|
DOPO
L'ULTIMO RESPIRO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico
adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il
contenuto possa offenderti sei
invitato a uscire.
Ormai prossimi alla pensione Aldo e
Orazio esercitavano il ruolo di tecnici
necrofori all'Istituto di Necroscopia
dell’ospedale cittadino. Entrambi
erano personaggi assai conosciuti in città,
specie fra i clienti che come loro
frequentavano le osterie dell’Oltretorrente
che osavano chiamarli col nome
di beccamorti, ma loro non se
ne dolevano affatto.
Il turno di notte era il
loro preferito poiché, a differenza di
quanto succedeva durante il giorno,
potevano svolgere le loro incombenze in
maniera autonoma, senza avere tra i
piedi l'ingombrante presenza di medici e
studenti universitari abituali
frequentatori delle sale di necroscopia.
Avevano preso servizio alle
dieci di sera e sarebbero rimasti in
servizio sino all'alba. La notte era
afosa, il caldo opprimente, e non tirava
un alito di vento. In poco meno di tre
ore si erano scolati tre bottiglie di
malvasia, e altrettante ne conservavano
al fresco in una delle celle frigorifere
che ospitavano i cadaveri. Il trillo del
telefono li distolse dalla partita di
scala quaranta che portavano avanti fra
una bevuta e l'altra.
Aldo si alzò dal posto che
occupava dietro al tavolo e, seppure non
troppo saldo sulle gambe, si avvicinò
all'apparecchio telefonico sistemato
sulla scrivania della sala di
necroscopia.
- Pronto! Istituto di
Necroscopia. - biascicò.
- Sono il dottor Mereghetti
del Pronto Soccorso. C'è una salma da
ritirare. Venite a prenderla appena
possibile.
- Va bene, dottore, saremo
lì fra poco.
Messa giù la cornetta Aldo
si rivolse a Orazio che nel frattempo
aveva provveduto a svuotare un altro
bicchiere di malvasia.
- C'è del lavoro al Pronto
Soccorso. Dai, alzati, dobbiamo recarci
là. - disse con la voce impastata
dall'alcool.
- Sì, va be', ma il melone
che abbiamo messo al fresco quando ce lo
mangiamo?
- Chi vuoi che se lo porti
via! E' al fresco, nella cella del
cadavere che abbiamo prelevato dal
reparto di medicina quando abbiamo preso
servizio, mica va a male! Lo gusteremo
quando saremo di ritorno dal Pronto
Soccorso.
L'aria fresca della notte
servì a destarli dal torpore originato
dai bicchieri di Malvasia bevuti in
eccesso. Orazio si mise alla guida
dell'ambulanza mentre Aldo si collocò
al suo fianco, dopodiché si
allontanarono dall'Istituto di
Necroscopia. Dopo pochi minuti varcarono
la soglia del reparto di Medicina
d'Urgenza, dependance del Pronto
Soccorso, spingendo la barella su cui
avrebbero adagiato il cadavere. Una
infermiera li accompagnò nella stanza
dove era stata collocata la salma.
- E' una ragazza tedesca.
Quando è giunta al Pronto Soccorso era
già cadavere. Il compagno con cui viaggiava
è vivo, ma è ricoverato in gravi
condizioni in sala di rianimazione.
Sembra che la ragazza gli stesse facendo
un pompino mentre il compagno era al
volante della vettura e ad alta velocità
percorrevano l'autostrada.
- Beh, se è vero quello
che racconti il ragazzo ha corso il
rischio di ritrovarsi senza cazzo. La
ragazza, con un morso, glielo avrebbe
potuto mozzare. Ah! Ah! Ah! - disse Aldo
ridendo di gusto.
Avvicinarono la barella al
letto ed effettuarono il trasbordo del
cadavere, poi coprirono il corpo della
ragazza con un lenzuolo.
Quando giunsero
all'Istituto di Necroscopia
trasbordarono la salma su uno dei tavoli
d'acciaio su cui erano eseguite le
autopsie. Prima di ricomporla e lavarla
ritennero opportuno recarsi a mangiare
qualcosa.
