I LOVE YOU BABY
(Ti amo piccola)

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  

      Anche stasera il Nautilus, uno dei tanti circoli Arci sparsi nel quartiere dell’Oltretorrente, frequentato in massima parte da gay e lesbiche, è gremito all’inverosimile. L’atmosfera carnale e accogliente del locale, arredato con gusto e semplicità, grazie alla presenza di consumati cartelloni pubblicitari appiccicati alle pareti, congiuntamente a rami di edera rampicante, mi intriga parecchio come succede tutte le volte che capito da queste parti. 
    I colori rosso sangue dei ceri votivi, disposti a batteria all'ingresso del locale, trasmettono calore al pari delle immagini dei video musicali che scorrono in maniera turbinosa sui maxischermi. In debito di ossigeno sgomito fra la calca di persone di ogni sesso, razza, ed età che occupano gli spazi del locale. 
    Molestato dal brusio di voci mi faccio largo fra le ragazze che profumano di puttana, e ai maschi che appestano l'aria in maniera assurda con l’odore di sperma. Guadagno spazio strusciandomi in maniera sfacciata contro i corpi caldi e sudati delle femmine, mentre evito opportunamente quelli dei maschi, pigiati uno contro l’altro alla ricerca di sensazioni forti, che fanno di tutto per importunarmi con il loro respiro ansimante.
    Destreggiandomi fra splendidi seni tondi, glutei sporgenti, e squallidi cazzi in erezione, conquisto terreno deciso a raggiungere al più presto il bancone della mescita e ordinare qualcosa da bere. 
   Le due ragazze romene che fungono da bariste, una bionda e l’altra mora, che in un recente passato i titolari del locale hanno coinvolto in scatti fotografici, più o meno estremi, con la presenza di corde, manette e fruste, per un calendario tra l’ironico e il trash i cui proventi sono stati destinati in beneficenza, sono tutt'e due impegnate a soddisfare le richieste di bevande alcoliche da parte dei clienti.
    Resto in attesa che una delle due ragazze si svincoli dalle sue incombenze e riversi su di me un po' di attenzioni. La mora, equipaggiata con un décolleté che farebbe resuscitare il cazzo anche a un morto, mi si fa incontro rivolgendomi la parola.
    - Cosa posso servirti? - mi chiede in maniera spiccia.
    Dotata com’è di quel po po di latteria che con sapiente disinvoltura mette in mostra saprei bene cosa chiederle. Mi affretto a ordinare una birra gelata e, mentre mi affretto a comunicarglielo, trovo da appoggiare il culo su uno sgabello a trampolo lasciato incredibilmente libero da un tizio che è andato sedersi a un tavolo occupato dagli amici. Mentre la barista preleva dal frigo bar una bottiglia di Corona, mi guardo intorno con la speranza di incrociare lo sguardo di qualche figa di mia conoscenza. Purtroppo mi riesce difficile sbirciare al di là dell’accozzaglia di persone che sostano intorno al bancone impedendomi, di fatto, di individuare per bene le persone che occupano i tavoli.
    La Corona che la barista mi ha servito sul piano del bancone, con una fetta di limone infilata nel collo della bottiglia, è un po' gelida per i miei gusti. Bevo a piccoli sorsi la birra e mi sembra di rinascere. Per niente adombrato dalla presenza di gay e lesbiche, rimango col culo incollato sulla sedia a trampolo in attesa che possa accadere qualcosa d'importante.
   Ogni sedia sembra cucita addosso alle natiche della persona che la occupa. Nessuno sembra invogliato ad abbandonarla per non correre il rischio di rimetterci il monopolio di possederla.
     Tutt’a un tratto la vedo. All’improvviso la vedo! La vedo! 
    Impacciata, focosa, bella da morire, Domitilla se ne sta seduta a un tavolo d’angolo, lontano dal bancone dinnanzi al quale ho trovato da sedermi. Mantiene le gambe accavallate e mostra un paio di cosce ben tornite da fare invidia a molte Bluebell. 
   Si incaponisce a fare oscillare il piede, tenuto sospeso per aria, ma per quanto lo muova lentamente intuisco che è nervosa. Ha il viso imbronciato ed è in compagnia di un uomo di colore. Probabilmente uno studente universitario, suo compagno di facoltà, oppure è un profugo: in effetti ce ne sono parecchi in giro per la città da qualche anno a questa parte. Ma il tipo che le tiene compagnia è troppo elegante per essere soltanto un rifugiato. Digrigno i denti nervosamente disturbato dalla visione dell’uomo dalla pelle scura che le sta rivolgendo delle attenzioni. Seguito a guardarla, consumato dall’invidia, sperando che da un momento all’altro volga lo sguardo nella mia direzione e riesca a vedermi.
    Probabilmente devo avere un aspetto ripugnante. Infatti, ho trascorso la notte scorsa di servizio alla pompa di benzina, del distributore che gestisco insieme a mio padre sull’autostrada, e stamattina non ho dormito abbastanza per riprendermi dalle fatiche del lavoro notturno, ma ciò che conta è che, nonostante tutto, seguito ad avere ormoni e attributi a posto.
