FIGA PARTY
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

      

   Ero in attesa che sopraggiungesse il treno diretto a Bologna quando, fra le decine di viaggiatori che occupavano il marciapiede della pensilina, intravidi la figura di Carlotta.
   Tutt'e due eravamo in attesa dei rispettivi treni. Lei diretta a Milano, mentre io in partenza per Rimini. Non ci vedevamo da tempo memorabile e cose da dirci ne avevamo a bizzeffe, ma rimasi stupita quando, senza troppo scomporsi, mi snocciolò l'invito per partecipare a un "figa party".
   Non prendevo parte a una di quelle ammucchiate di sesso da quando frequentavamo la scuola per infermiere professionali, allorché eravamo ospiti nella medesima casa albergo. Stupita dall'inattesa proposta rimasi senza parole, ma neppure disdegnai l'invito.
   - Ti saprò dire. - dissi. - ti telefono per confermare la mia presenza, va bene?
   - Ti lascio il mio numero di cellulare. - disse spiaccicando una serie di numeri che mi premurai di memorizzare sulla tastiera del telefonino.
   - Aspetto una tua chiamata. Guarda che ci conto, mi farebbe piacere se tu fossi presente, soprattutto in ricordo dei vecchi tempi.
   - Sì, certo, i vecchi tempi. - dissi ammiccando un sorriso.
   La motrice del treno diretto a Bologna arrestò la corsa sul terzo binario. Salutai Carlotta e salii sopra una delle carrozze del convoglio in partenza per la città felsinea.
   I vecchi tempi cui Carlotta aveva fatto cenno erano quelli in cui eravamo state ospiti, insieme a un centinaio di allieve infermiere, della Casa Albergo dell'Ospedale Maggiore dove, dopo un triennio di studi, c'eravamo impegnate a conseguire il diploma d'infermiera professionale.

   Avevo diciotto anni quando misi piede per la prima volta a Parma. Da pochi mesi avevo conseguito la maturità magistrale ed ero fermamente decisa ad abbracciare una professione, quella d'infermiera, che mi avrebbe permesso di spendere parte della mia vita a favore delle persone più deboli.
   Mi presentai alla sede della scuola infermieri dopo un viaggio durato quattordici ore, proveniente dal Salento, con appresso due grosse valigie strette nelle mani.
   Una delle insegnanti di nursing mi accompagnò, insieme a un paio di altre allieve, alla casa albergo che mi avrebbe dato ospitalità durante l'intero anno scolastico. La stanza destinatami, in coabitazione con un'altra allieva, era collocata al secondo piano dell'edificio.
   - Questa è Carlotta, la tua nuova compagna di stanza, è iscritta al primo anno di scuola come te. - disse indicandomi la ragazza, mezza nuda, sdraiata su uno dei due letti della camera. - Sistema le tue cose nell'armadietto. Più tardi passerò per controllare che tutto sia in ordine. Arrivederci.
   Per tutto il tempo in cui l'insegnante di nursing s'intrattenne sulla porta la mia compagna di camera rimase sdraiata sul letto scrutandomi con curiosità.
   Un minuscolo tanga, il cui profilo spariva fra la fossa dei glutei, le copriva a malapena il pube, come costatai nel momento in cui si mise in ginocchio sul letto.
   Guardò nella mia direzione e mi esaminò a fondo, come se fosse sua intenzione eseguire una radiografia del mio corpo. Dopo un istante di reciproco disagio ci pensò lei a sciogliermi dall'imbarazzo. Si alzò dal letto e venne verso di me.
   In piedi la sua figura era molto elegante, possedeva un corpo minuto da cui sporgevano dei fianchi larghi e delle tette non troppo grosse, ma sufficientemente sode. Il viso, in parte coperto dai capelli lunghi e lisci, era di una bellezza da mettere a disagio.
   Ero ferma sullo stipite della porta, con le valigie strette nelle mani, impacciata, e non sapevo decidermi a entrare nella stanza.
   - Il mio nome è Carlotta. - disse rifilandomi un bacio sulla guancia che mi affrettai a contraccambiare.
   - Io sono Erika.
   - Bel nome, davvero, di dove sei?
   - Vengo dal Salento. E' la parte meridionale della Puglia, tra il mare Ionio a ovest e il mare Adriatico a est.
   - Accidenti, vieni da lontano. Io invece abito in campagna. Il mio paese, se così posso definirlo, è un gruppo di case sparse a ridosso del Po, in provincia di Cremona.
