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CI
SONO NOTTI CHE ...
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Ci
sono notti che non accadono mai. Notti
in cui vorrei svegliarmi nel mio letto e
scoprire d’avere qualcuno accanto che
mi tiene compagnia. Invece sono sola,
terribilmente sola con me stessa.
Non sono una donna
addomesticabile. Mi piace vivere la
vita, ma la vita mi piace a pezzi. Amo
mettermi nuda davanti agli altri,
mostrandomi per quella che sono,
ostentando pregi e difetti, ma questo
sembra non piacere alla maggior parte
degli uomini e delle donne che ho d'intorno, e non so spiegarmene la
ragione.
Da poco ho superato la soglia dei
quarant'anni e il mio corpo è in
continua trasformazione. Il flusso
mestruale mi è pressoché scomparso. Ho
perso la capacità di generare figli e
ne sono dispiaciuta. Il ginecologo che di recente
mi ha visitata,
rassicurandomi, mi ha spiegato che il
mestruo è irregolare soltanto perché
sono entrata in menopausa e non perché
sono malata. Di solito le donne
raggiungono il climaterio dopo i
cinquant'anni, io no. Sono diversa, io.
Da un po' di tempo evito di
mettermi nuda davanti allo specchio. Non
mi piace scorgere sulla pelle le tante
cicatrici che mi hanno lasciato le
storie d'amore. Molte donne sono una
cicatrice unica, dalla testa ai piedi,
le mie sono cicatrici orribili e sto
male a guardarle. Quello di cui ho
bisogno è di ricominciare ad amare al
più presto. Devo lasciarmi alle spalle
il ricordo degli uomini e delle donne
con cui ho avuto delle storie, e dei tanti
sconosciuti che hanno goduto nel
depredare il mio corpo.
Stanotte è una di quelle notti
senza fine in cui fatico a prendere
sonno. Sono eccitata, terribilmente
eccitata. Ho la fica in liquefazione e
mi porto appresso una dannata voglia di
fare sesso. Ho le tette gonfie e i
capezzoli traboccano eccitazione. Sono
spoglia di ogni indumento, anche delle
mutandine. Una abitudine, quella di
dormire nuda, che mi trascino dietro da
quando ero adolescente. Mi piace
sentirmi sfiorare la pelle dal morbido
tessuto delle lenzuola, specie se
fresche di bucato, e addormentarmi con
addosso le mani di qualcuno, uomo o
donna non importa, che occupi l'altra
metà del letto accanto a me.
Ho iniziato a godere in maniera
solitaria del mio corpo in ritardo
rispetto alle mie coetanee. Da
adolescenti erano solite procurarsi
questo tipo di piacere sessuale; io
invece no. Se non l'ho fatto la colpa è
dell'educazione bacchettona che ho
ricevuto dai miei genitori. Tutt'e due
vedevano il male là dove invece non
c'era e io ne ho subito le conseguenze.
Sono venuta a conoscenza del
piacere che dà la masturbazione da una
compagna di banco. Un giorno, durante la
lezione di anatomia, mi chiese quante
volte al giorno ero solita toccarmi fra
le cosce. Non le diedi risposta, ma
quella sera stessa, nel mio letto,
cominciai a sfiorarmi con le dita le
labbra della passera e raggiunsi il
piacere del primo dei miei straordinari
orgasmi. Per poco non svenni quando il
godimento prese a salirmi dall'interno
delle cosce, per stringermi il ventre e
scoppiarmi come un petardo nel cervello.
Ancora oggi i miei piaceri
solitari sono incontrollati. Praticare
la masturbazione, sino a raggiungere una
infinita serie di orgasmi, mi lascia
ogni volta svuotata di energie. Ho
mantenuto nel tempo il piacere di
masturbarmi nonostante le numerose
frequentazioni amorose, perché il
piacere solitario è qualcosa che sento
come esclusivo e di cui non posso fare a
meno. Lo cerco spesso e mi adopero a
raggiungerlo di nascosto dai miei
partner per non dare l'impressione di
essere insoddisfatta, perché non
capirebbero cosa mi spinge a farlo.
Questa è una di quelle notti in
cui non posso fare a meno di toccarmi.
Sdraiata sul letto, con le cosce
divaricate, inizio a esplorare con le
dita il pube del tutto privo di peli.
Accarezzo pigramente l'interno delle
cosce, dopodiché risalgo con le dita
sino a sfiorare le grandi labbra, gonfie
e sporgenti, e mi trattengo
dall'avvicinarmi alla parte più intima
della vagina mentre le gambe mi tremano
per la troppa eccitazione.
Madre natura non mi ha dotata di
seni grossi, ma nemmeno piccoli.
Nonostante i miei quarant'anni sono
ancora sodi e con l'estremità dei
capezzoli sporgenti più del normale,
cosa che sembra soddisfare i
compagni di letto, uomini e donne
indistintamente, che si dilettano a
succhiarli come lattanti e stirarli fra
i denti provocandomi dolore e
piacere.
