Ero
in attesa che sopraggiungesse il treno
diretto a Bologna quando, fra le decine
di viaggiatori che occupavano il
marciapiede della pensilina, intravidi
la figura di Carlotta.
Tutt'e due eravamo in
attesa dei rispettivi treni. Lei diretta
a Milano, mentre io in partenza per
Rimini. Non ci vedevamo da tempo
memorabile e cose da dirci ne avevamo a
bizzeffe, ma rimasi stupita quando,
senza troppo scomporsi, mi snocciolò
l'invito per partecipare a un "figa
party".
Non prendevo parte a una di
quelle ammucchiate di sesso da quando
frequentavamo la scuola per infermiere
professionali, allorché eravamo ospiti
nella
medesima casa albergo. Stupita
dall'inattesa proposta rimasi senza
parole, ma neppure disdegnai l'invito.
- Ti saprò dire. - dissi.
- ti telefono per confermare la mia
presenza, va bene?
- Ti lascio il mio numero
di cellulare. - disse spiaccicando una
serie di numeri che mi premurai di
memorizzare sulla tastiera del
telefonino.
- Aspetto una tua chiamata.
Guarda che ci conto, mi farebbe piacere
se tu fossi presente, soprattutto in
ricordo dei vecchi tempi.
- Sì, certo, i vecchi
tempi. - dissi ammiccando un sorriso.
La motrice del treno
diretto a Bologna arrestò la corsa sul
terzo binario. Salutai Carlotta e salii
sopra una delle carrozze del convoglio
in partenza per la città felsinea.
I vecchi tempi cui Carlotta
aveva fatto cenno erano quelli in cui
eravamo state ospiti, insieme a un
centinaio di allieve infermiere, della
Casa Albergo dell'Ospedale Maggiore
dove, dopo un triennio di studi,
c'eravamo impegnate a conseguire il
diploma d'infermiera professionale.
Avevo diciotto anni quando
misi piede per la prima volta a Parma.
Da pochi mesi avevo conseguito la
maturità magistrale ed ero fermamente
decisa ad abbracciare una professione,
quella d'infermiera, che mi avrebbe
permesso di spendere parte della mia
vita a favore delle persone più deboli.
Mi presentai alla sede
della scuola infermieri dopo un viaggio
durato quattordici ore, proveniente dal
Salento, con appresso due grosse valigie
strette nelle mani.
Una delle insegnanti di
nursing mi accompagnò, insieme a un
paio di altre allieve, alla casa albergo
che mi avrebbe dato ospitalità durante
l'intero anno scolastico. La stanza
destinatami, in coabitazione con
un'altra allieva, era collocata al
secondo piano dell'edificio.
- Questa è Carlotta, la
tua nuova compagna di stanza, è
iscritta al primo anno di scuola come
te. - disse indicandomi la ragazza,
mezza nuda, sdraiata su uno dei due
letti della camera. - Sistema le tue
cose nell'armadietto. Più tardi passerò
per controllare che tutto sia in ordine.
Arrivederci.
Per tutto il tempo in cui
l'insegnante di nursing s'intrattenne
sulla porta la mia compagna di camera
rimase sdraiata sul letto scrutandomi
con curiosità.
Un minuscolo tanga, il cui
profilo spariva fra la fossa dei glutei,
le copriva a malapena il pube, come
costatai nel momento in cui si mise in
ginocchio sul letto.
Guardò nella mia direzione
e mi esaminò a fondo, come se fosse sua
intenzione eseguire una radiografia del
mio corpo. Dopo un istante di reciproco
disagio ci pensò lei a sciogliermi
dall'imbarazzo. Si alzò dal letto e
venne verso di me.
In piedi la sua figura era
molto elegante, possedeva un corpo
minuto da cui sporgevano dei fianchi
larghi e delle tette non troppo grosse,
ma sufficientemente sode. Il viso, in
parte coperto dai capelli lunghi e
lisci, era di una bellezza da mettere a
disagio.
Ero ferma sullo stipite
della porta, con le valigie strette
nelle mani, impacciata, e non sapevo
decidermi a entrare nella stanza.
- Il mio nome è Carlotta.
- disse rifilandomi un bacio sulla
guancia che mi affrettai a
contraccambiare.
- Io sono Erika.
- Bel nome, davvero, di
dove sei?
- Vengo dal Salento. E' la
parte meridionale della Puglia, tra il
mare Ionio a ovest e il mare Adriatico a
est.
- Accidenti, vieni da
lontano. Io invece abito in campagna. Il
mio paese, se così posso definirlo, è
un gruppo di case sparse a ridosso del
Po, in provincia di Cremona.
