CLAUDETTE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
  
Claudette bloccò il carrello della biancheria davanti alla stanza contrassegnata con il numero 33. Durante la notte la stanza dell'hotel, aveva dato ospitalità a una coppia di amanti ed era da sistemare al pari di alcune altre camere al medesimo piano.
     L’hotel era ubicato sul Boulevard de Cliché, dalle parti di Place de Pigalle, quartiere frequentato da turisti, prostitute e malavitosi, con le strade occupate da peep-show, sex-shop e teatrini hard in attività giorno e notte.
   Claudette prestava servizio come inserviente ai piani. Si occupava di fare le pulizie nelle camere senza farsi troppi scrupoli sulla particolare clientela che si intratteneva nelle stanze, perlopiù coppie di amanti ma anche puttane e transessuali che si accompagnavano con i clienti.
   Inserì il passepartout nella toppa della serratura ed entrò nella camera. La stanza sapeva di rancido di animale. Claudette conosceva fino alla nausea quel tipo di odore, infatti, apparteneva ai miasmi delle persone che avevano impiegato il tempo a fare l'amore, scorrazzando con i corpi fra le lenzuola, sudando come porci.
   Si affrettò a spalancare le imposte della finestra e diede luce alla stanza. Una ventata di aria fresca penetrò nella camera mentre una pioggerella sottile scendeva sulla città.
   Il letto matrimoniale era sfatto. Le lenzuola penzolavano da un lato del materasso insieme alla trapunta di piumino d'oca che era servita a dare tepore al corpo dei due amanti. Claudette trascinò l'aspirapolvere nel mezzo della camera, poi andò nella stanza da bagno. Dinanzi allo specchio guardò il proprio viso riflesso nel vetro. Rimase a mirarsi solo pochi istanti, il tempo di osservare le crespature della pelle, a forma di zampa di gallina, che le imbruttivano gli occhi, dopodiché riprese a lavorare.
   Svuotando il cestino, sistemato in un angolo della stanza da bagno, rinvenne tre preservativi colmi di sperma e annodati. Il recupero dei tre cappucci le tolse l'ultimo dubbio, se mai ne aveva avuto, su ciò che avevano consumato gli amanti nella camera. 
   Iniziò a riordinare il bagno pulendo il lavabo e il water, per ultimo tirò a lucido le mattonelle della doccia e il pavimento. Rimpiazzò le saponette utilizzate da chi aveva occupato la camera con nuove confezioni, dopodiché ripose delle salviette candide di bucato nell'armadietto del bagno.
   Nella stanza da letto passò in rassegna le tracce lasciate dai due sconosciuti che l'avevano occupata nottetempo, senza lasciarsi sfuggire il minimo indizio che avrebbe potuto rivelarle la personalità di chi aveva occupato il letto.
   Stese il palmo della mano e si mise a strofinarla sulla superficie del lenzuolo stirato sopra il materasso. Avvicinò le narici alla mano e annusò il profumo che era andato impregnandosi sulla pelle.
   "Chissà da che parte del letto avrà dormito la donna", s'interrogò. La cosa non aveva molta importanza, ma la incuriosiva saperlo per annusare la parte del lenzuolo che aveva occupato sul materasso.
   Un pelo scuro, arricciato su se stesso, faceva bella mostra di sé nel mezzo del letto. Claudette lo carpì e lo depose sul palmo della mano per osservarlo con maggiore cura.
   "Pelo maschio o pelo femmina?" si domandò. "Maschio di sicuro", pensò, costatata la lunghezza eccessiva del pelo. Nessuna donna li terrebbe così lunghi nel pube. Nemmeno poteva essere un capello: "troppo arricciato", pensò.
   La scoperta la eccitò non poco. Si sdraiò bocconi sul letto e cominciò ad annusare la superficie del tessuto strusciando il petto contro il lenzuolo ruvido. I capezzoli le erano diventati turgidi e le punte si mostravano dure fino a farle male. Si girò supina e sbottonò il camice da lavoro che portava addosso. Rimase con addosso le mutande e il reggiseno lasciando che il camice scomparisse sul pavimento. Accarezzò l'interno delle cosce dopo averle divaricate di proposito per raggiungere con le dita i bordi della fica calda e umida. Ripeté il movimento più volte cibandosi dell'eccitazione che le carezze sulla pelle nuda le sapevano offrire.
