E IO GLIELA DO
AL PRIMO APPUNTAMENTO 

di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

   - Qualche sera fa, mentre mi cambiavo d’abito nello spogliatoio della clinica dove lavoro, ho chiesto a Elisabetta d’illustrarmi le ragioni che l’hanno spinta a interrompere la relazione con il fidanzato. Tradendo una certa apprensione mi ha confidato che tutte le volte che litigavano le rinfacciava di essersi fatta scopare la sera stessa del loro primo appuntamento, lasciando intendere, non troppo velatamente, che si era comportata da troia. Capito! – disse Erika.
  
- Beh, può risultare strano, ma a tutt’oggi è ancora difficile fare capire agli uomini che per noi donne è abbastanza normale fare sesso al primo appuntamento come lo è per loro. Per quale ragione non dovremmo farlo se siamo arrapate e con la fica in liquefazione? – disse Luana
  
- Purtroppo sono molti gli uomini che, in modo sprezzante, bollano una donna come fosse una puttana: “quella me l'ha data la prima sera che ci siamo conosciuti”. Io gli strappo il cazzo con un morso, mentre gli faccio un pompino, a un uomo che si esprime così.
  
- Quando accetto l'invito a cena da un uomo è perché già mi piace, altrimenti rigetterei la sua richiesta. Se poi la serata procede come piace a me allora punto ad andarci a letto. E’ un impulso naturale quello di avvertire una forte attrazione verso un uomo oppure una donna che ci piace, perché la giudichiamo adeguata alle nostre aspettative. Tutte le volte che ho interesse verso un uomo preferisco accertarmi in breve tempo se siamo sessualmente compatibili, mica posso aspettare sino al ventesimo appuntamento per dargliela. Giusto? Che poi nel frattempo lo stronzo si è già trovato un’altra che gliel’ha data prima di me.
   -
Quello che gli uomini faticano a comprendere è che noi donne proviamo le medesime pulsioni sessuali che nutrono loro per noi. E’ nella nostra natura provare attrazione verso una persona che ci piace e fare il possibile per sedurla, magari scopando al primo incontro. Purtroppo la maggioranza dei maschi ha difficoltà a intraprendere un rapporto duraturo con chi gliela dà al primo appuntamento. Dico bene?
  
- Fare l’amore al primo incontro, anche se una persona mi piace, per me non è una regola. Soprattutto non la do mai per principio al primo sfigato, figlio di papà, pieno di soldi, che me la chiede. 
   - Ho superato da un pezzo l'età delle mele quando, da liceale, per scopare con un ragazzo, per cui provavo una forte attrazione, mettevo in atto le più improbabili delle strategie. Oggi non sono così scema dal pensare che l'inizio di una storia dipenda soltanto dall'esito di una scopata.
  
- Fare sesso al primo incontro non fa assolutamente male a nessuno dei due partner, anzi tutt’altro, mentre innamorarsi di un coglione quello sì che fa male. Questo è quello che ho cercato di fare capire alla mia amica Elisabetta, dicendole che non deve rammaricarsi per essersi lasciata alle spalle il suo ex fidanzato. Viviamo in una società piena di interrogativi e noi donne non abbiamo bisogno di contemplare fra i tanti problemi anche quello del sesso. E poi è sempre meglio scoprirlo subito se c’è o meno affinità sessuale fra due persone. Questo non significa che agli uomini gliela do subito, però non mi va di essere giudicata al pari di una puttana se faccio sesso al primo incontro con una persona che mi piace.

