P iove
a dirotto. In città non succedeva da
più di un mese. Ho trascorso la giornata
davanti al monitor navigando in internet. A tenermi
compagnia la musica di Radio Nostalgie, emittente radiofonica francese,
cui
sono affezionato perché
manda in onda musica degli
anni sessanta e settanta perlopiù in
lingua francese.
Ritornare a convivere con
Milena è stato un errore. Ne
siamo convinti entrambi anche se non
abbiamo sufficiente coraggio per confessarcelo.
Siamo rimasti lontani una decina di anni
senza mai cercarci, poi abbiamo commesso
l'errore di rimetterci insieme.
Stavolta non sarà
difficile separarci. Lei non è più
la ragazza timida e ingenua che ho
conosciuto anni fa. Adesso è' una donna in
carriera. Per lei è imperativo
perseguire tutti quegli obiettivi che le
possono procurare denaro e successo, per me
invece restano ancora importanti gli
ideali, anche se non so per quanto tempo
succederà.
Le affinità che
condividevamo e ci avevano fatto
innamorare avrebbero dovuto aiutarci a
recuperare il nostro rapporto, invece le
abbiamo bruciate insieme alla nostra
giovinezza. Il tempo, nostro grande
nemico, ci ha cambiati entrambi.
Milena è succube del
consumismo, impegnata nel tempo libero a
fare spesa ai negozi d'abbigliamento
sparsi in giro per la città, riempiendo
gli armadi di cose che probabilmente non
indosserà mai.
Estetista e
parrucchiera sono le sue migliori
amiche. Il lettino abbronzante è il
luogo che frequenta più assiduamente.
Quando arriva il weekend e
vorrei starmene a riposare dalle fatiche del
lavoro, mi costringe a seguirla per i
mercatini di modernariato sparsi perla
provincia alla ricerca di oggetti da
portare a casa.
Mi annoio in sua compagnia
e lo stesso succede a lei. A letto
stiamo bene insieme, ma anche lì non è
più come era un tempo, entrambi avvertiamo
il bisogno di nuovi stimoli, ma non so
quali potrebbero essere.
Difficilmente potrei avere
accanto una compagna
intelligente e bella come lei. Vorrei che la nostra storia finisse qui,
ma non so trovare le parole e il
coraggio per dirgliele.
Un rumore di tacchi alle
mie spalle mi riporta alla realtà.
- Posso sapere cosa ci fai
col naso appiccicato al vetro della
finestra? Lo ungi tutto, non te ne
accorgi?
- Uffa! Come rompi! Quando sei tornata?
- Eri così assorto nelle
tue fantasie che non ti sei nemmeno
accorto della mia presenza. A cosa stavi
pensando?
- Cazzate! Tu piuttosto, pensavo
fosti al lavoro.
- Oggi mancavano molte
persone in ufficio. Colpa di questo
sciopero generale del cazzo indetto dai
sindacati. Mi sono
impegnata a sbrigare le pratiche più
urgenti.
- Vedrai che i tuoi capi ti
premieranno con una medaglia per la
solerzia che hai dimostrato.
- Stronzo!
- Vaffanculo tu e il tuo
lavoro di merda.
- Dai, non fare il cretino.
Sai benissimo che non potevo restare a
casa come hai fatto tu.
- Pensi d'essere
indispensabile? Che il tuo ufficio non
potrebbe andare avanti nel lavoro senza di te?
- Forse no, ma per il
disbrigo di certe pratiche è necessaria
la mia presenza. Sai bene che il lavoro
è importante per me.
- Importante? E' tutto!
- Non proprio, ma è
essenziale. Mi fa sentire viva.
- Quando i tuoi capi ti avranno ben
spremuta ne metteranno un'altra al tuo
posto, non lo hai ancora capito?
- Ma dai, ancora con questa
storia dei padroni.
- Il sistema ha solo
cambiato identità, ma sfruttati e
sfruttatori esistono ancora. Hanno
persino introdotto la competitività fra
i lavoratori. Il tuo collega di lavoro,
quello che ti sta accanto, non è più
un compagno di lavoro. Lo hanno
trasformato in un avversario pronto a
farti le scarpe, non l'hai ancora capito?
- Basta! Finiscila con
queste idee da medioevo.
Milena si allontana e si
sposta nella camera senza darmi la
possibilità di replicare. Torna poco
dopo con indosso la vestaglia da
bagno.
- Vado a fare la doccia,
capito?
- Sì.
- A proposito, sei andato
alla manifestazione promossa dai
sindacati?
- Non ne avevo voglia.
Andare in pullman fino a Bologna
era una sfacchinata.
- Dai, Lorenzo vieni qua.
- Perché?
- Non fare lo sciocchino,
avvicinati ti ho detto.
Milena solleva le braccia e
con le dita mi strofina i capelli. Le
cingo la vita e l'attiro a me. Sembra
trarre piacere nel solleticarmi il capo.
L'azione stimolante delle dita sui
capelli m'ingrossa il cazzo.
- Ho voglia! - sussurra al
mio orecchio.