   Lasciò cadere la mano sotto l'elastico degli slip e raggiunse con le dita i peli del pube. Eseguì il movimento con estrema lentezza, in conflitto col piacere che sentiva salirle da dentro e le faceva mancare il respiro. Raggiunse le labbra della fica e cominciò a strofinarle delicatamente. Proseguì a farlo fintanto che si decise a infilare un dito nella fessura che d'incanto si aprì al passaggio del medio e incominciò a farsi un ditalino.
   Il clitoride spuntò fuori dal suo involucro di carne e se ne prese cura accarezzandolo. Godeva nel sentirlo gonfio e duro come un cece mentre dalla fessura fuoriuscivano gli umori caldi della sua eccitazione. Si diede cura di trascinare il fluido degli umori bollenti sul clitoride per ammorbidirne la carne mentre con l'altra mano si accarezzava le tette. Le piaceva stare a coccolarsi i capezzoli. Strizzarli e torcerli le provocava forti scosse di piacere.  
   Le pareti della vagina presero a contrarsi mentre il dito entrava e usciva dalla fessura della fica. Desiderò che la porta della stanza si aprisse e d'incanto entrasse lui, il suo ex compagno. Provò a immaginarlo sopra di sé che le afferrava i polsi e l'obbligava a stendere le braccia oltre il capo. Le gambe incominciarono a tremarle per l'eccitazione. Le sembrò di avvertire il respiro caldo della bocca dell'uomo sul proprio collo. Richiamò alla mente i momenti magici in cui la obbligava a leccargli la pianta dei piedi, insistendo affinché infilasse ciascun dito nella bocca, facendoseli succhiare fino a quando le labbra non trattenevano una sola goccia di saliva. 
   Le piaceva addormentarsi sul petto di quell'uomo, ascoltando l'ansimare del suo respiro mentre lo masturbava fino a farlo venire nella propria mano. Ormai non stavano più insieme da molto tempo: tre anni, ma nella mente manteneva viva l'immagine di quello che considerava il suo uomo. Avrebbe voluto che fosse lì, accanto a lei, a morderle le labbra della fica. Sarebbe stato sufficiente che la sfiorasse con la lingua, tutt'attorno le piccole labbra, per raggiungere lo stato di estremo godimento da cui sapeva non esserci ritorno.
    Mentre pensava a lui seguitava a toccarsi il clitoride ruotandoci d'intorno con le dita. Tutt'a un tratto cominciò a tendere i muscoli delle gambe e irrigidirsi tutta. Fu assalita da fremiti di piacere in tutto il corpo. Le tette sembrarono scoppiarle tanto erano gonfie. I capezzoli erano turgidi e le dolevano. Assalì con due dita la fessura fra le cosce e si penetrò con estrema determinazione. Cominciò a contrarre la mucosa della fica scuotendo più volte il bacino sul letto. Un tremore che faceva fatica a contenere le pervase tutto il corpo. Una sequela di gemiti anticiparono il congiungersi delle cosce attorno alle dita che avevano smesso di agitarsi nella fica che invece non finiva di contrarsi.
   Gli ultimi spasmi la colsero con gli occhi chiusi mentre aveva raggiunto l'appagamento. Per tutto il tempo in cui si era toccata aveva mantenuto addosso le mutande e il reggiseno. Gli umori le colavano dalla fica e avevano imbevuto il tessuto delle mutande. Rimase qualche istante in quella posizione, raggomitolata su se stessa, poi si liberò delle mutandine e andò il bagno.

   Quando raggiunse la fermata del metrò mancavano pochi minuti alle 16.00. Salì sopra il convoglio della linea 12 intenzionata a spingersi fino ai grandi boulevard. Prese posto su uno dei sedili della carrozza e rimase in attesa di scendere alla fermata che si era prefissa. 
   Al boulevard des Capucines avrebbe fatto visita a una galleria d'arte dove da alcune settimane erano in mostra quadri di pittori futuristi, dopodiché avrebbe fatto ritorno a casa.

 

 

 
 

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