- Ah.
- Dal colorito della pelle
e dai capelli scuri, ancor prima che
cominciassi a parlare, avevo intuito che
sei di origine meridionale. - disse
esibendo una certa propensione alla
confidenza.
- Perché? C'è qualcosa
che non va? Non ti piacciono i terroni,
come voi li chiamate qui al nord? -
risposi stizzita.
- No, anzi, preferisco la
compagnia di una ragazza dal sangue
caldo, come siete voi donne del sud,
piuttosto che convivere nella stessa
camere con qualche figafredda come ne è
piena la scuola.
Un sorriso sibillino di cui
lì per lì non fui in grado di
percepire l'esatto significato accompagnò
questa sua affermazione. Rimasi stupita
dai modi eccessivamente camerateschi di
cui faceva sfoggio, ma anche dal suo
muoversi nuda per la stanza, senza
nessun riguardo per la mia presenza. In
seguito mi ci abituai e per certi versi
diventai peggio di lei.
- Hai intenzione di
soffermarti per molto tempo davanti alla
porta? Vieni avanti, dai.
- Sì... sì, certo. -
dissi, trascinando dentro la stanza le
due valige che mi ero portata appresso.
- Quello vicino alla
finestra, come avrai capito, è il tuo
letto. Io occupo quest'altro. - disse
indicando il letto dove l'avevo vista
sdraiata poco prima. - Quello è il tuo
armadietto. - soggiunse indicando il
mobile, con due ante ricoperte di
formica, ai piedi del mio letto.
- Questa porta dà nel
bagno. - disse aprendo l'uscio che
conduceva a un ambiente in cui trovava
posto un lavandino, il water, un bidet e
la doccia. - Ti piace?
- Sì, certo, ma come fai a
essere così bene informata dal momento
che questo è il primo giorno di scuola.
- Il fatto è che io sono
ripetente. Ecco spiegato l'arcano. -
disse facendo spallucce, mettendosi di
nuovo coricata sul letto.
- Accidenti! Ma bocciano in
questa scuola? Pensavo fosse poco
impegnativa e con poche materie da
studiare, invece.
- Beh, non è proprio così,
la mia bocciatura è stata una
punizione.
- Una punizione?
- Lascia perdere, pensiamo
ad altro. Togli i vestiti che hai nelle
valige e metti le tue cose nell'armadio,
fra meno di mezz'ora si va a pranzo.
Nella stanza deve essere tutto in
perfetto ordine. Quelle stronze delle
istitutrici passano spesso a ispezionare
le camere e se le trovano in disordine
ci puniscono. Se vuoi posso darti una
mano.
- Non ce n'è bisogno, ti
ringrazio, ma ho poche cose da collocare
nei ripiani.
Appoggiai le valige sul
letto, dopodiché mi premurai di
collocare le gonne nell'appendiabiti e
gli indumenti intimi nelle cassettiere.
- Hai dei bellissimi
maglioni. - disse trattenendosi a
guardare il trasbordo degli indumenti.
- Dici? E' tutta roba
dozzinale comperata sulle bancarelle,
niente di particolare.
- Mi piace quel maglione
rosso con quei disegni ricamati. Magari,
un giorno, se ti va, me lo presterai.
- Va portato senza
reggiseno addosso. Lo vuoi provare ora?
- Posso davvero?
- Sì, certo.
Carlotta scese dal letto e
si avvicinò all'armadio. Tirai fuori
dal ripiano dove l'avevo riposto il
pullover di lana e glielo porsi.
- Ti spiace se lo indosso?
- No, per niente.
- Sappi che ogni cosa che
possiedo da ora in avanti ti appartiene,
se vuoi. - disse volgendo gli occhi
verso il basso, fissando lo sguardo sul
proprio corpo. Lì per lì non feci caso
all'offerta, ingenua com'ero, ma in
seguito compresi qual era stato l'esatto
significato di quelle parole.
Carlotta non se lo fece
ripetere una seconda volta. Afferrò il
pullover e se lo infilò addosso, poi si
mise davanti allo specchio e stette a
rimirarsi.
- Come sto? - disse
rivolgendosi a me.
- Bene, ti sta davvero
bene.
- Dici? Uhm... ho qualche
perplessità. Mi piacerebbe vederlo
addosso a te.
- A me?
- Si, dai, indossalo ora. -
disse levandoselo di dosso e
porgendomelo.
- Ma sono vestita.
- Spogliati, dai, cosa
aspetti?
- Ma...
- Mica provi vergogna a
spogliarti davanti a me?