    Riprendo a sorseggiare la birra e mantengo lo sguardo proiettato dritto verso Domitilla. A più riprese sono disturbato dai movimenti di gruppi di persone che fanno capannello davanti alla mia postazione nascondendola alla mia vista. Tutt’a un tratto un brivido caldo percorre per intero il mio scheletro. Può sembrare assurdo ma il ricordo del profumo della sua pelle mi penetra nelle narici e si diffonde per ogni cellula del corpo, al pari del tepore del suo petto che scorgo velato dall’esile tessuto della camicetta.
    Domitilla è bella da morire. Non è una dea, ma ai miei occhi seguita a esserla nonostante la nostra storia, caratterizzata da molti alti e bassi, si sia interrotta sei mesi fa quando, venuta a sapere che l’ho tradita scopando con un'altra donna, mi ha detto chiaro e tondo che non voleva più saperne di me. Da allora non l’ho più cercata e nemmeno lei ha cercato me.
    La osservo da lontano mentre è impegnata a respingere le avance del suo spasimante. D'altronde è normale che una ragazza attraente come lei abbia a che fare con tanti ammiratori, certo che vederla in compagnia di un uomo dalla pelle nera che le accarezza le mani, dandomi l’impressione di volerla azzannare, portandole via la vita e anche l'anima, mi dà il voltastomaco.
     Dall’ultima volta che ci siamo visti ha un aspetto senz’altro migliore. E’ ingrassata di qualche chilo, ma la pelle e lo sguardo sono più luminosi. E' probabile che la mia lontananza le abbia fatto bene alla salute. Le tette, emblema per tutte le donne di una certa sensualità, sono rimaste piccole, certo, ma nel complesso il suo aspetto ha assunto sembianze molto più femminili ed è ancora più attraente di quanto lo era già. Rimango seduto al mio posto, beandomi della sua presenza, sorseggiando il contenuto di una seconda Corona che la barista si è affrettata a servirmi. Tutt’a un tratto mi ritrovo a pensare che mi piacerebbe alzarmi dalla sedia e andare dritto da lei, inginocchiarmi ai suoi piedi, e dirle semplicemente: ti amo.
     Sto vagliando questa remota possibilità quando Domitilla volge lo sguardo nella mia direzione. Si accorge della mia presenza, ma non accenna a un saluto e lo stesso faccio io. Fredda e in apparenza distaccata scavalla le gambe, cambia posizione del culo sulla sedie, le accavalla di nuovo mostrandomi il fondo delle cosce. Lasciato da parte ogni freno inibitore fa ondeggiare il petto in avanti, apparentemente interessata a ogni parola che esce dalla bocca dell’uomo seduto al suo fianco. Gli sorride maliziosa, sbattendo più volte le ciglia, e con la pupilla degli occhi sembra volergli comunicare i pensieri perversi che ci scommetto le passano per la mente in questo momento.
    Senza scomporsi avvicina la bocca a quella del compagno e lo bacia con perversa avidità sulle labbra. E' una lunga serie di baci ardenti come il sole e profondi come la notte quelli che si scambiano, ravanando la lingua nella bocca dell’altro, conservando entrambi gli occhi chiusi.
   Senza curarsi delle persone che gli stanno attorno l’uomo le infila la mano sotto il tessuto della gonna e inizia a carezzarle l’interno della coscia. Seguita a farlo in maniera sfrontata mentre tutt'e due non smettono un solo istante di baciarsi stropicciando le labbra, l’una contro quella dell’altro, fintanto che Domitilla sceglie di spingersi al di là dello scambio di un semplice bacio. Gli infila la mano sotto la giacca, si affaccenda intorno ai bottoni della camicia, e una volta a contatto con la pelle gli molesta i capezzoli stropicciandoli senza alcun pudore.
    Non perdo una sola trama delle sdolcinerie che si scambiano davanti ai miei occhi. Sorpreso dalla inquietante intimità che esibiscono in pubblico mi ritrovo con il cazzo duro, eccitato all’inverosimile dalla mescolanza di colori della pelle di lei e lui. 
   Lo sguardo di Domitilla torna a intrecciarsi con il mio appena cessa di slinguazzare il compagno. Con fare disinvolto si alza dalla sedia e insieme al suo boyfriend, mano nella mano, si dirige verso il fondo del locale dove sono ubicati i servizi igienici.
   Non c'impiego molto tempo a capire cosa stanno apprestandosi a fare. Difatti quando facevamo coppia fissa eravamo soliti scopare nei posti più impensati, soprattutto nei cessi dei locali pubblici, se ci prendeva la voglia e non eravamo in grado di contenerci, e la cosa succedeva abbastanza spesso.
    Ormai sono prossimi a varcare la soglia del locale che ospita i servizi igienici. Osservo con curiosità ogni loro passo fintanto che Domitilla gira il capo e volge lo sguardo nella mia direzione, come se volesse cercarmi, poi apre la porta dell’antibagno e svanisce alla mia vista insieme al compagno.