   - Ah.
   - Dal colorito della pelle e dai capelli scuri, ancor prima che cominciassi a parlare, avevo intuito che sei di origine meridionale. - disse esibendo una certa propensione alla confidenza.
   - Perché? C'è qualcosa che non va? Non ti piacciono i terroni, come voi li chiamate qui al nord? - risposi stizzita.
   - No, anzi, preferisco la compagnia di una ragazza dal sangue caldo, come siete voi donne del sud, piuttosto che convivere nella stessa camere con qualche figafredda come ne è piena la scuola.
   Un sorriso sibillino di cui lì per lì non fui in grado di percepire l'esatto significato accompagnò questa sua affermazione. Rimasi stupita dai modi eccessivamente camerateschi di cui faceva sfoggio, ma anche dal suo muoversi nuda per la stanza, senza nessun riguardo per la mia presenza. In seguito mi ci abituai e per certi versi diventai peggio di lei.
   - Hai intenzione di soffermarti per molto tempo davanti alla porta? Vieni avanti, dai.
   - Sì... sì, certo. - dissi, trascinando dentro la stanza le due valige che mi ero portata appresso.
   - Quello vicino alla finestra, come avrai capito, è il tuo letto. Io occupo quest'altro. - disse indicando il letto dove l'avevo vista sdraiata poco prima. - Quello è il tuo armadietto. - soggiunse indicando il mobile, con due ante ricoperte di formica, ai piedi del mio letto.
   - Questa porta dà nel bagno. - disse aprendo l'uscio che conduceva a un ambiente in cui trovava posto un lavandino, il water, un bidet e la doccia. - Ti piace?
   - Sì, certo, ma come fai a essere così bene informata dal momento che questo è il primo giorno di scuola.
   - Il fatto è che io sono ripetente. Ecco spiegato l'arcano. - disse facendo spallucce, mettendosi di nuovo coricata sul letto.
   - Accidenti! Ma bocciano in questa scuola? Pensavo fosse poco impegnativa e con poche materie da studiare, invece.
   - Beh, non è proprio così, la mia bocciatura è stata una punizione.
   - Una punizione?
   - Lascia perdere, pensiamo ad altro. Togli i vestiti che hai nelle valige e metti le tue cose nell'armadio, fra meno di mezz'ora si va a pranzo. Nella stanza deve essere tutto in perfetto ordine. Quelle stronze delle istitutrici passano spesso a ispezionare le camere e se le trovano in disordine ci puniscono. Se vuoi posso darti una mano.
   - Non ce n'è bisogno, ti ringrazio, ma ho poche cose da collocare nei ripiani.
   Appoggiai le valige sul letto, dopodiché mi premurai di collocare le gonne nell'appendiabiti e gli indumenti intimi nelle cassettiere.
   - Hai dei bellissimi maglioni. - disse trattenendosi a guardare il trasbordo degli indumenti.
   - Dici? E' tutta roba dozzinale comperata sulle bancarelle, niente di particolare.
   - Mi piace quel maglione rosso con quei disegni ricamati. Magari, un giorno, se ti va, me lo presterai.
   - Va portato senza reggiseno addosso. Lo vuoi provare ora?
   - Posso davvero?
   - Sì, certo.
   Carlotta scese dal letto e si avvicinò all'armadio. Tirai fuori dal ripiano dove l'avevo riposto il pullover di lana e glielo porsi.
   - Ti spiace se lo indosso?
   - No, per niente.
   - Sappi che ogni cosa che possiedo da ora in avanti ti appartiene, se vuoi. - disse volgendo gli occhi verso il basso, fissando lo sguardo sul proprio corpo. Lì per lì non feci caso all'offerta, ingenua com'ero, ma in seguito compresi qual era stato l'esatto significato di quelle parole.
   Carlotta non se lo fece ripetere una seconda volta. Afferrò il pullover e se lo infilò addosso, poi si mise davanti allo specchio e stette a rimirarsi.
   - Come sto? - disse rivolgendosi a me.
   - Bene, ti sta davvero bene.
   - Dici? Uhm... ho qualche perplessità. Mi piacerebbe vederlo addosso a te.
   - A me?
   - Si, dai, indossalo ora. - disse levandoselo di dosso e porgendomelo.
   - Ma sono vestita.
   - Spogliati, dai, cosa aspetti?