- No, è che...
- Su, dai, non fare la
schifiltosa, spogliati.
Levai la camicetta che
avevo indosso e rimasi col solo
reggiseno e la gonna. Stavo per infilare
l'indumento, facendolo passare da sopra
il collo, quando Carlotta arrestò il
movimento della mie mani impedendomi
d'indossare il pullover.
- Scusa, ma il reggiseno
non lo togli?
- Eh?
- Levati il reggiseno,
voglio vedere come ti sta sul davanti.
- Sì... sì, certo.
Staccai il gancio che
teneva allacciati i lembi del reggiseno
e lasciai cadere in avanti le sottili
bretelle che sostenevano le tette
liberandole dall'involucro che le
imprigionava.
- Uhm... davvero
magnifiche, complimenti. Hai un paio di
tette che sono la fine del mondo. -
disse Carlotta che sembrava non staccare
gli occhi dai miei seni. Prima di allora
non avevo mai ricevuto un simile
complimento da una donna e la cosa mi
stupì. Ero imbarazzata per la strana
situazione in cui mi ero venuta a
trovare. Agguantai il pullover e lo
indossai mostrandomi alla mia compagna
di camera.
- Su di te il maglione fa
tutta un'altra figura. Con le tette che
madre natura ti ha fornita sei uno
schianto!
- Sì... Sì...
- Dico davvero. Chissà
quanti ragazzi ti sei fatta. E anche
donne, eh?
I suoi modi spigliati, fin
troppo disinvolti per il mio carattere
riservato, m'irritarono non poco. Non
diedi risposta alle sue domande.
Riportai la conversazione su binari
diversi dal sesso che tanto sembravano
interessare la mia compagna di camera.
Mi liberai del pullover e lo rimisi nel
ripiano dell'armadio dove l'avevo preso.
Subito dopo mi premurai di indossare la
camicetta che poc'anzi mi ero tolta
senza preoccuparmi d'infilare il
reggiseno.
Carlotta, nel frattempo, si
era coricata sul letto e stava a
guardarmi mentre riponevo nell'armadio
il resto degli indumenti che rimuovevo
dalle valige.
Mi resi conto che la mia
compagna di stanza sembrava saperne una
più del diavolo, specie in fatto di
sesso, al contrario di com'ero io perché
ancora vergine.
A pranzo mi ritrovai seduta
attorno un tavolo in compagnia di un gruppo di
ragazze del primo anno di corso.
Trascinata da Carlotta andai a esplorare
il resto della casa albergo e feci
conoscenza con alcune ragazze che
occupavano i piani superiori, quelli
popolati dalle allieve del secondo e
terzo anno.
La notte successiva il mio
arrivo nella casa albergo fui svegliata
da una sequela di rumori che avevano
origine dalla stanza in cui dormivo.
Turbata volsi lo sguardo nella direzione
del letto occupato dalla mia compagna di
stanza, ansiosa di rivelarle le mie
paure, ma con grande stupore percepii la
presenza di una seconda persona nel
letto di Carlotta.
Sbalordita per l'inusuale
scoperta fissai lo sguardo sulla coppia
di amanti curiosa di sapere chi fosse
l'ospite della mia compagna di stanza.
Un'altra allieva infermiera, pensai,
oppure qualche istitutrice. Imbarazzata
girai la schiena alle due compagne di
letto, ma non potei fare a meno
d'ascoltare i gemiti di piacere che
uscivano dalle loro bocche mentre
facevano l'amore.
Rimasi immobile, fingendo
di dormire, scioccata dalla singolare
scoperta. Mi addormentai soltanto nel
momento in cui l'ospite di Carlotta
abbandonò la stanza a tarda notte. Il
giorno seguente non feci cenno di quanto
ero stata testimone, nemmeno deplorai il
comportamento di Carlotta quando le
visite notturne si intensificarono nelle
settimane seguenti, anche se ero curiosa
di sapere se la sua compagna di letto
fosse sempre la medesima oppure se c'era
un certo avvicendamento, ma dai gemiti
di piacere che pervenivano alle mie
orecchie mi formai l'idea che una certa
rotazione doveva esserci.
Carlotta era lesbica, ne
ero certa. Ma sbagliavo, come spesso
succede nella vita quando si giudica
troppo in fretta una persona, perché
Carlotta, oltre a gradire la compagnia
delle donne, non disdegnava farsi
scopare dagli uomini, anche da più di
uno per volta. Lo scoprii più tardi
frequentandola intimamente.
