EFFETTO SOGNO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Le prime luci dell'alba avevano fatto capolino attraverso la finestra quando Lorenzo dischiuse le palpebre, si girò sul fianco, e volse lo sguardo verso la donna che stava distesa sul letto accanto a lui. Arianna, semisveglia, si sistemò sul fianco ed entrò a contatto con il corpo del compagno. Sarebbero rimasti a godere del tepore dei loro corpi fintanto che i due figli avrebbero fatto capolino sulla porta della camera da letto. Capitava ogni volta che alla domenica i due birbanti non andavano a scuola e lui e la moglie si trattenevano a letto più a lungo del solito.
   A Lorenzo e Arianna restavano pochi minuti di tranquillità e volevano goderseli sino all'ultimo istante.
   - Ciao! Buongiorno. - disse Arianna lasciandosi sfuggire una smorfia che nelle sue intenzioni voleva essere un sorriso.
   - Dormito bene?
   - Uhm... così, così...
   Lorenzo lasciò cadere la mano sopra un fianco di Arianna. Si soffermò per qualche istante a guardarle il viso senza lasciarsi sfuggire una sola parola. I capelli arruffati le mascheravano i lineamenti rendendola irriconoscibile. La sera precedente si era infilata sotto le coperte priva di ogni indumento. Nemmeno nelle notti d'inverno, quando il freddo si faceva più tagliente, indossava il pigiama e la maglietta della salute.
   Il corpo nudo della moglie era per Lorenzo un richiamo particolare. Accadeva spesso che al risveglio facessero l'amore, soprattutto nelle mattine in cui non erano oppressi dal pensiero di recarsi al lavoro oppure dall'accompagnare i figli all'asilo. A Lorenzo piaceva venire a contatto con la morbida pelle di Arianna appena sveglio. In quei frangenti si deliziava a sniffare l'odore che spandeva la pelle della compagna.
   Scostò la mano che teneva poggiata sul fianco della donna e la condusse fra le cosce calde, a stretto contatto con la fica.
   - Stanotte ho fatto un sogno. - gli sussurrò all'orecchio Arianna.
   - Uhm... anch'io.
   - Oramai dovresti saperlo che sogno spesso, ma questo sogno è stato particolare.
   - Io, al contrario, non ricordo mai nulla di ciò che sogno. Eppure al risveglio sono certo di avere sognato.
   Arianna sollevò una mano e l'avvicinò al viso di Lorenzo. Lo accarezzò sulla fronte e le guance, poi scese d'abbasso con le dita e gli sfiorò i capezzoli stimolandoli con uno sfregamento prolungato.
   - E loro, Barbara e Giosuè, sogneranno?
   - Loro sono dei cuccioli, sognano anche di giorno. - disse Lorenzo.
   - Te l'ho mai detto che il mio sogno ricorrente è un treno.
   - Sì, che lo so.
   - Nel sogno succede che occupo un posto su uno dei vagoni del treno di cui non conosco la destinazione. Ho sempre vissuto con l'angoscia di non sapere qual era la stazione d'arrivo. Questo sogno era diventato una vera ossessione. Stavolta sono giunta alla meta finale del viaggio.  
   - E cosa hai trovato? - chiese Lorenzo incuriosito.
   - T'interessa saperlo, eh. Dimmi la verità.
   - Beh, sì.  
   - Stavolta non era un treno qualsiasi. Ero salita su una tradotta che andava al fronte.
   - Una tradotta che andava al fronte? Ma come fai a sognare queste cose? 
   - Uffa... ascolta, e non interrompermi quando parlo.
   - Ti ascolto, ti ascolto.
   - Forse ho sognato la tradotta perché ieri sera ho assistito alla proiezione del film di Rosi "Uomini contro" alla tivù. La storia è ambientata durante la prima guerra mondiale.
   - E tu che ci facevi su quella tradotta?
   - L'infermiera naturalmente!
   - Ma se ogni volta che vedi una goccia di sangue ti prende la paura.
   - Ma lasciami parlare, lo fai apposta a interrompermi.
   - Prosegui, dai.
   - Era un vagone che trasportava soldati feriti provenienti dal fronte. Gente che aveva combattuto suo malgrado.
   - Per forza, soltanto dei pazzi esaltati possono credere che le guerre siano necessarie, eppure c'è chi la pensa diversamente.
   - Uffa!
   Arianna, stizzita, strinse con forza un capezzolo di Lorenzo procurandogli un po' di sofferenza fisica.
   - Ma che fai, sei ammattita? Vuoi vedermi soffrire, eh!
   - Sì, così la pianti d'interrompermi.
   - Vai avanti.
   - Dunque... stavo spiegandoti che molti di loro, pur di fuggire dal fronte, erano disposti ad affrontare il rischio della morte procurandosi anche gravi mutilazioni.
   - E questo te lo sei sognato?
   - Ma no, lo raccontavano nel film. Tu hai dormito per tutto il tempo sul divano e non ricordi niente.
   - E cosa centrano questi soldati col tuo treno?
   - Adesso ci arrivo. I militari erano tutti feriti. Il vagone trasportava gente condannata dai tribunali militari a lunghe pene detentive. Fra loro c'era chi si era forato i timpani con i chiodi, chi si era procurato la cecità spalmandosi negli occhi secrezioni blenorragiche o procurato ascessi con iniezioni sottocutanee di piscia o benzina, e c'era chi si era sparato a bruciapelo colpi d'arma da fuoco alle mani o ai piedi.
   Lorenzo sentendola parlare di quei diversi tipi di sofferenze si era eccitato. Lei sapeva stimolarlo con le sue fantasie, succedeva ogni volta che si metteva in testa di scuoterlo dal torpore mattutino con uno dei suoi racconti.
   - Ti sei presa cura di qualcuno di loro?
   Arianna trasalì, lasciò trascorrere alcuni secondi prima di riprendere a parlare, poi proseguì nel racconto.
   - Erano soldati condannati dai tribunali militari, raramente avrebbero avuto occasione di godere della luce del sole per molti anni ancora e in nessun caso della compagnia di una donna.
   - E tu allora cosa hai fatto?
   - Ho adempiuto al mio dovere d'infermiera.
   - In che modo? Spiegamelo, dai non farmi stare in ansia.
   Durante l'esposizione del racconto Arianna aveva stretto nella mano il cazzo di Lorenzo prendendosene cura, molto dolcemente, come sapeva fare lei, in occasioni come quella.
   - Beh, mi sono concessa a tutti quanti.
   - Lì, sul treno?
   - E dove altrimenti.
   - Senza usare alcuna precauzione?
   - Come sarebbe a dire?
   - Sì... insomma non hanno usato il preservativo.
   - Ma sì... Il goldone
   - E che cazzo è?
   - Li chiamavano in quel modo i copertoni, non lo sapevi?
   - No.
   - I soldati ne erano ben forniti, nelle retrovie c'erano prostitute condotte lì apposta per soddisfare i bisogni di sesso della truppa e degli ufficiali.
   - Naturalmente c'erano le puttane che adempievano ai bisogni dei soldati e quelle per gli ufficiali vero?
   - Certamente.
   Lorenzo cominciò a toccarle la fica con le dita che da un po' sentiva umida. Lei lo imitò avvicinando l'altra mano sul cazzo, muovendola delicatamente sulla cappella.
   - Vai avanti nel racconto.
   - Me li sono fatti tutti venticinque, uno dopo l'altro. Alla fine avevo fica, bocca e culo che fumavano!
   - Anche il culo?
   - Sì, intanto che spompinavo un soldato un altro di loro mi metteva il cazzo nel culo.
   Lorenzo non lasciò che Arianna finisse il racconto, la mise carponi sul letto e la penetrò da dietro, nella fica. Gli piaceva prenderla in quel modo. Tenere le mani serrate attorno ai suoi fianchi era quanto di meglio potesse capitargli. Lo eccitava avere davanti a sé quel bel culo con cui sapeva muoversi in perfetta sincronia. Lei si accucciò su se stessa, col viso affondato nel cuscino, e biascicò qualche parola.
   - Sì, dai, fammi godere!

