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I
NUOVI BARBARI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
A
quest'ora
della notte il Parco Ducale è bello da
fare paura. Un sottile strato di neve
ammanta i prati e benda di bianco i rami
degli alberi spogli di foglie. Mancano
pochi minuti a mezzanotte. Il freddo è
pungente, difficile da sopportare. Da un
paio di ore sono fermo sotto un lampione, a
pochi passi dalle acque del laghetto, in
attesa di clienti. Nel frattempo seguito
a battere la suola delle scarpe sul
terreno ghiacciato per mitigare il
freddo che ho ai piedi.
E' una notte fiacca, di
quelle in cui non si batte un chiodo.
Ancora nessun cliente si è fatto vivo e
non so per quanto tempo saprò resistere
al freddo pungente e al gelo delle ossa.
La fontana del Trianon,
collocata sopra una sottile striscia di
terra, al centro del laghetto, poco
distante dalla mia postazione, é muta.
L'acqua non esce dalle maschere di marmo
per catapultarsi da un invaso all'altro,
come succede quando non è gelata e dà
forma a infinite cascatelle. Un numero
infinito di ghiaccioli, simili a
stalattiti, pendono dalle vasche e danno
forma a una rappresentazione insolita
della natura.
Stasera in giro per il
parco c'è poca merce a farmi
concorrenza. La maggioranza dei lampioni
sono spogli, privi di animali notturni
al lavoro. Meglio così, penso, mentre
sfrego le dita delle mani, una sull'altra,
intorpidite dal freddo. Alzo il bavero
del giubbotto di pelle e lo avvicino
alle orecchie, poi riprendo a
passeggiare avanti e indietro confortato
dalla luce del lampione.
Ho diciannove anni e
concedo il mio corpo a chiunque me ne fa
richiesta prostituendomi. Faccio parte
di un popolo, quello della notte,
padrone indiscusso di questa porzione di
territorio del parco. Lo spazio che
occupiamo io e i miei compagni,
affaccendati a prostituirci, ricopre una
sottile striscia di terra che abbraccia
il laghetto e la montagnola dove trova
posto il tempietto d'Arcadia, nei secoli
luogo d'incontro dei poeti.
La storia del territorio
dove mi prostituisco mi è del tutto
oscura. Nessuno dei marchettari che
battono questo posto saprebbe dire
quando ha avuto origine, né chi è
stato a istituirlo. Quello che so è che
occupo questo spazio dall'età di
diciassette anni, e da due concedo il
culo e la bocca per cinquanta euro agli
uomini che ne fanno richiesta.
Ogni sera, al calare delle
tenebre, questa zona del parco è
dominio incontrastato di noi animali
notturni, prede ambite di cacciatori di
anime che vengono a darci la caccia in
questo recinto impazienti
d'impossessarsi della merce che mettiamo
in vendita.
Le autorità fingono di non
accorgersi della nostra presenza, forse
perché chi amministra la città è
troppo occupato a cementificare ogni
metro quadro di terreno verde rimasto
libero, piuttosto che occuparsi di noi
animali notturni.
Sulle rovine delle
fabbriche dismesse o in quelle in via di
demolizione, specie nell'area intorno
alla stazione ferroviaria, s'intravedono
gli scheletri di nuovi condomini e
centri commerciali. E' una città in
grande difficoltà quella in cui vivo,
una città alla ricerca di una nuova
identità e in cui non so ritrovarmi.
La mercificazione del sesso
attorno al laghetto sembra non avere
regole, ma non è così. Per esercitare
la prostituzione in questo tratto del
parco io e i miei compagni siamo
costretti a pagare un tributo a una
delle cosche locali di albanesi, ma ne
vale la pena, soprattutto per il modo
semplice con cui ci procuriamo il
denaro. Cosa dovrei fare? Intraprendere
il mestiere dei miei genitori, entrambi
infermieri?
Tutt'e due hanno trascorso
la vita prendendosi cura di persone
malate, pulendo culo, figa e cazzo a
donne e uomini per uno stipendio da
fame, mentre sulle loro fatiche c'è chi
si è fatto i soldi a palate.