Il viaggio all'aria aperta
aveva destato in entrambi un certo
appetito. Prelevarono da una cella
frigorifera il melone che a inizio
serata si erano premurati di riporre al
fresco e lo tagliarono a fette. Si
cibarono del frutto scolando anche due
bottiglie di malvasia.
Alle due di notte erano di
nuovo tutt'e due sbronzi.
- Dobbiamo sistemare il
corpo della ragazza prima del cambio
turno. - farfugliò Aldo, che dei due
era il più sobrio.
Si alzarono dalle sedie e,
barcollando, presero la direzione della
sala delle autopsie. Il corpo della
ragazza era disteso sul tavolo d'acciaio
ancora avvolto dal lenzuolo con cui
l'avevano coperta prelevandola al Pronto
Soccorso. Prima che il cadavere
s'irrigidisse avevano l'obbligo di
provvedere alla sua pulizia, dopodiché
l'avrebbero sistemata in una delle celle
frigorifere dove giacevano le altre
salme.
Orazio prese da un cestello
un paio di guanti in lattice. Ma
soltanto dopo alcuni maldestri tentativi
riuscì a infilare le dita nei guanti,
imitato in questo da Aldo. Indossarono
tutt'e due uno spesso grembiule di
plastica, di quelli che giungevano sino
ai piedi, per ripararsi dagli eventuali
spruzzi di sangue e si avvicinarono al
tavolo necroscopico. Scostarono il telo
che avvolgeva il corpo della ragazza e
rimasero a guardarla. Era una cittadina
tedesca, di questo ne erano certi, una
delle tante che ogni anno scendono dalla
Germania per venire a morire sulle
strade d'Italia.
Il corpo non mostrava segni
evidenti di ferite. La ragazza era
ancora vestita dei suoi abiti: una
maglietta e una gonna cortissima. Prima
di procedere alla pulizia del corpo
avrebbero dovuto toglierle gli
indumenti, e provveduto a lavarla.
Aiutandosi con le forbici
si diedero da fare a tagliare gli abiti
come erano soliti fare nei casi simili a
quello. Se fossero stati sobri la
manovra non avrebbe presentato difficoltà,
ma l'eccessiva quantità d'alcool che
avevano bevuto né rallentò l'azione.
Impiegarono un po' di tempo per venirne
a capo. Finalmente, dopo alcuni
maldestri tentativi, gli ultimi
indumenti caddero ai loro piedi
lasciando il cadavere spoglio di tutto.
La ragazza non doveva avere
più di venticinque anni. La carnagione
era bianca come il latte. I capelli
biondi erano aggruppati attorno al capo.
Aldo le sollevò la nuca e, durante la
manovra, notò la presenza di una
profonda ferita sulla parete occipitale
del cranio.
Il corpo della ragazza era
bellissimo. I seni marmorei,
troppo gonfi per essere naturali, erano
caratterizzati da capezzoli di colore
lilla. I peli del pube, di colore
paglierino, poco curati, erano lunghi e
arricciati.
Nel corso della loro
carriera Aldo e Orazio si erano presi
cura dei cadaveri di molte ragazze, ma
in nessun'altra occasione gli era
capitato di farlo da ubriachi, perlomeno
non nella misura di quella sera.
- Chissà quanti uomini se
la sarebbero scopata quando era viva. -
sentenziò Orazio.
- Ci credo! E chi avrebbe
potuto rifiutarsi di scopare una così?
Ah! Ah! - lo rimbrottò Aldo.
- Ci scommetto che te la
scoperesti anche ora. Dimmi la verità.
- Ma non dire stronzate.
Durante lo scambio di
battute seguitarono a lavarla
utilizzando un disinfettante volatile,
determinati a toglierle le tracce di
sporcizia raggrumata sulla pelle.
- Mentre le strofinavo la
fica l'uccello mi è diventato duro. Sai
com'è. Sono mesi che non ho rapporti
con quella Befana di mia moglie.
