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COLLEGE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Il
silenzio dominava nella camerata
spezzato di tanto in tanto dal sibilo
proveniente dalle labbra di qualche
convittrice, accompagnato da lunghi
sospiri. Le ore notturne, nell'ampio
stanzone, in grado d'ospitare sino a
venti ragazze, trascorrevano tutte
uguali, notte dopo notte, senza
particolari rumori. Raramente si udiva
quello del russare.
Mi ero infilata fra le
lenzuola qualche istante prima che nella
camerata venissero spente le luci, ma
non riuscivo ad appisolarmi. Colpa dei
troppi caffè consumati durante la
giornata, forse, oppure a causa dallo
sconquasso ormonale originato
dall'approssimarsi della stagione
primaverile.
Seguitai a girarmi nel
letto, madida di sudore, come una gatta
in calore, quando dal giaciglio accanto
al mio, Gemma, la ragazza più
affascinante della camerata, ma anche la
più svergognata, abbandonò la sua
branda e scivolò nella mia con l'agilità
di un serpente a sonagli.
Girata sul fianco, sorpresa
dall'inaspettata comparsa di Gemma nel
mio letto, non opposi ostacolo alla sua
venuta. Lasciai che si stringesse a
cucchiaio al mio corpo calcandomi le
tette contro la schiena.
- Scaldami. - sussurrò al
mio orecchio.
Le sue braccia mi avvolsero
il torace ghermendomi le tette fra le
dita. La lasciai fare, col fiato sospeso
a mezz'aria e il cuore che sembrava
trapassarmi il petto, stupita nel
costatare quanto i capezzoli si fossero
induriti al tocco delle sue mani.
In precedenza non era mai
accaduto che scivolasse nel mio letto.
Al contrario delle altre ragazze non lo
aveva fatto nemmeno di giorno quando ero
solita accogliere fra le lenzuola molte
delle amiche con cui scambiavo
confidenze nell'intimità del letto. Era
la prima volta che succedeva con lei, e
non sarebbe stata l'ultima. Mi sentii in
imbarazzo perché le altre convittrici
avrebbero potuto accorgersi di ciò che
stava succedendo nel mio letto. Ma
sentirmi addosso il calore del suo corpo
oltre che pericoloso fu anche molto
eccitante.
- Girati. - disse.
Ubbidiente mi girai nel
letto sino a trovarmi sul fianco opposto
a quello dove ero adagiata in
precedenza. Dalla sua bocca, distante
pochi centimetri dalla mia, giungeva il
calore del suo respiro e l'odore di
buono che emanava il suo corpo. Ma non
sapevo quali fossero le sue reali
intenzioni, anche se potevo immaginarlo
dove volesse arrivare.
- Accarezzami. - disse
sistemandosi sul dorso.
Cominciai a carezzarle
l'addome, ma lo feci in maniera goffa
perché mi redarguì lamentandosi del
movimento sgraziato con cui muovevo la
mano.
- Usa delicatezza, dai
fluidità al movimento delle dita, non
essere così nervosa.
La sua pelle era morbida
come la seta. In breve tempo incominciò
a fremere al tocco leggero delle dita.
Lasciai scorrere la mano sull'addome e
l'ombelico, poi risali sino a toccarle i
seni. Sfiorando i capezzoli mi
meravigliai nel costatare che si erano
ispessiti al tocco delle mie dita. Ero
turbata di piacere mentre accarezzavo
ora l'uno, ora l'altro seno. Era come se
un'altra mano sfiorasse il mio petto.
Godevo e mi compiacevo per la strana
situazione in cui mi ero venuta a
trovare mio malgrado.
Le sue tette, meno
voluminose ma più sode delle mie, erano
marmoree nella loro acerba
consistenza. Proseguii a lungo a
carezzarle godendo dei gemiti che
uscivano dalla bocca della mia compagna
di letto, mentre dalla vagina mi colavano
umori in tale quantità da insudiciarmi
le cosce. Non era la prima volta che mi
succedeva di flirtare con una compagna
di collegio, ma con Gemma fu diverso,
molto diverso.
- Vai più in basso. -
disse.
Il suo sesso era coperto da
una folta peluria. Appena entrai a
contatto con le labbra della vagina inarcò
la schiena all'indietro, ebbe un
sussulto rendendo palese quanto le fosse
gradito il tocco della mano.
- Sì, toccami lì.
Il clitoride sporgeva sopra
le piccole labbra, invisibile ai miei
occhi, pronto per essere carezzato. Lo
sfiorai con l'estremità delle dita
rimanendo stupita per la sua
consistenza. Gemma allargò le cosce e
io cominciai a carezzarle le grandi
labbra fino a guadagnare la striscia di
pelle che congiunge il sesso all'ano.
Anch'io avevo il clitoride
dritto e gonfio come un cece, lo tenevo
celato sotto la mutandina impaziente che
lei lo toccasse.
Proseguii a carezzarla sino
a quando dalla sua bocca uscì un primo
gemito di piacere. Il cuore pareva
dovesse scoppiarmi da un momento
all'altro per la forte eccitazione. Anche il
respiro l’avevo in affanno e il sesso
mi pulsava allo stesso modo del
clitoride di Gemma, assetato di
desiderio come il mio. Le misi una mano
sulla bocca per soffocare il rumore dei
gemiti che uscivano dalle sue labbra.
Lasciai che mi penetrasse
con un dito nella figa spalancata e
umida senza oppormi. Lo stupro
effettuato con il dito, tenuto rigido
per tutto il tempo necessario a farmi
godere, fu accompagnato dai caldi baci
della sua bocca.
Ero così eccitata che
persi il controllo di me stessa,
scordandomi d'essere in una camerata con
tante ragazze d'intorno che avrebbero
potuto ascoltare i nostri gemiti. Quando
raggiunsi l'orgasmo cacciai un urlo
bestiale. Gemma fuggì via lasciandomi
sola nel letto accartocciata su me
stessa.
La voce di qualche compagna
di stanza si levò dal buio chiedendo
cosa stesse succedendo, ma né io né
Gemma rispondemmo. Non ci misi molto
tempo a addormentarmi dopo quanto era
accaduto.
Dopo la prima notte
trascorsa in compagnia di Gemma altre ne
seguirono, tutte dello stesso tenore. I
nostri appuntamenti notturni divennero
una costante. La cosa fu accettata dalle
ragazze della camerata come normale,
nessuna si meravigliò di ciò che
succedeva nel mio letto. Gemma da parte
sua non smise d'impartirmi ordini:
"Apriti", "Voltati",
"Succhiami", "Fammi
godere". Le piaceva masturbarsi con
me vicina. Avevo diciassette anni,
studiavo per diventare infermiera e
avevo tanta voglia di lei.
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