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CINQUANTA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Il
ricordo che serbo di Edoardo è
racchiuso nel nostalgico colore dei suoi
splendidi occhi azzurri. Con lui ho
vissuto un'intensa storia d'amore durata
lo spazio di una sola stagione.
Quando l'ho conosciuto
frequentavo l'università. Lui invece
era docente di storia medievale nella facoltà di lettere e filosofia
di cui ero iscritta. All'epoca aveva
cinquant'anni: trenta più dei miei
anni.
Anch'io, come la
maggioranza delle mie compagne di facoltà,
ero rimasta affascinata dal suo
argomentare e dal modo in cui sapeva
porsi a noi studenti.
Una mattina, terminata la
lezione, mi prese da parte e mi chiese
se ero disposta a collaborare con lui nella
stesura di una ricerca. Accettai di buon
grado, onorata dell'attenzione che aveva
manifestato verso la mia persona. Lo
stesso accadde qualche settimana più
tardi quando m'invitò a trascorrere il
week-end nella sua villa al lago d'Iseo.
Non rimasi sorpresa
dall'invito. Lo accettai di buon grado,
conscia di ciò che sarebbe potuto
accadere se fossi andata lì. Infatti,
la sera stessa, mi ritrovai a fare sesso
nel suo letto.
Mi piaceva accarezzargli i
capelli argentati, sfiorare con la bocca
il contorno delle labbra, e dilungarmi
con le dita nello spremergli il cazzo
mentre lo succhiavo.
"Ti leccherei la
figa dalla mattina alla sera",
diceva ogni volta che c'incontravamo nei
corridoi dell'università. Ma nell'intimità ciò che
prediligeva era di usarmi violenza.
Gli piaceva picchiarmi
sbattendomi un asciugamano imbevuto
d'acqua sulla schiena, oppure servendosi
di fruste, scudisci e gingilli vari. Lo
faceva mentre stavo sdraiata sul letto,
completamente nuda, provando piacere
nell'arrecarmi dolore, molto dolore.
All'apice dell'eccitazione mi scopava
prendendomi da dietro, nel culo.
Edoardo si adoperava in
tutti i modi nell'infliggermi ogni
genere di sofferenza fisica. Godeva nel
colpirmi. Era un sadico. Eppure quando
mi picchiava lo faceva con un certo
riguardo, evitando di lasciare qualsiasi
traccia della sua brutalità sul mio
corpo. Quando mi colpiva preferiva farlo
con un lenzuolo bagnato perché lasciava
sulla pelle soltanto un leggero rossore.
Arrossamento che si dissolveva nelle ore
successive il coito con cui concludevamo
i nostri incontri.
A distanza di dieci anni da
quegli avvenimenti non so spiegarmi
perché non mi ribellai e subii quelle percosse senza oppormi,
sottomettendomi a qualsiasi tortura mi
infliggesse. In effetti, non provavo
piacere a essere brutalizzata, anzi ciò
che avvertivo era soltanto sofferenza
fisica. Ma lui ne godeva e questo era
sufficiente per rendermi felice.
Ero plagiata, sottomessa al
suo volere e ne ero felice. Accettavo
tutto da lui, ma la nostra relazione,
per colmo di sventura, andò avanti per
breve tempo. Edoardo morì verso la fine
dell'estate, vittima di un incidente
stradale, mentre alla guida della
propria automobile percorreva l'Autocamionale
della Cisa.
Aveva trascorso la giornata
al mare in compagnia di una giovane
allieva. Stava facendo ritorno in città
quando l'automobile su cui viaggiavano
balzò fuori dalla strada capottando più
volte. I militi della Croce Rossa lo
trovarono riverso sul sedile dal Bmw con
la patta dei pantaloni abbassata e
imbrattata di sperma.
Alla notizia del decesso il
mondo sembrò crollarmi addosso, faticai
non poco a ritrovare l'equilibrio
perduto. Gli uomini con cui feci l'amore
dopo di lui mi sembrarono poca cosa. Per
molto tempo mi accompagnai con diversi
maschi, cambiando partner di continuo,
senza impegnarmi in legami duraturi,
dedita solo a realizzarmi nello studio e
nel lavoro, occupando il tempo libero
nel soddisfare la mia curiosità. Sì,
la curiosità. E' con questo termine che
molte persone definiscono il desiderio
che hanno di sapere, indagare,
conoscere.
Ho imparato a mie spese che
non ha senso il "sapere" senza
"sapere amare". Penso che
amare ed essere amati sia la cosa più
importante della vita, perché quando mi
viene meno la curiosità mi sento
svuotata e inutile.
Edoardo simboleggiava
appieno questo modo d'intendere la vita.
Era questa la ragione per cui ero
attratta dalla sua esuberanza e potenza
vitale. Forse sbagliavo perché era il potere che
esercitava su di me a sedurmi.
Dopo avere vissuto un certo
periodo della mia vita insieme a un uomo
come Edoardo i miei coetanei mi
sembravano sciocchi e insipidi, ed è la ragione per cui ho mantenuto
intatta una grande ammirazione per gli
uomini di una certa età.
In seguito mi è capitato
di conoscere Francesco e le cose, anche
le più insipide, quelle che mi stavano
d'intorno, quelle a cui non davo più
nessun valore, hanno ripreso a vivere.