Dormire nella stanza con la
presenza di altre donne nel letto di
Carlotta mi mise in imbarazzo. Non
sapevo come comportarmi, conscia che in
qualunque momento avrebbe potuto
azzardarsi a fare delle avance anche con
me, cosa che si astenne dal fare per
lungo tempo.
Prestare orecchio al suono
dei corpi che si azzuffavano nel letto
accanto al mio mi eccitava da stare
male. Lontana dagli sguardi delle mie
ospiti, impegnate a fare sesso, mi
masturbavo. Era un angelico piacere
quello che mi concedevo, accarezzandomi
vagina e clitoride, senza che le mie
compagne di camera se ne accorgessero,
tese com'erano nell'acquietare i loro
sensi.
Prima di mettere piede
nella casa albergo ero vergine, ma non
me ne facevo un problema. Avevo
praticato del petting con qualche
ragazzo, ma nessuno poteva vantarsi di
avermi scopata, nemmeno ero stata
toccata da una donna. A dire il vero non
mi era nemmeno passato per l'anticamera
del cervello una simile idea, eppure
ascoltare il rumore dei corpi di
Carlotta e delle sue amiche che si
amavano fece crescere in me una certa
curiosità che andò crescendo col
trascorrere delle settimane.
Una notte, causa un
improvviso temporale notturno,
accompagnato da una violenta grandinata
e dall'insistente presenza di tuoni e
fulmini, Carlotta venne a cercare
rifugio nel mio letto.
- Ti spiace se mi metto
accanto a te fintanto che si esaurisce
il temporale? Da piccola trovavo rifugio
nel letto di mamma e papà. Ora ho
soltanto te accanto.
Non diedi risposta alla
supplica, lasciai che si stringesse a me
senza opporre alcuna resistenza. Distesa
sul fianco percepii le forme del corpo
di Carlotta addosso al mio. Era nuda
come era solita trattenersi quando si
coricava sotto le lenzuola, io invece
indossavo canottiera e mutandine.
Il volume delle sue tette,
appiccicate contro la mia schiena, e il
timbro del suo respiro a ridosso del
collo, insieme al calore del suo corpo
rasente al mio, mi misero addosso una
strana eccitazione.
Carlotta apparteneva alla
specie di ragazze abili
nell'assoggettare chiunque le capitava
d'intorno e io ero in cima ai suoi
desideri.
Quando circondò la mano
attorno l'arco costale del mio torace,
mettendola a contatto con una tetta,
avvertii il respiro salirmi in gola e
subito dopo mancarmi d'improvviso. Non
avevo cognizione di come avrei reagito.
Avevo due sole possibilità:
tollerare che mi toccasse, sapendo bene
a quali conseguenze sarei andata
incontro, oppure girarmi e cacciala dal
letto.
Avrei dovuto fare cadere la
scelta sulla seconda possibilità, lo
so, invece lasciai che s'impadronisse
del mio corpo.
Carlotta, accertata la mia
sottaciuta disponibilità, proseguì
nella sua opera di circonvenzione
facendo scivolare la mano sotto la
canottiera. Esordì carezzandomi un
capezzolo, che, ahimè, era turgido, e
le fece capire quanto era grande
l'eccitazione che mi portavo addosso.
Tutt'a un tratto mi trovai stretta fra
le sue braccia e cedetti alle sue
lusinghe come una gatta in calore,
perché quella ero io, e Carlotta se
n'era accorta da tempo.
Le sue labbra si rivelarono
morbide al pari delle mie, cedevoli al
passaggio della lingua quando si mise a
esplorarmi la bocca. Si strinse di nuovo
forte a me. Senza troppa fatica mi liberò
della canotta che portavo addosso, poi
scese con le labbra a baciarmi le tette,
perdendosi a succhiare ciascuno dei
capezzoli, affaccendandosi nel farmi
gemere di piacere.
Avevo la vagina bagnata
fradicia. Carlotta se ne accorse quando
attraversò con la mano l'elastico delle
mie mutandine e l’ avvicinò senza
fretta alla fessura fra le cosce.
Scopertamente eccitata mi
lasciai sfuggire più di un gemito di
piacere. Continuai a mugolare emettendo
dei suoni dalle labbra, assecondando il
movimento delle dita della mia compagna
che si dilettava a strofinarmi il
clitoride.
In quegli istanti Carlotta
stava esercitando su di me un forte
dominio, ero asservita ai suoi desideri,
persa di testa, e non più in grado di
arrestare le espressioni di piacere che
sapeva fare emergere dal mio corpo.
