Ci
sono notti in cui, assetata di sesso,
vado incontro all'ignoto, seppure
cosciente dei rischi che corro, mentre
invece dovrei sapere domare i miei
istinti animaleschi. Anche stasera, alla
guida del Suv Toyota, mi infilo nelle
tenebre della notte a cosce aperte, con
molta leggerezza, come fanno le attrici
delle pubblicità, confidando che il
buio sia portatore di avventure esaltanti.
La musica di Radio Deejay
mi tiene compagnia in questa galoppata
notturna verso Milano. Stasera, dopo una
intera settimana di lavoro, non sono di
turno in ospedale; riprenderò a
occuparmi di malati soltanto dopodomani,
e durante questo breve lasso di tempo
non voglio che nessuno venga a
importunarmi fiatandomi addosso i
problemi della clinica. Ho
assoluto bisogno di fare sesso, tanto
sesso, trasgressivo e pericoloso, al più
presto. Accidenti!
Abbandono l'anello della
tangenziale e mi dirigo verso il casello
dell'autostrada. La sbarra che dà
libero accesso alla A1 si solleva appena
ho prelevato lo scontrino
dall'erogatore. Percorro la curva a
raggi costanti della corsia di
accelerazione e mi ritrovo a guidare il
Suv Toyota sulla corsia centrale
dell'autostrada, in direzione Milano,
tallonata dappresso da un autotreno.
Il flusso di automobili e
autoarticolati che viaggiano nelle
corsie in direzione Nord è intenso.
Sembra incredibile che a quest'ora della
notte ci sia una moltitudine di persone
che si spostano in autostrada. Faccio
pressione sul pedale dell'acceleratore e
mi ritrovo a viaggiare a una velocità
costante intorno ai 160 Km/h. Alle
spalle mi lascio la carovana di
autotreni che procedono in fila indiana
alla mia destra, ma anche i cattivi
pensieri che mulinano vorticosamente
nella mia testa.
Milano è considerata la capitale delle
Dark Room. La città ne è piena. Sono
principalmente discoteche e locali
frequentati da gay ad avere stanze e
gallerie sotterrane destinate a scopi
prettamente sessuali. La discoteca dove
sono diretta, il "Binario17",
a differenza delle altre discoteche
della città lombarda, oltre ad avere
stanze riservate a gay e lesbiche, mette
a disposizione dei clienti anche stanze
per etero e bisessuali.
I cavalcavia si susseguono
uno dopo l'altro tutti uguali. Ancora
una manciata di chilometri e sarò a
Piacenza, dopodiché raggiungerò Lodi e
poi Melegnano.
I
momenti che precedono gli incontri nelle
dark room mi mettono addosso una
forte eccitazione, e stasera non fa
eccezione. Il pensiero di ritrovarmi
nuda, in mezzo a un branco di donne a me
sconosciute, mi ha fatto inturgidire i
capezzoli. Ho le tette gonfie come
raramente mi succede in occasioni come
questa, ed è tutta colpa del
meraviglioso turbamento ormonale che sta
scotendomi le viscere.
Il
clito mi pulsa come un ossesso e sembra
scoppiarmi fra le cosce. Devo
assolutamente mantenere sotto controllo
questa forte eccitazione, e governare i
miei sensi, perché non voglio arrivare
con la fica macerata quando sarò
prossima a entrare nella dark room
riservata alle lesbiche.
Quando sono piombata per la
prima volta in una stanza del
"Binario17" l'impressione che
ne ho ricevuto è stata di un
girone dantesco, più precisamente nella
bolgia del secondo cerchio: quella dei
lussuriosi.
Mi sono ritrovata al buio,
presa d'assalto da uomini e donne, con
addosso mani simili a tentacoli e mai
ferme. Non sapevo come fare a difendermi
dai loro arrembaggi e mi ha preso il
panico. Ho trovato la cosa squallida,
per niente trasgressiva, e sono scappata
senza cedere alla tentazione di
lasciarmi sopraffare. Successivamente, a
mente serena, ho ripensato alla
situazione in cui mi ero venuta a
trovare, con donne e uomini che facevano
sesso al buio, e ho cominciato a
considerarlo come uno dei tanti modi per
vivere liberamente la propria sessualità.
