CAREZZE
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

       Nemmeno ricordo qual è l'ultima volta in cui un uomo mi ha fatto una carezza. Soddisfo le mie esigenze di sesso arrangiandomi da sola, godendo di un piacere solitario, eppure quello di cui avverto il bisogno è soltanto di un uomo che mi seppellisca il cazzo fra le cosce, un cazzo vero, non un dildo di plastica come quello che sto utilizzando da qualche mese a questa parte.
   Ci sono baci che non si dimenticano e quelli che ci scambiavamo Lorenzo e io erano speciali, anche il modo in cui mi scopava era sublime. Il nostro rapporto si è interrotto quando ho scoperto che, oltre a fare l'amore con me, scopava con una ragazza. Era una stronza iscritta alla facoltà di veterinaria, la troia. 
   L'ho mollato e ne sono pentita. Quando ho preso quella decisione ero certa di avere fatto la scelta migliore. Che altro avrei potuto fare? Accettare i suoi tradimenti, le scappatelle, le bugie, e poi? Se ho commesso uno sbaglio l'ho fatto per eccesso d'ingenuità, che altro?
  Fra le mie amiche c'è chi sostiene che è normale sentirsi attratte da chi non è il nostro partner abituale. Forse avrei dovuto temporeggiare e rifletterci bene prima di mollarlo. Mi è capito di fantasticare di fare sesso con degli sconosciuti, magari con un uomo incontrato per caso nell'ascensore o per strada, ma le mie restano delle fantasie, seppure eccitanti. Lui, invece, quelle fantasie le ha messe in atto, lo stronzo.
    Avremmo dovuto parlarci in modo onesto, anche se sarebbe stato difficile farlo dopo quanto è accaduto. Purtroppo non lo abbiamo fatto. Forse non ci amavamo abbastanza perché la chiave della felicità di una coppia sta nel sapersi accettare per come siamo.