   - Ma...
   - Mica provi vergogna a spogliarti davanti a me?
   - No, è che...
   - Su, dai, non fare la schifiltosa, spogliati.
   Levai la camicetta che avevo indosso e rimasi col solo reggiseno e la gonna. Stavo per infilare l'indumento, facendolo passare da sopra il collo, quando Carlotta arrestò il movimento della mie mani impedendomi d'indossare il pullover.
   - Scusa, ma il reggiseno non lo togli?
   - Eh?
   - Levati il reggiseno, voglio vedere come ti sta sul davanti.
   - Sì... sì, certo.
   Staccai il gancio che teneva allacciati i lembi del reggiseno e lasciai cadere in avanti le sottili bretelle che sostenevano le tette liberandole dall'involucro che le imprigionava.
   - Uhm... davvero magnifiche, complimenti. Hai un paio di tette che sono la fine del mondo. - disse Carlotta che sembrava non staccare gli occhi dai miei seni. Prima di allora non avevo mai ricevuto un simile complimento da una donna e la cosa mi stupì. Ero imbarazzata per la strana situazione in cui mi ero venuta a trovare. Agguantai il pullover e lo indossai mostrandomi alla mia compagna di camera.
   - Su di te il maglione fa tutta un'altra figura. Con le tette che madre natura ti ha fornita sei uno schianto!
   - Sì... Sì...
   - Dico davvero. Chissà quanti ragazzi ti sei fatta. E anche donne, eh?
   I suoi modi spigliati, fin troppo disinvolti per il mio carattere riservato, m'irritarono non poco. Non diedi risposta alle sue domande. Riportai la conversazione su binari diversi dal sesso che tanto sembravano interessare la mia compagna di camera. Mi liberai del pullover e lo rimisi nel ripiano dell'armadio dove l'avevo preso. Subito dopo mi premurai di indossare la camicetta che poc'anzi mi ero tolta senza preoccuparmi d'infilare il reggiseno.
   Carlotta, nel frattempo, si era coricata sul letto e stava a guardarmi mentre riponevo nell'armadio il resto degli indumenti che rimuovevo dalle valige.
   Mi resi conto che la mia compagna di stanza sembrava saperne una più del diavolo, specie in fatto di sesso, al contrario di com'ero io perché ancora vergine.
   A pranzo mi ritrovai seduta attorno un tavolo in compagnia di un gruppo di ragazze del primo anno di corso. Trascinata da Carlotta andai a esplorare il resto della casa albergo e feci conoscenza con alcune ragazze che occupavano i piani superiori, quelli popolati dalle allieve del secondo e terzo anno.
   La notte successiva il mio arrivo nella casa albergo fui svegliata da una sequela di rumori che avevano origine dalla stanza in cui dormivo. Turbata volsi lo sguardo nella direzione del letto occupato dalla mia compagna di stanza, ansiosa di rivelarle le mie paure, ma con grande stupore percepii la presenza di una seconda persona nel letto di Carlotta.
   Sbalordita per l'inusuale scoperta fissai lo sguardo sulla coppia di amanti curiosa di sapere chi fosse l'ospite della mia compagna di stanza. Un'altra allieva infermiera, pensai, oppure qualche istitutrice. Imbarazzata girai la schiena alle due compagne di letto, ma non potei fare a meno d'ascoltare i gemiti di piacere che uscivano dalle loro bocche mentre facevano l'amore.
   Rimasi immobile, fingendo di dormire, scioccata dalla singolare scoperta. Mi addormentai soltanto nel momento in cui l'ospite di Carlotta abbandonò la stanza a tarda notte. Il giorno seguente non feci cenno di quanto ero stata testimone, nemmeno deplorai il comportamento di Carlotta quando le visite notturne si intensificarono nelle settimane seguenti, anche se ero curiosa di sapere se la sua compagna di letto fosse sempre la medesima oppure se c'era un certo avvicendamento, ma dai gemiti di piacere che pervenivano alle mie orecchie mi formai l'idea che una certa rotazione doveva esserci.
   Carlotta era lesbica, ne ero certa. Ma sbagliavo, come spesso succede nella vita quando si giudica troppo in fretta una persona, perché Carlotta, oltre a gradire la compagnia delle donne, non disdegnava farsi scopare dagli uomini, anche da più di uno per volta. Lo scoprii più tardi frequentandola intimamente.