* * * * *

   Sono trascorsi sei mesi da quando dalla Clinica Chirurgica sono stata trasferita alla nursery della Clinica Ostetrica. Mi hanno spostata d’ufficio, anzi per punizione, i responsabili della Direzione Sanitaria dell’Azienda Sanitaria. Lo hanno fatto dopo avermi impartito un periodo di sospensione dal lavoro pari a un mese, privandomi dello stipendio.
   Hanno preso questa decisione dopo che, nella sala operatoria dove svolgevo le mansioni d’infermiera strumentista, ho minacciato con un bisturi un medico. E' accaduto durante la seduta di un intervento chirurgico, e di quello che ho fatto non ne sono affatto pentita, anzi, lo rifarei.
   Se l’ho fatto è perché uno stronzo di medico, con tanta protervia, si è azzardato a palparmi il culo mentre ero china sul campo operatorio intenta a coadiuvare i suoi colleghi durante un intervento chirurgico. Mi sono girata e con tutta la rabbia che avevo in corpo gli ho sferrato un colpo al torace con la lama del bisturi, venendo a contatto con il grembiule di plastica che i chirurghi indossano sotto il camice per proteggersi dagli spruzzi di sangue. E non ne sono affatto pentita!
   Il mio lavoro in nursery consiste nel dare assistenza ai neonati e alle madri, spiegando alle neo mamme come cambiare i pannolini ai figli, medicare il cordone ombelicale finché cade, lavarli e pesarli subito dopo la poppata per costatare se hanno mangiato. Insomma sono a disposizione delle mamme e dei bebè per qualunque cosa possano avere bisogno durante il periodo di ricovero, e poi offrire a entrambi i genitori delle spiegazioni se hanno dei dubbi.
   Tutto sommato mi sentivo più realizzata quando svolgevo il lavoro da strumentista in sala operatoria, piuttosto che essere l’infermiera nella nursery. In Clinica Ostetrica mi imbatto continuamente con i famigliari delle partorienti in spasmodica attesa fuori dalla sala parto. Quello che mi addolora è che nessuno dei parenti mi chiede, prima di tutto, quali sono le condizioni della mamma del neonato. Tutti vogliono sapere qual è il sesso del neonato, dando per scontato che il bambino sia sano. Unica eccezione è la madre della partoriente, infatti, è lei che, per prima cosa, chiede sempre come sta la figlia.
   Qualche amica, sentendomi dire che sto a contatto per tante ore del giorno con i neonati, mi ha chiesto se ho voglia di averne uno tutto mio. 
In effetti è un’idea a cui penso spesso. Confesso che mi mette tanta paura.
   E allora cos’è che mi spaventa?
   Il padre.
   Per il resto penso che potrei essere una buona madre, credo.

   Nuda davanti allo specchio, un ovale incassato nell’armadio della stanza da letto, osservo l’immagine del mio corpo riflessa nel vetro. Ma ciò che vedono i miei occhi sono soltanto i difetti che imbruttiscono il mio corpo. Eppure sono molti gli uomini che farebbero pazzie per impadronirsene, magari per goderne soltanto qualche istante: il tempo di una sveltina.
   Da un po’ di tempo evito di guardarmi nuda allo specchio perché non mi piacciono le cicatrici che hanno lasciato sulla mia pelle le tante storie d’amore e di sesso che ho avuto.
   Fatico a guardare le cicatrici del mio cuore perché mi hanno lasciato profonde ferite che non si sono mai rimarginate. Sono ferite che si riaprono ciclicamente e allora devo fare i conti con il male di vivere che non mi dà pace. Quello di cui ho bisogno è di ricominciare ad amare e lasciare alle mie spalle il ricordo di uomini e donne di cui sono stata innamorata, ma anche dei tanti sconosciuti che hanno potuto godere dei piaceri del mio corpo anche una notte soltanto.
   Tutte le volte che mi metto nuda davanti allo specchio mi comporto come un’adolescente. Mi sta succedendo anche stasera. Alzo entrambe le braccia verso l'alto, ruoto le spalle da un lato e dall'altro e mi compiaccio della forma delle tette, non troppo grosse in verità, ma per nulla cadenti.

