ESSERI INCOMPLETI
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       La cappa di calore che gravitava sulla città mi dava la nausea, tuttavia non era la ragione della mia spossatezza e lo sapevo bene. Randagia girovagavo per i viali della circonvallazione, al volante della mia Mini Cooper, in attesa di mettere piede al Luxuria, il privè dove volevo concludere la nottata.
   I fari delle autovetture mi venivano incontro accecandomi la vista. Proseguii nel mio viaggio notturno spostandomi da un quartiere all'altro fintanto che arrivai a Piazzale S. Croce. Soltanto allora mi accorsi che la Via Emilia, nel tratto di strada che attraversa il quartiere dell'Oltretorrente, era piena di luci.
   La Movida! Ecco di cosa si trattava. Sulla Gazzetta di Parma avevo letto che per rivitalizzare il quartiere, il più multietnico della città, il Comune aveva promosso delle serate musicali e gastronomiche. Parcheggiai l'automobile in uno dei viali attigui a Piazza S.Croce e mi incamminai verso la più antica delle strade dell'Oltretorrente.

   La Movida di Strada D'Azeglio, a dispetto di quella snob di Via Farini, ostentava una identità popolare, perlomeno questa è l'impressione che ne ricevetti. I brani jazz, blus, e swing, intonati dalle orchestrine piazzate lungo la strada, mi tennero compagnia nel mio peregrinare notturno, congiuntamente alle bancarelle degli ambulanti e ai numerosi commensali seduti ai tavoli imbanditi dinanzi a bar e caffetterie.
   Mentre percorrevo la strada, gremita all'inverosimile di persone, entrai ripetutamente a contatto coi corpi di uomini e donne, mi auguravo soltanto che qualche stronzo non ne approfittasse per palparmi il culo oppure tentasse di sottrarmi la borsetta che mantenevo ancorata alla spalla. Quando fui in prossimità dei portici dell'Ospedale Vecchio l'odore di carne affumicata mi mise addosso un certo appetito. Davanti a un cartello con su scritto "Specialità sarde", poco distante dai bracieri dove stava arrostendo della carne di maiale, mi soffermai a leggere il menù.
   Impegnata com'ero a leggere la lista delle vivande non feci caso a una voce femminile che con una certa insistenza scandiva il mio nome.
   - Erika... Erika...
   Girai lo sguardo alle mie spalle, nella direzione da cui proveniva la voce, curiosa di sapere chi scandiva il mio nome. Lontano dalle costolette di carne di maiale che cuocevano sui barbecue distinsi una figura femminile che agitava le braccia. Non faticai a riconoscerla. Era Katia, una ex compagna dei tempi del liceo. La guardai e la prima cosa che mi venne in mente fu che assomigliava in maniera esagerata a Crudelia De Mon.
   Alta più del normale, magra come una lisca di pesce, non era affatto cambiata rispetto all’epoca del liceo. Il viso imbellettato da un trucco pesante, le labbra colorate di un rosso cangiante, davano risalto agli zigomi appuntiti. I capelli lisci, a scendere sulle spalle, erano a strisce bianche e nere. La sensazione che ne ricevetti fu quella di una donna da poco uscita dalla camera di rianimazione, smorta com'era. Quando si avvide che l'avevo riconosciuta mi fece cenno di avvicinarmi a lei. Con un certo rimpianto staccai l'attenzione dalla grigliata di carne di maiale che cuoceva sulle braci e raggiunsi la mia amica dall'altra parte della strada.
   - Ciao! - esclamai quando ci trovammo una di fronte all'altra. 
   Se al suo posto mi fosse capitato di incontrare qualsiasi altra ex compagna di liceo non avrei esitato ad abbracciarla, con lei invece non mi riuscì di farlo.
   - Beh, non sai dire nient'altro? 
   - Sei sola? - dissi.
