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DANKA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
La
gente mi considera una persona eccentrica,
anzi anche un po’ stramba, invece sono
soltanto una donna debole di
temperamento. Da adolescente allora sì
che ero una scavezzacollo poiché ostentavo
atteggiamenti fuori dalle
regole, mentre adesso che ho trentadue
anni ho persino paura di tutto ciò che
mi circonda e non so farmene
una ragione. Il medico che mi ha in cura
sostiene che quello di cui soffro sono
attacchi di panico, sennonché non ho
mai avuto sufficiente coraggio per
rivelargli le inquietudini che ho insabbiato
in qualche angolo remoto della mente.
Molti anni fa, prima di
conseguire il diploma d'infermiera, ho
esercitato più di un mestiere. Quello della
propagandista ha segnato la mia esistenza.
All'età di diciannove
anni, conseguita la maturità liceale,
sognavo l'indipendenza dalla famiglia e
per ottenerla avevo necessità di
procurarmi una occupazione.
Uscire dalle mura domestiche significava sottrarmi alle
imposizioni dei miei genitori, avari di
affetto e indifferenti alle mie
crescenti necessità di libertà.
Spulciando le diverse offerte di lavoro,
che riempivano le pagine del quotidiano
della mia città, fui invogliata a
rispondere ad alcuni annunci di
propagandista. E fui assunta da una
compagnia commerciale.
Il lavoro consisteva
nell'andare a bussare alle porte delle
abitazioni ed esibire alle persone una
serie di prodotti per la cura del corpo.
La gamma dei prodotti che
propagandavo includevano creme per la
depilazione, rossetti per le labbra,
confezioni di shampoo, balsami e
bagnoschiuma.
Il lavoro aveva il pregio
di mettermi a contatto con una infinità
di persone tutte diverse fra loro, anche se
ogni volta che mi accingevo a bussare
alle porte avvertivo un colpo al
cuore. Infatti, dovevo essere pronta a
tutto, anche a scappare se mi fossi
trovata di fronte a uomini nudi e magari
con il cazzo in tiro, come era accaduto
un paio di volte. Le donne, invece,
erano più composte, anche se non
mancava fra loro chi si presentava sulla
porta in slip e con le tette in bella
mostra. E' in una di queste occasioni
che ho fatto conoscenza con Danka. Una
donna d'ineguagliabile bellezza e dal
fascino slavo di cui conservo un
indelebile ricordo.
Il palazzo dall'antica
facciata settecentesca dove Danka aveva
l’abitazione era ubicato in pieno
centro cittadino. Un portone di legno
massiccio, antico come il resto
dell'edificio, dava accesso alla
residenza signorile. Un acciottolato di
pietre e sassi caratterizzava il
selciato che conduceva all'area
cortilizia, racchiusa intorno a un
porticato con volte sorrette da
pilastri.
Due ampi scaloni, uno per
lato dell'androne, conducevano ai piani
superiori. Ricordo che mi sentii a
disagio in quel luogo, a prima vista
austero, e poi ero certa che non avrei
trovato acquirenti lì, ma ero curiosa
di visitare il palazzo.
Superate le mie perplessità
salii i gradini di cotto, consumati
nella parte centrale, che conducevano ai
piani superiori dell'edificio. Raggiunto
il pianerottolo scoprii che le due rampe di
scale convergevano sullo stesso punto.
Tre porte dall'aspetto
massiccio occupavano il pianerottolo. Mi
avvicinai a quella più vicina. Una
targa di ottone appiccicata al legno
della porta riportava la scritta:
"Studio Notarile Ambrosetti".
Le targhe sistemate sulle altre due
porte erano simili alla precedente. Su
una c'era scritto "Avvocato Carli",
sull'altra "Studio associato
Bergamini".
Risalii i gradini che
conducevano al secondo e ultimo piano
del palazzo. Il pianerottolo era simile
a quello che mi ero appena lasciata alle
spalle. Mi avvicinai a una delle porte,
l'unica priva di targa, e pigiai il
pulsante del campanello.
Rimasi in attesa. Tutt'a un
tratto la porta si aprì e comparve la
figura di una donna.
Elegante, dall'aspetto
raffinato, Danka indossava un tailleur
blu con giacca del medesimo colore. Una
camicetta di tinta turchese le copriva
il petto. Rimasi disorientata dal colore
degli occhi azzurri. Le brillavano come
gemme e resi esplosivi dal colorito
chiaro della pelle.