  
Stare a guardare le mie nudità mi eccita, succede ogni volta che lo faccio. Ho le tette gonfie e i capezzoli turgidi per effetto della doccia che ho appena terminato di fare. Sfioro con le dita l'apice del capezzolo dalla parte del cuore e mi prende una dannata voglia di masturbarmi.
   Alla mia età, da poco ho compiuto trentadue anni, me ne starei delle ore a toccarmi le tette e carezzarmi il clito davanti allo specchio. Ma stasera ho un appuntamento con Massimo, un medico specializzando dell’ospedale in cui lavoro e non ho ancora deciso come vestirmi.
   Provo diversi capi di lingeria fintanto che la scelta mi cade su un reggiseno in tulle nero, a triangolo, che bene si accompagna al minuscolo tanga che mi copre la fica.
   Dall'armadio levo fuori un corsetto di pelle nera. E’ una sorta di top speciale che indosso soltanto in rare occasioni e questa di stasera la è. Ha una linea aderente che bene si adatta alle forme del mio corpo. Infatti, mi avvolge in modo perfetto torace e fianchi. 
   Afferro la cerniera nella parte centrale anteriore del corsetto e la faccio scorrere dal basso verso l'alto, fintanto che il corsetto assume una forma a clessidra.
   Il décolleté a cuore, sensuale, elegante e assai chic, mi impreziosisce il seno e mi dà l’impressione d’essere una donna irresistibile. Da un secondo armadio levo una gonna nera, piuttosto corta, e la indosso. Per ultimo calzo ai piedi un paio di stivali che mi coprono le gambe e giungono appena sopra il ginocchio.
   Mi avvicino di nuovo allo specchio e non posso fare a meno di notare che il corsetto che ho indossato, oltre alla capacità di snellirmi i fianchi, assottigliare la pancia e mettere in dovuto risalto il décolleté, mi conferisce un aspetto piuttosto sensuale senza farmi sembrare volgare o troppo appariscente. E di questo me ne compiaccio.
   Ecco! Sono quasi pronta per uscire di casa. Davanti allo specchio del bagno mi affretto a imbellettarmi il viso ponendo particolare attenzione al make-up degli occhi. Stiro i capelli, neri e lisci, lasciando che appoggino sulle spalle. Per ultimo indosso un collarino in pelle nera con un pentacolo metallico.
   Adesso sono pronta a uscire di casa.

   L’orologio appeso a una parete del salotto segna le nove e venti quando Massimo suona il campanello da basso. E’ in anticipo di una decina di minuti rispetto all’ora concordata. Per fortuna sono pronta e, priva di freni inibitori, mi precipito giù per le scale.
   Il mio spasimante è in attesa davanti a un Bmw nero.
   - Hai un corpo da reato. - sono le prime parole che mi sussurra all’orecchio dopo avermi spiaccicato un doppio bacio sulle guance. E il suo complimento mi fa immenso piacere.
   - Dove mi conduci stasera?
   - Potremmo andare al Fuori Orario. Il locale dista soltanto una decina di chilometri da Parma ed è un posto diverso da tutti gli altri della nostra città. Ci sei mai stata? 
   - Qualche volta...
   - E' un locale underground dove si ascolta della buona musica.
   Detesto il conformismo di chi crede d’essere anticonformista e mi propone di trascorrere la serata in un locale che secondo i suoi gusti dovrebbe essere alternativo, però mi trattengo dal dirglielo
   - A Taneto di Gattatico?
   - Lo trovi strano?
   - No, per niente. - anche se il primo locale che mi viene in mente è La Taverna Rossa ubicata in pieno Oltretorrente, un circolo Arci vilipeso in più di una occasione da quel fenomeno da baraccone di Platinette, e in subordine il Filippelli di Via Baganza a un passo dal Cimitero Monumentale della Villetta. Ma non mi va di proporgli di fare visita a nessuno di questi due circoli Arci, certa che in quei posti non si troverebbe a proprio agio.
   - E allora hai deciso dove vuoi andare?
   - Portami a guardare le stelle in riva al Po. - dico certa di sorprenderlo non poco.
   - Sul Po?
   - Lo trovi strano?
   - No... - replica senza riuscire a nascondere un certo imbarazzo.