   - Sono in compagnia di un'amica. Sennonché si è dileguata per andare alla ricerca di una rivendita di tabacchi. - mi rassicurò ruotando il capo nella direzione della tabaccheria all'angolo con Piazzale Inzani.
   - Quanto tempo è trascorso dall'ultima volta che ci siamo viste? - dissi spostando di lato la frangia che insisteva a velarmi un occhio.
   - Un'eternità. - confermò squadrandomi da capo a piedi, stupendosi probabilmente nel vedermi in forma. Lei invece era rimasta sciatta come ai tempi del liceo.
   - Dieci, quindici anni o forse più?
   - Forse sì, e cosa hai fatto di bello in tutto questo tempo? - disse dandomi l'impressione di essere interessata alle mie cose.
   - Tutto e niente.
   - Come sarebbe a dire? Lavori? Sei sposata? Hai figli?
   - Lavoro come infermiera in ospedale e tu?
   - Beh, io sono a capo di una agenzia assicurativa, la più importante della città. Ma parlami di te. Cosa hai combinato di bello in tutto questo tempo? Lo sai che più ti guardo e più mi accorgo che non sei cambiata, sei rimasta la stessa dei tempi del liceo. Sei bellissima! Quando ti ho adocchiata laggiù, vicino alle grigliate di carne, ti ho subito riconosciuta seppure confusa com’eri fra la folla.
   - Ma dai, ti va sempre di scherzare. Anche tu sei rimasta la stessa.
   In effetti, Katia, aveva mantenuto l'aspetto smunto dei suoi diciotto anni e in più mostrava delle zampe di gallina attorno agli occhi che la invecchiavano facendola apparire ancora più vecchia di quanto non era.
   - Ma come ti è venuto in mente l'idea di fare l'infermiera? Se devo essere sincera, intelligente com'eri, pensavo ti saresti iscritta all'università dopo il liceo. Avevi le capacità per riuscire in qualsiasi facoltà, invece.
   - Invece, mi sono iscritta alla scuola per diventare infermiera professionale, che c'è di strano? - risposi indispettita.
   - Niente, è che...
   - L'infermiera è una professione poco chic? Hai ragione, avrei potuto scegliere un mestiere degno di maggiore prestigio sociale, ma ho scelto questo, che ci vuoi fare?
   - Ma cosa hai capito? Non è un giudizio negativo il mio, solo che ti pensavo laureata. Quella che hai scelto è una professione difficile, che non potrei mai fare. Una volta mi è capitato di sottopormi a un prelievo di sangue e mi sono sentita svenire. No, non potrei mai prendermi cura di persone che stanno male, anche se sono certa che la tua è una di quelle professioni che dà molte soddisfazioni a chi la esercita, perlomeno più della mia. Ti sentirai gratificata aiutando gli altri, vero?
   - Soddisfazioni? 
   - Non è così?
   - Sì, certo, hai ragione.
   A lungo mi sono illusa che fosse gratificante aiutare gli altri come sosteneva Katia, invece non è così, perché sono loro, i pazienti che spesso accompagno fino alla morte, a dare qualcosa a me. Senza di loro non potrei dare alcun significato alla mia vita.
   - Sei sposata? - mi chiese con fare indagatore.
   - No.
   - Convivi con qualcuno?
   - Nemmeno.
   - Allora sei sola.
   - Direi di sì, anche se per molti anni sono stata sentimentalmente legata a un uomo. Non ci crederai, eppure mi ha lasciata qualche mese fa per mettersi insieme con una donna che ha dieci anni più di me.
   Mi guardai bene dal raccontarle i particolari della mia separazione da Giorgio, il mio ex compagno, altrimenti avrei dovuto rivelarle che la donna con cui si è messo insieme l'avevamo conosciuta al Luxuria, il privè dove era mia intenzione concludere la serata.
   - Non ci crederai, ma la stessa cosa è accaduta anche a me.
   Dubitai che potesse essersi trovata nella medesima situazione che avevo vissuto con Giorgio. Lei non era il tipo da frequentare locali come il Luxuria dove si pratica lo scambio di coppia.
   - Mi spiace. - fu tutto ciò che riuscii a dirle.
