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DISOCCUPATO
DISPONIBILE A TUTTO: OFFRESI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Questa
mattina, recandomi dal lattaio, ho notato un
foglio bianco
appiccicato al bordo del bancone. Era di
piccole dimensioni, all'incirca 15x10
centimetri. Qualcuno aveva
provveduto a suddividerlo in
strisce verticali, all'incirca una decina,
strappabili, dove era ben visibile il
numero di un telefono cellulare. Su ogni
striscia, in grassetto, c'era una scritta:
"Italiano
disoccupato offresi
per eseguire lavori di piccola
manutenzione domestica"
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Ho commentato il testo con
la signora Gisella, la moglie del
lattaio, una donna di cento e passa
chili che ha la mia stessa età,
cinquant'anni o poco più, ed è solita
dare ospitalità alle inserzioni dei
clienti pensando di fare cosa gradita a
loro e ai frequentatori
della latteria. Leggendo il testo non ho
potuto fare a meno di rimarcare le
parole chiave di quell'annuncio:
"Italiano" e "lavori di
piccola manutenzione", stupito che
l'autore dell'annuncio si rivolgesse
alla gente con un: "ho perso il
lavoro, ma sono italiano".
E' come se dicesse "Sono
uno di cui potete fidarvi, non sono uno
di quegli sporchi immigrati dalla pelle
nera che spacciano eroina agli angoli
delle strade e rovinano la salute dei
vostri figli". Ma nello stesso
tempo l'autore sembra volere dire:
"Sono un uomo disperato rimasto
senza una occupazione. Mi accontento di
effettuare piccoli lavori, giustappunto per
guadagnare ciò di cui ho bisogno per
sopravvivere". Poche parole che
invece sembrano esprimere lo sbando di
una società, in crisi come la nostra,
dove chi ha perso il lavoro fatica non
poco a reinserirsi nel ciclo produttivo.
Conosco, per averlo provato
sulla mia pelle, lo sconforto che si
prova quando si perde il lavoro. In quei
momenti la disperazione ti fa fare cose
che altrimenti non avresti mai avuto il
coraggio di mettere in atto, anche piegarsi a
massime di razzismo come le parole presenti
nelle parole di quell'annuncio, come se
il lavoro non fosse un diritto di tutti
ma riservato a una sola razza. Ma chi
sono io per giudicare gli altri? Io che
quando ho perso il lavoro ho fatto cose
molto peggiori se paragonate al testo
redatto dall'autore di quell'annuncio.
La settimana scorsa,
all'ingresso dell'Ipercoop, mentre
spingevo il carrello della spesa, mi
sono imbattuto nella figura di Marco
Bertogalli, un ex collega di lavoro. Da parecchio tempo non ci vedevamo,
un paio di anni, forse. Ci siamo
abbracciati, dopodiché abbiamo preso
posto attorno al tavolo di una
caffetteria dell'ipermercato. Fra un
bicchiere e l'altro di birra abbiamo
ricordato gli anni in cui lavoravamo
alla fabbrica per la lavorazione del
vetro da cui siamo stati esclusi dal
ciclo produttivo tre anni fa, eppure a
entrambi ci è parsa una eternità.
Mi ha confidato che sta
attraversando un momento di difficoltà
economica, ma non mi ha chiesto un
prestito di denaro, poveretto. Quando ha
perso il lavoro ha bussato a parecchie
porte, ma tutti gli hanno risposto che
era troppo vecchio per essere inserito
in un nuovo ciclo produttivo. Adesso si
arrabatta facendo dei lavori saltuari, in
nero, ma non ha voluto dirmi quali. Buon per lui che gli mancano
soltanto tre anni per raggiungere l'età
della pensione, a me invece ne mancano
più di dieci.
In città c’era arrivato
trent'anni fa dal Sud, tirandosi
appresso la famiglia, realizzando il
sogno di un lavoro sicuro, di una vita
decorosa, di una casa per sé, la
moglie, e i figli. Era orgoglioso del
proprio lavoro, ma non poteva immaginare
che, dopo una vita spesa attorno a un
altoforno, dando tutto se stesso,
orgoglioso della professione che
svolgeva nella fabbrica, da un giorno
all'altro lo stabilimento per la
produzione del vetro sarebbe stato
dismesso.
Quello che è accaduto a
Marco è capitato a tutte maestranze
dello stabilimento. Mille fra operai e
impiegati sono stati posti in cassa
integrazione e successivamente
licenziati. Io sono uno di quei
lavoratori.
La proprietà, una
multinazionale, ci ha comunicato, senza
alcun preavviso, che il nostro impegno
in fabbrica era da definirsi concluso. A nulla è
servito manifestare la nostra rabbia
proclamando numerosi giorni di sciopero,
coinvolgendo nella nostra lotta il
consiglio comunale e quello provinciale.