   Ha tutti i presupposti per essere una incredibile serata questa di fine estate che mi ritrovo a vivere in compagnia di Massimo. Una volta lasciata la città alle nostre spalle procediamo spediti per la Strada Provinciale che da Parma conduce alla Bassa, e di seguito alla sponda lombarda del Po.
   Seguitiamo a parlare mentre Radio Deejay ci tiene compagnia in questo peregrinare notturno. A dire il vero parlo soprattutto io perché sono di indole loquace, anzi logorroica. Massimo sta pazientemente ad ascoltarmi lasciando intendere con dei monosillabi che è d’accordo con tutte le parole che gli riverso addosso.
   I fari del Bmw illuminano il cartello stradale che indica il paese di Roccabianca, famoso per fare parte di quel Mondo Piccolo narrato da Giovannino Guareschi nei suoi libri di cui sono protagonisti Peppone e Don Camillo.
   - Adesso dove vuoi che mi diriga? - chiede Massimo disorientato.
   - Segui l’indicazione stradale per Stagno. Non è un laghetto, ma una frazione di Roccabianca. Lì, oltre l'argine del fiume, c'è un area attrezzata dove puoi parcheggiare l'automobile.
   Una volta raggiunto l’abitato di Stagno, quattro case e un campanile, scavalchiamo l’argine del fiume e percorriamo uno stradello sterrato che ci conduce all’area attrezzata di cui ho fatto cenno a Massimo.
   Scendiamo dall’automobile e camminiamo, aiutati nel nostro percorso dalla luna piena, sino a raggiungere il punto in cui una lunga scalinata metallica conduce all’imbarcadero.
   - L’acqua del fiume in questo tratto di pianura scorre lenta e inesorabile vero il mare, però il fiume non è più lo stesso di quando ero bambina.
   - Sei nata da queste parti? - mi chiede Massimo che si è posto alle mie spalle e mi circonda i fianchi con le braccia.
   - Sì, a Pieveottoville.
   - L’acqua del fiume è torbida e poco pulita.
   - Mio nonno mi raccontava che un tempo la gente beveva l’acqua del fiume.
   - Davvero?
   - Sì.
   - Io non vi immergerei neanche la punta di un piede per paura di rimanerne infettato.
   - Eppure in alcuni mesi dell’anno il fiume è balneabile.
   - Sei sicura?
   - Credo di averlo letto sul giornale. - dico mentre non posso fare a meno di percepire il cazzo di Massimo che struscia con insistenza contro le mie natiche.
   Smetto di prestare attenzione allo scorrere dell’acqua, illuminata dal riverbero della luna piena, e mi giro verso Massimo. Ci fissiamo negli occhi, senza quasi toccarci, e nei suoi colgo il desiderio di possedermi. Avviciniamo simultaneamente le labbra e ci assaggiamo con dei baci quasi impercettibili, ma non riusciamo a fermarci. Entro nella sua bocca di lingua e denti, lui fa lo stesso con me e prende a slinguazzarmi contro il palato. E’ una montagna di saliva quella che ci scambiamo. Sa di menta e acqua salata.
   Sto perdendo il controllo di me stessa. So bene a cosa vado incontro tutte le volte che mi trovo con gli ormoni in subbuglio e la fica che fa le capriole. Massimo deve averlo intuito perché calca la mano sullo zip della cerniera del corsetto e lo fa scendere sino in fondo.
   Lo lascio fare senza opporre alcuna resistenza.
   Posa tutte due le mani sulle tette e le accarezza delicatamente.
   - Sei cosi bella… - mi sussurra all’orecchio.
   - Davvero lo pensi?
   - E ne dubiti?
   Mi toglie il corsetto dalla pelle, lo fa scivolare alle mie spalle, poi lo lascia cadere per terra.
   Vengo spinta con la schiena contro il fusto di un pioppo con Massimo che s’inginocchia ai miei piedi. E’ lesto a sganciarmi la cerniera della gonna, poi mi costringe ad abbassarla sino alle caviglie.
   - Liberati del resto. - ordina, inginocchiato ai miei piedi.
   Mi adeguo alla sua richiesta e mi libero sia del reggiseno sia del tanga.
Mi ritrovo nuda in mezzo a un labirinto di pioppi con addosso il collarino di pelle e gli stivali ai piedi.
   Spogliata delle mie sicurezze, priva di difese, ho i seni gonfi e i capezzoli turgidi, dolenti di desiderio, come mi è già accaduto in tante altre occasioni con diversi uomini.
   Se un paio di ore fa qualcuno mi avesse prospettato di scopare all’aperto, in riva al fiume, mi sarei messa a ridere, invece eccomi qua a gemere di piacere.