Prima di quella sera, al pari di
molte donne, avevo fantasticato di
riuscire a fare
sesso con degli sconosciuti, e quella poteva
essere l'occasione giusta per riuscirci, ma
l'avevo sprecata.
Dopo il primo approccio con
una dark-room, terminato con una fuga
improvvisa, mi sono fatta coraggio e,
trascorsa una sola settimana, ho rimesso
piede in una delle stanze del Binario17.
Al buio sono diventata
preda ambita di ombre di cacciatori,
uomini e donne, che mi hanno azzannata,
morsa, masticata, mischiando i miei
umori con i loro miasmi mentre grida e
gemiti di orgasmi, maturi e
primitivi, facevano riverbero nella
stanza buia in un aggrovigliarsi
orgiastico di corpi impegnati in acrobatici
amplessi di gruppo.
In quella occasione non ho
permesso a nessuno di penetrarmi. Ho
lasciato che un paio di donne mi
slinguazzassero la fica e addentassero i
capezzoli. Sono venuta un paio di volte
o forse più, nemmeno lo ricordo bene,
perché ero fusa di testa per il troppo
piacere.
Mi era piaciuto fare sesso
in quel modo, anzi sarei rimasta lì
ancora per un bel po' di tempo,
soprattutto a farmela leccare, ma quando
alle bocche delle donne si sono aggiunte
le mani e i gemiti di piacere di qualche
uomo, desideroso di saccheggiarmi fica e
buco del culo, sono di nuovo fuggita
perché non riuscivo ad accettare l'idea
che due o tre sconosciuti, magari vecchi
e bavosi, mettessero le mani sul mio
giovane corpo.
Le dark room mi piacciono
parecchio, soprattutto per l'alone di
piccante trasgressione di cui sono
permeate. Mi piace abbandonarmi in una
stanza buia alla promiscuità di corpi
di donne senza nome. E' una caccia
sessuale fine a se stessa quella che si
consuma nelle dark room, ma alle stanze
caratterizzate dal buio più completo preferisco le
stanze cosiddette gentili, dove un po'
di luce riverbera dagli schemi di
qualche televisore al plasma che
proietta film pornografici. Detesto
invece, e per questo le evito, le stanze
rese complicate dalla presenza di
attrezzi utili a chi pratica il BDSM, ma
che non appartengono al mio stile di
vita.
Il Binario17, la discoteca
dove sono diretta, si trova a Lambrate,
poco distante dalla stazione
ferroviaria. Alle 23.30. dopo che ho posteggiato
il Suv dinanzi
a una parafarmacia, incredibilmente
aperta nonostante l'ora tarda, mi
ritrovo a fare la fila davanti
all'ingresso del locale.
Per l'occasione mi sono
vestita completamente di nero, stile
dark. Sulla pelle ho un abito in tulle,
calze a rete, cintura borchiata,
cappotto alla Matrix, capelli unti di
gel forte, faccia incipriata di bianco,
e con il kajal nero intorno agli occhi e
sulla bocca.
Ho impiegato più di
mezzora, in piedi davanti allo specchio,
per dare al mio viso un aspetto da ultra
dark. Raramente mi trucco in questo
modo, lo faccio esclusivamente quando
desidero dare alla mia persona una
immagine di donna dura e violenta. Mi
serve per attirare su di me l'attenzione
delle altre donne prima di entrare in
una delle dark-room.
Per rendermi più
interessante ai loro occhi mi piacerebbe
mostrarmi con un piercing infilato a un
capezzolo. Magari prima o poi deciderò
di farmelo mettere, ma ho troppa paura
del dolore fisico che potrei provare
quando l'ago penetra nella pelle per
decidermi a farlo. Non lo sopporterei e
potrei svenire, ne sono certa.
Farsi bucare il capezzolo
deve essere molto doloroso. Ne ho
parlato con qualche ragazza che l'ha
fatto e tutte mi hanno assicurato che
non lo è, anzi mi hanno rassicurata
dicendomi che, una volta guarito il
forellino della ferita, il piercing
rende molto piacevoli le sensazioni
tattili al seno. Beh, io tanto per
cominciare, potrei farmene infilare uno
su un labbro della fica. Lì dovrei
provare meno dolore e magari anche più
piacere.
