La
golosa kermesse dedicata al consumo del
cioccolato aveva attirato una moltitudine di
persone nel quartiere dell'Oltretorrente. Gli spazi espositivi di
artigiani e maestri cioccolatieri,
provenienti da ogni parte d'Italia e
dall'estero, erano stati presi d'assalto
da buongustai e curiosi. Anch'io non
avevo saputo esimermi dal prendere parte
a una simile manifestazione di gola.
Messa da parte l'insofferenza che ho
verso le bancarelle che ogni domenica
riempiono strade e piazze della città,
ho preso a muovermi per i borghi e le
piazze dell'Oltretorrente smanioso di
soddisfare la mia dipendenza dal
cioccolato, dedicandomi alla ricerca di
squisite prelibatezze da assaporare.
Ho seguitato a camminare
fra gli spazi espositivi, indugiando
dinnanzi alle ammiccanti bancarelle dei
maestri cioccolatieri, ansioso di
gustare il cioccolato nelle sue
molteplici forme e dimensioni.
Quando sono depresso sono
portato a consumare una quantità
esagerata di tavolette di cioccolato. Mi
viene naturale farlo perché una
sostanza come il cacao esercita sulla
mia persona un benefico cambio
dell'umore: soprattutto mi toglie la
malinconia.
Mi sono chiesto una infinità
di volte se in natura esiste un alimento
più desiderabile del cioccolato, ma a
questa domanda non sono riuscito a
darmi una risposta soddisfacente.
Il cioccolato è molto più
che un cibo. E' un modo di vivere la
vita perché, dopo che l'ho assaggiato,
mi coglie la speranza che tutto ciò che
mi circonda possa trasformarsi in una
enorme pralina e sono felice. Ma il
cioccolato è anche un potente
afrodisiaco, non a caso è additato come
il "cibo degli Dei", penso sia
questa la ragione inconfessata che mi
spinge a consumarlo più di qualsiasi
altro cibo.
Ho seguitato a muovermi fra
le bancarelle fiducioso di risollevarmi
nell'umore e colmare il vuoto affettivo
che mi pesava addosso come un macigno.
Desideravo catapultarmi al più presto
su uno dei banchetti dei maestri
cioccolatieri per compiere un assaggio
di cioccolato, ma ho resistito a questa
tentazione scegliendo d’andare alla
scoperta di qualche raffinata
prelibatezza.
Sono goloso del cioccolato
fondente al pari di certi personaggi
famosi come Gabriele D'annunzio che ne
aveva fatto un elemento primario della
propria vita, specie nel praticare il sesso. Pare che avesse
l'abitudine di mangiarne una
quantità esagerata prima di ogni incontro
amoroso. Nemmeno posso paragonare i
miei vizi a quelli dell'imperatore
azteco Montezuma che di tazze di
cioccolata ne beveva più di 50 al
giorno, verosimilmente per soddisfare i bisogni amorosi
delle sue due mogli e delle numerose
concubine.
Nel mio piccolo mi
considero un uomo goloso di quadretti al
cioccolato fondente, ma non disdegno
assaggiare praline di cacao con
nocciole, noci, mandorle e pistacchi. E
poi adoro i petit-fours, le torte
tartufate di gianduia, le sacher, e i
cioccolatini tutti.
Spostandomi fra le
bancarelle mi sono consolato assaggiando
una tazza di cioccolato calda,
aromatizzato con un pizzico di
peperoncino, servitami da un maestro
cioccolataio siciliano; tazza che ha
saputo trasmettermi una piacevole
sensazione di calore fisico nella fredda
giornata novembrina.
Stimolato dagli effetti
della cioccolata calda ho acquistato
diverse confezioni di cioccolato e in
poco tempo ho riempito due borse di
plastica.
Quando le luci della sera
stavano facendo capolino sulla golosa
kermesse del Showcolat ero stanco morto,
con lo stomaco in disordine per il
troppo cioccolato assaggiato, ma
risollevato nel morale per il pomeriggio
trascorso a fare shopping fra le
bancarelle.