Quando chinò le guance sulla mia figa e
cominciò a leccarmela rimasi
pietrificata. Ero incredula rispetto a
quanto mi stava succedendo. Non pensavo
si potesse assaporare un simile piacere
nell'essere toccata in quel modo.
Nessuno prima di lei me l'aveva leccata
e non potrò mai dimenticare quella
prima volta.
Mi condusse all'orgasmo
poco per volta, senza fretta, insistendo
nell'accarezzarmi le cosce con le dita
mentre si dannava l'anima a lacerarmi le
labbra della figa con la punta della
lingua. Proseguì nella sua opera
succhiandomi il clitoride, strizzandomi
le punte dei capezzoli fino a farmi
urlare dal dolore. Si acquietò nel
momento in cui stavo per raggiungere
l'orgasmo, ma soltanto per qualche
istante, perché ricominciò da capo a
condurre questa danza d'amore fino allo
sfinimento delle mie forze, lasciandomi
tremante fra le sue braccia a urlare
tutto il mio piacere.
Ai suoi occhi dovevo
esserle apparsa goffa, impacciata,
esitante, ma ero davvero così, perché
prima di fare l'amore con lei avevo
avuto soltanto qualche storia con dei
ragazzi e nulla più. Non conoscevo la
passione dei sensi e Carlotta mi fu
maestra di sesso, di vita, e amore.
L'ubriacatura che mi ero
presa per Carlotta, dopo esserne stata
sedotta nello spazio di una notte, mi
mise addosso un forte stato
confusionale. Dopo avere fatto l'amore
con lei non ero più me stessa, ma
un'altra donna. Qualsiasi cosa Carlotta
m'ingiungesse di fare la mettevo in atto
senza protestare, succube com'ero della
sua forte personalità. La mia
dipendenza non era generata soltanto
dagli effetti di una semplice cotta, ma
era qualcosa che rasentava il
patologico. Facevamo sesso ogni notte,
in tutti i modi, soddisfacendo ogni tipo
di perversione.
Prima di fare conoscenza
con Carlotta ignoravo cosa fosse la
passione sessuale, l'eccitamento carnale
e la pulsione erotica, invece con lei
imparai tutto questo e molto altro
ancora. Da persona arrendevole come lei
mi aveva conosciuta, mi trasformai poco
per volta in una donna vera con tutti
gli attributi femminili e qualcosa
d'altro.
Carlotta sembrava paga
dell'amore che le riservavo, il nostro
rapporto sembrava filare per il verso
giusto, invece non era così.
Contrariamente a quello che pensavo non
aveva perso l'abitudine di fare sesso
con altre ragazze. Lo faceva di
nascosto, lontano dal mio sguardo,
incontrandole nelle loro camere. E io,
all'oscuro dei suoi tradimenti, seguitai ad amarla e nutrire fiducia in
lei.
Una notte, come era
consuetudine prima che iniziassi la
storia con Carlotta, una ragazza
raggiunse il letto della mia compagna.
Svegliata dai gemiti che provenivano dal
letto accanto al mio, guardai in quella
direzione e intravidi le forme di due
corpi nudi muoversi in maniera scomposta
fra le lenzuola.
Incredula per quella
inattesa visita notturna rimasi muta
senza avere la forza di spiaccicare una
sola parola. Avrei potuto urlare, andare
in escandescenza, scaricare tutta la
rabbia che tenevo in corpo addosso alle
mie ospiti, invece arginai il
risentimento di rabbia che avvertivo nei
confronti di Carlotta. Mi accucciai sul
fianco e piansi.
La presenza di un'altra
ragazza nel suo letto non fu un evento
casuale, lo intuii dopo avere rovesciato
sul guanciale un mare di lacrime. Mi
sorpresi quando Carlotta, sentendomi
piangere, avvicinò il suo letto al mio.
Allora mi ritrovai a condividere insieme
a lei i piaceri del corpo della sua
giovane amante.
Non so chi delle due si
prese la briga di masturbarmi fino a
farmi raggiungere l'orgasmo, quello che
so per certo è che mi piacque fare l'amore con
due donne contemporaneamente.
La mattina seguente, alle
prime luci dell'alba, la ragazza che
aveva occupato il letto di Carlotta si
accomiatò e fece ritorno nella sua
camera, soltanto allora girai lo sguardo
nella direzione della mia compagna di
stanza. Osservando le forme del suo viso
mi addormentai.
Mi svegliai più tardi, con
la bocca impastata e il mal di testa,
all'incirca come un riccio rovesciato.
Carlotta non c'era più, il
suo letto era appiccicato al mio, ma era
vuoto, con le lenzuola disfatte che
pendevano sul pavimento. Impiegai
qualche istante per ricordare quanto era
accaduto durante la notte, poi tutto mi
fu chiaro.
