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CHARLOTTE
& PAULINE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
L essay-sur-le-Mer
è un piccolo paese arroccato su un
promontorio della costa bretone, in una
splendida posizione panoramica, dove la
vita sembra essersi fermata da tempo
memorabile. Il piccolo molo, occupato da
imbarcazioni per la pesca d'alto mare,
è protetto da una diga naturale che lo
difende dalle frequenti mareggiate e ne
fa un porto fra i più sicuri della
costa bretone.
Il cespuglio di case
accoglie poco meno di trecento abitanti;
davvero pochi rispetto al migliaio che
lo popolavano soltanto un decennio
addietro.
Pauline, il marito, e la
figlia, occupavano una antica casa di
pietre e sassi le cui finestre si
affacciavano nella piccola piazza della
chiesa.
Il paese da un po' di anni
si stava consumando in un indifferibile
invecchiamento della popolazione. I
giovani delle nuove generazioni avevano
abbandonato Lessay-sur-le-Mer per
trasferirsi nelle grandi città. Le
uniche due attività commerciali rimaste
aperte, il Café de Chermes e la Pâtisserie
de La Rousse, gestita da madame Jacotte,
ormai vicina a festeggiare gli
ottant'anni, erano agonizzanti e
prossime alla chiusura.
Pauline, ghiotta di
dolciumi, era una delle più affezionate
clienti di madame Jacotte, difatti, non
disdegnava assaporare i prelibati
tartufi pralinati alle mandorle, le
mignon glassate e gli assabesi alle
nocciole preparati nella pâtisserie,
anche se era solita fare la spesa a
Vannes dove si recava ogni mattina al
lavoro.
Quasi tutta la popolazione
del paese era solita approvvigionarsi
all'InterMarché, un centro commerciale
distante poco più di cinque chilometri
da Lessay-sur-le-Mer sulla strada per
Auray.
A Lessay-sur-le-Mer e
dintorni non c'era una donna più
sensuale di Pauline. Prima che si
sposasse molti uomini l'avevano
corteggiata, di lei si sussurrava, la si
immaginava, si ipotizzava, ma pochi
potevano vantarsi di averla scopata,
anche se l'istintiva pulsione da figlia
dei fiori la faceva sembrare una donna
ribelle e forse anche troppo libera.
Aveva quarantacinque anni
ed era ancora una gran bella donna, con le
forme del corpo arrotondate al punto
giusto e un paio di tette da togliere il
fiato. In gioventù era stata una
fedelissima della cucina vegetariana,
sia per motivi di salute sia di linea,
ma una volta rimasta incinta aveva
cambiato le abitudini alimentari
riuscendo a plasmare una bellissima
figliola.
Pauline lavorava come
impiegata all'ufficio economato dell'Hôtel
de Ville, a Vannes, un lavoro che la
impegnava cinque giorni alla settimana
dal mattino fino a metà pomeriggio.
Dirimpetto alla sua scrivania si erano
avvicendate molte colleghe di lavoro,
con tutte aveva instaurato un ottimo
rapporto, ma con Charlotte, ultima in
ordine di tempo a occupare il medesimo
ufficio, il rapporto era diverso da
quelle che l'avevano preceduta. Con lei
era entrata in simbiosi dal primo giorno
di lavoro e sembrava non potere fare a
meno della presenza dell'amica accanto a
sé.
Charlotte viveva con il
marito e la figlia in un cascinale di
campagna da poco ristrutturato.
L'abitazione aveva conservato l'antico
aspetto rurale e si trovava a metà
strada fra Lessay-sur-le-Mer e Vannes.
Bionda, fisico atletico,
Charlotte era di qualche anno più
giovane di Pauline. Attiva come poche
altre donne praticava una infinità di
sport. Nuoto, tennis, palestra e perfino
lo sci erano i suoi svaghi preferiti,
tutto il contrario di Pauline, eterna
sognatrice, che amava trascorrere il
tempo libero accapponata sui libri
cercando nelle pagine di Jack Kerouac,
Allen Ginsberg e Ferlinghetti le
risposte sul senso della propria
esistenza che invece non riusciva a
trovare nella vita di tutti i giorni.
Quando frequentava il
liceo, a cavallo fra gli anni settanta e
ottanta, Pauline aveva preso parte in
modo attivo ai movimenti di protesta
messi in piedi dagli studenti. Per un
po' di tempo aveva persino stretto
amicizia con un gruppo di femministe,
rivendicando ad alta voce, insieme a
tutte loro, l'orgasmo clitorideo,
rispetto a quello vaginale. Trovarsi a
lottare per l'affermazione delle idee in
cui credeva per lei aveva un sapore di
sfida, e rappresentato un modo per
arrogarsi il diritto dal scindere il
piacere sessuale e l'orgasmo dall'atto
della procreazione, condizione sociale
di cui era accreditata la donna in
quegli anni.