   Dormire nella stanza con la presenza di altre donne nel letto di Carlotta mi mise in imbarazzo. Non sapevo come comportarmi, conscia che in qualunque momento avrebbe potuto azzardarsi a fare delle avance anche con me, cosa che si astenne dal fare per lungo tempo.
   Prestare orecchio al suono dei corpi che si azzuffavano nel letto accanto al mio mi eccitava da stare male. Lontana dagli sguardi delle mie ospiti, impegnate a fare sesso, mi masturbavo. Era un angelico piacere quello che mi concedevo, accarezzandomi vagina e clitoride, senza che le mie compagne di camera se ne accorgessero, tese com'erano nell'acquietare i loro sensi.
   Prima di mettere piede nella casa albergo ero vergine, ma non me ne facevo un problema. Avevo praticato del petting con qualche ragazzo, ma nessuno poteva vantarsi di avermi scopata, nemmeno ero stata toccata da una donna. A dire il vero non mi era nemmeno passato per l'anticamera del cervello una simile idea, eppure ascoltare il rumore dei corpi di Carlotta e delle sue amiche che si amavano fece crescere in me una certa curiosità che andò crescendo col trascorrere delle settimane.
   Una notte, causa un improvviso temporale notturno, accompagnato da una violenta grandinata e dall'insistente presenza di tuoni e fulmini, Carlotta venne a cercare rifugio nel mio letto.
   - Ti spiace se mi metto accanto a te fintanto che si esaurisce il temporale? Da piccola trovavo rifugio nel letto di mamma e papà. Ora ho soltanto te accanto.
   Non diedi risposta alla supplica, lasciai che si stringesse a me senza opporre alcuna resistenza. Distesa sul fianco percepii le forme del corpo di Carlotta addosso al mio. Era nuda come era solita trattenersi quando si coricava sotto le lenzuola, io invece indossavo canottiera e mutandine.
   Il volume delle sue tette, appiccicate contro la mia schiena, e il timbro del suo respiro a ridosso del collo, insieme al calore del suo corpo rasente al mio, mi misero addosso una strana eccitazione.
   Carlotta apparteneva alla specie di ragazze abili nell'assoggettare chiunque le capitava d'intorno e io ero in cima ai suoi desideri.
   Quando circondò la mano attorno l'arco costale del mio torace, mettendola a contatto con una tetta, avvertii il respiro salirmi in gola e subito dopo mancarmi d'improvviso. Non avevo cognizione di come avrei reagito.
   Avevo due sole possibilità: tollerare che mi toccasse, sapendo bene a quali conseguenze sarei andata incontro, oppure girarmi e cacciala dal letto.
   Avrei dovuto fare cadere la scelta sulla seconda possibilità, lo so, invece lasciai che s'impadronisse del mio corpo.
   Carlotta, accertata la mia sottaciuta disponibilità, proseguì nella sua opera di circonvenzione facendo scivolare la mano sotto la canottiera. Esordì carezzandomi un capezzolo, che, ahimè, era turgido, e le fece capire quanto era grande l'eccitazione che mi portavo addosso. Tutt'a un tratto mi trovai stretta fra le sue braccia e cedetti alle sue lusinghe come una gatta in calore, perché quella ero io, e Carlotta se n'era accorta da tempo.
   Le sue labbra si rivelarono morbide al pari delle mie, cedevoli al passaggio della lingua quando si mise a esplorarmi la bocca. Si strinse di nuovo forte a me. Senza troppa fatica mi liberò della canotta che portavo addosso, poi scese con le labbra a baciarmi le tette, perdendosi a succhiare ciascuno dei capezzoli, affaccendandosi nel farmi gemere di piacere.
   Avevo la vagina bagnata fradicia. Carlotta se ne accorse quando attraversò con la mano l'elastico delle mie mutandine e l’ avvicinò senza fretta alla fessura fra le cosce.
   Scopertamente eccitata mi lasciai sfuggire più di un gemito di piacere. Continuai a mugolare emettendo dei suoni dalle labbra, assecondando il movimento delle dita della mia compagna che si dilettava a strofinarmi il clitoride.
   In quegli istanti Carlotta stava esercitando su di me un forte dominio, ero asservita ai suoi desideri, persa di testa, e non più in grado di arrestare le espressioni di piacere che sapeva fare emergere dal mio corpo. Quando chinò le guance sulla mia figa e cominciò a leccarmela rimasi pietrificata. Ero incredula rispetto a quanto mi stava succedendo. Non pensavo si potesse assaporare un simile piacere nell'essere toccata in quel modo. Nessuno prima di lei me l'aveva leccata e non potrò mai dimenticare quella prima volta.