I capelli lunghi e lisci,
di una tinta compresa fra il giallo e il
castano, le conferivano un aspetto da
donna nordica, pensai.
Incantata da quella
presenza femminile non mi riuscì di
biascicare una sola parola, raramente mi
era capitato d'imbattermi in una donna
di tale bellezza e grazia.
- Ha bisogno? - disse
elargendomi un sorriso accattivante.
- Beh, se è così gentile
da dedicarmi un po' del suo tempo sarei
felice di mostrarle una serie di
prodotti per la cura del corpo.
- Venga dentro, si
accomodi. - disse sorprendendomi non
poco.
Si scostò dall'uscio e mi
fece accomodare nell'appartamento, poi
rinchiuse la porta dietro di sé.
- E' da molto tempo che
svolge questo mestiere?
- Sei mesi o poco più. -
risposi.
Un singolare odore
d'incenso profumava l'appartamento. Mi
accompagnò in una stanza e mi fece
accomodare su uno dei tre divani al
centro del locale. L'ambiente,
nonostante la tarda mattina, era poco
illuminato. Le persiane alle finestre
erano socchiuse e la poca luce proveniva
da un'abat-jour sistemata, sopra un
tavolo di legno dalla forma circolare.
- Il mio nome è Danka e mi
occupo di chiromanzia. - disse
porgendomi la mano.
- Il mio è Erika.
- Possiamo darci del tu, se
non ti spiace.
- Sì... penso di sì. -
risposi anche se mi sento a disagio nel
dare confidenza a sconosciuti e Danka la
era.
- Mi piace entrare in
intimità con le persone con cui vengo a
contatto.
- Capisco.
- Ti scoccia se ti dico che
sei molto carina? - disse sorprendendomi
non poco.
Non ero preparata a un
simile complimento. Il modo che aveva di
relazionarsi con la mia persona mi era
parso fuori luogo dal momento che non ci conoscevamo. Cambiai discorso
senza darle a intendere che ero rimasta
turbata dalle sue parole.
- Come ti stavo dicendo
commercio in prodotti di bellezza, se ti
va ho dei campioni da darti in prova.
Tolsi dalla sacca che avevo
appoggiato sul pavimento, vicino al
divano, alcuni campioni di bagnoschiuma
e shampoo e li sistemai sul tavolino
davanti a lei. Danka non mi diede
l'impressione di essere particolarmente
interessata ai prodotti, condusse la
conversazione su tutt'altri argomenti
parlandomi di mare, vacanze e moda
femminile. Per tutto il tempo seguitò a
guardarmi in modo impudico soprattutto
quando si dilungò a parlarmi di
indumenti intimi.
L'idea che sino allora mi
ero fatta delle chiromanti era di cialtrone
succhia soldi e basta, lei invece era
molto affascinante. Rimasi suggestionata
dai suoi modi, del tutto incapace
d'interrompere il vortice di parole che
le uscivano dalle labbra.
- Vuoi che ti faccia le
carte?
- No, grazie.
- Non t'interessa conoscere
il futuro?
- Beh, non vorrei rimanere
prigioniera delle tue parole ed esserne
condizionata per il resto della vita.
- Forse hai ragione. Posso
offrirti da bere un tè o una tisana?
- Forse è meglio che me ne
vada, ormai sono qui da troppo tempo e
ho l'impressione che i miei prodotti non
siano di tuo gradimento.
- E dai, non fare la
schifiltosa. Preparo la bevanda e sono
subito da te.
Si allontanò e mi ritrovai
sola nella stanza. Mentre ero in attesa
del suo ritorno fissai lo sguardo sulle
suppellettili del salotto.
Un parquet in legno di
rovere disposto a lische di pesce
rivestiva il pavimento. Una libreria
occupava un'intera parete e raggiungeva
il soffitto. Nell'angolo della stanza,
vicino a un caminetto in muratura
provvisto di focolare. Due sedie
imbottite con velluto rosso porpora
trovavano posto una di fronte all'altra, con in
mezzo un tavolo a tre piedi con sopra
un'enorme sfera di cristallo. La parte
centrale della stanza era occupata da
tre divani disposti a ferro di cavallo.
Era su uno di questi divani che mi ero
seduta.
Mi alzai in piedi e,
incuriosita, mi avvicinai alla parete
dove erano esposti alcuni quadri di
nature morte. Ero assorbita
nell'esaminare le tele quando Danka fece
ritorno nella stanza sorreggendo un
vassoio.
