Anche
stasera il Nautilus, uno dei tanti circoli
Arci sparsi nel quartiere dell’Oltretorrente,
frequentato in massima parte da gay e
lesbiche, è gremito all’inverosimile.
L’atmosfera carnale e accogliente del
locale, arredato con gusto e semplicità,
grazie alla presenza di consumati
cartelloni pubblicitari appiccicati alle
pareti, congiuntamente a rami di edera
rampicante, mi intriga parecchio come
succede tutte le volte che capito da
queste parti.
I colori rosso sangue
dei ceri votivi, disposti a batteria
all'ingresso del locale, trasmettono
calore al pari delle immagini dei video
musicali che scorrono in maniera turbinosa
sui maxischermi. In debito di ossigeno
sgomito fra la calca di persone di ogni
sesso, razza, ed età che occupano gli
spazi del locale.
Molestato dal brusio di
voci mi faccio largo fra le ragazze che
profumano di puttana, e ai maschi che
appestano l'aria in maniera assurda con
l’odore di sperma. Guadagno spazio
strusciandomi in maniera sfacciata contro
i corpi caldi e sudati delle femmine,
mentre evito opportunamente quelli dei
maschi, pigiati uno contro l’altro alla
ricerca di sensazioni forti, che fanno di
tutto per importunarmi con il loro respiro
ansimante.
Destreggiandomi fra
splendidi seni tondi, glutei sporgenti, e
squallidi cazzi in erezione, conquisto
terreno deciso a raggiungere al più
presto il bancone della mescita e ordinare
qualcosa da bere.
Le due ragazze romene che
fungono da bariste, una bionda e l’altra
mora, che in un recente passato i titolari
del locale hanno coinvolto in scatti
fotografici, più o meno estremi, con la
presenza di corde, manette e fruste, per
un calendario tra l’ironico e il trash i
cui proventi sono stati destinati in
beneficenza, sono tutt'e due impegnate a
soddisfare le richieste di bevande
alcoliche da parte dei clienti.
Resto in attesa che una
delle due ragazze si svincoli dalle sue
incombenze e riversi
su di me un po' di attenzioni. La mora, equipaggiata con un décolleté
che farebbe resuscitare il cazzo anche a
un morto, mi si fa incontro rivolgendomi
la parola.
- Cosa posso servirti?
- mi chiede in maniera
spiccia.
Dotata com’è di quel
po po di latteria che con sapiente
disinvoltura mette in mostra saprei bene
cosa chiederle. Mi affretto a ordinare una
birra gelata e, mentre mi affretto a
comunicarglielo, trovo da appoggiare il
culo su uno sgabello a trampolo lasciato
incredibilmente libero da un tizio che è
andato sedersi a un tavolo occupato dagli amici.
Mentre la barista preleva dal frigo bar
una bottiglia di Corona, mi guardo intorno con
la speranza di incrociare lo sguardo di
qualche figa di mia conoscenza. Purtroppo
mi riesce difficile sbirciare al di là
dell’accozzaglia di persone che sostano
intorno al bancone impedendomi, di fatto,
di individuare per bene le persone che occupano i
tavoli.
La Corona che la
barista mi ha servito sul piano del
bancone, con una fetta di limone infilata
nel collo della bottiglia, è un po' gelida per i miei gusti. Bevo a
piccoli sorsi la birra e mi sembra di
rinascere. Per niente adombrato dalla
presenza di gay e lesbiche, rimango col
culo incollato sulla sedia a trampolo in
attesa che possa accadere qualcosa
d'importante.
Ogni sedia sembra cucita addosso
alle natiche della persona che la occupa.
Nessuno sembra invogliato ad abbandonarla
per non correre il rischio di rimetterci
il monopolio di possederla.
Tutt’a un
tratto la vedo. All’improvviso la vedo!
La vedo!
Impacciata, focosa,
bella da morire, Domitilla se ne sta
seduta a un tavolo d’angolo, lontano dal
bancone dinnanzi al quale ho trovato da
sedermi. Mantiene le gambe accavallate e
mostra un paio di cosce ben tornite da
fare invidia a molte Bluebell.
Si incaponisce a fare
oscillare il piede, tenuto sospeso per
aria, ma per quanto lo muova lentamente
intuisco che è nervosa. Ha il viso
imbronciato ed è in compagnia di un uomo
di colore. Probabilmente uno studente
universitario, suo compagno di facoltà,
oppure è un profugo: in effetti ce ne sono parecchi
in giro per la città da qualche anno a
questa parte. Ma il tipo che le tiene
compagnia è troppo elegante per essere
soltanto un rifugiato. Digrigno i denti
nervosamente disturbato dalla visione
dell’uomo dalla pelle scura che le sta
rivolgendo delle attenzioni. Seguito a
guardarla, consumato dall’invidia,
sperando che da un momento all’altro
volga lo sguardo nella mia direzione e
riesca a vedermi.