Soltanto chi è passato
attraverso l'esperienza del bisogno
fisico e psicologico, spesso
incontrollabile, dell'assunzione di una
determinata sostanza può comprendere
come il bisogno di consumare cioccolato
non sia fine a se stesso, perché il
cioccolato, più di qualunque altro
nutrimento simboleggia la gioia di
vivere, l'appagamento del gusto, e
soprattutto la sensualità del piacere.
Stavo percorrendo Strada
del Quartiere, impegnato a raggiungere
l'area di parcheggio di Viale dei Mille,
là dove avevo parcheggiato l'automobile,
quando, in un cespuglio di erbacce,
cresciute in maniera spontanea a ridosso
del marciapiede, ho notato qualcosa che
luccicava. Incuriosito ho scostato con
la punta di una scarpa un ciuffo l'erba
ed è apparsa una borsetta di pelle.
L'ho raccolta da terra e
con una certa curiosità ho guardato nel
suo interno. Sparsi sul fondo, oltre a
una confezione di assorbenti e qualche
cianfrusaglia per il trucco, c'era una
agendina, un portafoglio, un pacchetto
di Marlboro mezzo vuoto, e un paio di
occhiali da vista.
Il portafoglio, privo di
denaro, conteneva la carta d'identità
della proprietaria della borsetta e
nient'altro, a parte un paio di
preservativi sigillati nel loro
involucro.
La fotografia sulla carta
d'identità mostrava il volto di una
donna carina dall'apparente età di
trent'anni. Ne ho avuto conferma
leggendo i dati anagrafici riportati nel
documento insieme all'indirizzo della
sua abitazione distante soltanto pochi
isolati da Strada del Quartiere, luogo
dove mi trovavo in quel momento.
Indeciso se consegnare la
borsetta alla postazione dei vigili
urbani di Piazza Garibaldi, oppure
recapitarla io stesso all'interessata,
ho privilegiato quest'ultima soluzione.
Sul portone dell'abitazione
della donna, al numero civico indicato
dalla carta d'identità, non ho trovato
traccia di campanelli. Indeciso sul da
farsi ho oltrepassato la soglia del
portone, lasciato semiaperto, e mi sono
trovato a percorrere un breve corridoio,
male illuminato, che conduceva a un
cortile interno. Da lì ho raggiunto il
pianerottolo al primo piano
dell'edificio. Su nessuna delle targhe
fissate al legno delle porte c'era
scritto il nome della proprietaria della
borsetta, anche se la cosa non
significava granché nel caso fosse
sposata.
Al secondo piano
dell'edificio, su una delle tre porte
del pianerottolo primeggiava un
foglietto bianco, dattiloscritto, con la
dicitura Rabaglia. Ho bussato alla porta
e sono rimasto in attesa.
La donna che si è
affacciata in vestaglia sullo stipite
della porta, era piuttosto
alta, con i capelli raccolti dietro il
capo, tenuti insieme con una fettuccia
rossa che le pendeva da un lato del
collo. Ho appena fatto in tempo a
guardarla in viso, per verificare se era
la stessa della fotografia incollata
sulla carta d'identità, che mi si è
scagliata contro.
- Non ho bisogno di
acquistare niente. - mi ha ringhiato
addosso scambiandomi per un venditore
ambulante.
- Si sbaglia, non ho
nessuna intenzione di venderle alcunché,
non si preoccupi.
- Allora cosa cazzo vuole
da me? Posso saperlo? - ha risposto
ritraendosi nella porta lasciata
socchiusa.
- Innanzi tutto, vorrei
accertarmi se lei è Rosetta Rabaglia.
- Perché, cosa vuole da
me? Chi è lei? - mi ha interrotto.
- Ho rinvenuto questa
borsetta abbandonata in un marciapiede e
dai documenti risulta che sia sua.
