CIOCCOLATA E PANNA
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

     Nella caffetteria dove Elena e io  avevamo l’abitudine d’intrattenerci a consumare una tazza di cioccolato calda, talvolta con spruzzato sopra della panna montata, stavolta eravamo in compagnia di Carlo, suo marito.
   - Se lo desideri posso mettere a tua disposizione la somma di cui hai necessità. Ti firmo un assegno. Ti sta bene? - disse Carlo.
   - Ti ringrazio, ma preferisco cavarmela da solo.
   - Non ti sarai mica offeso, eh!
   - E perché mai?
   - Mi farebbe piacere se accettassi il prestito.
   - No, grazie, ma ti sono grato comunque.
   - Per me 50.000 euro sono poca cosa. Me li renderai a tuo piacimento. Non ti farò fretta.
   Avevo un dannato bisogno di denaro e finii con l'accettare l'offerta conscio che una volta intascata la somma mi sarei sentito in obbligo verso loro due.
   Da poco mi ero separato da mia moglie ed ero tornato ad abitare con i miei genitori, perciò avevo necessità di procurarmi un appartamento dove andare ad abitare. E quei soldi mi sarebbero serviti per risolvere il problema.
   Io e Elena lavoravamo nella medesima azienda, seppure in uffici diversi, e scopavamo. Sì, scopavamo. Eravamo soliti appartarci nei cessi, sottraendoci agli sguardi dei nostri colleghi, poi non più.
   A Elena piaceva farsi sodomizzare e le piaceva fare l'amore in posti dove qualcuno avrebbe potuto vederci. Era una esibizionista, una troia esibizionista.

   Fuori dal posto di lavoro scopavamo nell'abitacolo della mia automobile. I parcheggi, specie quelli in pieno centro cittadino, erano i luoghi che prediligevamo, ma non eravamo alieni dal trattenerci ai bordi delle strade, sotto un lampione, in modo da essere bene visibili ai passanti che transitavano sui marciapiedi.
   Elena era dotata di una forte carica sessuale e non la teneva celata, al contrario di molte donne che reprimono la propria esuberanza per non essere considerate mignotte o peggio ancora ninfomani.
   Ero succube della sua forte personalità, infatti, sapeva ottenere da me tutto ciò che voleva, e io ero lieto di compiacerla.
   Nei mesi successivi il prestito di denaro né Carlo né Elena fecero cenno alla somma che dovevo restituirgli, fintanto che un giorno, sorprendendomi non poco, Elena mi chiese se ero disposto a fare l'amore con lei in presenza del marito.
   Prima di offrirle la mia disponibilità ci avevo riflettuto a lungo sulle conseguenze di quell'atto, infine avevo accettato.

   Avevo sempre avuto il dubbio che Carlo fosse al corrente della nostra relazione. Infatti, in alcune occasioni mi era parso di scorgerlo fra le persone che stavano a fissarci mentre scopavamo nell'abitacolo dell'automobile. Pertanto la richiesta di fare l'amore in sua presenza non mi sorprese. Sapere che Carlo avrebbe fatto da spettatore alle nostre effusioni lo considerai eccitante più delle nostre precedenti esperienze.