    Sono trascorsi pochi minuti da quando Domitilla e il tizio che l’accompagna hanno messo piede nel locale dei servizi igienici. Mi figuro nella mente che in questo preciso istante stanno in piedi, una di fronte all’altro, con lei che appoggia la schiena alla parete e lui che la tiene sospesa a mezz’aria con le mani sotto le natiche. Domitilla avrà di sicuro provveduto a intrecciare le gambe intorno ai fianchi dell'uomo e, sistemate le braccia dietro al collo, sta facendo in modo di riuscire a dondolarsi facilmente mentre lui la monta in maniera selvaggia con il cazzo che entra ed esce dalla vagina, in quella che il Kamasutra, se ben ricordo, indica come la posizione del “congresso sospeso”.
    Ci scommetto che mentre si fa scopare sta pensando a me che come un pirla sono in attesa che sbuchi fuori da quella dannata porta. No! Non è vero, sto sbagliando tutto! La verità è che non mi ha cagato per niente e si è persino scordata di me.
    Ho il cazzo duro eccitato al pensiero che il tizio che l’accompagna l'avrà completamente denudata. Le starà mordendo i capezzoli? A lei piaceva farseli addentare. Quando mi dedicavo a carezzarle le tette e le mangiucchiavo i capezzoli, stirandoli con i denti sino a farle male, lei finiva tutte le volte per urlare come una matta non riuscendo a contenere il piacere. Starà succedendo anche con lui? Boh! Forse sì, perché non è il tipo a cui piace occupare il tempo a slinguazzarsi, scambiando la lingua nella bocca dell'altro. Lei quando fa sesso ha bisogno di molto di più.
    Difatti, ha sempre preferito che adoperassi la lingua per leccarle la figa e succhiarle il clitoride sino a portarla all’orgasmo piuttosto che esagerare nel baciarla. Magari il tizio che l'accompagna avrà provveduto a metterla china a novanta gradi, facendole piegare l’addome sul lavandino, e le starà sfondando il buco del culo, con il cazzo duro all'inverosimile, mentre lei si sgrilletta il clitoride per venire in fretta.
    E se invece stesse facendogli un pompino? Domitilla è abile a succhiare l'uccello meglio di qualunque altra ragazza con cui ho scopato prima di conoscerla, e poi ingoia sempre. Ricordo che quando stavamo insieme mi piaceva un sacco scoparla in bocca, anzi molto più che nella figa. Ci sa fare come poche altre donne a succhiare l’uccello. 
    Non riesco a pensare che Domitilla gli abbia permesso d’incularla. Con me succedeva di rado, e quando mi concedeva il buco del culo lo faceva solo per compiacermi. Poi si lamentava dicendomi che per colpa delle emorroidi le facevo sanguinare lo sfintere dell'ano e per un po’ di giorni avvertiva un dannato bruciore. 
    Un'infinità di posizioni del Kamasutra si affollano nella mia mente, tanto che non riesco più a distinguerle una dall’altra. Non vedo l’ora che Domitilla esca da quella porta per investigare l’espressione del volto.