   - Scusa se te lo chiedo, ma sei stata tu a scoprire che ti tradiva oppure te lo ha confessato lui stesso?
   Stavo per risponderle, ma fui urtata da qualcuno alle mie spalle e sospinta in avanti. Senza volerlo mi ritrovai a contatto con il suo corpo macilento e provai ribrezzo per la sua vicinanza.
   La comparsa dell'amica che aveva fatto ritorno dalla tabaccheria, stringendo fra le dita un mozzicone di sigaretta senza filtro, mi tolse dall'imbarazzo. Il suo nome era Rossana, perlomeno così si presentò, e d'acchito mi diede l'impressione d'essere un tipo piuttosto strano.
   Fisicamente era identica a Katia: una spilungona secca e smunta. La nuova arrivata insistette perché ci allontanassimo dallo stand dei cuochi sardi. Disse che le provocava disgusto l'odore della carne che stava arrostendo sulle braci, e non desiderava che i vestiti assorbissero quella puzza oleosa. Me ne convinsi anch'io perché magra com'era doveva per forza essere il tipo da dieta macrobiotica. Prendemmo tutt'e tre la direzione del Ponte di Mezzo inseguite dalle note musicali di un gruppo jazz che faceva musica dinanzi alla Latteria 65.
   - Prima non hai risposto alla domanda che ti ho fatto. Te ne sei dimenticata? - disse Katia rivolgendosi a me.
   - Quale?
   - Ti ho chiesto se è stato il tuo compagno a confessarti il tradimento.
   - Sì, è stato lui, ma è una ferita ancora aperta che stenta a rimarginarsi. Non detestarmi se evito di parlarne.
   - So bene come ti puoi sentire, anch'io mi sono trovata  a vivere la medesima situazione. E' accaduto due anni fa quando mio marito si è messo insieme a una collega di lavoro. Una terrona di dieci anni più giovane di lui. E brutta come una scimmia per giunta.
   Evitai di dirle quello che pensavo, persuasa che suo marito, andandosene da casa, avesse fatto la scelta migliore. Mi lasciai sfuggire una confidenza di nessun conto soltanto per darle l'impressione che ero solidale con lei.
   - Non immagini come mi sento quando avverto squillare il cellulare. Ogni volta penso che sia lui a chiamarmi. Allora mi soffermo a guardare con timore il display con la speranza nel cuore, purtroppo rimango sempre delusa perché lui non mi chiama mai. E poi controllo di continuo se ho dei messaggi in arrivo, oppure se c'è traccia di qualche chiamata a cui non ho risposto, nella speranza di scorgere il suo numero. Ormai è diventata una vera ossessione, forse dovrei decidermi a disfarmi del telefonino e smetterla di pensare al mio ex compagno. - dissi.
   - Anch'io faccio la stessa cosa con il mio cellulare. Con l'aggravante che ogni volta che mi allontano dall'ufficio, e al ritorno scorgo la segreteria telefonica che lampeggia, spero che ci sia un suo messaggio per me.
   - Non ti sei ancora rassegnata?
   - Ho due figli e non ho mai perso la speranza che possa tornare da me, nonostante siano trascorsi due anni da quando mi ha lasciata, e tu?
   - Io? Non lo so, forse è un bene che sia finita così. - dissi mentre osservavo il quadrante dell'orologio al polso.
   - Non è mai la fine se non è finita. - concluse Rossana lasciandomi disorientata per il significato delle sue parole. La osservai mentre volgeva lo sguardo verso Katia, lasciandomi intendere che fra loro esistesse un legame che andava ben oltre la semplice amicizia, allora mi diedi della sciocca per non averlo intuito per tempo.
   Le lancette dell'orologio segnavano le 23.30 quando salutai Katia, un tipo insignificante che si atteggiava a donna consumata. Ritornai sui miei passi percorrendo all'inverso quel tratto della Via Emilia fino a raggiungere il posto dove avevo parcheggiato la Mini Cooper deciso a trovare compagnia per la notte. 
 