Probabilmente devo
avere un aspetto ripugnante. Infatti, ho
trascorso la notte scorsa di servizio alla
pompa di benzina, del distributore che
gestisco insieme a mio padre
sull’autostrada, e stamattina non ho
dormito abbastanza per riprendermi dalle
fatiche del lavoro notturno, ma ciò che
conta è che, nonostante tutto, seguito ad
avere ormoni e attributi a posto.
Riprendo a sorseggiare
la birra e mantengo lo sguardo proiettato
dritto verso Domitilla. A più riprese
sono disturbato dai movimenti di gruppi di
persone che fanno capannello davanti alla
mia postazione nascondendola alla mia
vista. Tutt’a un tratto un brivido caldo
percorre per intero il mio scheletro. Può
sembrare assurdo ma il ricordo del profumo
della sua pelle mi penetra nelle narici e
si diffonde per ogni cellula del corpo, al
pari del tepore del suo petto che scorgo
velato dall’esile tessuto della
camicetta.
Domitilla è bella da
morire. Non è una dea, ma ai miei occhi
seguita a esserla nonostante la nostra
storia, caratterizzata da molti alti e
bassi, si sia interrotta sei mesi fa
quando, venuta a sapere che l’ho tradita
scopando con un'altra donna, mi ha detto
chiaro e tondo che non voleva più saperne
di me. Da allora non l’ho più cercata e
nemmeno lei ha cercato me.
La osservo da lontano
mentre è impegnata a respingere le avance
del suo spasimante. D'altronde è normale
che una ragazza attraente come lei abbia a
che fare con tanti ammiratori, certo che
vederla in compagnia di un uomo dalla
pelle nera che le accarezza le mani,
dandomi l’impressione di volerla
azzannare, portandole via la vita e anche
l'anima, mi dà il voltastomaco.
Dall’ultima
volta che ci siamo visti ha un aspetto
senz’altro migliore. E’ ingrassata di
qualche chilo, ma la pelle e lo sguardo
sono più luminosi. E' probabile che la
mia lontananza le abbia fatto bene alla
salute. Le tette, emblema per tutte le
donne di una certa sensualità, sono
rimaste piccole, certo, ma nel complesso
il suo aspetto ha assunto sembianze molto
più femminili ed è ancora più attraente
di quanto lo era già. Rimango seduto al
mio posto, beandomi della sua presenza,
sorseggiando il contenuto di una seconda Corona che la barista si è
affrettata a servirmi. Tutt’a un tratto
mi ritrovo a pensare che mi piacerebbe
alzarmi dalla sedia e andare dritto da
lei, inginocchiarmi ai suoi piedi, e dirle
semplicemente: ti amo.
Sto vagliando
questa remota possibilità quando
Domitilla volge lo sguardo nella mia
direzione. Si accorge della mia presenza,
ma non accenna a un saluto e lo stesso
faccio io. Fredda e in apparenza
distaccata scavalla le gambe, cambia
posizione del culo sulla sedie, le
accavalla di nuovo mostrandomi il fondo
delle cosce. Lasciato da parte ogni freno
inibitore fa ondeggiare il petto in
avanti, apparentemente interessata a ogni
parola che esce dalla bocca dell’uomo
seduto al suo fianco. Gli sorride
maliziosa, sbattendo più volte le ciglia,
e con la pupilla degli occhi sembra
volergli comunicare i pensieri perversi
che ci scommetto le passano per la mente
in questo momento.
Senza scomporsi
avvicina la bocca a quella del compagno e
lo bacia con perversa avidità sulle
labbra. E' una lunga serie di baci ardenti
come il sole e profondi come la notte
quelli che si scambiano, ravanando la
lingua nella bocca dell’altro,
conservando entrambi gli occhi chiusi.
Senza curarsi delle persone
che gli stanno attorno l’uomo le infila
la mano sotto il tessuto della gonna e
inizia a carezzarle l’interno della
coscia. Seguita a farlo in maniera
sfrontata mentre tutt'e due non smettono
un solo istante di baciarsi stropicciando
le labbra, l’una contro quella
dell’altro, fintanto che Domitilla
sceglie di spingersi al di là dello
scambio di un semplice bacio. Gli infila
la mano sotto la giacca, si affaccenda
intorno ai bottoni della camicia, e
una volta a contatto con la pelle gli
molesta i capezzoli stropicciandoli senza
alcun pudore.
Non perdo una sola
trama delle sdolcinerie che si scambiano
davanti ai miei occhi. Sorpreso dalla
inquietante intimità che esibiscono in
pubblico mi ritrovo con il cazzo duro,
eccitato all’inverosimile dalla
mescolanza di colori della pelle di lei e
lui.