.
Mentre sono in attesa di
entrare al Binario17 insisto a guardare
verso le scarpe di pelle nera, con
tacchi da 12, che calzo ai piedi.
All'ingresso del locale un paio di
buttafuori selezionano uomini e donne da
ammettere nella discoteca. Due ragazze
con corsetti di cuoio nero e calze a
rete, parzialmente sottratti alla mia
vista da un Woolrich aperto sul davanti,
entrano prima di me. Alle mie spalle
scorgo una bambola bionda, con indosso
una pelliccia di leopardo, che sembra
uscita direttamente da un film di Tinto
Brass, ma che mi scoperei volentieri nel
corso della nottata.
Nel vestibolo della
discoteca è possibile rifornirsi,
gratuitamente, di preservativi,
lubrificanti di ogni genere, e vari
modelli di oggettistica sessuale per chi
desidera cimentarsi nelle più disparate
pratiche erotiche. Non ci faccio caso e
proseguo nel mio cammino verso la pista
da ballo.
Stasera sono parecchio su
di giri. La passera sta facendo le
capriole e godo di una abbondante
liquefazione. Mi fermo al guardaroba
dove lascio in custodia cappotto e
borsetta. Mi avvicino al bancone della
distribuzione delle bevande e ordino un
Buck's Fizz. Assaporo a piccoli sorsi il
cocktail dal gusto fresco e leggero e mi guardo intorno.
La pista da ballo è
occupata da un grande numero di
avventori. Ci sono uomini e donne di
tutte le età e coppie di ogni tipo. La
bionda che ho intravisto all'ingresso
del locale, un tipo esplosivo con due
tette siliconate da fare girare la testa
a chiunque, dimena il culo come una
anguilla, neanche fosse una cubista
pagata dai gestori della discoteca. Ha
il volto paonazzo ed è sempre più
tigre. Soffia, ringhia, ride e sbatte il
culo verso il pubblico assiepato ai
tavoli che la guarda. E' una furia.
La osservo e penso che mi
piacerebbe scoparla. Mi butto anch'io
sulla pedana da ballo e mi piazzo di
fronte a lei. Mi adopero in tutti i modi
a muovere il culo per attirare la sua
attenzione, ma lei sembra ignorarmi:
probabilmente non sono il suo tipo. Mi
sposto di qualche metro più in là e
fingo di ignorarla, invece mi eccita
parecchio la sua persona.
Alle 2.00 il ritmo della
musica sincopata pulsa negli ossicini
delle mie orecchie, e accelera la voglia
che ho di allontanarmi dalla pista da
ballo per cercare rifugio in una delle
stanze della dark room. Mi avvicino alla
porta che conduce al corridoio delle
stanze e col batticuore l'apro. Mi
addentro nel corridoio delle salette
speciali. Cammino fingendo di non essere
interessata alle scene di esibizionismo
che intravedo oltre le tende delle
stanze. L'aria è viziata dai troppi
miasmi, la cosa mi eccita parecchio e mi
fa sentire ancora più porca.
La possibilità che
qualcuno, d'improvviso, mi possa
trascinare con la forza dentro una
stanza mi inquieta. Procedo tentoni
lungo il corridoio. Il silenzio,
interrotto da frequenti gemiti di
piacere, aumenta la mia eccitazione. Per
sbaglio entro in una stanza dove
intravedo una ragazza, vestita con un
completo in latex, appesa mani e piedi
al soffitto. Un'altra ragazza è riversa
sul pavimento, completamente nuda, e un
uomo incappucciato colpisce entrambi con
un gatto a nove code facendole urlare di
dolore o forse è piacere.
Non so se ridere, fare
finta di niente, oppure mostrarmi
interessata allo spettacolo. Proseguo
nel cammino determinata a raggiungere la
stanza riservata alle lesbiche.
