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DENTI
DA CAVALLO
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
T utt'a
un tratto il telefono si mise a
trillare. Sollevai il ricevitore senza
distogliere l'attenzione dallo schermo
del televisore dove
le moto da GranPrix si stavano dando
battaglia.
- Lorenzo?
- Sì?
- Sono Elena, ciao! Come
va?
Elena, chi? Riflettei. La
ragazza con i denti sporgenti simili a
quelli di Maria Teresa Ruta, oppure
l'altra, l'avvocato? Mi astenni dal
risponderle disorientato
dall'inaspettata telefonata. Stavo per
farlo, ma ne fui impedito dalla medesima
voce di donna.
- Ti ricordi di me?
- Certo! - mentii. - come
no!
- Ci siamo incontrati al
Canadian Club, ricordi? Ero in compagnia
di Gabriella Bernini.
- Certo che lo ricordo.
Come potrei non rammentarlo. - dissi
avendo bene presente i denti da cavallo,
piuttosto sporgenti, che
caratterizzavano mascella e mandibola
del suo volto.
- Mi ha fatto piacere
conversare con te, peccato che non
abbiamo potuto approfondire la nostra
conoscenza c'era un tale casino quella
sera al Club.
- Eh, sì, hai ragione,
purtroppo nei locali come il Canadian la
musica è assordante ed è difficile
scambiarsi persino i nomi.
- Una di queste sere mi
farebbe piacere invitarti a cena a casa
mia, che ne pensi?
- Beh, sì. Va bene.
- Magari domani. Saremo
soli tu e io e potremmo parlare senza
essere disturbati dalla presenza di
altre persone.
Rimasi sorpreso dal tipo di
proposta sin troppo esplicita per le mie
orecchie. Quando c'eravamo conosciuti,
qualche mese addietro, mi era parso di
intuire un suo interesse nei miei
confronti, poi non c'eravamo più
rivisti sino alla sera in cui l'avevo
incrociata al Canadian Club. In quella
occasione non mi era passata per la
mente l'idea di corteggiarla, anche se
qualcosa di speciale il suo volto lo
esibiva.
I denti da cavallo,
sporgenti oltremisura, le deturpavano il
viso mettendo in secondo piano il bellissimo corpo.
L'invito a cena implicava
la concreta possibilità di scoparla.
Mica potevo tirarmi indietro, ci avrei
fatto la figura del coglione, e poi si
trattava pur sempre di figa, no?
- Domani sera?
- Sì.
- Va bene. Ma non so
nemmeno dove abiti.
- Ah. Sì, dimenticavo.
Abito in Via Fanfani al numero 3. Quando
sei davanti al portone suona il
campanello, ti verrò ad aprire.
- A che ora devo essere lì?
- Beh, verso le otto e
mezzo, ti sta bene?
- Sì.
- Okay, allora ci vediamo
domani sera. Ciao!
- Ciao. - risposi quando
aveva già riattaccato la cornetta.
Mi presentai al portone
dell'abitazione di Elena con qualche
minuto di anticipo rispetto all'ora
pattuita. Nella mano stringevo una
bottiglia di Moet. Che altro avrei
dovuto portarle in regalo? Un mazzo di
fiori? Un cesto con della frutta?
Cioccolatini? No, molto meglio dello
champagne. Sarebbe servito a farle
girare la testa. E poi ero andato lì
con un unico obiettivo. Scoparla! Mica
dovevo fidanzarmi.
Ciò di cui avvertivo il
bisogno era della compagnia di una ragazza
part-time, anche un po' svampita, con
cui scopare di tanto in tanto, senza
troppi problemi. Elena incarnava il tipo
di donna che faceva al caso mio.
Purtroppo era menomata
nella bocca da una cerniera di denti
sporgenti, come quelli di un cavallo, ma
ero certo che sarebbe stata felice di
accontentarmi in tutto e per tutto,
altrimenti chi se la sarebbe scopata?
Nessuno altro pensai, e sbagliai di
grosso.
La sua bocca era simile a
quella di una balena, persino troppo
grande per avvolgermi la cappella. A
cena si dimostrò cordiale, simpatica, e
anche un'ottima cuoca. Cucinò un piatto
di vermicelli conditi con sugo di
pomodoro e cipolla davvero squisiti che
divorai in un batter d'occhio.
Rimasi a guardarla mentre,
seduta di fronte a me, succhiava quel
tipo di pasta, più sottile degli
spaghetti, facendoli strisciare fra
labbra e denti. In quegli istanti mi
prese una dannata voglia di ficcarle la
cappella nella bocca, seduta stante,
come l'avevo vista fare con i
vermicelli.
Quando incominciò a
spogliarsi l'impressione che ne
ricevetti fu di trovarmi di fronte a una
matrioska, tanto furono numerosi gli
indumenti che si levò dalla pelle.
Rimase con il solo reggiseno, le
mutandine e un paio di autoreggenti a
rete per niente male.