Lo sguardo di Domitilla torna
a intrecciarsi con il mio appena cessa di
slinguazzare il compagno. Con fare
disinvolto si alza dalla sedia e insieme
al suo boyfriend, mano nella mano, si
dirige verso il fondo del locale dove sono
ubicati i servizi igienici.
Non c'impiego molto tempo a
capire cosa stanno apprestandosi a fare.
Difatti quando facevamo coppia fissa
eravamo soliti scopare nei posti più
impensati, soprattutto nei cessi dei
locali pubblici, se ci prendeva la voglia
e non eravamo in grado di contenerci, e la
cosa succedeva abbastanza spesso.
Ormai sono prossimi a
varcare la soglia del locale che ospita i
servizi igienici. Osservo con curiosità
ogni loro passo fintanto che Domitilla
gira il capo e volge lo sguardo nella mia
direzione, come se volesse cercarmi, poi
apre la porta dell’antibagno e svanisce
alla mia vista insieme al compagno.
Sono trascorsi pochi
minuti da quando Domitilla e il tizio che
l’accompagna hanno messo piede nel
locale dei servizi igienici. Mi figuro
nella mente che in questo preciso istante
stanno in piedi, una di fronte
all’altro, con lei che appoggia la
schiena alla parete e lui che la tiene
sospesa a mezz’aria con le mani sotto le
natiche. Domitilla avrà di sicuro
provveduto a intrecciare le gambe intorno
ai fianchi dell'uomo e, sistemate le
braccia dietro al collo, sta facendo in
modo di riuscire a dondolarsi facilmente
mentre lui la monta in maniera selvaggia
con il cazzo che entra ed esce dalla
vagina, in quella che il Kamasutra, se ben
ricordo, indica come la posizione del
“congresso sospeso”.
Ci scommetto che mentre
si fa scopare sta pensando a me che come
un pirla sono in attesa che sbuchi fuori
da quella dannata porta. No! Non è vero,
sto sbagliando tutto! La verità è che
non mi ha cagato per niente e si è
persino scordata di me.
Ho il cazzo duro
eccitato al pensiero che il tizio che
l’accompagna l'avrà completamente
denudata. Le starà mordendo i capezzoli?
A lei piaceva farseli addentare. Quando mi
dedicavo a carezzarle le tette e le
mangiucchiavo i capezzoli, stirandoli con
i denti sino a farle male, lei finiva
tutte le volte per urlare come una matta
non riuscendo a contenere il piacere. Starà
succedendo anche con lui? Boh! Forse sì,
perché non è il tipo a cui piace
occupare il tempo a slinguazzarsi,
scambiando la lingua nella bocca
dell'altro. Lei quando fa sesso ha
bisogno di molto di più.
Difatti, ha sempre
preferito che adoperassi la lingua per
leccarle la figa e succhiarle il clitoride
sino a portarla all’orgasmo piuttosto
che esagerare nel baciarla. Magari il
tizio che l'accompagna avrà provveduto a
metterla china a novanta gradi, facendole
piegare l’addome sul lavandino, e le
starà sfondando il buco del culo, con il
cazzo duro all'inverosimile, mentre lei si
sgrilletta il clitoride per venire in
fretta.
E se invece stesse
facendogli un pompino? Domitilla è abile
a succhiare l'uccello meglio di qualunque
altra ragazza con cui ho scopato prima di
conoscerla, e poi ingoia sempre. Ricordo
che quando stavamo insieme mi piaceva un
sacco scoparla in bocca, anzi molto più
che nella figa. Ci sa fare come poche
altre donne a succhiare l’uccello.
Non riesco a pensare
che Domitilla gli abbia permesso d’incularla.
Con me succedeva di rado, e quando mi
concedeva il buco del culo lo faceva solo
per compiacermi. Poi si lamentava
dicendomi che per colpa delle emorroidi le
facevo sanguinare lo sfintere dell'ano e
per un po’ di giorni avvertiva un
dannato bruciore.
Un'infinità di
posizioni del Kamasutra si affollano nella
mia mente, tanto che non riesco più a
distinguerle una dall’altra. Non vedo
l’ora che Domitilla esca da quella porta
per investigare l’espressione del volto.
La porta dei servizi
igienici si apre ed esce Domitilla.
Dappresso c’è lui, il cascamorto dalla
pelle nera. Abbandono la sedia a trampolo
che ho occupato da quando ho messo piede
al Nautilus e, trascinato da un impulso
inconsulto, le vado incontro.
Non so bene cosa andrò a
dirle, ma sento che devo parlarle, subito.
Mi impegno in uno slalom,
districandomi fra i gruppi di persone che
ostacolano la mia avanzata, e la raggiungo
mentre sta per sedersi al tavolo che
occupava prima di recarsi in bagno.