   Mi condusse all'orgasmo poco per volta, senza fretta, insistendo nell'accarezzarmi le cosce con le dita mentre si dannava l'anima a lacerarmi le labbra della figa con la punta della lingua. Proseguì nella sua opera succhiandomi il clitoride, strizzandomi le punte dei capezzoli fino a farmi urlare dal dolore. Si acquietò nel momento in cui stavo per raggiungere l'orgasmo, ma soltanto per qualche istante, perché ricominciò da capo a condurre questa danza d'amore fino allo sfinimento delle mie forze, lasciandomi tremante fra le sue braccia a urlare tutto il mio piacere.
   Ai suoi occhi dovevo esserle apparsa goffa, impacciata, esitante, ma ero davvero così, perché prima di fare l'amore con lei avevo avuto soltanto qualche storia con dei ragazzi e nulla più. Non conoscevo la passione dei sensi e Carlotta mi fu maestra di sesso, di vita, e amore.

   L'ubriacatura che mi ero presa per Carlotta, dopo esserne stata sedotta nello spazio di una notte, mi mise addosso un forte stato confusionale. Dopo avere fatto l'amore con lei non ero più me stessa, ma un'altra donna. Qualsiasi cosa Carlotta m'ingiungesse di fare la mettevo in atto senza protestare, succube com'ero della sua forte personalità. La mia dipendenza non era generata soltanto dagli effetti di una semplice cotta, ma era qualcosa che rasentava il patologico. Facevamo sesso ogni notte, in tutti i modi, soddisfacendo ogni tipo di perversione.
   Prima di fare conoscenza con Carlotta ignoravo cosa fosse la passione sessuale, l'eccitamento carnale e la pulsione erotica, invece con lei imparai tutto questo e molto altro ancora. Da persona arrendevole come lei mi aveva conosciuta, mi trasformai poco per volta in una donna vera con tutti gli attributi femminili e qualcosa d'altro.
   Carlotta sembrava paga dell'amore che le riservavo, il nostro rapporto sembrava filare per il verso giusto, invece non era così. Contrariamente a quello che pensavo non aveva perso l'abitudine di fare sesso con altre ragazze. Lo faceva di nascosto, lontano dal mio sguardo, incontrandole nelle loro camere. E io, all'oscuro dei suoi tradimenti, seguitai ad amarla e nutrire fiducia in lei.
   Una notte, come era consuetudine prima che iniziassi la storia con Carlotta, una ragazza raggiunse il letto della mia compagna. Svegliata dai gemiti che provenivano dal letto accanto al mio, guardai in quella direzione e intravidi le forme di due corpi nudi muoversi in maniera scomposta fra le lenzuola.
   Incredula per quella inattesa visita notturna rimasi muta senza avere la forza di spiaccicare una sola parola. Avrei potuto urlare, andare in escandescenza, scaricare tutta la rabbia che tenevo in corpo addosso alle mie ospiti, invece arginai il risentimento di rabbia che avvertivo nei confronti di Carlotta. Mi accucciai sul fianco e piansi.
   La presenza di un'altra ragazza nel suo letto non fu un evento casuale, lo intuii dopo avere rovesciato sul guanciale un mare di lacrime. Mi sorpresi quando Carlotta, sentendomi piangere, avvicinò il suo letto al mio. Allora mi ritrovai a condividere insieme a lei i piaceri del corpo della sua giovane amante.
   Non so chi delle due si prese la briga di masturbarmi fino a farmi raggiungere l'orgasmo, quello che so per certo è che mi piacque fare l'amore con due donne contemporaneamente.
   La mattina seguente, alle prime luci dell'alba, la ragazza che aveva occupato il letto di Carlotta si accomiatò e fece ritorno nella sua camera, soltanto allora girai lo sguardo nella direzione della mia compagna di stanza. Osservando le forme del suo viso mi addormentai.
   Mi svegliai più tardi, con la bocca impastata e il mal di testa, all'incirca come un riccio rovesciato.
   Carlotta non c'era più, il suo letto era appiccicato al mio, ma era vuoto, con le lenzuola disfatte che pendevano sul pavimento. Impiegai qualche istante per ricordare quanto era accaduto durante la notte, poi tutto mi fu chiaro.