La proprietà aveva trovato più
conveniente chiudere lo stabilimento e
proseguire l'attività in Romania,
piuttosto che proseguire la produzione in Italia.
Marco non ha fatto cenno al
modo in cui guadagna il denaro
necessario per mantenere la sua
famiglia. Forse se ne vergogna. So per
certo che si dedica allo sgombro di
solai e cantine. Materiale con cui
rifornisce gli ambulanti che operano nei
mercatini di modernariato che si tengono
durante la settimana nelle piazze dei
paesi della nostra provincia.
- E tu ragioniere che
lavoro fai adesso? - mi ha chiesto.
- Mi arrangio anch'io. -
gli ho risposto, senza confessargli
quello che faccio realmente per
mantenere in modo decoroso la
famiglia, garantendo a mia moglie e ai
miei due figli il necessario.
- Ah.
- Si, ma non sto a dirti
cosa faccio perché ti annoierei
parlandoti di numeri e finanza. - ho
tagliato corto.
Marco ha chinato il capo e
io ho fatto lo stesso. In quel momento
ho trovato inquietante il dolore che si
nascondeva dietro le nostre parole,
mentre faticavamo a raccontare di noi
stessi ha distanza di tre anni da quando
avevamo perso il lavoro, forse perché
tutt'e due, seppure in maniera diversa,
mostravamo all'altro un forte senso di
inutilità.
Chi non ha provato la cassa
integrazione e successivamente ha subito
il licenziamento, non può capire il
dramma che si vive quando si è
disoccupati. Quando si è senza lavoro
ti manca persino la voglia di mettere piede
in un qualsiasi bar per
consumare un caffè. Scansi la compagnia
degli amici e di tutti coloro che hanno
un lavoro perché ti senti diverso da
tutti loro. La vita di chi è
disoccupato è grama, senza dignità,
perché devi fare delle rinunce, sei
sempre malinconico, e non hai voglia di
alzare la testa per ritornare a vivere.
Intorno a te c'è solo il vuoto, tutto
ti sembra vacuo e inutile, anche la
vita.
Il giorno che è scattato
il mio licenziamento, terminato il periodo
della cassa integrazione, ero disperato,
non sapevo dove sbattere la testa, poi
ho trovato una soluzione.
Con mia moglie ho finto di
avere trovato un nuovo lavoro, ma non in
città, bensì nella vicina Reggio
Emilia, a trenta chilometri da casa.
Sono trascorsi due anni da
quando ho iniziato questa nuova vita. Ho
sempre tenuto nascosta a mia
moglie il modo in cui
guadagno il denaro che mensilmente porto
a casa. Ma ho paura che i miei figli,
prima o poi, possano scoprire che l'impegno
lavorativo del loro papà non esiste,
perlomeno non nei termini che pensano
loro. Quando scopriranno la verità sono
certo che subentrerà la vergogna loro e
mia per il modo in cui guadagno il
denaro che serve a mantenerli. Ma non
posso rivelarmi, ormai sono obbligato a
fingere di avere un lavoro impiegatizio
come loro vogliono che sia, perché non
posso rivelare la verità. E la verità
è che mi prostituisco.
Sono arrivato a vendere il
mio corpo dopo avere intrapreso un
percorso difficile, consumato da angosce
e sofferenze, trascinato verso il basso
dalla disperazione. Quando ho preso la
decisione di prostituirmi ero
tormentato, non sapevo se ci sarei
riuscito, invece dopo avere soddisfatto
i primi clienti ho scoperto che non è
difficile prostituirsi. Dopotutto, chi
in un modo e chi nell'altro, tutti nella
vita si prostituiscono, specie sul posto
di lavoro. Ho pensato che avrei dovuto
mettere a frutto il bancomat di notevoli
dimensioni che mi pende fra le cosce per
trarne profitto. Mi sono detto che
potevano esserci dei clienti disposti ad
avere bisogno del mio cazzo di venti centimetri, come io del loro
denaro. Questo ho ripetuto a me stesso
prima di iniziare a vendermi. Sono
diventato un marchettaro! Un puttano! Un
uomo che vende il proprio corpo per
denaro.
Quando mi prostituisco
esercito un ruolo attivo. L'altra
persona, quella che mi paga per ricevere
i miei favori, assume un ruolo passivo.
Mi prostituisco per tornaconto economico
e nient'altro, anche se adesso non ne
sono più tanto sicuro.