Sorpresa dalla mia
rivelazione ha spalancato la porta che
per tutto il tempo del colloquio aveva
mantenuto socchiusa, e mi si è fatta
incontro.
- Davvero l'ha ritrovata?
Non è uno scherzo, eh. - ha detto
entusiasta.
- Sì, eccola qua, è la
sua? - Ho risposto estraendola da uno
dei sacchetti di plastica colmi di
confezioni di cioccolato.
- Ma sì, cazzo! E' proprio
la mia.
Non sono riuscito a oppormi
quando mi ha sfilato di mano la
borsetta. Ha cominciato a frugarci
dentro. Una volta trovato il portafoglio
lo ha aperto, poi con disappunto si è
rivolta a me.
- Cazzo! Ma dentro non ci
sta neanche un euro.
- C'era dentro molto
denaro?
- Duecento euro, credo. E
poi nella borsa manca anche il
cellulare.
- Niente carte di credito?
Bancomat?
- No.
- Mi spiace per il denaro.
- Sicuro che non ci sia
nient'altro?
- Tutto quello che ho
trovato è qui dentro.
- Beh, allora la ringrazio
e la saluto. Arrivederci.
Senza attendere la mia
risposta mi ha sbattuto la porta in
faccia. Riavutomi dalla sorpresa ho
abbandonato il pianerottolo e disceso
di fretta i due piani di scale,
maledicendo il momento in cui avevo
preso la decisione di consegnare
personalmente la borsetta anziché
recapitarla al comando della polizia
urbana.
Raggiunto il cortile, stavo
per guadagnare il corridoio che
conduceva verso la strada quando sono
stato raggiunto da uno strillo di voce
di donna.
- Hei, tu. Sto dicendo a
te, fermati!
Ho girato il capo e ho
cominciato a guardarmi intorno per
capire da che parte proveniva la voce,
ma non ho visto nessuno.
- Sto dicendo proprio a te,
cazzo! Ma non lo capisci?
Soltanto allora, da una
finestra del secondo piano, ho scorto il
mezzobusto della ragazza a cui poco
prima avevo consegnato la borsetta.
- Sta dicendo a me?
- Sì, proprio a te.
Dovresti salire su da me, ti
voglio parlare.
- Ma, ho fretta, non ho
molto tempo da dedicarle. La borsetta
gliel'ho consegnata, cos'altro vuole da
me?
- Non fare lo schifiltoso,
eh. Se ti dico di tornare su, ci sarà
pure una ragione, no?
Sorpreso per il fatto che
si era rivolta a me dandomi del tu,
diversamente da quanto aveva fatto
poc'anzi quando le avevo consegnato la
borsetta, sono tornato sui miei passi.
Mentre salivo le scale per
raggiungere il pianerottolo, al secondo
piano dell'edificio, ho seguitato a
interrogarmi sul motivo di quella strana
chiamata.
La ragazza stava ad
aspettarmi sulla porta dell'appartamento
con indosso la medesima vestaglia
orientale di prima, ma stavolta
l'espressione del viso non era quella
corrucciata di quando mi aveva chiuso
l'uscio in faccia.
- Vieni, dai, accomodi
dentro casa. Posso offriti un caffè, o
vuoi qualcos'altro da bere?
- Ma, veramente... - ho
risposto, sorpreso da tanta gentilezza.
- Sono stata un po' cafona
con te, lo so, me ne dispiace, ma non
volevo essere offensiva. Entra, dai, non
stare sul ballatoio come un pirla.
Mi ha invitato ad
accomodarmi su di un sofà, dinanzi a un
televisore sul cui schermo scorrevano le
immagini di una partita di pallone.
E' venuta a sedersi accanto
a me e ha accavallato le gambe scoprendo
le cosce lisce e abbronzate.
- Appassionata di calcio? -
le ho chiesto tanto per dire qualcosa.
- A quest'ora della
domenica guardo sempre "90°
minuto" mi piace assistere alla
sintesi dei gol della serie A.
- Immagino che sia tifosa
di qualche squadra, vero?