La presenza di un'altra
donna nel letto di Carlotta stava a
significare che non potevo attribuirmi
nessun diritto su di lei e nemmeno sul
suo corpo. Mi era solo concesso di
condividerla con altri; ecco quello che
aveva voluto dirmi con quella visita notturna. Accettai l'ingombrante
presenza di ragazze nel suo letto senza
effettuare scene di gelosia, poi un giorno mi
propose di partecipare al primo di una
lunga serie di "figa party".
*
* *
La casa di campagna indicatami da
Carlotta, quella dove avrebbe dovuto
svolgersi il "figa party", si
trovava sulle prime colline, in una
posizione panoramica a una decina di
chilometri dalla città.
Mi presentai davanti al
cancello della villa mezz'ora prima dello
scadere della mezzanotte. Ero uscita
dall'ospedale dopo avere concluso il turno
di lavoro e, passando da casa, avevo
provveduto a farmi una doccia e cambiarmi
d'abito.
Non avevo indossato né
mutande né reggiseno. Non ne avrei avuto
bisogno, pensai, dal momento che qualsiasi
indumento intimo mi sarebbe stato
d'impiccio e avrei avuto difficoltà nel
recuperarlo a fine party.
Eppure ci tenevo ad apparire
seducente. Avevo impiegato più di un'ora
a mettermi in ordine, indecisa nella
scelta dell'abbigliamento con cui
presentarmi alla festa. Alla fine, dopo
avere provato una infinità di gonne e
camicette, avevo optato per indossare un
paio di calzoni alla turca con disegnate
delle fasce parallele multicolori e un
bolerino estivo senza maniche, molto
leggero, con un ampio décolleté che
metteva in risalto le tette prive di
reggipetto.
Agghindata in questo modo,
con ai piedi delle scarpe sportive dalle
suola in corda, mi ero presentata alla
villa di Carlotta. Appresso non mi ero
portata alcun presente, l'unica cosa
preziosa che avevo era la mia passera.
A trentadue anni non mi
sentivo una donna da buttare. Non ero più
giovane, è vero, ma ero conscia di
possedere una infinità di splendidi
attributi poiché conservo ancora una
pelle piacevolmente morbida e un corpo
sodo da esplorare.
Carlotta mi venne incontro
sulla porta d'ingresso della villa
stupendosi di trovarmi lì.
- Non ti aspettavo più,
ormai.
- No? Davvero?
- Entra, dai, non stare
impalata sulla porta.
- Sono emozionata, è da
tanto tempo non partecipo a serate come
questa. Vado bene vestita così?
Carlotta mi squadrò da cima
a fondo, poi squittì un complimento che
mi mise a mio agio.
- Sei sempre una gran figa!
Erika, ti scoperei subito, qui, sulla
porta. Dai, entra, non farti pregare.
- Grazie, avevo davvero
bisogno di sentirmelo dire.
Lasciammo da parte ogni altra
cerimonia e misi piede nell'abitazione.
Carlotta mi condusse in un ampio salone
dove trovai una decina di donne, tutte più
giovani di me, impegnate a conversare fra
loro.
L'ambiente era saturo di
profumo d'erba, il cui aroma conosco bene,
ma non me ne meravigliai.
- Questa è la mia amica
Erika. - disse rivolgendosi alle amiche.
Tutt'a un tratto mi trovai
addosso gli occhi famelici delle donne
presenti nel salone e mi sentii
imbarazzata. Mi si avvicinò una brunetta
dai capelli corti con tanta verve in corpo
che, unitamente a una stangona dagli occhi
grigi e la pelle itterica, mostrò un
certo interesse per me.
- Ciao! - disse la brunetta.
- Mi chiamo Silvia.
- E io Marta. - la interruppe
la stangona dagli occhi grigi.
Rotto il ghiaccio iniziammo a
conversare scambiandoci impressioni
sull'arredamento della villa e su Carlotta
che fungeva da padrona di casa. Ero andata
lì per scopare e non ero interessata ai
pettegolezzi, né a consumare droghe di
alcun tipo. Lascio ad altri il piacere di
fumarsi la testa con delle porcherie. Bevo
in grande quantità, questo sì, ma solo
chinotto.
Una terrina colma di polvere
bianca e altre due ciotole di pasticche
dai colori diversi erano sistemate sopra
un tavolino. Non ci feci troppo caso,
l'unica cosa che m'importava era accostare
la bocca su una bella figa, al più
presto, quello soltanto.
