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GOCCIOLINE
DI NEBBIA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
La
nebbia, specie nei mesi autunnali, è un
evento meteorologico frequente
per chi vive a Parma. Dalle prime ore del
pomeriggio la sospensione di minuscole
particelle d'acqua, presenti nell'aria,
aveva tutta l'apparenza di un ostacolo
impenetrabile e conferiva al paesaggio
notturno un aspetto suggestivo. Fabrizio
avrebbe seguitato a camminare per i
sentieri del Parco Ducale ancora per
mezzora, dopodiché avrebbe fatto
ritorno alla propria abitazione.
Camminare lo considerava un
esercizio fisico indispensabile per
ristabilire l'equilibrio psicofisico,
compromesso dai frenetici ritmi di una
professione, quella del chirurgo, che lo
costringeva a rimanere per molte ore del
giorno e talvolta anche della notte
rinchiuso fra le mura di una sala
operatoria.
Muoversi a piedi gli
procurava un benefico rilassamento,
inoltre lo stimolava alla riflessione e
lo rinvigoriva fisicamente. Motivi che
lo spingevano a compiere ogni sera delle
passeggiate notturne nel parco poco
distante dalla sua abitazione.
Mentre camminava manteneva
una azione ritmica, faticosa, ma non
estenuante. Muoversi in quel modo gli
permetteva di osservare anche gli
accadimenti che si succedevano lungo il
percorso. La presenza della nebbia,
divenuta sempre più fitta, avrebbe
potuto infastidirlo, invece sembrò
rendergli più stimolante il proprio
incedere durante la passeggiata.
Al termine di ogni
camminata aveva la sensazione di essersi
depurato, anche se si sentiva
affaticato. Ma in quei suoi vagabondaggi
serali oltre al beneficio fisico c'era
anche un risvolto eccitante e
fatalistico. Infatti, all'imbrunire, il
parco cambiava pelle rispetto al giorno.
Da parco occupato essenzialmente da anziani, bambini e
mamme oppure da chi lo frequentava
semplicemente per portare il cane a
espletare i bisogni fisiologici, si
trasformava in zona franca, terreno di
conquista per puttane, transessuali e
spacciatori che occupavano i sentieri a
ridosso della riva del fiume.
Era sabato sera e le bande
di giovani che frequentavano il parco,
impegnate a procurarsi la roba da
consumare durante il week-end, erano farneticanti.
La nebbia ristagnava fra le
piante in una immobilità solo apparente
inumidendo la pelle delle persone.
Fabrizio non si era dato una meta
precisa mentre camminava, anche se una
certa idea gli frullava per la testa.
Provava abbastanza piacere
nel camminare perché gli svuotava la
mente dai pensieri, riempiendoli con
altri che nascevano dall'osservare
quello che gli gravitava d'intorno nella semi oscurità,
specie quando si perdeva a guardare le
giovani prostitute che commerciavano il
proprio corpo nei viali poco illuminati
del parco.
Oramai aveva raggiunto una
certa familiarità con molte delle
ragazze, rischiarate dalla luce dei
lampioni, che si degradavano offrendo ai
clienti il proprio corpo per trenta euro
a botta e a volta anche per venti. Con
molte di loro ci aveva scopato, oppure
si era fatto succhiare l'uccello
infrattandosi nella macchia del parco.
A prostituirsi in quella
parte medievale della città erano
perlopiù ragazze dell'est oppure
giovani tossicodipendenti, mentre le
donne di colore si prostituivano sulla
Via Emilia oppure lungo l'argine del
torrente Enza.
Con le africane ci andava a
scopare quando aveva voglia di
metterglielo nel culo oppure di fare tutto
quello che con sua moglie non aveva il
permesso di portare a termine. Quando gli prendeva la
smania d'intrattenersi in compagnia con
ragazze dalla pelle nera sceglieva
sempre le più leggere e più fragili,
dopodiché le faceva salire sulla
propria automobile e si appartava con
loro in qualche carraia.
Gli piaceva incarnare la
parte dello stupratore, come se il fatto
di pagarle la tariffa precedentemente
concordata gli conferisse il diritto di
esigere qualsiasi cosa da loro, persino
di picchiarle se si ribellavano e non
volevano aprirgli la porta del culo.