- Ma perché continui a
darmi del lei? Voglio che mi dai del tu,
abbiamo suppergiù la stessa età,
suppongo.
- Veramente...
- Sono tifosa del Parma,
accidenti!
- Io invece della Juventus.
- Adesso che il Parma è
scivolato in serie B mi manca
l'appuntamento domenicale con la partita
della mia squadra.
- Beh, puoi sempre occupare
il tempo libero a fare dell'altro.
- E' vero, giusto, e tu
come hai trascorso la domenica?
- Io?
- Sì, tu, che c'è di
strano?
- Beh, stamani ho fatto un
giro in bicicletta con un paio di
amici. Una sgambata di sessanta
chilometri, raggiungendo Calestano, dopodiché
ho fatto la doccia e sono andato a
pranzo. Il pomeriggio l'ho trascorso in
città a fare shopping fra le bancarelle
della Showcolat, la manifestazione
dedicata al consumo del cioccolato che
ieri e oggi ha riempito le strade dell'Oltretorrente.
- Cazzo! Anche tu sei
goloso di cioccolato?
- Sì, è vero, lo ammetto,
e non me ne vergogno. - le ho detto
arrossendo.
- Allo Showcolat ci ho fatto
un giro ieri pomeriggio. E' stato lì
che qualcuno mi ha sottratto la borsetta
nella confusione di folla che c'era.
- Vado giù di testa per il
cioccolato. Mi piace annusarlo,
guardarlo, toccarlo, ma soprattutto
mangiarlo!
- Hai ragione, anch'io la
penso come te. E poi il cioccolato fa
sempre bene, è sempre buono, ed è
sempre diverso. E non è mai abbastanza.
Vero? - ha concluso con un sorriso che
rivelava entusiasmo.
- Mi piace il sapore, il
profumo, il calore del cioccolato.
- Mi considero una donna a
cui piace mangiare cioccolato in
misura esagerata. E poi quando alla tivù
trasmettono una partita di calcio della
mia squadra del cuore, tengo un
barattolo di Nutella fra le cosce e
l'assaggio di continuo. Se poi la mia
squadra mette a segno un gol mi esalto e
prima che finisca la partita do fondo
all'intero barattolo. Incredibile, eh?
- A me invece piace il
cioccolato rubacchiato.
- Cosa?
- Tornando a casa di notte,
mi capita spesso di fare una escursione
in cucina e mettermi alla ricerca di un
qualsiasi quadretto di cioccolato. Poi
sai che faccio? Lo schiaccio sulla
lingua e lo gusto come fosse un bacio
prolungato.
- Cazzo! Mi hai fatto
venire in mente i Mon Chèrì e i Baci
Perugina impacchettati nella stagnola
con dentro le frasi d'amore.
- A chi lo dici, a me è
venuta l'acquolina in bocca.
- Allora sai che faccio
adesso? Ti preparo una cioccolata in
tazza. L'assaggi volentieri?
- Beh, non so, ma penso
proprio di sì, grazie. - ho risposto
confuso per la strana situazione in cui
mi ero venuto a trovare.
- Aspettami qui, mettiti a
tuo agio sul sofà, torno subito con una
tazza di cioccolato caldo.
- Ma...
La cioccolata calda che mi
ha servito qualche istante dopo in una
tazza di ceramica bianca e fumante mi ha
sorpreso. Stavo per chiedermi come
avesse fatto a preparare la porzione di
cioccolata al cacao in così breve
tempo, che lei si è affrettata a
spiegarmelo.
- Ti sarà capitato altre
volte di assaggiare del cioccolato caldo
fatto con il Ciobar, vero?
- Beh.
- No?
- Cazzo! Ma col forno a
microonde la cioccolata in tazza fatta
con il Ciobar è pronta in un solo
minuto. Assaggiala, dai! Ti accorgerai
che è squisita. E' come quella che si
consuma nelle migliori caffetterie.