Guardandomi intorno misi gli
occhi su una bionda, poco più che
ventenne, falsa magra, seduta su di una
poltrona, impegnata a conversare con una
ragazza della medesima età.
- Cosa ne pensate se diamo
inizio alle danze, eh? - disse Carlotta.
Subito dopo inserì un CD musicale nel
lettore.
La voce suadente di Mina
diede calore al salone. Carlotta mi
condusse nello spiazzo dove un paio di
coppie avevano già iniziato a ballare e
mi gettò le braccia attorno al collo.
- Come va? - disse Carlotta.
- Bene... bene.
- Ho voglia di fare l'amore
con te stasera.
- Vedremo. - risposi restando
sulle mie.
- Sono trascorsi dieci anni
dall'ultima volta che lo abbiamo fatto,
eh! Chissà come sarai cambiata.
- Sono sempre la stessa, un
po' invecchiata, forse.
- Stai con qualcuno?
- No, e tu?
- Sono sposata, lo sai, ma
non ho figli, non ne ho mai voluti. Ho
preferito non rovinarmi la vita allevando
marmocchi.
- Ah!
- Ti scandalizza?
- No, affatto, anch'io non ho
figli, ma per motivi diversi dai tuoi.
- Quali?
- Non ho mai trovato l'uomo
giusto con cui costruire una famiglia e
mettere al mondo dei figli.
- E donne ne hai possedute?
- Molte, più di quanto
immagini.
- E stasera cosa desideri?
- Scopare al più presto.
Ballavamo seguendo il ritmo
della musica, frastornate dalla voce
sensuale di Mina. Carlotta mi sfiorò più
volte la bocca con le sue labbra, senza
mai farle naufragare completamente sulle
mie, accrescendo il desiderio di
possederla. Ogni volta che cercavo di
affondare la lingua nella sua bocca
Carlotta si ritraeva. Tenevo le cosce
umide, appiccicose, a causa l'umore che mi
colava dalla vagina priva di mutande.
Quando Carlotta accostò per
l'ennesima volta la bocca alla mia, decisa
a penetrarmi con la lingua, sollevai la
serranda dei denti e le diedi facoltà di
scoparmi nella bocca.
Le sue labbra, in quanto a
morbidezza, non avevano niente da
invidiare alla mucosa della sua vagina che
avevo incominciato a toccare. Lei seguitò
a scoparmi muovendo la lingua nella mia
bocca, e io mi adoperai a incrociare la
mia lingua con la sua.
Le tette sembravano
scoppiarmi per la troppa eccitazione.
Carlotta mi sbottonò il bolerino che
portavo indosso e s'impadronì delle
tette, gonfie oltre ogni limite,
lusingandomi con il movimento delle dita.
Iniziò a solleticarmi i
capezzoli pizzicandoli con una certa
energia fino a farmi male, poi mi denudò.
Mi ritrovai stretta a Carlotta, nuda pure
lei, a ballare un lento con sottofondo la
calda voce di Mina.
Le donne che ci stavano
attorno avevano già cominciato a
barattare il proprio corpo con quello
delle altre compagne di giochi. Mi trovai
stesa su di un tappeto con la figa preda
di un saccheggio. Eccitata cominciai a
leccarmi il bordo della bocca sciorinando
la lingua sulle labbra lucide. Carlotta
dopo avermi esortata a sdraiarmi sul
tappeto si inginocchiò fra le mie gambe.
Dal suo punto di osservazione la mia figa
doveva apparirle di un colore roseo e
particolarmente seducente dal momento che
mantenevo le cosce divaricate.
Le sue mani risalirono,
discrete, lungo le mie gambe eseguendo
movimenti lenti e ripetuti, accrescendo in
questo modo il mio desiderio di essere
scopata. D'improvviso mi sollevò una
gamba e, cosa inaspettata, si soffermò
per qualche istante a leccarmi la pianta
dei piedi, solleticandoli, provocandomi
degli intensi fremiti di piacere, poi si
mise a succhiare le dita insinuandosi con
la lingua negli interstizi che le separano
una dall'altra.
Esplosi in una serie di
gemiti di piacere quando Carlotta cominciò
a succhiarmi l'alluce di un piede,
dopodiché presi a toccarmi il clitoride.
A questo punto Carlotta abbandonò la mia
gamba e risalì con la lingua le cosce
fino a raggiungere la figa. Si diede da
fare a leccarmi le grandi labbra eseguendo
brevi incursioni con la punta della lingua
all'interno della vagina.