   Inginocchiato ai miei piedi Massimo si fa largo a suon di baci fra le mie cosce fintanto che raggiunge le labbra della vagina. Ho atteso a lungo questo momento e adesso godo del piacere che sa darmi mentre me la lecca.
   Mi concentro sulla sensazione di piacere che sa darmi la lingua che fa pressione su clitoride e lo succhia.
   Mi piacerebbe inumidirgli la faccia di pioggia dorata perché ho la vescica colma e una gran voglia di fare la pipì, però respingo questa tentazione eccitata dalla lingua che mi lambisce la fica. Quello che desidero è soltanto raggiungere l’orgasmo.
   Massimo è instancabile nel leccarmi il clitoride. Respiro con affanno e le gambe mi tremano. Ha sollevato le braccia e mi accarezza le tette, soffermandosi soprattutto a torcermi i capezzoli. Depongo le mani sul suo capo e lo attiro con forza verso di me.
   L’insistenza con cui succhia il clitoride mi fa traballare le gambe. Sono prossima a venire. Lo sento.
   Urlo tutto il mio piacere e stringo le cosce. Allontano il viso di Massimo dalla fica e mi accascio col culo per terra.
   Cerco con gli occhi
Massimo che finalmente si spoglia e sono appagata dalla visione del cazzo duro che mette in mostra dopo che si è liberato delle mutande. Sto per prenderglielo in bocca, desiderosa di fargli una pompa, ma preferisce che mi metta carponi sull’erba e sale dietro di me.
   Non ha difficoltà, arrapato com'è, a ficcarmi il cazzo fra le cosce.
Essere scopata alla pecorina da un uomo, con cui prima di stasera non avevo nemmeno mai scambiato un bacio, mi sembra un po’ strano. Di solito gli uomini preferiscono che li faccia venire di bocca e io sono brava a farlo.
   La pecorina, diversamente da come la pensano molte mie amiche, è una delle posizioni dell’amore che preferisco perché mi permette di mostrare agli uomini quanto ce l'ho bello il culo.
   So bene che in questa posizione è impossibile scambiarsi baci o anche semplici sguardi, ma stare a quattro zampa con l'uomo che mi scopa da dietro mi eccita tantissimo perché ha qualcosa di animalesco. E poi la penetrazione avviene ogni volta in maniera molto profonda.
 
   Massimo mi scopa cambiando spesso l'angolo di penetrazione spostandosi continuamente col cazzo da un lato all’altro, oppure scivolandomi dentro dall'alto al basso o viceversa. 
   A me piace scopare con gli uomini dotati di un cazzo grosso. Quello di Massimo non lo è, ma è duro e lo sa usare da dio. E poi bravo com'è mi toglie un sacco di problemi dalla testa.
   Le tette sembrano scoppiarmi tanto sono tese, ma lui sembra non prendersene cura, mentre ciò che vorrei è che le coccolasse, magari strizzandomi i capezzoli.
   In compenso sa gestire bene il ritmo. L'intensità e la profondità con cui mi scopa, mantenendomi ancorata a sé con la forza delle braccia e le mani strette ai miei fianchi, mi emoziona tantissimo.
   Tutt'a un tratto, mentre è impegnato a penetrarmi, mi solletica con le dita il clitoride aumentando a dismisura il mio piacere. Purtroppo le abbandona troppo presto, allora decido di toccarmi da sola decisa a raggiungere un orgasmo multiplo: vaginale e clitorideo.
   Concentrata come sono sulla mia eccitazione do poco peso alle dita del mio partner che mi umettano di saliva il buco del culo. Solo quando avverto la cappella puntare in modo deciso l'ano prendo coscienza di quanto mi sta succedendo.
   Non mi ritraggo e lascio che mi penetri.
   Il dolore che avverto mentre la cappella supera lo sfintere anale è notevole, anzi da stare male. E mentre spinge avanti e indietro il cazzo penso alle parole che ho scambiato con Massimo quando, uscendo da casa, gli ho chiesto di portarmi a vedere le stelle in riva al Po. E in effetti, sono quelle che sto vedendo adesso. Accidenti!!!

   Mancano pochi minuti a mezzanotte. Massimo fa girare la chiavetta e accende il motore della Bmw. Ci allontaniamo da Roccabianca e prendiamo la strada per Parma. Mentre superiamo il paese di San Secondo mi torna in mente una frase pronunciata da Rossella O'Hara nel finale del film Via col vento, là dove dice: “Dopotutto, domani è un altro giorno”.

 

 
 

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