* * *

   La prima volta che misi piede al Luxuria ero piena di preconcetti verso questo genere di locali. Io e Giorgio ne avevamo sentito parlare da comuni amici come di un club esclusivo, frequentato da persone che prediligono giocare allo scambio di coppia. Una sera, spavaldamente, decidemmo di farvi visita privi di pregiudizi verso questo ambiente abbastanza singolare.
   All'inizio frequentammo il locale per semplice curiosità, dopodiché, visitandolo sempre più spesso, scoprimmo che era un locale dove si potevano fare incontri interessanti, soprattutto per le coppie che amano trasgredire. E io e Giorgio eravamo alla ricerca di situazioni eccitanti e imprevedibili.
   Come molte altre coppie, da principio riservate e riluttanti a dare confidenze agli altri frequentatori del locale, ci sciogliemmo poco per volta facendo amicizia con molti degli abituali clienti del Luxuria. Con alcune di queste coppie andammo ben oltre la semplice amicizia portando a compimento quello che la maggior parte degli habitué del locale si propone di fare quando va lì, ma non potevo immaginare che Giorgio si sarebbe innamorato di una donna di dieci anni più vecchia di me, e mi abbandonasse per mettersi con lei.  

* * *

   Arrestai la Mini Cooper nel parcheggio antistante il capannone che ospita il Luxuria, un tempo adibito a officina meccanica. All'ingresso c'era affisso, ben visibile, un cartello al muro.  

"L'accesso al locale è consentito solo a persone 
adulte, mature, e amanti della trasgressione"

   Inserii la carta magnetica che dava accesso al Luxuria nel lettore ottico. La feci strisciare, e la porta si aprì con uno scatto.
   In un club privè possono accadere gli eventi più strani, piacevoli, eccitanti e imprevedibili. Di questo ne ero consapevole ed ero pronta a correre il rischio di andare incontro a qualche delusione come mi era capitato frequentandolo insieme a Giorgio.
   Una hostess mi fece strada fra i divani occupati perlopiù da coppie di scambisti. Mi accompagnò fino a un tavolo dove mi fece accomodare su un divanetto. La prima cosa che riuscii a distinguere fu l'odore di uomini e donne con gli ormoni in subbuglio. 
   Sui volti delle persone che mi stavano intorno era ben visibile la voglia di trasgredire, ma anch'io dovevo apparire tentatrice ai loro occhi.
   Ordinai un long drink con succo di ananas e limone. Mentre ero in attesa che mi fosse servito da bere mi guardai d'intorno. Addosso avevo gli occhi di molti habitué: uomini e donne in eguale misura. E la cosa mi lusingò.
   L'apparecchio telefonico sistemato sul mio tavolino, su cui era distinguibile una lampadina rossa, con impresso il numero 28, iniziò a lampeggiare. Non diedi risposta alla chiamata, seguitai a volgere lo sguardo per il salone cercando di distinguere chi stringeva nella mano la cornetta ed era in attesa di una mia risposta, ma non notai nessuno. Curiosa sollevai il ricevitore e diedi risposta alla telefonata.
   - Pronto.
   - Ciao. - fu l'unica parola che pronunciò la voce femminile che conoscevo molto bene.
   - Ah, sei tu?
   - E chi altra credevi fosse?
   - Beh, con tanta gente che c'è in giro stasera nel locale non mi sarei sorpresa se a contattarmi fosse stato un altro pezzo di carne abbondante come la tua.
   - Mi stai prendendo per il culo?
   - Ma no, dai, sto solo scherzando. Che aspetti a venire a sederti accanto a me?
   - Lo vuoi?
   - Sono venuta apposta al Luxuria con la speranza di incontrarti, cosa credi?
   - E cosa vuoi da me?
   - Tutto.
   - Va bene, arrivo.
   Mi guardai intorno con la speranza di scorgere Marianna. Tutt'a un tratto la vidi sbucare da dietro un separé e ne fui felice. La sua figura non era quella di una donna esile, tutt'altro. Il suo corpo era arrotondato e le abbondanti forme di tette e fianchi mi misero addosso un senso di calore fra le cosce. Avevo la figa in trepidazione e non desideravo altro che andarci a letto come era già successo in altre occasioni, anche quando al privé ci andavo con Giorgio.
   Marianna e io eravamo due esseri incompleti, ma quando eravamo insieme diventavamo perfetti: completi, e questo pareva dare senso alla mia vita amorosa, anche se non sapevo per quanto tempo la nostra storia sarebbe durata, ma la cosa non mi importava granché. 

 

 
 

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