Ero eccitata e avevo una
dannata voglia di appropriarmi della sua
figa. Mi liberai dall'abbraccio e, dopo
avere obbligato Carlotta a sdraiarsi di
schiena, m'impadronii delle sue tette. Le
strizzai i capezzoli impastandoli con la
mia saliva, mentre dalla sua bocca,
semichiusa, le uscivano lamentosi suoni di
piacere.
Seguitai a darmi da fare
sospingendo le labbra sul suo clitoride.
Era turgido, gonfio, e molto più grosso
del mio: era così che me lo ricordavo. Lo
scappucciai e iniziai a succhiarlo con
molta delicatezza, più di quanto sono
solita fare quando succhio un cazzo.
Diedi prova di essere assai
abile nel mio compito perché Carlotta non
si fece attendere prima di mettersi a
tremare. Ci ritrovammo sdraiate sul
tappeto, col capo affondato nella figa
dell'altra, colmando di piacere le nostre
bocche. Gli orgasmi si susseguirono uno
dopo l'altro, nello spazio di pochi
minuti, ricompensando le nostre fatiche
con altrettanto piacere.
Una sorta d'istinto
primordiale guidava le mie azioni. Mi
divincolai dall'abbraccio di Carlotta e mi
spostai verso i corpi di un'altra coppia
poco distante da noi. Una delle due donne,
quella che stava supina sul pavimento con
le cosce spalancate, era la ragazza
bionda, falsa magra, che avevo intravisto
al mio ingresso nella villa e a cui avrei
succhiato volentieri il clitoride. Rimasi
stordita dalla sua bellezza mentre
mugolava di piacere sottomessa alle
attenzioni della compagna impegnata a
leccarle la figa.
L'istinto mi guidò verso la
bionda fermamente decisa a soddisfare le
mie voglie. Presi il posto della ragazza
che stava succhiandole il clitoride
scansandola via con prepotenza.
Liberata da ogni inibizione
sentivo addosso un desiderio irrefrenabile
di scoparla. Iniziai a carezzarla
prendendole fra le mani le tette, molto più
sode delle mie, e iniziai a leccarle i
capezzoli tempestandola di baci.
La ragazza fremeva di piacere
soggiogata dalla quantità di baci e morsi
di cui la facevo segno. Incrociai la punta
della sua lingua e ci solleticammo a
vicenda sbavando saliva dalle nostre
bocche. M'inginocchiai ai suoi piedi e,
dopo avere provveduto a divaricarle le
cosce, incominciai a leccarle la figa
nutrendomi delle sue secrezioni, poi mi
dannai l'anima a succhiarle il clitoride
succhiandolo fino a farla urlare di dolore
o piacere.
Non paga le infilai due dita
nella vagina e cominciai a scoparla
succhiando nel contempo il clitoride.
Quello che le provocai fu un duplice
orgasmo clitorideo e vaginale.
Sentirla urlare e fremere di
piacere mi convinse di possedere un grande
potere su di lei. Stavo china sul
clitoride della mia occasionale compagna
quando qualcuno alle mie spalle mi
introdusse nella figa un arnese di una
certa consistenza.
Girai il capo e vidi
Carlotta. Sul pube indossava un
particolare tipo di slip di pelle nera.
Delle fibbie poste ai fianchi della
cinghia sorreggevano un fallo in lattice
anch'esso di colore nero. Sistemò
dell'unguento sull'estremità del fallo
artificiale e ne collocò altrettanto
nella fessura della mia figa già umida.
Carlotta inarcò la schiena e
sospinse in avanti il bacino incuneandosi
con il fallo artificiale nella vagina.
Iniziammo a muovere i nostri corpi in
perfetta sincronia mentre mi davo da fare
a succhiare il clitoride della bionda che
stava sotto di me. Ansimavamo tutt'e tre
come forsennate, madide di sudore, con la
testa che sembravano scoppiarci da un
momento all'altro.
Continuammo a scopare in quel
modo fino allo sfinimento delle nostre
forze, e fu una stanchezza dolcissima.
Raggiunsi l'orgasmo in maniera scomposta,
mordendo il clitoride che stringevo nella
bocca. Solo allora Carlotta smise di
scoparmi. Adagiò il suo corpo sulla mia
schiena coprendomi di baci sulla nuca.
All'alba ammassi di corpi
stanchi e spossati giacevano nudi sul
tappeto dopo che per tutta la notte
c'eravamo impegnate a infilare, levare,
succhiare e scambiarci emissione di
liquidi organici di ogni sorta.
Ero andata lì per godere dei
piaceri della carne, e ancora una volta
raggiunsi più di un orgasmo.
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