   La presenza di un'altra donna nel letto di Carlotta stava a significare che non potevo attribuirmi nessun diritto su di lei e nemmeno sul suo corpo. Mi era solo concesso di condividerla con altri; ecco quello che aveva voluto dirmi con quella visita notturna. Accettai l'ingombrante presenza di ragazze nel suo letto senza effettuare scene di gelosia, poi un giorno mi propose di partecipare al primo di una lunga serie di "figa party".
 

* * * 

   La casa di campagna indicatami da Carlotta, quella dove avrebbe dovuto svolgersi il "figa party", si trovava sulle prime colline, in una posizione panoramica a una decina di chilometri dalla città.
   Mi presentai davanti al cancello della villa mezz'ora prima dello scadere della mezzanotte. Ero uscita dall'ospedale dopo avere concluso il turno di lavoro e, passando da casa, avevo provveduto a farmi una doccia e cambiarmi d'abito.
   Non avevo indossato né mutande né reggiseno. Non ne avrei avuto bisogno, pensai, dal momento che qualsiasi indumento intimo mi sarebbe stato d'impiccio e avrei avuto difficoltà nel recuperarlo a fine party.
   Eppure ci tenevo ad apparire seducente. Avevo impiegato più di un'ora a mettermi in ordine, indecisa nella scelta dell'abbigliamento con cui presentarmi alla festa. Alla fine, dopo avere provato una infinità di gonne e camicette, avevo optato per indossare un paio di calzoni alla turca con disegnate delle fasce parallele multicolori e un bolerino estivo senza maniche, molto leggero, con un ampio décolleté che metteva in risalto le tette prive di reggipetto.
   Agghindata in questo modo, con ai piedi delle scarpe sportive dalle suola in corda, mi ero presentata alla villa di Carlotta. Appresso non mi ero portata alcun presente, l'unica cosa preziosa che avevo era la mia passera.
   A trentadue anni non mi sentivo una donna da buttare. Non ero più giovane, è vero, ma ero conscia di possedere una infinità di splendidi attributi poiché conservo ancora una pelle piacevolmente morbida e un corpo sodo da esplorare.

   Carlotta mi venne incontro sulla porta d'ingresso della villa stupendosi di trovarmi lì.
   - Non ti aspettavo più, ormai.
   - No? Davvero?
   - Entra, dai, non stare impalata sulla porta.
   - Sono emozionata, è da tanto tempo non partecipo a serate come questa. Vado bene vestita così?
   Carlotta mi squadrò da cima a fondo, poi squittì un complimento che mi mise a mio agio.
   - Sei sempre una gran figa! Erika, ti scoperei subito, qui, sulla porta. Dai, entra, non farti pregare.
   - Grazie, avevo davvero bisogno di sentirmelo dire.
   Lasciammo da parte ogni altra cerimonia e misi piede nell'abitazione. Carlotta mi condusse in un ampio salone dove trovai una decina di donne, tutte più giovani di me, impegnate a conversare fra loro. 
   L'ambiente era saturo di profumo d'erba, il cui aroma conosco bene, ma non me ne meravigliai.
   - Questa è la mia amica Erika. - disse rivolgendosi alle amiche.
   Tutt'a un tratto mi trovai addosso gli occhi famelici delle donne presenti nel salone e mi sentii imbarazzata. Mi si avvicinò una brunetta dai capelli corti con tanta verve in corpo che, unitamente a una stangona dagli occhi grigi e la pelle itterica, mostrò un certo interesse per me.
   - Ciao! - disse la brunetta. - Mi chiamo Silvia.
   - E io Marta. - la interruppe la stangona dagli occhi grigi.
   Rotto il ghiaccio iniziammo a conversare scambiandoci impressioni sull'arredamento della villa e su Carlotta che fungeva da padrona di casa. Ero andata lì per scopare e non ero interessata ai pettegolezzi, né a consumare droghe di alcun tipo. Lascio ad altri il piacere di fumarsi la testa con delle porcherie. Bevo in grande quantità, questo sì, ma solo chinotto.
   Una terrina colma di polvere bianca e altre due ciotole di pasticche dai colori diversi erano sistemate sopra un tavolino. Non ci feci troppo caso, l'unica cosa che m'importava era accostare la bocca su una bella figa, al più presto, quello soltanto.