Per lungo tempo aveva fatto
suo un certo modo di vivere il sesso,
attribuendosi il piacere di farlo fine a
se stesso, ostentando con le amiche
femministe i rapporti occasionali,
disgiungendo emozioni, sentimenti,
tuffandosi nella promiscuità e la
molteplicità dei rapporti sessuali,
vissuti come una liberazione.
Il giorno che Pauline aveva
conosciuto suo marito Jean Paul,
innamorandosi perdutamente di lui,
d'incanto le emozioni avevano ritrovato
la loro consistenza terrena. Paura e
gioia, tenerezza e pena, non erano più
soltanto idee confuse, ma lacrime,
sospiri e palpitazioni. Lei che fino
all'età di venticinque anni aveva
considerato il proprio corpo come luogo
dei bisogni, centro delle pulsioni e dei
desideri, una volta conosciuto Jean Paul,
aveva riconsiderato i suoi principi di
vita consacrandosi appassionatamente a
lui, giungendo persino a calarsi le
mutande ogni volta che Jan Paul si
apprestava a uscire di casa, pensando
che mandandolo in giro soddisfatto dopo
una scopata sarebbe servito a togliergli
dalla mente qualunque tentazione.
Si era comportata in quel
modo per vent'anni, fintanto che, a
mettere sottosopra le certezze del suo
modo di vivere, era comparsa Charlotte.
La differenza d'età fra
Charlotte e Pauline, dieci anni le
tenevano separate, non si era dimostrata
ostacolo insormontabile alla loro
amicizia. Appassionata e sognatrice
Pauline, disincantata e concreta
Charlotte, si completavano una con
l'altra. Raramente avevano modo
d'incontrarsi fuori dal luogo di lavoro,
ma ciascuna era a conoscenza delle cose
più intime della vita dell'altra.
Le ore trascorse in ufficio
erano occasione per confidarsi le gioie,
le angosce e le inquietudini della loro
vita di famiglia. Al mattino, mettendo
piede in ufficio, Pauline non vedeva
l'ora di raccontarsi. Non era raro che
si abbandonasse a parlare di sesso e del
modo in cui lo aveva fatto con Jan Paul
nella notte appena conclusa, e lo stesso
faceva Charlotte. Un'amicizia, la loro,
troppo intensa per rimanere circoscritta
a una semplice simpatia, ma destinata a
sfociare in qualcosa di molto più
coinvolgente, e non poteva essere
altrimenti.
Il giorno che Yvonne, una
impiegata del Sevizio Bilancio, si
affacciò col muso da gatta morta sulla
porta dell'ufficio di Pauline e
Charlotte e le sollecitò a prendere
parte a una cena organizzata per
celebrare l'anniversario della festa
della donna, nessuna delle due rifiutò.
- Saremo solo noi femmine a
cena. E faremo follie. - urlò Yvonne
prima di allontanarsi.
*
* *
- Mamma! Come diavolo ti sei conciata?
Furono le parole con cui
Roxane gratificò la madre in procinto
di uscire di casa per recarsi alla cena
organizzata dalle colleghe di lavoro.
Un po' figlia dei fiori con
look in stile "Ray Of ligh",
vestito scollato floreale che faceva
tanto anni settanta, Pauline ricevette i
sinceri complimenti di Charlotte passata
a prelevarla alla guida di una Citroën
Picasso per condurla a cena.
- Sei strafiga con addosso
quest'abito, mi verrebbe persino voglia
di baciarti. - disse quando si trovarono
sedute una di fianco all'altra
nell'abitacolo dell'automobile.
Pauline non fece troppo
caso alle parole dell'amica, oltremodo soddisfatta per i complimenti ricevuti a
proposito dell'abito.
Trascorsero la serata in
allegria brindando a champagne più del
necessario. Verso mezzanotte l'intera
combriccola formata da una ventina di
donne si trasferì al Rouge e Noir, una
discoteca localizzata a Locmarlaquer.
Le voci di Françoise Hardy,
Sylvie Vartan, Sheila, e Michel
Polnareff, insieme a quella di molti
altri artisti degli anni sessanta,
facevano eco fra le mura del locale da
ballo. Pauline prese posto su di un
divano attorno a un tavolo e rimase ad
ascoltare la musica fintanto che alcune
colleghe, senza alcun imbarazzo, misero
piede sulla pedana e cominciarono a
ballare fra loro.
Quando Pauline fu presa per
mano da Charlotte e condotta sulla pista
da ballo si sentì a disagio. Non
ballava con una donna da quando era
ragazzina e con le amiche muoveva i
primi passi di danza per impratichirsi
nel ballo. Stavolta si ritrovò a
danzare stretta-stretta, corpo contro
corpo, tette contro tette, dei balli
lenti con le gambe in liquefazione e la
figa che faceva le capriole per la
troppa eccitazione che si era ritrovata
addosso abbracciando l'amica.