- Di cosa?
- Di essere inculata.
- Sciocchina.
- Dico sul serio.
- Ma se non lo vuoi mai
fare. Quando te lo chiedo hai sempre una
scusa pronta per rifiutarti.
- Oggi mi garba così.
Milena sa essere
imprevedibile, non so mai cosa le frulla
per la testa. Perché fa cosi? Perché
vuole essere inculata? Perché?
- Che strano, uno come te,
con le tue idee che se la fa con una
donna che lavora in una compagnia
assicurativa il cui padrone è
Berlusconi. Il mondo è pieno di
sorprese, vero?
- Non c'è niente di strano
nella vita.
- E allora dai, inculami.
Fallo pensando che lavoro per lui, dai.
Non ti eccita la cosa?
- Ohè! Ma ti sei
ammattita?
- Stai fermo, lascia che
sia io a prendermi cura del tuo cazzo.
Milena fa scendere la lampo
dei miei pantaloni e infila la mano
nella patta. Estrae il cazzo e inizia a
masturbarmi.
- Ti piace fartelo menare,
eh?
Non le rispondo. Quando si
comporta da puttana dà il meglio di sé,
forse perché la è per davvero.
- Sì, certo che mi piace.
Lo sai.
- E allora cosa aspetti a
incularmi eh?
Scivolo con la mano
nell'apertura della vestaglia e sfioro
le labbra della fica. Accarezzo il
clitoride e lo sfrego più volte. Milena
ha un breve sussulto e s'irrigidisce in
tutto il corpo.
- Ti piace quando te lo
tocco, eh?
- E tu inculami, dai! Che
aspetti ancora?
Non le lascio finire la
frase e premo le mie labbra sulle sue.
Milena è svelta nel penetrarmi la bocca
con la punta della lingua e muoverla
dentro.
Ecco, lo sapevo, quando fa
così non so resisterle e mi sciolgo, in
tutti i sensi.
La sua mano esercita dei
movimenti delicati sul cazzo. Sembra non
avere fretta, forse aspetta che sia io a
prendere l'iniziativa, ma non è così.
Se crede che mi sdrai ai suoi piedi ed
esaudisca i suoi desideri si sbaglia di
grosso.
- E allora, che fai? Ti
decidi a incularmi o no? - sussurra al
mio orecchio dopo che le sue labbra si
sono allontanate dalle mie.
- Vuoi che lo faccia io
allora?
- Cosa?
- Insomma vuoi che t'inculi
con qualche arnese?
- Ma non fare la cretina.
Mi allontano e sto per fare
ritorno in salotto. Lei è lesta a
rincorrermi e con una mano mi afferra il
braccio.
- Scherzavo dai, non
prendertela così.
- Scherzavo un cazzo!
Lasciami in pace.
- Dai, vieni dalla tua
gattina.
- Non rompere, oggi non è
giornata.
Milena è tosta, la sua
testardaggine non ha limiti. Si libera
della vestaglia e si piazza con la
schiena dinanzi a me. Rotea le natiche e
le strofina contro il cazzo.
- Ti piace quando ti sfioro
il cazzo con il culo eh? Dimmi di sì,
su dai, dimmelo!
La spingo carponi sul
tappeto e mi chino su di lei. Intingo le
dita nella bocca e le deposito un grumo
di saliva sull'ano. E' strano come un buco
così stretto e raggrinzito possa
eccitarmi così tanto.
- Dai, inculami ora.
Afferro il cazzo fra le
dita e lo accompagno all'ingresso
dell'ano. Milena ha un lamento, la
cappella penetra a fatica nello
sfintere, ma una volta nella cavità
scivola via che è un piacere.
- Non farmi male. Ti prego.
- invoca Milena appena inizio a
spingerle il cazzo nel culo. - Ti piace
eh?
Non rispondo. Le afferro
entrambi i fianchi con le mani e
l'attiro verso me.
- Dillo che ti piace!
Continuo a sbattere le
cosce sulle natiche mentre il cazzo
scorre dentro il buco del culo senza
ostacoli di sorta.
- Stai inculando
un'impiegata di Berlusconi, ti piace?
- Sì... sì...
Continuo spingere il cazzo
nello sfintere fino a quando sto per
venire.
- Sì... sì... vengo...
vengo...
Milena si sfila ed è lesta
a girarsi verso di me. Da quella
posizione afferra nelle mani il cazzo e
lo infila nella bocca. Bastano alcuni
colpi della mano e le sborro nelle
labbra.
*
* *
Davanti alla tivù ascolto il breve
commento di un giornalista del Tg1. La
manifestazione sindacale che si è
tenuta a Roma ha raccolto in piazza un
milione di persone, a Bologna 200.000.
L'ultimo sciopero generale c'era stato
20 anni fa. In quella occasione era
stato indetto per protestare contro
l'abrogazione della scala mobile,
stavolta è contro l'abolizione
dell'articolo 18 dello statuto dei
lavoratori. Allora ne uscimmo sconfitti
oggi chissà.
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