosa di molto importante, mette in discussione il rapporto con un’altra persona e il modo di vivere. Quando due persone decidono di sposarsi lo fanno per stare insieme per sempre. La convivenza invece mette a nudo tutte le incertezze del rapporto fra due persone, lasciando una scappatoia a portata di mano. 
   - Personalmente sono dell'idea che due persone che si amano debbano stare ognuna a casa propria senza convivere o peggio ancora sposarsi. In questo modo possono incontrarsi quando gli pare senza mettersi a bisticciare per delle banalità come succede quando due persone vivono nella medesima casa. Semplice no?
   - E col tuo uomo vi comportate così?
   - Non sono legata a nessuno.
   - Allora non è vero che sei sposata.
   - Con i miei ex ho sempre mantenuto la mia autonomia e non ho sbagliato a farlo. Sono single per convinzione e sto bene così, nessun uomo può farmi cambiare idea.
   - L'amore non può essere inquietudine, ma quiete e crescita reciproca, altrimenti è solo gioco, complicità, ma non è amore. Io sono ancora alla ricerca del grande amore dopo che mia moglie mi ha lasciato per un altro.
   - Mi stai prendendo per il culo, vero?
   - Perché dici questo?
   - Tu non sei mai stato sposato. Non ti ci vedo giurare eterna fedeltà a una donna. Perché mi hai fatto tutti quei discorsi sul matrimonio e la convivenza?
   - Sei stata tu a iniziare il discorso per prima rivelandomi che sei una donna sposata, ricordi? Io ti sono venuto dietro.
   - Beh, adesso mettiamo la parola fine a questa farsa, eh!
   - Conosco un unico modo.
   - Quale?
   - Andiamo via da qui.
   - Per andare dove?
   - Non lo so.
   Qualche istante dopo abbiamo abbandonato il banchetto, sono salita sulla sua automobile, un Bmw nero, e ci siamo allontanati dalla festa per dirigerci verso la città. Non gli ho chiesto dove eravamo diretti, ma lo sapevo già.
   Quando abbiamo messo piede nella sua abitazione, poco distante dal Palasport, da tutt'altra parte della città rispetto alla mia dimora, Vittorio mi ha preso per mano e condotta alla stanza da letto. Lì ha cominciato a togliermi gli abiti dalla pelle.
   Ho lasciato che mi spogliasse senza oppormi, fintanto che mi sono trovata con addosso soltanto i capi di lingeria e nient'altro. Mi ha denudata senza degnarmi di una carezza o un bacio e io ho fatto altrettanto con lui lasciandolo con i boxer soltanto.
   Sulla pelle mi era rimasto soltanto un coordinato di tulle nero, trasparente, e questo lo ha eccitato moltissimo. Si è adoperato nello slacciarmi il reggiseno e subito dopo mi ha cinto le tette con entrambe le mani, poi ha sommerso le labbra sui seni, succhiandomi i capezzoli. Ho congiunto le mani intorno al suo capo e l'ho attirato a me mentre succhiava con desiderio smodato l'estremità dei capezzoli densi per l'eccitazione. Dopo un po' che succhiava le sue labbra mi sono scivolate addosso, lungo l'addome, e ha incominciato a leccarmi tutta. Raggiunto l'ombelico si è messo in ginocchio ai miei piedi, ha afferrato con entrambe le mani i bordi del perizoma e lo ha fatto scivolare lungo le cosce fino a raggiungere le caviglie.
   Nel rialzare il capo ha fissato a lungo il mio pube, dopodiché si è messo a ridere.
   - Beh, che c'è di così divertente?
   - Niente è che non mi aspettavo di vedere i peli del tuo pube colorati d'oro.
   - Che scemo che sei, quello è il mio colore naturale. Ho i capelli rossi! Non ti sei accorto che li ho tinti di nero?
   - No, davvero, però mi piacciono anche così.
   Subito dopo ha affondare la bocca sulla passera e ha cominciato a succhiarmi il clitoride.
   Quella notte, nel suo letto, abbiamo seguitato a fare sesso fino allo sfinimento, il resto lo conoscete già.
   Quello che è certo è che non so ancora se devo maledire il momento in cui ho afferrato il bouquet oppure no, boh!

 

 

 

 

 
 

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