   Guardandomi intorno misi gli occhi su una bionda, poco più che ventenne, falsa magra, seduta su di una poltrona, impegnata a conversare con una ragazza della medesima età.
   - Cosa ne pensate se diamo inizio alle danze, eh? - disse Carlotta. Subito dopo inserì un CD musicale nel lettore.
   La voce suadente di Mina diede calore al salone. Carlotta mi condusse nello spiazzo dove un paio di coppie avevano già iniziato a ballare e mi gettò le braccia attorno al collo.
   - Come va? - disse Carlotta.
   - Bene... bene.
   - Ho voglia di fare l'amore con te stasera.
   - Vedremo. - risposi restando sulle mie.
   - Sono trascorsi dieci anni dall'ultima volta che lo abbiamo fatto, eh! Chissà come sarai cambiata.
   - Sono sempre la stessa, un po' invecchiata, forse.
   - Stai con qualcuno?
   - No, e tu?
   - Sono sposata, lo sai, ma non ho figli, non ne ho mai voluti. Ho preferito non rovinarmi la vita allevando marmocchi.
   - Ah!
   - Ti scandalizza?
   - No, affatto, anch'io non ho figli, ma per motivi diversi dai tuoi.
   - Quali?
   - Non ho mai trovato l'uomo giusto con cui costruire una famiglia e mettere al mondo dei figli.
   - E donne ne hai possedute?
   - Molte, più di quanto immagini.
   - E stasera cosa desideri?
   - Scopare al più presto.
   Ballavamo seguendo il ritmo della musica, frastornate dalla voce sensuale di Mina. Carlotta mi sfiorò più volte la bocca con le sue labbra, senza mai farle naufragare completamente sulle mie, accrescendo il desiderio di possederla. Ogni volta che cercavo di affondare la lingua nella sua bocca Carlotta si ritraeva. Tenevo le cosce umide, appiccicose, a causa l'umore che mi colava dalla vagina priva di mutande.
   Quando Carlotta accostò per l'ennesima volta la bocca alla mia, decisa a penetrarmi con la lingua, sollevai la serranda dei denti e le diedi facoltà di scoparmi nella bocca.
   Le sue labbra, in quanto a morbidezza, non avevano niente da invidiare alla mucosa della sua vagina che avevo incominciato a toccare. Lei seguitò a scoparmi muovendo la lingua nella mia bocca, e io mi adoperai a incrociare la mia lingua con la sua.
   Le tette sembravano scoppiarmi per la troppa eccitazione. Carlotta mi sbottonò il bolerino che portavo indosso e s'impadronì delle tette, gonfie oltre ogni limite, lusingandomi con il movimento delle dita.
   Iniziò a solleticarmi i capezzoli pizzicandoli con una certa energia fino a farmi male, poi mi denudò. Mi ritrovai stretta a Carlotta, nuda pure lei, a ballare un lento con sottofondo la calda voce di Mina.
   Le donne che ci stavano attorno avevano già cominciato a barattare il proprio corpo con quello delle altre compagne di giochi. Mi trovai stesa su di un tappeto con la figa preda di un saccheggio. Eccitata cominciai a leccarmi il bordo della bocca sciorinando la lingua sulle labbra lucide. Carlotta dopo avermi esortata a sdraiarmi sul tappeto si inginocchiò fra le mie gambe. Dal suo punto di osservazione la mia figa doveva apparirle di un colore roseo e particolarmente seducente dal momento che mantenevo le cosce divaricate. 
   Le sue mani risalirono, discrete, lungo le mie gambe eseguendo movimenti lenti e ripetuti, accrescendo in questo modo il mio desiderio di essere scopata. D'improvviso mi sollevò una gamba e, cosa inaspettata, si soffermò per qualche istante a leccarmi la pianta dei piedi, solleticandoli, provocandomi degli intensi fremiti di piacere, poi si mise a succhiare le dita insinuandosi con la lingua negli interstizi che le separano una dall'altra. 
   Esplosi in una serie di gemiti di piacere quando Carlotta cominciò a succhiarmi l'alluce di un piede, dopodiché presi a toccarmi il clitoride. A questo punto Carlotta abbandonò la mia gamba e risalì con la lingua le cosce fino a raggiungere la figa. Si diede da fare a leccarmi le grandi labbra eseguendo brevi incursioni con la punta della lingua all'interno della vagina.