    La porta dei servizi igienici si apre ed esce Domitilla. Dappresso c’è lui, il cascamorto dalla pelle nera. Abbandono la sedia a trampolo che ho occupato da quando ho messo piede al Nautilus e, trascinato da un impulso inconsulto, le vado incontro. 
   Non so bene cosa andrò a dirle, ma sento che devo parlarle, subito. 
   Mi impegno in uno slalom, districandomi fra i gruppi di persone che ostacolano la mia avanzata, e la raggiungo mentre sta per sedersi al tavolo che occupava prima di recarsi in bagno.
    - Ciao! - dico quando le sono di fronte.
    - Oh, che bella sorpresa! Cosa ci fai da queste parti? - dice fingendo di avermi adocchiato solo ora.
    - Sono venuto a cercarti.
    - Ah.
    - Dai, andiamo fuori dal locale, che ti voglio parlare.
    - Puoi farlo qua. Magari non te ne sei accorto, ma stasera sono in compagnia. - obbietta indicandomi l’uomo dalla pelle nera come il carbone che si è posto al suo fianco.
    - Sì, va bene, ma adesso vieni fuori con me, dai!
    - Sei matto?
    - Sì. E adesso andiamo fuori.
    L’uomo che sta in sua compagnia si interpone fra me e Domitilla e ha tutta l’aria di minacciarmi esibendo un ghigno feroce.
    - Lascia stare Mark. E’ una cosa che riguarda soltanto me e lui. - si intromette Domitilla rassicurandolo. - Aspettami al tavolo e non te ne andare perché fra poco sono di ritorno. Ascolto quello che ha da dirmi e sono di nuovo da te.
    Passiamo attraverso una muraglia di carne, ci portiamo verso l’uscita del locale, e siamo in strada. Trascino Domitilla dentro Vicolo Santa Maria, male illuminato, e quando trovo la volta di un portone la sbatto con la schiena contro l’infisso di legno. Le passo le dita sulle labbra e gliele carezzo delicatamente.
    - Sento che potrei scoppiare se non riesco a baciarti immediatamente. - le dico con rabbia.
    Domitilla si protende verso il mio petto. Un brivido caldo mi percorre la schiena. Le circuisco entrambe le natiche col palmo delle mani e l’attiro forte a me. Restiamo con le labbra sospese per aria, distanti soltanto pochi millimetri una dall'altra, in attesa di congiungerci. Il suo respiro è in affanno. Avverto il calore del fiato sulle mie guance e quello del battito del suo cuore appiccicato su di me.
    Quando si ama non c'è aglio o cipolla che tenga. Nemmeno mi trattiene dal baciarla il sapore dello sperma che l’uomo dalla pelle nera potrebbe averle scaricato in gola nel caso Domitilla gli avesse fatto un pompino con l’ingoio.
    Le sue chiappe sono forti e toniche come me le ricordavo. Non indossa biancheria intima. E’ probabile che si sia liberata delle mutandine quando poc'anzi ha scopato nel cesso. Nel buio del vicolo le mie dita colgono il calore che ha fra le cosce. Ha la figa bagna fradicia. La bacio brutalmente, morsicandole le labbra, succhiando il sangue delle ferite, trasformando la rabbia in energia sessuale. Lei fa lo stesso con me. Seguitiamo a baciarci mentre mi stringe nella mano il cazzo, che si è premurata di liberarmi attraverso la patta dei pantaloni, e mi masturba.
    Quello che sta accadendomi stasera ha dell’incredibile. Sto con una decina di centimetri della lingua affossata nella bocca di Domitilla, consapevole che potrebbe avere succhiato l'uccello di quell’altro e seguito a baciarla mantenendo gli occhi aperti per distinguere le espressioni del suo viso mentre sta godendo del piacere che so darle.
    Mi chino in ginocchio davanti al suo corpo. Lei allarga le gambe ed io sono lesto a farle scorrere la gonna verso l'alto, arricciandola, in modo da essere libero d'infilarle le guance fra le cosce. Incomincio a leccarle la vagina, che potrebbe essere sudicia dello sperma dell’altro, ripulendola del tutto.
    - Sei bravo a leccarmela! Leccami bene e pulisci! Sei proprio un porco!
    Dare ascolto alle sue parole mi sconvolge non poco, ma nello stesso tempo mi eccita da morire. Vado avanti a succhiarle il clito, gonfio all’inverosimile, stringendolo fra la lingua e il palato, mantenendo le mani aggrappate alle sue natiche, perché questa è una delle pratiche sessuali che prediligo.
    Le gambe di Domitilla incominciano a tremarle, il respiro le si è fatto affannoso ed è prossima a raggiungere l’orgasmo. Il culmine del piacere arriva quando Domitilla si mette a urlare come una pazza e mi allontana il capo dalle cosce sbattendomi per terra. Scappa via, ma non la rincorro e lascio che sia libera di fare ritorno al Nautilus.
    - Ti amo piccola... - le grido dietro mentre si allontana.
    Mi sono sempre chiesto che tipo di donna è Domitilla, ma non sono mai riuscito a trovare una risposta. Ora lo so.

 

 
 

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