Dando seguito alle sue
insistenza ho immerso il cucchiaio nella
tazza e subito dopo l'ho avvicinato alla
bocca, ma la cioccolata era troppo calda
per essere consumata, così ho ripreso a
parlare.
- Mi piace mangiucchiare il
cioccolato lentamente, cogliendone ogni
sfumatura di sapore.
- Anche a me.
- Sentire che si scioglie
sulla lingua.
- Mi piace il cioccolato
perché riesce ad appagare certe mie
mancanze originarie. Succede anche a te?
- le ho confessato sorprendendomi non
poco.
- No, per me non è così.
- Eppure...
- Mangiare cioccolato è un
piacere unico. Ogni volta che lo
assaggio mi viene da pensare che sto
compiendo un tradimento alla persona che
amo, ma non occorre chiedere scusa a
nessuno quando lo si consuma, né
sentirsi in colpa, vero?
- Quello che è certo è
che ha un forte potere afrodisiaco. A me
capita spesso di trovarmi eccitato prima
e dopo l'assaggio. Se devo essere
sincero mi sta succedendo anche ora,
intanto che annuso il profumo della
tazza di cioccolata che mi hai
preparato. E a te non succede?
Dette quelle parole ho
afferrato la tazza e col cucchiaio ho
iniziato a gustare la cioccolata, in
attesa di una risposta da parte sua che
invece ha tardato ad arrivare.
- Sì, anche a me.
- Ma è normale che succeda
tutto questo? - le ho chiesto.
- Non lo so, non sono un medico, ma ho letto su qualche rivista
che il cioccolato contiene una sostanza,
di cui non ricordo il nome, che agisce
come stimolate, aumenta l'energia, la
prontezza dei riflessi, la concentrazione
e il desiderio sessuale di chi lo
assume.
- E' quello che mi sta
accadendo in questo momento. - ho
risposto con il cazzo duro che pareva
perforarmi il tessuto dei pantaloni.
- A me più di qualsiasi
tipo di cioccolato piace quello che si
sbriciola fra le labbra di un uomo
mentre lo bacio.
Un po' per caso o forse no,
abbiamo finito per baciarci, non più
estranei uno all'altra, ma carichi di
una pulsione erotica che nessuno dei due
sapeva contenere. Tutt'a un tratto mi
sono ritrovato sdraiato sul tappeto, con
lei a cavallo sulle mie gambe, senza la
vestaglia addosso, completamente nuda,
che cercava con la forza delle braccia
di slacciarmi la cinghia dei pantaloni.
Quando finalmente c'è
riuscita me li ha abbassati insieme alle
mutande e ha stretto il cazzo nella
mano, carezzandomelo, poi ha cominciato
a masturbarmi, lentamente, ansimando di
piacere mentre accompagnava il movimento
delle dita avanti e indietro sulla
cappella.
Steso sul pavimento, con
sopra le sue natiche, sono rimasto a
guardare le espressioni del suo viso
mentre seguitava a masturbarmi.
Manteneva le palpebre
chiuse come se stesse sognando. Io, al
contrario, non sono riuscito a staccami
dal guardare le forme del suo corpo. Le
tette, non troppo grandi, ma sode, con i
capezzoli appuntiti, sobbalzavano senza
sosta in sincronia con i movimenti della
sua mano che stringeva il cazzo.
Ha seguitato a masturbarmi
fino a quando sono stato prossimo a
venire. Soltanto allora ha chinato le
labbra sul cazzo e si è premurata di
succhiarmi la cappella. Lo ha fatto fino
a quando le ho rovesciato tutta la
cremeria nella bocca.
Per tutta la serata abbiamo
seguitato a scopare e consumare
cioccolato ebbri uno dell'altra fintanto
che a mezzanotte ho abbandonato l'abitazione e ho fatto ritorno a casa.
Dopo quanto mi è accaduto
se qualcuno mi domanderà se c'è
qualcosa di più desiderabile del
cioccolato, so per certo cosa gli
risponderò: leccare una figa!
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