Nel momento in cui dai
diffusori acustici si sparse la voce di
Françoise Hardy che cantava "Tous
le garçons et les filles de mon âge"
Pauline avvertì che Charlotte le si
strusciava contro senza ritegno come se
volesse rivendicare il diritto a un
certo tipo di passione per una coetanea
dello stesso sesso.
Ciò che un tempo Pauline
aveva vissuto per un breve periodo della
vita, allorché aveva fatto l'amore con
altre donne all'interno del gruppo di
femministe, seppure con una certa dose
di pudore come esperienza intima,
d'incanto si era trovata nella
tentazione di darlo in pasto alle
colleghe di lavoro che le stavano
d'intorno e a cui non sarebbe sfuggita
la cosa.
La vagina le doleva per la
trepidazione, esposta al bisogno di
essere scopata, ma si trattenne dal
baciare Charlotte come avrebbe
desiderato fare mentre erano strette una
all'altra, invece si accontentò per
tutto il tempo del ballo di stringerla
forte a sé.
Quando uscirono dalla
discoteca una pioggerella sottile
bagnava il selciato stradale. Charlotte
si mise alla guida della Citroën
Picasso e si tuffò nella notte buia. In
prossimità del cartello che indicava il
paese di La Trinità rallentò la corsa
e, senza dare nessuna spiegazione a
Pauline, imboccò la strada che
conduceva alla spiaggia.
Arrestò l'automobile nella
piazzola sopraelevata a poche decine di
metri dal mare, poi spense il motore. Le
spazzole del tergicristallo smisero di
muoversi. Una trama arabesca incominciò
a delinearsi sul vetro del
tergicristallo dove continuavano a
cadere le gocce di pioggia. Un vento
fresco spirava dal mare trascinando
enormi cavalloni di cui potevano
scorgere le creste di schiuma bianca e
udire il fragore delle onde frantumarsi
sull'arenile. Rimasero mute senza dire
una parola, sedute una accanto
all'altra, a guardare il mare, poi
Charlotte mise in azione il CD e la voce
sensuale di Carla Bruni sommerse
l'abitacolo di calore. Pauline avvertì
la mano dell'amica stesa sulla coscia e
non si ritrasse lasciando che
l'accarezzasse.
- Vorrei dirti una cosa. -
disse Charlotte ruotando il capo verso
l'amica.
- Non dire niente. - la
stoppò Pauline.
Si trovarono abbracciate e
incominciarono a baciarsi delicatamente
come avevano sempre desiderato fare
anche se non avevano mai avuto il
coraggio di confessarselo. Pauline
attraversò le labbra dell'amica con la
punta della lingua e cominciò a
scoparla fra i denti fintanto che iniziò
ad ansimare scuotendo il corpo percorso
da una serie di brividi.
Le loro bocche, colme di
calore, continuarono a lungo ad
accogliere la lingua dell'altra
leccandosela a vicenda, accrescendo in
questo modo il reciproco piacere. La
saliva fuoriusciva dalle loro bocche in
grande quantità per la smania di
raggiungere al più presto l'orgasmo. Il
cuore di Pauline pulsava a dismisura
eccitata come non le succedeva da tempo
memorabile. Lasciò che Charlotte la
denudasse della camicetta liberandola
dalle spalline del reggiseno.
Quando l'amica iniziò
strofinarle la lingua sulle tette e
stringere i capezzoli fra le labbra
Pauline si mise a piangere per il troppo
piacere. Charlotte proseguì a scoparla
nella bocca, e nel contempo le infilò
una mano fra le cosce, sotto la veste a
fiori. Pauline si mise sdraiata sul
sedile dell'autovettura con le cosce
bene aperte desiderosa di essere
scopata.
Le dita di Charlotte si
fecero largo fra l'esile tessuto delle
mutandine. Quando trovò il bocciolo del
clitoride, piuttosto sviluppato e
turgido, cominciò a sfregarlo
delicatamente fintanto che Pauline,
sempre più eccitata, prese a sussultare
sul sedile scuotendo il capo a più
riprese.
Charlotte, forte della sua
posizione dominante, le tolse le
mutandine e affossò la bocca fra le
cosce. Quando cominciò a succhiarle il
clitoride Pauline sembrò andare in
estasi tanto era grande il piacere che
stava provando. L'orgasmo sopraggiunse
quando Charlotte le infilò due dita
nella fessura della vagina e incominciò a
scoparla.
A lungo rimasero strette in
un abbraccio, quando si staccarono
Pauline leccò a lungo i capezzoli di
Charlotte. Erano piccoli, sodi e
puntiti, e si trovò a pensare che era
la parte del corpo dell'amica che più
le piaceva, ma era solo l'inizio di una
nuova vita.
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