Quella d'inculare una donna
dalla pelle nera era diventata una
ossessione per lui. A volte, mentre le
sodomizzava, si lasciava trasportare
dall’eccitazione e pronunciava frasi
del tipo: "Brutta negra",
"Che cazzo ci sei venuta a fare qui
in Italia? Torna nella foresta insieme
alle altre scimmie!", "Prendi
'sto cazzo! Così impari a startene in
mutande a casa tua".
Lo eccitava parecchio
quell'atteggiarsi a carnefice, sicuro di
restare impunito perché nessuna di
quelle prostitute nere lo avrebbe mai
denunciato, e nemmeno avrebbero fatto
ricorso alle cure dei sanitari del
Pronto Soccorso dal momento che le
puttane sono quasi tutte clandestine e
denunciandolo avrebbero corso il rischio
di essere espulse dall'Italia. Era
convinto che essere sodomizzate fosse
normale per tutte loro, infatti, non lo
considerava qualcosa a cui non sapevano
e avrebbero voluto sottrarsi perché di
fatto era un vero e proprio stupro il
suo.
Stava camminando nel parco
da una buona mezzora quando, sotto uno
dei lampioni, vicino al fiume, si avvide
della presenza di una giovane
prostituta. Non l'aveva mai vista
battere nel parco prima di quella sera.
Doveva essere nuova, probabilmente
proveniva da qualche paese dell'est,
pensò. Si avvicinò alla ragazza con
l'adrenalina che gli era montata in
circolo nel sangue provocandogli una
forte eccitazione. Tutt'a un tratto si
trovò nella condizione di chi ha
milioni di aghi che lo stanno bucando,
tutti insieme sotto la pelle, e la cosa
gli mise addosso un particolare piacere.
Quando le fu vicino le
diede una occhiata da capo a piedi.
Carina la ragazza la era per davvero:
magra, ma carina, pensò. Mostrava
d'avere poco meno di vent'anni. Bionda,
capelli lunghi, indossava una minigonna
che ne metteva in risalto le gambe
lunghe e affusolate. Era così sicuro
che non fosse italiana che, tutto
eccitato, le spiaccicò alcune parole.
- Ho un cazzo di venti
centimetri duro come la pietra. Se ci
mettiamo d'accordo sul prezzo potrei
passare la prossima ora a spingertelo in
bocca e sborrarti in gola fino
all'ultima goccia. Dopo potrei scoparti
nel culo finché non sentirò i tessuti
lacerarsi e sanguinare. Ti aprirò di
nuovo la bocca e te la riempirò di
sperma condito con il tuo sangue e con
le tue feci. E dovrai inghiottire tutto!
Quanti euro vuoi per fare tutto questo?
- Tesoro, tutto questo
potrei fartelo per diecimila euro! - gli
rispose la ragazza in un perfetto
italiano. - sorprendendo Fabrizio -
Altrimenti se ne hai proprio voglia
prova a farlo con quella troia di tua
madre!
Stupito dalla risposta
della ragazza, resosi conto che non era
straniera, ma italiana, e che aveva
capito alla perfezione tutto quanto le
aveva spiaccicato addosso, sollevò un
sopracciglio e si rivolse di nuovo a
lei.
- Sei troppo costosa per i
mie gusti. - disse in modo ironico, poi
riprese la sua passeggiata preoccupato
per la presenza di un eventuale
magnaccia nascosto dietro qualche albero
del parco.
- Ma vaffanculo! Stronzo! -
furono le parole che la ragazza gli urlò
dietro mentre Fabrizio si allontanava,
ma non fece niente per raggiungerlo,
seppure offesa dalle parole che lui le
aveva spiaccicato addosso.
Fabrizio arrestò il passo
qualche decina di metri più avanti del
lampione dove la ragazza stava
prostituendosi. Si nascose dietro il
fusto di una grossa quercia e rimase a
osservare la ragazza illuminata dalla
luce del lampione. Abbassò i pantaloni
della tuta, afferrò nella mano
l'uccello e cominciò a masturbarsi. Non
impiegò molto a venire sborrandosi
nella mano, dando finalmente pace ai
suoi sensi.
A Fabrizio piaceva
camminare per il parco perché muoversi
a piedi lo considerava un po' come una
metafora della vita con i suoi alti e
bassi, con l'andare in salita, l'andare
in discesa e l'andare affanculo! come
poc'anzi l'aveva congedato la ragazza.
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