* * *

   Valeria come al solito è in ritardo. Avevamo appuntamento alle 17.00 nella solita caffetteria e ancora non si è fatta viva, nemmeno ha avuto la decenza di telefonarmi, la stronza. Dal tavolo accanto al mio sottraggo un bicchiere prima che il cameriere se li porti via. Fino a qualche istante fa il tavolo era occupato da due uomini dalla pelle nera, grandi come armadi, con labbra spesse e adescatrici: troppo belli per essere veri. I loro cazzi me li sarei succhiati entrambi e poi infilati uno sul davanti e l'altro dietro. Sì, che c'è di strano?
   Appoggio le labbra sul bordo del vetro dove uno dei due Mandingo ha accostato la bocca prima di me. Provo a immaginare il piacere che potrebbero offrirmi le labbra di ciascuno di loro mentre mi leccano la fica. Chiudo gli occhi e faccio scorrere le labbra sul bordo di vetro. Mi piacerebbe tradurre queste fantasie in realtà. Un giorno o l'altro lo farò, se ne avrò l'occasione.
   Sono stanca di starmene in attesa. Valeria, se mai si farà viva, non mi troverà qui. Pago la consumazione alla barista, un donnone di cento e passa chili sistemata dietro il bancone, ed esco dalla caffetteria.
   A quest'ora del pomeriggio le strade del centro sono affollate da una moltitudine di persone. Cammino sotto i portici di Via Mazzini e mi guardo intorno alla ricerca di qualche volto amico, ma non scorgo nessuno. Spariti tutti!
   Metto piede ai magazzini Coin e mi bevo uno dopo l'altro i cinque piani di merce esposta. Le addette alle vendite sono tutte donne, non c'è neanche un cane di commesso a cui chiedere ragguagli sugli oggetti d’arredamento. Finisco per trattenermi dinanzi ai banconi che espongono profumi, balsami, essenze e creme per il corpo. Evito di fare acquisti e con qualche rimpianto esco dal grande magazzino.
   Quando sono in strada avverto lo squillo della suoneria del cellulare. Il messaggio è di Valeria. Leggo le parole che compaiono sul display e apprendo che non è venuta all'appuntamento per colpa del moroso. Hanno scopato, loro due. E me lo comunica in questo modo, scusandosi, la stronza.
   Ho la fica in liquefazione e anch'io ho voglia di scopare. Cammino sul marciapiede che dal Ponte di Mezzo costeggia il torrente. In breve tempo raggiungo Ponte Verdi. Avanzo spedita facilitata nei movimenti dai jeans elasticizzati e dalle scarpe da jogging che calzo ai piedi. Di solito so trarre beneficio dal camminare, anche se sono convinta che un ditalino, in mancanza d'altro, è la cosa migliore che potrei fare per acquietarmi.
   In prossimità dell'incrocio di Ponte Verdi con il palazzo della Pilotta scorgo un vigile. Staziona sul marciapiede, dinanzi alla propria motocicletta, e osserva il traffico. E' alto più del normale. Indossa stivali, casco, e un paio di Ray-Ban dalle lenti scure. Nella mano stringe una paletta di segnalazione che agita nervosamente in direzione dei conducenti delle autovetture. 
   Un cartello di divieto di transito è piazzato proprio nel mezzo della strada, messo lì per impedire ai veicoli non autorizzati di accedere nell'isola pedonale. Mi perdo a osservare i gesti del vigile affascinata dalla divisa e dalla pistola di ordinanza che gli pende alla cintola. Penso a lui come a un killer protagonista di un film di Quentin Tarantino che mi violenta e la cosa mi eccita.
   Se solo mi sfiorasse con un dito potrei liquefarmi. In questa giornata di caldo torrido avrei la forza di inginocchiarmi ai suoi piedi e fargli un pompino, qui in mezzo alla strada, con tutta la gente attorno.
   Lascio alle mie spalle il vigile con il suo sex-appeal, attraverso il ponte e m'inoltro nei camminamenti alberati del Parco Ducale. A quest'ora del pomeriggio il parco è pressoché vuoto. Le rare panchine sono occupate da badanti moldave e bielorusse in libera uscita e circondate dai loro spasimanti. In prossimità del pergolato della caffetteria, situata nella parte centrale del parco, abbandono il viale principale. Prendo la scorciatoia che attraversa la boscaglia per raggiungere in breve tempo Piazza Santa Croce. 
   Addentrandomi nel sentiero sterrato scorgo una coppietta. Lei ha la schiena appoggiata al fusto di un albero. Lui le sta addosso. Nessuno dei due sembra avvertire la mia presenza. Seguitano ad affondare la lingua nella bocca dell'altro mentre l'umido della saliva cola sul mento di ciascuno. 
   Si palpano vicendevolmente e lo fanno senza preoccuparsi di essere visti. Lui mantiene una mano sotto la veste della ragazza a contatto della fica, probabilmente. Lei invece stringe nel palmo della mano il cazzo la cui cappella esce dalla patta dei pantaloni e lo masturba. Lo distinguo bene, questo.
   Turbata dalla scena mi sottraggo alla loro vista e vado a nascondermi dietro il fusto di una quercia. Incuriosita resto a guardarli eccitata dalla strana situazione in cui sono venuta a trovarmi.  
   Entrambi sono adolescenti, ma il cazzo che mette in mostra il ragazzo è di notevoli dimensioni. Aderisco con le tette e con il resto del corpo alla corteccia della quercia e seguito a guardare la coppia impegnata nel fare sesso davanti ai miei occhi.
   Il clitoride mi duole per la trepidazione. Le gambe mi tremano. Ho la fica in liquefazione sotto le mutande. Slaccio la cinghia dei pantaloni, attraverso con le dita il bordo delle mutandine, raggiungo le labbra della vagina, e incomincio a toccarmi. Ansimo di piacere affascinata dal modo in cui la ragazza seguita a masturbare il ragazzo che sembra non volerne sapere di venire troppo presto.
   Non resisto a lungo, mi lascio cadere sul prato, chiudo gli occhi, e seguito a masturbarmi mantenendo gli occhi chiusi immaginando che a toccarmi sia Lorenzo e non la mia mano. Raggiungo l'orgasmo in poco tempo, poi mi arriccio su me stessa. Quando mi alzo da terra e guardo in direzione della quercia dove la coppia di adolescenti stava facendo l'amore non scorgo più nessuno. Tutt' e due sono comparsi.
   Riassesto i pantaloni e m'incammino verso l'uscita del parco. Mentre percorro il sentiero sterrato sto a chiedermi se l'immagine dei due adolescenti era vera o soltanto frutto della mia fantasia, ma non so darmi risposta. Quello di cui sono certa è che i desideri non possono cambiare lo stato delle cose. 

 

 

 
 

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