- Ti piacciono quelle tele?
- soggiunse dopo avere sistemato il
vassoio sul tavolino.
- Le nature morte dipinte
su tela hanno un fascino particolare, mi
ricordano certi pittori fiamminghi.
- Purtroppo le tele sono
delle imitazioni, ma in ogni caso sono
carine, non credi?
- Sì, direi proprio di sì.
- Vieni togliamoci la sete
con un infuso che ho preparato apposta
per te.
Mi allontanai dalla parete
e andai ad accomodarmi sul divano. Lei,
contrariamente a quanto aveva fatto in
precedenza, non prese posto di fronte a
me, ma si accomodò al mio fianco. Dal
vassoio afferrò una delle due tazze,
colme della bevanda aromatica, ottenuta
dall'infuso di erbe, e l'avvicinò alle
labbra. La imitai e sorseggiai la
pozione.
La bevanda aveva un sapore
mielato, gradevole al palato. Non le
domandai quali fossero le erbe con cui
l'aveva preparata, preferii sorseggiare
il liquido molto lentamente fino
all'ultimo sorso.
- Ti è piaciuto?
- Sì, molto... e poi ha un
sapore molto particolare.
- E nient'altro?
- Beh, sì, mi gira un po'
la testa, come se avessi bevuto dello
spumante. - e scoppiai a ridere.
Mi ritrovai con addosso
un'insolita eccitazione e uno strano
senso di calore in tutto il corpo, e
iniziai a sudare. Ero stranita, confusa,
forse per questo motivo non diedi grande
importanza alla mano di Danka venuta a
posarsi sulle mie ginocchia.
Indossavo una minigonna
elasticizzata che metteva in bella
evidenza gran
parte delle cosce. Non tenevo le
gambe accavallate, ma divaricate
come quando sono in compagnia di un uomo
a cui voglio dare a intendere che sono
disponibile a compiacerlo, se ne ha
voglia.
Sotto l'effetto della
bevanda mi liberai dei miei già fragili
freni inibitori. Danka prese ad
accarezzarmi l'interno delle cosce
trascinando i polpastrelli sulla pelle.
Seguitò a parlarmi, ma confusa com'ero
non capivo niente delle sue parole.
L'unica cosa che avvertivo era il calore
della sua mano che si avvicinava sempre
più alla fessura della fica.
Quando le dita si
avventurarono sotto il profilo delle
mutandine ebbi un sussulto. Se fino
allora ero rimasta passiva,
acconsentendo senza reagire alle sue
avance, l'audacia con cui m'incalzava mi
fece trasalire. Incapace di una
qualsiasi reazione accettai che le dita
mi esplorassero fra le labbra della
vagina.
Danka smise di parlare.
Ormai non aveva molto altro da dirmi.
Stavo col capo reclinato sullo schienale
del divano con le gambe divaricate e lei
che mi accarezzava la fica. Mugolavo di
piacere per il contatto delle dita sulla
membrana umida. Sapeva deliziarmi e non
mi sentivo sazia delle sue carezze.
In altre occasioni mi era
capitato di scambiare baci con compagne
di scuola, ma era accaduto sempre per
gioco, infatti, non avevo mai superato
certi limiti. Con Danka invece fu
diverso. Aveva molta dimestichezza con
l'arte della seduzione, e fu brava a
stimolare ogni anfratto del mio corpo.
Probabilmente le ero parsa una facile
preda nel momento in cui le ero comparsa
sulla porta di casa.
Una mano, una semplice
carezza, in qualche caso possono
cambiare il corso di una vita e le sue
amorevoli attenzioni hanno cambiato la
mia. Danka non si accontentò di
palparmi la fica, lasciò cadere le sue
labbra sul mio collo e iniziò a
coprirmi di baci. Rimasi inerme di
fronte alla sua intraprendenza lasciando
che si nutrisse del mio corpo, fintanto
che si fece più ardita. Avvicinò le
labbra alle mie e mi attirò a sé con
la forza delle braccia.
La lingua inumidì di
saliva la mia bocca e mi penetrò
dolcemente. Schiusi i denti e lasciai
che si aprisse un passaggio verso la mia
lingua. Il contatto fu deliziosamente
eccitante. Contraccambiai ogni movimento
della sua bocca cercando d'imitarla
negli spostamenti. Mi sentivo goffa e
maldestra perché mancavo d'esperienza.