La nostra conoscenza è
avvenuta in maniera fortuita,
durante una delle mie frequenti
frequentazioni per le sale della
Biblioteca Civica del Palazzo del
Governatore, a due passi da Piazza
Garibaldi.
- E' bello... lo legga. -
Francesco pronunciò quella frase stando
alle mie spalle.
Nella mano tenevo aperto un
libro appena sfilato da un ripiano dove
erano sistemati volumi di letteratura
tedesca. Alzai gli occhi e guardai lo
sconosciuto di fianco a me, poi ripresi
a leggere la breve presentazione sulla
quarta di copertina.
- E' una storia
affascinante. Una di quelle che lasciano
traccia nel cuore di chi legge. - tornò
a dirmi.
Ringraziai lo sconosciuto
interlocutore per la cortesia e aggiunsi
il libro all'altro che tenevo
sottobraccio. Andai verso il tavolo
della bibliotecaria per sottoscrivere il
prestito di tutt'e due i libri. Mentre
mi accingevo a uscire dalla biblioteca
fui raggiunta dalla voce dell'uomo che
poc'anzi mi aveva suggerito la lettura
del libro di Hermann Hesse.
- Ottima scelta.
"Narciso e Boccadoro" le
piacerà, ne sono sicuro.
- Spero che sia così. -
soggiunsi.
Discesi la rampa di scale
che conduceva al portone d'uscita in sua
compagnia, dopodiché ci salutammo. Il
suo non fu un vero abbordaggio, in
quella circostanza si limitò a
chiedermi cosa facevo nella vita e se
frequentavo spesso la biblioteca.
"L'insegnante"
confessai, lui invece si definì un
impiegato in pensione amante delle buone
letture. Per certi versi mi consideravo
molto simile a lui perché mi è sempre
piaciuto andare alla scoperta delle cose
e i libri sono pieni di verità
nascoste.
*
* *
In una stanza della biblioteca sono in
attesa che sopraggiunga Francesco. Libri,
quaderni, e fogli di appunti sono
ammucchiati in modo disordinato davanti
a ciascuno degli altri studenti che
occupano il tavolo insieme a me.
Ciascuno di loro mantiene il display del
cellulare acceso e lo consulta di
continuo nella speranza che compaia
qualche messaggio. Sono una delle poche
ragazze presenti in biblioteca, forse
l'unica, a non possedere il cellulare,
ma non è la mancanza di questo oggetto
di consumo che mi fa sentire diversa da
chi mi sta intorno.
Francesco mi raggiunge
mentre sto consultando le pagine di una
rivista che ho preso in visione fra
quelle esposte nelle scansie
dell'emeroteca.
- Ciao!
- Vengo, sono pronta.
A quest'ora del pomeriggio
le vie del centro storico sono occupate
da una folla di persone. Io e
Francesco camminiamo una accanto
all'altro come fossimo padre e figlia,
invece siamo amanti. Ormai stiamo
insieme da circa un anno.
La giornata è invernale. Le vetrine dei negozi sono
ingentilite da addobbi natalizi e
illuminate più del necessario. Le persone sono abbottonate nei
cappotti. Entrambi manteniamo
il bavero rialzato per difenderci dal
freddo. Mi piace
andare a passeggio per le strade del centro
in sua compagnia. Da tempo ho smesso di
preoccuparmi dei pettegolezzi della
gente e non ci faccio più caso.
I miei genitori, all'inizio
della relazione che intrattengo con
Francesco, si erano detti dispiaciuti
nel vedermi accompagnata a un uomo della
loro stessa età. Ma la storia che ho
vissuto con Edoardo mi ha insegnato a
infischiarmene del giudizio degli altri,
ciò che mi preme maggiormente è di vivere con intensità il
presente, senza preoccuparmi del domani.
Sto bene in compagnia di
Francesco, facciamo l'amore spesso,
perlomeno tutte le volte che mi capita
d'andare a casa sua. Sa farmi godere e
con lui raggiungo spesso l'orgasmo, cosa
che mi riusciva di rado quando scopavo
con i miei coetanei.
Francesco è dolce,
garbato, morbido, pieno di attenzioni e
soprattutto di esperienza. Sì,
d'esperienza, perché sa esplorare il
mio corpo come nessun altro uomo è
stato capace prima di lui.
I capelli argentati gli
conferiscono un aspetto maturo, la
fronte è solcata da profonde rughe
trasversali e gli angoli degli occhi
appaiono increspati da rughe. Nessuna
delle mie amiche ha compreso questa mia
scelta. Pensano che il mio sia un
capriccio, una passione momentanea e
nulla più. Ho sempre pensato che la
vita ha come unico significato il
"nulla": Francesco è l'unica
cosa che può darle un senso.
La nevicata di ieri
pomeriggio ha ripulito la città da smog
e impurità. Sul selciato stradale e sui
marciapiede è sparita ogni traccia di
neve. La bottega per la rivendita del
pane dove con Francesco siamo diretti
è ubicata in Via Garibaldi, poco
distante dalla Chiesa dei Frati
Cappuccini. Acquisteremo della focaccia e due sfilatini di pane da
consumare a cena, poi continueremo nel
nostro giro fissando lo sguardo sulle
vetrine.
Quando siamo davanti alla
panetteria Francesco mi ingiunge di
proseguire fino alla oreficeria che si
trova pochi metri più in là. Mi fa
scegliere un anello con brillante. E' un
solitario, e sta molto bene
al dito. Glielo dico mentre lo bacio
sulle labbra.
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