Accarezzare questa fichetta non mi
lascia del tutto indifferente. A te non
sta facendo nessun effetto, vero?
Orazio benché ubriaco
percepì l'allusione malevola del
compagno. Era consapevole che molti
colleghi lo consideravano omosessuale e
queste maldicenze lo infastidivano perché
non vere.
- Di questa tedesca
ciucciacazzi non me ne frega una sega. -
mugugnò.
- Lo immaginavo, lo sanno
tutti come sei fatto. Ah! Ah! - lo
schernì Aldo
- Cosa vuoi insinuare?
- Dai, non offenderti.
Sappiamo come la pensi a proposito delle
donne.
- A te il vino ti sta dando
alla testa! - si lamentò Orazio
- Se ti piacciono,
dimostramelo. Monta questa ragazza e
dammi la prova che non è vero quello
che si dice sul tuo conto.
L'eccessiva calura del
locale, ma soprattutto l'effetto
dell'alcool li stava facendo sudare in
maniera esagerata. Orazio, dopo un
attimo d'imbarazzo, lasciò cadere sul
pavimento lo strofinaccio imbevuto di
disinfettante con cui era impegnato a
lavare il cadavere. Si liberò del
grembiule di plastica che gli cingeva la
vita e sbottonò i pantaloni della
divisa.
- Ehi, dico ma che fai, sei
impazzito? Guarda che scherzavo, mica
farai sul serio. Mettersi a scopare
questa poveretta è da pazzi.
Orazio, fuori di sé, non
diede ascolto alle parole del compagno.
Afferrò un tubetto di Silicol, un tipo
di gel del tutto simile alla vaselina, e
lasciò defluire il liquido nella vagina
della ragazza. Divaricò le gambe del
cadavere e si mise in ginocchio sul
bancone d’acciaio posizionandosi fra
le cosce della bionda ciucciacazzi.
- Adesso te lo faccio
vedere io se sono un frocio!
Strinse nella mano
l'uccello e iniziò a masturbarsi.
Quando l’ebbe duro si chinò sul corpo
della ragazza e lo infilò nella vagina
con rabbia. Aldo rimase a guardare il
compagno incapace di mettere in atto una
qualsiasi azione dissuasiva.
Lo scorrere dell'uccello
nella fica fu facilitato dal gel che con
tanta prodigalità Orazio aveva
introdotto nella cavità uterina.
Nemmeno per un istante riuscì a
guardare in viso la ragazza mentre la
scopava. Entrava e usciva con l'uccello
dalla vagina ossessionato dal pensiero
di raggiungere al più presto l'orgasmo.
Venne in poco tempo stando bene attento
a non sborrare nella cavità uterina,
altrimenti durante l'autopsia i medici
avrebbero scoperto le tracce di liquido
seminale.
- Adesso sarai contento! -
sbuffò Orazio rivolto all'amico,
dopodiché prese nella mano il
canovaccio imbevuto di liquido
disinfettante e asportò dall'addome
della ragazza le tracce di sperma.
Per il resto della notte
Aldo e Orazio non si scambiarono una
sola parola. Al mattino quando i
colleghi li raggiunsero per il cambio
turno li trovarono appisolati sulle
poltrone dell'ufficio.
- Ehi! E' mattina.
Sveglia!! - disse uno dei nuovi
arrivati. - Non vorrete mica trascorrere
il resto della giornata qui con noi.
La sbornia si era sbollita,
ciò che restava a Aldo e Orazio era un
terribile male alla testa. Giorgio, uno
dei due necrofori del turno di mattina,
appoggiò sul tavolo una copia del Resto
del Carlino.
- A proposito. Durante la
notte vi hanno portato il cadavere di
una ragazza deceduta sull'autostrada? -
domandò. - Sul giornale c'è un
articolo che ne parla. Il cadavere non
era quello di una donna, ma di un
transessuale. Da poco tempo si era fatto
operare a Casablanca. Sono proprio
curioso di vedere come è fatto.
|
|
|