   Lorenzo seguitò a montarla fintanto che Arianna lo rovesciò con la schiena sul letto. Lei si mise con le cosce divaricate a cavallo del cazzo assumendo la posizione a smorzacandela. 
   - Ti è piaciuto farti scopare da quei derelitti di soldati?
   - Sì... Sì... Sì... Ma stai zitto ora.
   Arianna arcuò il bacino in modo da sospingere il cazzo nel profondo della cavità. Le mani accostate sul torace di Lorenzo l'aiutarono a dare maggiore vigore ai movimenti del corpo. Lui le circondò le tette, piccole e sode nonostante avesse allattato due figli, e le pizzicò i capezzoli. Lei proseguì nel roteare il bacino muovendo i glutei sulle cosce dell'uomo.
   - Dimmi cosa ti hanno fatto, dai.
   - Sei curioso, eh.
   - Sì... sì... lo sono.
   - Te l'ho detto. Mi hanno presa in due o tre alla volta.
   - Sì, davvero? E hai goduto?
   - Tantissimo
   - E ora stai godendo?
   - Di più, molto di più.
   A Lorenzo le palle stavano per scoppiare. Godeva nell'ascoltare quelle storie, anche se non avrebbe mai voluto condividere Arianna con altri uomini. Tendeva orecchio a quei finti tradimenti eccitandosi nel sapere che era desiderata da altri e ancora di più ascoltando i particolari delle presunte scopate. Stavano per raggiungere il desiderato orgasmo quando la porta della camera si spalancò ed entrarono i loro figli.

   - Mamma, mamma. - gridò Giosuè avvicinandosi al letto, seguito dalla sorellina gemella.
   - Sì, tesoro... hai bisogno? - rispose Arianna trafelata, col bacino appoggiato sulle cosce di Lorenzo e il cazzo infilato nella vagina, opportunamente nascosto alla vista dei ragazzi.
   - Ho voglia di fare la popò.
   - Vai in bagno e prendi il tuo vaso. Io arrivo subito.
   I bambini uscirono dalla stanza senza accorgersi di quanto fosse stato inopportuno il loro ingresso.
   - Beh, che facciamo? - sospirò lui.
   - Rimandiamo la fine del racconto, non c'è altro da fare. - sorrise lei.
   - Non s'interrompe così una emozione.
   - Questa frase l'ho già sentita, non mi è nuova. - rispose Arianna mentre indossava la vestaglia.
   - Mamma... mamma.
   - Arrivo tesoro.
   Lorenzo si accartocciò su se stesso, afferrò il cazzo fra le dita, socchiuse gli occhi e immaginò Arianna mentre si faceva sodomizzare dai soldati, subito dopo eiaculò spandendo sperma fra le dita.

 

 
 

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