Anch'io mi prendo cura dei
cazzi delle persone, ma per una somma di
denaro dieci volte superiore a quella
che i miei genitori percepiscono di
salario in un mese di lavoro. Col denaro
posso togliermi tutti capricci che mi
passano per la testa. Posso concedermi
più di una vacanza, viaggiare quando
mi pare, indossare vestiti firmati,
sniffare polvere bianca, e perché no,
scopare belle donne. Di meglio dalla
vita non potrei avere, ne sono sicuro.
Stasera il cielo è
stellato. La luna nel suo ultimo quarto
non è protetta dalle nubi. Da una siepe
che cinge d'intorno il laghetto sbuca
d'improvviso una figura maschile. E' un
tipo tarchiato, seppure non troppo alto,
quello che mi viene incontro. Cammina a
passo lento e sembra deciso ad
avvicinarsi al lampione della mia postazione.
Soltanto quando mi è
vicino ne intuisco i lineamenti del
viso. Sembra avere quarant'anni, non di
più.
Ogni volta che un cliente
mi si avvicina provo a immaginare il
tipo di prestazione che verrà a
chiedermi. Scruto con attenzione i
lineamenti del volto, il tipo
d'abbigliamento, e osservo se mantiene
un atteggiamento schivo oppure
smaccatamente sfrontato.
Il tipo che sta per
avvicinarsi sembra diverso dai soliti
clienti. E poi non è detto che mi
approcci, potrebbe proseguire per la sua
strada senza chiedermi alcunché, come
spesso succede con gli uomini che mi
girano d'intorno.
Viene verso di me e non
cessa di guardarmi. Probabilmente sta
chiedendosi se faccio al caso suo oppure
no, ne sono certo. Il calpestio del
sottile strato di ghiaccio che ricopre
la neve rende chiassoso l'avvicinarsi
dei suoi passi. Quando entra nell'area
illuminata dal lampione riesco a vedere
per intero il suo viso.
- Freddo stasera, eh?
- Eh, sì. - rispondo.
- C'è poca gente in giro.
- Uhm... pare proprio di sì.
- E tu cosa fai? - chiede.
- Aspetto.
- Sei disponibile a
eseguire tutto?
- Eh?
- Lo metti anche nel culo?
- Ogni cosa ha il suo
prezzo.
- Ma non mi hai risposto.
- Vuoi seguirmi a casa? -
lo sollecito.
- No, vorrei fare qualcosa
di veloce. Potrei succhiartelo, che ne
dici? Quanto mi costerebbe?
- Cinquanta col guanto.
- Col guanto? No, col
preservativo non mi va di succhiare un
bel niente. Ho voglia di sentire lo
spessore del tuo uccello fra le labbra
mentre lo succhio.
- Sono dispiaciuto, ma
senza preservativo non se ne fa niente.
- E di cosa hai paura, di
essere contagiato? Ti sembro il tipo che
ha l'Aids?
- Non voglio offenderti, ma
o lo facciamo con il preservativo
oppure...
- Te ne do settantacinque
di euro. Ti stanno bene?
- Te l'ho detto, senza
preservativo non se ne fa niente.
L'uomo non desiste dal suo
atteggiamento. Contrattare la
prestazione sembra eccitarlo, ne sono
certo. Proseguiamo nella trattativa
fintanto che sbotta con una offerta che
in una notte come questa ho difficoltà
a rifiutare.
- Dai, finiamola con questa
storia, ti pago cento euro. E' l'ultima
offerta, che ne dici, eh?
Indugio qualche istante,
indeciso se accettare o meno la
proposta, ma il denaro mi fa troppo gola
per rifiutarlo.
- Si, dai, va bene,
andiamo.
Il tempietto d'Arcadia,
luogo ideale di vita amena e del tutto
separata dalla realtà, dista qualche
decina di metri dal punto in cui siamo
fermi. L'uomo mi viene appresso come un
cane da trifola voglioso di succhiare l'osso che
custodisco fra le cosce.