Addosso mi porto una
atavica paura verso il buio che ancora
non ho superato. Raggiungo l'ultima
tenda alla sinistra del corridoio e la
scosto. Mi guardo intorno ma non riesco
ad abituarmi all'oscurità della stanza.
Avanzo certa che davanti a me troverò i
corpi nudi di molte donne anche se non
sono in grado di vederle. Me le sento
attorno, ascolto i gemiti e i sospiri.
D'improvviso ho le loro mani addosso.
Sono mani curiose e intriganti che mi
accarezzano e mi studiano. E' tutto così
eccitante e sono soltanto all'inizio
della nottata.
.
.
Sono quasi le 5.00 quando
imbocco il casello dell'autostrada A1.
L'alba spunterà fra non molto ed io
sono lontana cento chilometri da casa.
Nello specchietto retrovisore del Bmw
osservo il mio viso. Ho il trucco sfatto
e faccio schifo a me stessa. Inoltre ho le ossa
rotte dopo quanto è accaduto stanotte
nella dark room. Alle mie spalle ho
lasciato il Binario17 e le mie
tribolazioni notturne. Sono rilassata,
anzi infiacchita. Spero soltanto di non
rimanere vittima di un colpo di sonno
mentre viaggio per raggiungere Parma.
Al primo autogrill che
incrocerò lungo l'autostrada devo
necessariamente fermarmi. Ho bisogno di
bere un paio di caffè al più presto, magari
anche tre, se voglio arrivare a casa
sana e salva senza addormentarmi.
Finalmente intravedo il
cartello stradale che indica la stazione
di servizio di Somaglia Ovest. Lascio la
corsia centrale e mi sposto su quella di
destra decisa ad abbandonare, seppure
momentaneamente, l'autostrada.
Il bar della stazione di
servizio è affollato di persone. Alla
cassa pago lo scontrino della
consumazione e mi avvicino al bancone
dove un cameriere mi serve un caffè e
una brioche. Sto per avvicinare la tazza
di maiolica alle labbra quando il
cellulare, che per tutta la notte ho
lasciato custodito nella borsetta, si
mette a trillare. Fisso lo sguardo sullo
schermo dell'apparecchio e leggo il
numero telefonico. E quello di Lorenzo.
"Prima
di recarti al lavoro vieni a casa mia.
Ti aspetto. Ho voglia di te."
Allegato al messaggio c'è l'immagine
del cazzo di Lorenzo che lui stesso si
è premurato di fotografare pochi
istanti fa. Probabilmente pensa che io
sia a letto e prossima ad alzarmi, per
recarmi al lavoro, come faccio ogni
mattina a quest'ora. Nei giorni scorsi
mi sono guardata bene dall'informarlo
che mi sarei presa un paio di giorni di
riposo. Mica potevo dirgli che stanotte
sarei andata al Binario17.
Il messaggio è chiaro. E
adesso mi tocca rispondergli. Ma devo
farlo allo stesso modo che ha fatto lui,
inviandogli una foto di una parte del
mio corpo nuda. Merda! Se non avessi
cancellato dalla memoria digitale del
cellulare una delle mie foto di nudo
avrei potuto inviargli una di quelle,
sennonché le ho cancellate tutte
proprio ieri.
Devo appartarmi al più
presto, spogliarmi, fotografarmi la fica
oppure in subordine le tette e inviargli
la foto. Mica posso farlo qui, al
bancone, di fronte a tutta questa gente.
Adesso cerco un bagno e vado a
fotografarmi.
La cosa mi intriga. Bevo
tutto d'un fiato il caffè e vado alla
ricerca dei servizi igienici trascurando
la brioche. Non ho nemmeno bisogno di
abbassare le mutandine, in occasioni
come quella di stanotte non le indosso
mai. Effettuo un paio di foto alla fica,
le guardo, e ne invio una a Lorenzo
assicurandogli che fra non molto sarò
da lui.
"
Anch'io ho voglia di te. Fra poco sarò
lì."
I messaggi di Lorenzo mi colgono ogni
volta nelle situazioni più disparate.