Vista mezza nuda, con la
bocca chiusa, era davvero una gran bella
figa. Non nascondo che ne rimasi
sorpreso. E lo fui ancora di più quando
si liberò del resto degli indumenti.
Non aveva la figa pelosa,
anzi, era rasata di fresco, con la pelle
liscia come una palla da biliardo. Le
tette, non troppo grosse, apparivano
sode con i capezzoli scuri.
A cena non avevo sentito il bisogno di rivolgerle particolari
attenzioni. C’eravamo intrattenuti a
parlare di cose futili, ma soprattutto
di sesso.
Quando nel dopo cena mi
ficcò la lingua in bocca gliela
ricacciai in gola spingendola contro la
mia. Baciava bene, la dentona. Sembrava
particolarmente brava nell'assestare
baci e succhiami le labbra.
Probabilmente era una sua peculiarità.
Dovevo immaginarlo stante il tipo di
mandibola che si ritrovava. Chissà
quanti cazzi avevano attraversato quella
arcata dentaria, pensai.
Le afferrai il capo fra le
mani e l'attirai a me. Iniziai ad
ansimare come spesso mi succede quando
bacio una donna. Mi scoprii allucinato
dal potere che esercitava su di me la
sua bocca. Rischiai di perdere
conoscenza da un momento all'altro per
la mancanza di ossigeno, tanto era forte
l'eccitazione che mi dava l'essere
aspirato in quel modo da un paio di
labbra simili a una ventosa.
Quando mi scostai per
rifornirmi dell'ossigeno, di cui mi
prese un dannato bisogno, affondai le
labbra sulle tette che premevano sul mio
petto.
L'areola dei capezzoli era
piccola e con l'estremità appuntita.
Succhiai uno dopo l'altro quei gioielli
della natura, mentre Elena prese a
carezzarmi il capo intrufolandosi con le
dita fra i capelli, stirandoli
nervosamente all'indietro, fino a
staccarmi dal capezzolo che stringevo
fra le labbra.
I suoi occhi sembravano
accecati dal desiderio. Le nostre bocche
si serrarono in un bacio appassionato,
per niente sazi delle carezze che ci
scambiavamo. Penetrarla con la lingua
nella bocca, toccare l'estremità dei
denti così estesi era eccitante, ma
ancora più piacevole si dimostrò
scoparla in bocca.
Quando più tardi, nella
notte, la cavalcai da dietro, all'apice
del piacere, emise dei gemiti che
assomigliavano a lamentevoli nitriti di
un cavallo, e di ciò non mi
meravigliai. A dire il vero una giumenta
la era davvero, accidenti! Non mi
stancai di cavalcarla per tutta la
nottata. Glielo ficcai nel culo, in
bocca e nella figa, e lei accompagnò le
mie performance con il caratteristico
nitrire della bocca, ma con i denti
sporgenti che si ritrovava non poteva
essere altrimenti.
Dopo quella notte feci
visita numerose altre volte
all'abitazione di Elena. Cavalcandola mi
resi conto che non mi sarebbe bastato
possederla part-time. Elena si mostrò
come l'unica donna capace di scarcerare
ciò che tenevo imprigionato nella mente
e nel corpo, facendo emergere dal mio
subconscio la parte femminile della mia
personalità rimasta sino allora
inespressa.
Dopo quella rivelazione
pretese che ai nostri incontri mi
mostrassi vestito da donna. All'inizio
lo considerai un gioco erotico, un
diversivo eccitante, senza immaginare
quali cambiamenti avrebbe prodotto in
seguito su di me.
Farsi scopare da un uomo
con abiti femminili, specie se in guepiére,
a Elena metteva il fuoco addosso. A
volte era lei a scoparmi nel culo
applicando fra le cosce una cintura con
allacciato un fallo di gomma.
Col trascorrere del tempo
mi convinsi che Elena era la migliore
delle donne che avevo incontrato. Anche
a lei piacevo parecchio. Mi considerava
un tipo gradevole e spiritoso, ma non
riusciva a figurarsi un futuro insieme a
me e di questo me ne rammaricai.
Una sera, nel suo letto,
mentre i nostri piedi toccavano quelli
dell'altro, cercandosi a vicenda,
disse:
- Ho una sorpresa per te.
Quella sera avevamo
entrambi le unghie dei piedi colorate
con il medesimo smalto, un rosso
iridescente che conferiva alle dita una
straordinaria bellezza. Così
mascherato, con addosso una parrucca di
capelli neri, il reggiseno e un
minuscolo perizoma, stavo facendo
l'amore con Elena, leccandole la figa,
quando sulla porta della camera si
presentò un uomo nudo con il cazzo in
tiro.
Fu l'ennesima provocazione
di Elena, un gioco spinto agli eccessi,
ma era troppo per me. Quella fu l'ultima
volta che la vidi, la dentona, prima di
darmela a gambe dalla sua camera.
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