Non mi considero gay,
anche se temo di avere una tendenza
omosessuale insopprimibile. In passato,
da adolescente, ho avuto più di un
rapporto omosessuale con miei coetanei,
passione che ho rigettato quando ho
conosciuto mia moglie. Forse era destino
che riprendessi a fare del sesso con i
maschi. Boh!
Provo piacere a farmi
succhiare il cazzo dagli uomini che mi
pagano per farlo, ma sarei pronto ad
abbandonare questo ruolo di prostituto
il giorno in cui mi si offrirà
l'occasione di una
sistemazione di lavoro decente, che
soddisfi le mie aspettative.
Mi prostituisco per la
strada, vicino alla stazione ferroviaria
di Reggio Emilia, enclave della
prostituzione maschile straniera in
città
composta perlopiù da romeni e magrebini.
I miei clienti sono uomini dalle diverse
estrazioni sociali, con una età
compresa fra i sedici e i sessanta anni.
Sono rapporti brevi e sfuggevoli quelli
che pratico, perlopiù nell'abitacolo
delle auto dei clienti, quasi tutti
sposati, ma che conducono una doppia
vita. Tutta gente che come me non si
considera omosessuale, ma che il
frequentare prostituti consente di dare
sfogo ai propri bisogni sessuali.
Il ruolo attivo che assumo
nel rapporto con i clienti mi impone un
notevole spreco di energie. Alla mia età
non è per niente facile praticare più
di un rapporto a distanza di poco tempo.
Il Viagra mi aiuta a mantenere una certa
erezione. Nei primi tempi,
accoppiandomi, chiudevo gli occhi,
dopodiché per mantenerlo duro pensavo
di stare a scopare Michelle Unziker
oppure Manuela Arcuri, adesso non più.
A noi marchettari,
diversamente dalle puttane, non ci è
permesso di fingere. Una donna può
lasciarsi penetrare e fare credere al
cliente di godere. Un maschio invece
l'erezione non può contraffarla, ci
deve essere eccitazione sessuale anche
quando la persona con cui stai avendo un
rapporto ti ripugna.
Ormai ci ho fatto
l'abitudine a farmelo diventare duro
masturbandomi. Soltanto una cosa non
posso dare ai clienti: l'amore, anche se
c'è qualcuno che si è innamorato di
me. Io sarò sempre e soltanto un
oggetto di piacere, un corpo in vendita.
Ecco quello che resterò per tutti
perché i clienti che si avvicinano a
me possono farlo in eguale misura con altri prostituti, se hanno bisogno
di compagnia. A fine giornata posso
considerarmi al pari di un infermiere
del sesso, anche se mi prostituisco
soltanto per denaro.
Nella Piazza della Stazione
FS di Reggio Emilia, la zona dove
abitualmente faccio marchette, sono
abbastanza richiesto dai clienti.
Piaccio soprattutto agli adolescenti,
forse perché in me cercano una figura
paterna. Piaccio perché ho un bel
corpo, un grosso cazzo, dei bei modi, ma
soprattutto perché ho una grande abilità
nello scopare. E poi so mantenere a
lungo una erezione, tutte cose che
esercitano una certa attrattiva sui
clienti. Ormai godo di una buona fama,
una reputazione che mi sono guadagnato
in tutti questi mesi di disoccupazione
perché ho sempre riempito di attenzioni
i clienti per non essere considerato
soltanto una macchina da sesso.
Ieri ero ammalato e non
sono andato a battere a Reggio Emilia. E
poi sono preoccupato per quanto mi è
accaduto venerdì, allorché, nel tardo
pomeriggio, mi sono trovato a consumare
per cinquanta euro un rapporto sessuale
con un cliente in una delle strade a
ridosso di Piazza Marconi, poco lontano
dalla Stazione FS.
Eravamo indaffarati nelle
rientranze di un portone, in una zona
buia della strada, quando siamo stati
notati da alcune persone che passavano
da lì. Inizialmente si sono soltanto
lamentate dicendoci di andare altrove a
fare quelle porcherie, ma visto che non
cessavo di farmelo succhiare dal ragazzo
che stava inginocchiato davanti a me,
hanno pensato di avvisare le forze
dell'ordine servendosi del cellulare.
Quando sul posto è
arrivata la pantera della polizia non ho
fatto in tempo a scappare. I poliziotti
sono stati più lesti, mi hanno
arrestato e trasferito, insieme al mio
cliente, un ragazzo di vent'anni, in
questura denunciandoci alle autorità
giudiziarie per atti osceni in luogo
pubblico.
Non so cosa succederà se
mia moglie verrà a sapere di questa
storia. Ho molta confusione per la
testa, forse sarò costretto a mettere
anch'io un annuncio come quello che ho
visto stamani nella bottega del lattaio.
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