Spesso mi obbligano a fare i salti
mortali per riuscire a fotografare le
mie nudità, però mi eccita da morire
ricevere le sue richieste e
assecondarlo. Prima o poi qualcuno mi
scoprirà e mi denuncerà per atti
osceni in luogo pubblico. E' accaduto già
un paio di volte, al supermercato e per
la strada, di essere vista mentre mi
fotografavo la fica. In entrambe le
occasioni mi sono data alla fuga
eclissandomi fra la gente inseguita
dallo sguardo turbato delle persone che
mi avevano visto farlo.
Di sicuro non posso
presentarmi davanti a lui con questo
abito da sera. Lorenzo è convinto che
sto per andare al lavoro, e se gli
faccio visita vestita in questo modo
mangia la foglia e mi riempie di botte.
Merda! L'unica cosa che
posso fare è mostrarmi completamente
nuda quando aprirà la porta di casa,
con il solo cappotto addosso, e dirgli
che è una sorpresa. Sì, ho deciso, farò
proprio così.
Prima di uscire dal bagno
mi spoglio dell'abito e resto nuda con
il solo cappotto addosso. Davanti allo
specchio, fissato al muro sopra il
lavandino, cancello dal viso quanto è
rimasto del trucco da ragazza dark,
ravvivo i capelli con la spazzola, e
faccio il vuoto nei miei pensieri. Per
ultimo tolgo dalla borsetta lo
spazzolino e mi lavo in fretta i denti,
senza il dentifricio, dopodiché
riprendo la corsa verso casa.
Quinto piano senza
ascensore. L'appartamento di Lorenzo si
affaccia sul torrente che separa in due
la città. Parcheggio il Suv poco
distante dalla sua abitazione. Suono e
aspetto che mi apra il portone.
Salgo i cinque piani
di scale a piedi. Quando raggiungo il
pianerottolo dove ha l'abitazione
Lorenzo ho il fiatone. La porta
dell'appartamento è semiaperta.
Sbottono il cappotto in modo che possa
vedermi nuda. Entro e non vedo nessuno.
Chiudo la porta alle mie spalle e vado
dritta verso la camera da letto.
Nel buio della stanza,
illuminata soltanto da una abat-jour,
tolgo le scarpe e lascio cadere il
cappotto sul pavimento. Rimango nuda
guardata con appetito da Lorenzo disteso
sotto le lenzuola. Mi infilo nel letto e
mi ritrovo il cazzo fra le mani. E'
turgido e mi godo la sua consistenza. Lo
avvolgo tutt'attorno con le dita e lo
scappello del tutto.
- Succhia! - è l'unica
parola che sa dirmi Lorenzo.
Abbasso il viso sino a
sfiorare la cappella e mi concentro
sull'odore penetrante di piscio di cui
è permeato il cazzo. Lorenzo mi scosta
i capelli e mi accarezza la guancia.
Accompagna la cappella fra le mie
labbra, che mantengo leggermente
socchiuse, e mi consegna il suo calore,
poi inizio a succhiare.
Avverto la pienezza della
cappella mentre sbatte contro il palato.
Inzuppo di saliva il cazzo in tutta
la sua lunghezza. Mi impegno a farlo
scorrere fra le labbra, avanti e
indietro, mentre il tempo si dilata,
schiava della mia anima persa.
Succede spesso che Lorenzo
mi ordini di raggiungerlo per fargli un
pompino. Io ubbidisco sempre. Ma stamani
ho addosso una sonnolenza terribile,
nemmeno faccio caso ai suoi gemiti di
piacere, anche adesso che pronuncia il
mio nome e mi invita ad accelerare il
movimento delle labbra. Nella mente ho
impresso il ricordo dei fremiti di
piacere trasmessimi dalle femmine che
stanotte mi hanno posseduta nella dark
room, solo quello.
Non faccio caso alle mani
di Lorenzo che mi accarezzano la nuca
mentre gli succhio il cazzo. Sento che
ormai è prossimo a venire nella mia
bocca. Si irrigidisce in tutto il corpo.
E' un lungo attimo durante il quale
deglutisco il seme che esce copioso
dall'uretra e tutto intorno a me si
ferma. Vulnerabile più che mai, fragile
come il cristallo, penso che a Lorenzo
gli appartengo da sempre.
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