- Ciao! - dico quando
le sono di fronte.
- Oh, che bella
sorpresa! Cosa ci fai da queste parti? -
dice fingendo di avermi adocchiato solo
ora.
- Sono venuto a
cercarti.
- Ah.
- Dai, andiamo fuori
dal locale, che ti voglio parlare.
- Puoi farlo qua.
Magari non te ne sei accorto, ma stasera
sono in compagnia. - obbietta indicandomi
l’uomo dalla pelle nera come il carbone
che si è posto al suo fianco.
- Sì, va bene, ma
adesso vieni fuori con me, dai!
- Sei matto?
- Sì. E adesso andiamo
fuori.
L’uomo che sta in sua
compagnia si interpone fra me e Domitilla
e ha tutta l’aria di minacciarmi
esibendo un ghigno feroce.
- Lascia stare Mark.
E’ una cosa che riguarda soltanto me e
lui. - si intromette Domitilla
rassicurandolo. - Aspettami al tavolo e
non te ne andare perché fra poco sono di
ritorno. Ascolto quello che ha da dirmi e
sono di nuovo da te.
Passiamo attraverso una
muraglia di carne, ci portiamo verso
l’uscita del locale, e siamo in strada.
Trascino Domitilla dentro Vicolo Santa
Maria, male illuminato, e quando trovo la
volta di un portone la sbatto con la
schiena contro l’infisso di legno. Le
passo le dita sulle labbra e gliele
carezzo delicatamente.
- Sento che potrei
scoppiare se non riesco a baciarti
immediatamente. - le dico con rabbia.
Domitilla si protende
verso il mio petto. Un brivido caldo mi
percorre la schiena. Le circuisco entrambe
le natiche col palmo delle mani e
l’attiro forte a me. Restiamo con le
labbra sospese per aria, distanti soltanto
pochi millimetri una dall'altra, in attesa
di congiungerci. Il suo respiro è in
affanno. Avverto il calore del fiato sulle
mie guance e quello del battito del suo
cuore appiccicato su di me.
Quando si ama non c'è
aglio o cipolla che tenga. Nemmeno mi
trattiene dal baciarla il sapore dello
sperma che l’uomo dalla pelle nera
potrebbe averle scaricato in gola nel caso
Domitilla gli avesse fatto un pompino con
l’ingoio.
Le sue chiappe sono
forti e toniche come me le ricordavo. Non
indossa biancheria intima. E’ probabile
che si sia liberata delle mutandine quando
poc'anzi ha scopato nel cesso. Nel buio
del vicolo le mie dita colgono il calore
che ha fra le cosce. Ha la figa bagna
fradicia. La bacio brutalmente,
morsicandole le labbra, succhiando il
sangue delle ferite, trasformando la
rabbia in energia sessuale. Lei fa lo
stesso con me. Seguitiamo a baciarci
mentre mi stringe nella mano il cazzo, che
si è premurata di liberarmi attraverso la
patta dei pantaloni, e mi masturba.
Quello che sta
accadendomi stasera ha dell’incredibile.
Sto con una decina di centimetri della
lingua affossata nella bocca di Domitilla,
consapevole che potrebbe avere succhiato
l'uccello di quell’altro e seguito a
baciarla mantenendo gli occhi aperti per
distinguere le espressioni del suo viso
mentre sta godendo del piacere che so
darle.
Mi chino in ginocchio
davanti al suo corpo. Lei allarga le gambe
ed io sono lesto a farle scorrere la gonna
verso l'alto, arricciandola, in modo da
essere libero d'infilarle le guance fra le
cosce. Incomincio a leccarle la vagina, che
potrebbe essere sudicia dello sperma
dell’altro, ripulendola del tutto.
- Sei bravo a
leccarmela! Leccami bene e pulisci! Sei
proprio un porco!
Dare ascolto alle sue
parole mi sconvolge non poco, ma nello
stesso tempo mi eccita da morire. Vado
avanti a succhiarle il clito, gonfio
all’inverosimile, stringendolo fra la
lingua e il palato, mantenendo le mani
aggrappate alle sue natiche, perché
questa è una delle pratiche sessuali che
prediligo.
Le gambe di Domitilla
incominciano a tremarle, il respiro le si
è fatto affannoso ed è prossima a
raggiungere l’orgasmo. Il culmine del
piacere arriva quando Domitilla si mette a
urlare come una pazza e mi allontana il
capo dalle cosce sbattendomi per terra.
Scappa via, ma non la rincorro e lascio
che sia libera di fare ritorno al Nautilus.
- Ti amo piccola... -
le grido dietro mentre si allontana.
Mi sono sempre chiesto
che tipo di donna è Domitilla, ma non
sono mai riuscito a trovare una risposta.
Ora lo so.
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