Baciare una donna è cosa molto diversa
dallo sbaciucchiare un uomo.
La sua lingua lambiva le
mie labbra, mentre mi carezzava le
guance facendomi provare sensazioni di
piacere mai provate prima di allora.
Avevo la fica bagnata fradicia e non fui
in grado di biascicare una sola parola.
Danka stava piegata sopra di me, ma non
avevo né la forza di respingerla né di attirarla a me. Rimasi passiva
compiaciuta delle sue attenzioni.
Danka si fece largo con le
dita della mano fra i bottoni della mia
camicetta e mi avvolse per intero una
tetta. Non indossavo il reggiseno, a
quell'età non ne avevo bisogno, ma
neppure ora in verità. Accarezzò con
garbo il capezzolo distraendosi nello
stimolarlo con lievi pressioni delle
dita sull'estremità appuntita. Brividi
di piacere percorsero per intero il mio
corpo sbatacchiandolo da capo a piedi
per la forte eccitazione che sapeva
darmi con carezze e baci.
Penetrò a fondo la lingua
nella cavità della mia bocca sbavando
una grande quantità di saliva sulle mie
labbra. Nello stesso tempo si prese cura
delle tette stimolandomi i capezzoli
producendo dei pizzichi alle areole.
Ero fuori di testa, succube
delle attenzioni che stava prendendosi
del mio corpo. Danka si liberò della
giacca che per tutto il tempo aveva
mantenuto indosso e s'inginocchiò ai
miei piedi. Posò le mani sulla mia
gonna e me la sollevò sopra i fianchi
scoprendomi le mutandine.
Mi sentivo nuda, vittima
predestinata della sua voglia di
possedermi. Senza esitare fece scendere
l'indumento intimo ai miei piedi e lo
sfilò via. Mi divaricò le gambe e si
gettò a capofitto con le guance sulla
mia fica. Il contatto della sua bocca
sulle labbra della vagina fu dolcissimo.
A quell'età non avevo
molta cura dei peli attorno la fica, li
tenevo lunghi e arricciati,
contrariamente a oggi che sono rasati e
con una sottile striscia che cavalca la
parte superiore della fessura. La lingua
mi lambì la passera lubrificandola di
saliva, dopodiché si prodigò nel
leccarla delicatamente con piccoli
movimenti dal basso verso l'alto. Mentre
praticava queste evoluzioni teneva le
mani aggrappate alle mie natiche
tenendomi ancorata a sé. La punta della
lingua indugiò a lungo sulla mucosa
solleticandola. Eccitata accostai le
mani sul suo capo e lo attirai con forza
sulle mie cosce.
Godevo, godevo come una
pazza! Nessun uomo prima di lei era
stato capace di farmi provare simili
sensazioni. Percorsa in tutto il corpo
da brividi di piacere, tremavo tutta e
non riuscivo a capacitarmi di ciò che
mi stava accadendo. La sua lingua si
fece insolente, prese a nutrirsi
dell'umore che spandevo dalla vagina in grande
quantità, stimolata com'ero dalle sue
perfide attenzioni.
Si dilettava nel sospingere
la punta della lingua nella mia vagina
dilungandosi a leccarla. Ero eccitata e
desideravo raggiungere l'orgasmo a tutti
i costi. Incominciai a toccarmi il
clitoride con le dita umide di saliva
dilungandomi a strofinarlo, ma non mi
permise di continuare. Sollevò il mento e
inglobò la sporgenza fra le labbra,
prese a succhiarmelo intrattenendosi a lambire l'estremità turgida con la
punta della lingua. Il contatto con le
sue labbra mi scatenò tremori e gemiti
di piacere.
Per nulla intimorita dal
mio stato confusionale proseguì nella
sua azione. Raggiunsi l'estasi del
piacere supremo e, appagata, urlai a
pieni polmoni la mia soddisfazione.
Dopo quell'accadimento
seguitai, seppure per breve tempo, a
svolgere il lavoro di propagandista, ma
ormai avevo una dannata paura a entrare
nelle case. Incominciai a rifiutare
qualsiasi genere di bevanda, anche
l'acqua che mi veniva offerta dai
clienti.
Sono trascorsi tredici anni
dall'avventura che ho avuto con Danka, oggi non ho
paura di niente, nemmeno della morte.
Svolgendo la mia professione gioco con
la morte tutti giorni come un gatto col topo, anche
se so che sarà lei ad avere l'ultima
parola, ma intanto godo.
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