   Ero eccitata e avevo una dannata voglia di appropriarmi della sua figa. Mi liberai dall'abbraccio e, dopo avere obbligato Carlotta a sdraiarsi di schiena, m'impadronii delle sue tette. Le strizzai i capezzoli impastandoli con la mia saliva, mentre dalla sua bocca, semichiusa, le uscivano lamentosi suoni di piacere.
   Seguitai a darmi da fare sospingendo le labbra sul suo clitoride. Era turgido, gonfio, e molto più grosso del mio: era così che me lo ricordavo. Lo scappucciai e iniziai a succhiarlo con molta delicatezza, più di quanto sono solita fare quando succhio un cazzo.
   Diedi prova di essere assai abile nel mio compito perché Carlotta non si fece attendere prima di mettersi a tremare. Ci ritrovammo sdraiate sul tappeto, col capo affondato nella figa dell'altra, colmando di piacere le nostre bocche. Gli orgasmi si susseguirono uno dopo l'altro, nello spazio di pochi minuti, ricompensando le nostre fatiche con altrettanto piacere.
   Una sorta d'istinto primordiale guidava le mie azioni. Mi divincolai dall'abbraccio di Carlotta e mi spostai verso i corpi di un'altra coppia poco distante da noi. Una delle due donne, quella che stava supina sul pavimento con le cosce spalancate, era la ragazza bionda, falsa magra, che avevo intravisto al mio ingresso nella villa e a cui avrei succhiato volentieri il clitoride. Rimasi stordita dalla sua bellezza mentre mugolava di piacere sottomessa alle attenzioni della compagna impegnata a leccarle la figa.
   L'istinto mi guidò verso la bionda fermamente decisa a soddisfare le mie voglie. Presi il posto della ragazza che stava succhiandole il clitoride scansandola via con prepotenza.
   Liberata da ogni inibizione sentivo addosso un desiderio irrefrenabile di scoparla. Iniziai a carezzarla prendendole fra le mani le tette, molto più sode delle mie, e iniziai a leccarle i capezzoli tempestandola di baci.
   La ragazza fremeva di piacere soggiogata dalla quantità di baci e morsi di cui la facevo segno. Incrociai la punta della sua lingua e ci solleticammo a vicenda sbavando saliva dalle nostre bocche. M'inginocchiai ai suoi piedi e, dopo avere provveduto a divaricarle le cosce, incominciai a leccarle la figa nutrendomi delle sue secrezioni, poi mi dannai l'anima a succhiarle il clitoride succhiandolo fino a farla urlare di dolore o piacere.
   Non paga le infilai due dita nella vagina e cominciai a scoparla succhiando nel contempo il clitoride. Quello che le provocai fu un duplice orgasmo clitorideo e vaginale.
   Sentirla urlare e fremere di piacere mi convinse di possedere un grande potere su di lei. Stavo china sul clitoride della mia occasionale compagna quando qualcuno alle mie spalle mi introdusse nella figa un arnese di una certa consistenza.
   Girai il capo e vidi Carlotta. Sul pube indossava un particolare tipo di slip di pelle nera. Delle fibbie poste ai fianchi della cinghia sorreggevano un fallo in lattice anch'esso di colore nero. Sistemò dell'unguento sull'estremità del fallo artificiale e ne collocò altrettanto nella fessura della mia figa già umida.
   Carlotta inarcò la schiena e sospinse in avanti il bacino incuneandosi con il fallo artificiale nella vagina. Iniziammo a muovere i nostri corpi in perfetta sincronia mentre mi davo da fare a succhiare il clitoride della bionda che stava sotto di me. Ansimavamo tutt'e tre come forsennate, madide di sudore, con la testa che sembravano scoppiarci da un momento all'altro.
   Continuammo a scopare in quel modo fino allo sfinimento delle nostre forze, e fu una stanchezza dolcissima. Raggiunsi l'orgasmo in maniera scomposta, mordendo il clitoride che stringevo nella bocca. Solo allora Carlotta smise di scoparmi. Adagiò il suo corpo sulla mia schiena coprendomi di baci sulla nuca.

   All'alba ammassi di corpi stanchi e spossati giacevano nudi sul tappeto dopo che per tutta la notte c'eravamo impegnate a infilare, levare, succhiare e scambiarci emissione di liquidi organici di ogni sorta.
   Ero andata lì per godere dei piaceri della carne, e ancora una volta raggiunsi più di un orgasmo.
 

 

 

 
 

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