Mi piace toccarli, i capezzoli,
bagnare le dita di saliva e tornare a
toccarli. Mi tratterrei per delle ore a
carezzarmi le tette con gli umori che mi
colano abbondanti fra le cosce. Ma più
di tutto mi piace masturbarmi. E non so
trattenermi dal farlo.
Spalmo la saliva sulle
protuberanze carnose dei capezzoli e
inizio a strofinarli. Li ho turgidi e
con le punte dure che mi fanno male. Più
li sfioro e più sento crescere il
desiderio d'infilare un paio di dita fra
le cosce.
Mi piace fare scorrere i
polpastrelli sulla saliva depositata
sulle areole. E' una sensazione strana
quella che mi provoca il toccarmi i
capezzoli. Seguito a carezzarmi fintanto
che non so più trattenermi dallo
stringere con forza le mammelle gonfie
più del normale e le avvicino una
all'altra. Il piacere che sto provando
allontana dalla mia mente i pensieri di
solitudine che mi opprimevano solo
qualche istante fa. Penso a godere del
piacere che sa darmi il mio corpo e
questo mi basta.
Vorrei che questo stato di
benessere durasse all'infinito, ma so
che l'apice del piacere lo raggiungerò
con l'orgasmo ed è lì che voglio
approdare penetrandomi con le dita la
vagina.
Allontano una mano dalla tetta,
lecco le dita e le inumidisco di saliva.
Scivolo con la mano sul pube e trascino
le dita sopra le grandi labbra. Seguito
a sfiorarmi delicatamente il bordo della
fica accrescendo il desiderio di
penetrarmi. Affondo un dito lungo la
fessura in modo lieve, poi un poco più
a fondo e inizio a carezzarmi le piccole
labbra, senza fretta.
Inizio a masturbarmi appena ho
infilato un dito nella passera. Aggiungo
un secondo dito e allargo le cosce. Le
tette sembrano scoppiarmi. Ho le punte
dei capezzoli indolenzite per averle a
lungo strizzate. Sollevo il culo ed
entro in profondità con le dita nella
vagina. Un leggero brivido mi attraversa
la schiena e le gambe iniziano a
tremarmi.
Godo! Godo! Dio, se godo!
Le contrazioni della mucosa
accompagnano il movimento delle dita
nella cavità. Il clitoride è cresciuto
di volume e sembra debba scoppiare per
aria da un momento all'altro. Lo stiro
verso l'alto e scappuccio la piccola
appendice, gonfia e turgida, che
circoscrivo con le dita. La premo più
volte procurandomi sofferenza e un
piacere indicibile.
Il costante sfregamento del
clitoride mi fa stare bene. Adoro
toccarlo ed essere leccata dai miei
compagni di letto. A volte mi manda in
estasi se a farlo è una donna, perché
più di qualsiasi uomo conosce i segreti
di un corpo femminile.
Una grande quantità di umori
caldi e appiccicosi seguitano a uscirmi
dalla fica. Trascino senza sosta le dita
dalla congiunzione delle piccole labbra
al clitoride aspergendolo con i miei
umori. Vorrei che questo stato di
estremo piacere durasse per sempre. Ma
più di tutto avrei bisogno di qualcuno
che prendesse il posto delle mie dita,
qualcuno che frugasse con la lingua
nella vagina e mi succhiasse ogni piega
cutanea delle piccole e grandi labbra,
mordendole fino a farmi raggiungere
l'orgasmo. Ma sono sola, sola con le mie
dita.
Piego le gambe e porto i calcagni
a contatto con le natiche. L'umore
colato dalla fica in grande quantità mi
ha bagnato l'orifizio dell'ano. Passo un
dito sopra lo sfintere e lo attraverso
spingendolo lentamente nella cavità.
Godo nel sentirlo entrare nelle viscere.
Ho la sensazione che sia un uomo a farlo
e mi prende un dannato bisogno della
carne di un cazzo dentro di me.
Ritorno a toccarmi il clitoride e
mi tuffo con le dita nella vagina che
avverto contrarsi mentre mi
masturbo sempre più velocemente. Ansimo
di piacere e con i denti mi mordo le
labbra mentre scuoto il bacino in
maniera scomposta da un lato all'altro.
Quando raggiungo l'orgasmo urlo
come una forsennata. Il bacino si
solleva dal materasso per le contrazioni
della mucosa della vagina e le cosce mi
si stringono tutt'intorno alle dita. Incrocio
le gambe e vengo, percorsa in tutto il
corpo da brividi inconsulti.
Rimango immobile per un tempo che
mi pare interminabile. Ho il respiro in
affanno e il cuore sembra uscirmi dal
petto. La tensione fa posto a un senso
di rilassatezza in una notte in cui
sembrava non dovesse succedere niente.
Di
notte,
mentre dormo
o tento di dormire,
con le mani calde
io tocco le lenzuola
e vorrei una presenza
che mi colmasse il cuore.
Invece è solo buio
e ho paura del giorno,
e invece è solo sera
e tremo del mattino.
Alda Merini
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