Di solito i clienti mi
chiedono di prenderlo in bocca o di
farmi inculare, stasera invece 'sto
coglione vuole succhiarmelo, il cazzo, e
la cosa non mi disturba, anche se
preferirei avere a che fare con la bocca
di una bella donna piuttosto che la sua.
La coltre di neve sul
terreno è spessa soltanto qualche
centimetro. Mentre camminiamo percepisco
lo scoppiettio dello strato di ghiaccio
pressato dalla suola delle scarpe. Il
luogo dove siamo diretti è appartato. I
lampioni sono distanti qualche decina di
metri e riverberano la luce nelle acque
del laghetto e sulla neve.
Sto con la schiena
appoggiata contro uno dei pilastri del
tempietto e rimango in attesa. Lascio
che sia lui a sbottonarmi il giubbotto
di pelle e si affatichi con le mani
sulla patta dei pantaloni.
Fruga l'inguine fra le mie
cosce alla ricerca della lampo. Quando
la trova l'abbassa. Estrae il cazzo con
una certa difficoltà perché non l'ho
duro, e non potrebbe essere altrimenti
con questo freddo. Azzarda a baciarmi
sulla bocca, ma scosto il capo di lato,
poi lascio che le labbra mi scivolino
sul collo. M'infila la lingua
nell'orecchio, mi lecca, e questa volta
non oso ritrarmi. Il tocco della mano
sulla cappella è servito a farmi
inturgidire il cazzo. Sembra averci
preso gusto nel baciarmi sul collo. La
cosa mi schifa e faccio di tutto per
allontanarlo da me. Gli spingo il capo
verso il basso invitandolo a
inginocchiarsi ai miei piedi.
Ho il cazzo duro che pulsa
com'è nei desideri del mio cliente. Lo
stringo nella mano e glielo infilo
diritto nella bocca lasciando che me lo
succhi. Dopo un po' che lo munge le
gambe prendono a tremarmi per
l'eccitazione, ma soprattutto perché mi
piace simulare un certo appagamento,
dando soddisfazione ai clienti che
sembrano trovare godimento da questa
messinscena.
- Sì, così, bravo...
Bravo... Continua a succhiarmelo così.
- confermo, ponendo l'accento sulla sua
azione.
Nascosti alla vista di
eventuali voyeur dal buio della notte
lascio che mi spompini il cazzo come
meglio gli aggrada, anche quando
incomincia a succhiarmi le palle.
Ci sa fare con la bocca,
meglio di qualsiasi donna. Percepisco il
suo piacere mentre passa la lingua sulla
cappella come si trattasse di un dolce
prelibato. La estrae più volte dalla
bocca per ricominciare a leccarla subito
dopo fino a farla sprofondare nella
gola. Restiamo a lungo in quella
posizione. Lui accovacciato ai miei
piedi e io con le spalle calcate contro
uno dei pilastri del tempio. Desidero
venirgli in bocca, al più presto, ma
non oso giocargli questo scherzo. Per la
cifra pattuita ho l'obbligo di durare a
lungo, molto a lungo.
Quando raggiungo l'orgasmo
mi metto a tremare scuotendo tutto il
corpo. Stavolta non fingo e gli vengo in
bocca com'è suo desiderio. L'uomo
ingoia lo sperma fino all'ultima goccia,
leccando ogni residua traccia intorno
alla cappella prima di staccarsi da me.
L'orologio digitale
sistemato sul comodino segna le due e
tre minuti quando scivolo fra le
lenzuola del mio letto. Mi rigiro più
volte sul materasso, ma fatico a
prendere sonno. Dopo le ore trascorse al
freddo nel parco la trapunta di piume
d'oca non riesce a scaldarmi. Quando ero
adolescente e non riuscivo a dormire mi
perdevo a fantasticare figurandomi nella
mente il corpo nudo di qualche attrice
famosa, il cazzo mi diventava duro e mi
sparavo una sega, poi mi addormentavo.
Adesso non più.
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