   Stavo seduto da mezzora su una poltrona, nel salotto del loro appartamento, con Elena e Carlo accomodati sul divano di fronte a me. Nessuno dei tre aveva ancora fatto cenno al motivo per cui eravamo lì.
   - Che ne dite se preparo una cioccolata calda. - disse Elena.
   - Ottima idea. - dissi.
   - Allora seguimi in cucina. - disse Elena.
   La seguii dappresso accodandomi a lei.
   - Beh, allora? - dissi quando ci ritrovammo da soli nel locale.
   - Devi avere fiducia.
   - Fiducia in cosa? - chiesi.
   Elena schiuse uno sportello del mobile della cucina. Da un ripiano colse una confezione di Ciobar.
   - Beh, non rispondi?
   - Ti suggerisco di stare bene attento a quello che sto facendo. Potrà servirti in futuro.
   Depositò sul ripiano del tavolo una tazza bianca e ci versò il contenuto di due buste di Ciobar. Prese dal frigorifero una confezione di latte e lo travasò nella tazza, dopodiché mescolò il tutto con un cucchiaio.
   - Mi raccomando di amalgamare bene la polvere di cacao e il latte. Hai capito?
   - Sì, ma che centra tutto questo.
   - Centra, centra. Eccome, se centra!
   Aprì lo sportello del forno a microonde e posò la tazza al centro del piatto girevole. Chiuse il battente e girò la manopola del timer.
   - Un minuto deve restare acceso. Fintanto che il cacao inizia a bollire ed è prossimo a tracimare dalla tazza.
   Elena stava china davanti allo sportello trasparente del forno a microonde col culo rivolto verso l'alto. Mi avvicinai e posai le mani attorno ai fianchi, poi cominciai a strofinarle il cazzo contro le natiche.
   - Uhm... ho capito che ne hai voglia. Devi avere pazienza e non fare il cretino.
   - Ho voglia di scoparti. Adesso! Dai facciamolo qui.
   Il timer del microonde emise uno trillo. Elena tolse dal forno la tazza densa di cioccolata e la mise sotto le mie narici.
   - Non ti sembra uguale alla cioccolata che consumiamo nella caffetteria?
   - L'aspetto è gradevole. Ma perché ne hai preparato una sola tazza? Siamo in tre.
   - Non ti preoccupare.
   La seguii dappresso mentre si dirigeva in salotto con la tazza stretta nella mano. Stavolta non andò a sedersi sul divano, proseguì oltre, verso la stanza da letto, con me appresso. 
   Prima di abbandonare il salotto si rivolse a Carlo.
   - Noi andiamo di là.
   Conoscevo bene la disposizione delle stanze dell'appartamento. Nel periodo da sposato ero stato spesso a cena da loro con mia moglie. Mettendo piede nella stanza da letto pensai che i miei ospiti erano una coppia davvero bene assortita: lei esibizionista e lui guardone. E io cos’ero? Un depravato come loro?
   - Beh, che te ne pare?
   - Di cosa? - dissi.
   - Sei imbarazzato?
   - Affatto!
   - Eccitato allora?
   - Sì. Molto.
   La presi fra le braccia e la strinsi forte a me.
   - Ehi, Cucciolone. Mi fai rovesciare la cioccolata. Aspetta che appoggio la tazza sulla cassapanca.
   Elena cominciò a spogliarsi e io la imitai. La situazione in cui mi ero venuto a trovare era strana ed eccitante. Trovarmi nella loro stanza da letto, nudo, voglioso di scoparmi Elena, con Carlo in salotto in attesa d'entrare nella stanza avrebbe messo a disagio chiunque: io non lo ero per niente.
   Elena si piegò su di me e mi toccò il cazzo con la mano libera, mentre nell'altra manteneva stretta la tazza di cioccolata.
   - Hai i peli sotto le ascelle uguali a quelli del pube. - disse.
   - Sciocchina.
   - Stavo considerando che la tua pelle ha un buon sapore.
   - Dici?
   - Ho voglia di leccare per bene la tua pelle.
   Sorrisi e incrociai il suo sguardo. In quello stesso momento Carlo si affacciò sulla porta della camera. E rimase fermo lì. Elena, per nulla intimidita dalla presenza del marito, s'inginocchiò ai miei piedi e sollevò lo sguardo su di me. Prese nella mano il cazzo e indirizzò la cappella nella tazza. La intinse più volte nella cioccolata, ancora tiepida, fintanto che il cacao si addensò sulla cappella. Elena volse lo sguardo in direzione del marito, dopodiché carpì la cappella da cui colava la cioccolata e la infilò fra le labbra.
   Succhiava! Oh, se succhiava! Non lo aveva mai fatto con tanto entusiasmo. L'atteggiamento con cui si adoperava nello spremere il cazzo era rivelatore del piacere che provava nel farlo. Intinse più volte la cappella nella tazza incontrando difficoltà nel sistemare l'estremità del cazzo verso il basso persistendo l'erezione. Lasciai che Elena conducesse a termine la sequela di movimenti stordito dai movimenti della lingua sul cazzo.
   Il contorno della sua bocca era imbrattato del cioccolato che le colava sul mento. Nel momento in cui rallentò la sua azione posai le mani attorno il suo capo. Tenendola ben ferma cominciai a muovere il bacino avanti e indietro scopandola nella bocca.
   Mi piaceva farlo in quel modo, ancora di più che essere spompinato, ma in quel modo rischiavo di venire in breve tempo e Elena lo sapeva. Mi lasciò fare, poi staccò le labbra e andò a coricarsi sul letto. Mise le gambe penzoloni sul pavimento e le divaricò.
   M'inginocchiai ai suoi piedi e rimasi a osservarla mentre dispensava il resto della cioccolata contenuta nella tazza sul pube. Distribuì la crema sulle labbra e dentro la vagina impiastricciandosi i genitali. Nel momento in cui ficcai la lingua nella fessura fra le cosce il corpo di Elena prese a fremere a ogni movimento della lingua.
   Nutrirmi del prelibato succo della vagina, mischiato a quello della cioccolata, era quanto di meglio mi potesse capitare. Seguitai ad alzare e abbassare la lingua ripulendo il pube e le cosce da ogni traccia di cioccolata. M'impadronii del clitoride e incominciai a succhiarlo. Aiutandomi con la forza delle braccia le spalancai le cosce impedendole di serrarle.
   Non ero affatto intimorito dalla presenza di Carlo. A dire il vero mi ero persino dimenticato che fosse lì, preso com'ero nel portare avanti la mia azione. Curvo, con la bocca sulla figa, non riuscivo a vedere né il viso di Elena né quello di suo marito che presumevo stesse alle mie spalle ad assistere alla scena.
   Elena raggiunse l'orgasmo dopo un po' che le succhiavo il clitoride. Restai saldo con le labbra sulla sporgenza erettile estraendolo fintanto che Elena esplose.
   - Basta! Ti prego. Mi fai male. Godo... Godoooo.
   Il corpo incominciò a tremarle tutto. Prese a scuotersi in preda a un rabbioso orgasmo, solo allora cessai di succhiare il clitoride e allontanai la bocca dalla vagina. Elena appoggiò le dita sul mio capo e lo attirò verso sé, sull'addome, poi prese a carezzarmi i capelli. 
   Avevo una dannata voglia di scopare e desideravo farlo, subito. Mi sollevai e rimasi in piedi davanti al corpo nudo di Elena stravaccata sul letto con le cosce spalancate. In quell'istante vidi il mio corpo riflesso nella specchiera del comò. Avevo il viso imbrattato di cioccolata e alle mie spalle c'era Carlo che si masturbava.
   La partita che stavamo conducendo era solo all'inizio. Marito e moglie non mi avevano dato scacco matto, perlomeno non ancora.

 

 

 
 

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