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CAMERA
CON BUCHI
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Q uando
Giorgio l'aveva convocata al maniero Sofia aveva accettato
l'invito di buon
grado, conscia del ruolo che le sarebbe
stato affidato, ma soprattutto
invogliata dal facile guadagno che ne
avrebbe ricavato facendo compagnia ai
commensali ospiti nell'antico maniero.
Sofia era conscia del
proprio fascino, infatti, si
considerava una merce sessualmente prelibata e
appetita dagli invitati che prendevano parte
ai festini orgiastici allestiti nel
fortilizio. Ancora una volta Giorgio
l'avrebbe data in pasto ai commensali
smaniosi di scoparsela. Sofia era
consapevole del fascino che esercitava
sugli uomini e non si sarebbe sottratta
al compito assegnatole dal padrone di
casa, disposta a soddisfare ogni tipo di
fantasia erotica esplicitata dagli
ospiti.
Alla guida del Bmw stava
percorrendo la tangenziale ovest della
città, rallentata da una colonna di
autoarticolati causa la fitta pioggia,
intenzionata a raggiungere la residenza
di Giorgio. Avrebbe abbandonato la
tangenziale da lì a poco per immettersi
sulla Statale n° 62 della Cisa per poi
proseguire nel viaggio che l'avrebbe
condotta verso le prime colline.
Le spazzole del
tergicristallo asportavano a fatica le
gocce di pioggia che tamburellavano sul parabrezza. In
prossimità dello svincolo che immetteva
sulla Statale della Cisa allentò la
pressione sul pedale dell'acceleratore e
abbandonò la tangenziale. Dopo una
decina di chilometri, al bivio per
Borgotaro, imboccò la strada sterrata
che conduceva al maniero di proprietà
di Giorgio.
L'imponente costruzione
medievale era collocata su di una
sporgenza rocciosa, alla confluenza
delle valli del Ceno e del Taro, antico
baluardo eretto a protezione della
strada di comunicazione che conduce alla
Lunigiana e il mare Tirreno.
Il maniero, un tempo dimora
di blasonate famiglie di aristocratici,
apparteneva da alcuni anni a Giorgio che
lo aveva riportato all'antico splendore
finanziando le opere di restauro.
L'edificio, provvisto di fortificazioni,
era dotato di una cinta muraria con
garitte di vedetta e camminamenti sui
bastioni. Le molteplici torri merlate,
dislocate nel perimetro del castello,
conferivano al complesso medievale un
aspetto da fiaba.
Sofia percorse il tragitto
che dal fondovalle conduceva alla
residenza di Giorgio guidando con
prudenza. Numerosi frammenti di pietra,
staccatisi dalle pareti rocciose a causa
della pioggia insistente, ingombravano
la sede stradale. Dopo un'interminabile
serie di tornanti, percorsi a bassa
velocità, raggiunse il castello.
Oltrepassò il barbacane che precedeva
il ponte levatoio ed entrò in un'ampia
corte delimitata da mura sopraelevate.
Un portone di legno, tempestato di
chiodi, posto all'estremità dello
spiazzo, conduceva alle antiche scuderie
e agli edifici degli armigeri. Sul lato
opposto, un'ampia scalinata, illuminata
da torce, portava al palazzo dei
signori.
Sistemò l'automobile a
lato dell'antico pozzo al centro del
cortile. L'acciottolato di sassi era
ridotto a mal partito per la presenza di
numerose pozzanghere. Oltre alla sua Bmw
nell'ampio cortile erano parcheggiate
soltanto due autovetture: una Ferrari
Testarossa, presumibilmente di Giorgio,
e una Mercedes cabriolet. E la cosa la
stupì.
Giovanni, uno dei camerieri
della casa, le venne incontro con un parapioggia.
- Buonasera signorina
Sofia. Posso esserle utile con
l'ombrello?
- Sì, grazie, Giovanni.
Quando mise piede a terra
prese sottobraccio l'anziano cameriere e
raggiunse il portone d'ingresso del
palazzo residenziale. Oltrepassata la
soglia si fermò nell'androne.
- Vuole che l'accompagni di
sopra?
- La ringrazio Giovanni,
faccio da sola, conosco la strada.
L'uomo si produsse in un
inchino di circostanza e tornò a
vigilare alla porta d'ingresso. Sofia
proseguì verso lo scalone che conduceva
ai piani di rappresentanza e alle
camere. A piccoli passi salì i gradini
intralciata nei movimenti dalle strette
dimensioni del vestito in lamé che
aveva indosso. Lungo fino alle caviglie
l'abito era provvisto di una profonda
scollatura a V che lasciava scoperto
l'incavo delle tette. Il tessuto, ricco
di sottili fili d'argento e lamine
celesti e blu, cingeva le sinuose forme
del corpo conferendole un aspetto
armonioso e fuori
dell'ordinario.
Ai lati dello scalone,
lungo tutto il percorso, trovavano posto
alle pareti delle torce distanti alcuni metri una
dall'altra. Dalla prima volta che aveva
messo piede in quel luogo era rimasta
affascinata dai lumi delle torce e da tanta
raffinatezza e buongusto. Giunta
nell'ampio pianerottolo, luogo da cui
era possibile accedere al salone delle
feste, ebbe un attimo di esitazione,
dopodiché proseguì verso i piani
superiori prendendo la direzione delle stanze
da letto.
Quando Giorgio l'aveva
convocata al castello le aveva posto
un'unica condizione: soddisfare
qualsiasi fantasia erotica le fosse
suggerita dalla persona che sarebbe
entrata nella camera da lei
occupata. Inoltre le aveva raccomandato
di farsi trovare nuda, coricata sul
letto, con gli occhi bendati. Per
nessuna ragione al mondo avrebbe dovuto rivolgere la parola alle persone che le
avrebbero fatto visita nella camera,
pena la mancata corresponsione della
cifra pattuita.
Il camuffamento a cui
sarebbe dovuta sottostare, indossando la
benda, doveva servire a preservare
l'identità dell'ospite o degli ospiti
che sarebbero entrati nella camera,
probabilmente persone facoltose che non
volevano essere riconosciute durante i
convegni di sesso.
Sofia raggiunse la Camera
Blu, così denominata per il colore
dell'arredo, e varcò la soglia. La
stanza era vuota. Un antico letto a
baldacchino, provvisto di drappo damascato, era accostato alla parete
della camera di fronte alla porta
d'ingresso. Ai piedi del letto trovavano
posto due sedie in stile Luigi XIV.
Sofia levò l'abito in lamé che portava
addosso e lo posò su di una sedia, poi
si liberò delle mutandine e del
reggiseno. E si
ritrovò nuda.
La luce soffusa che
illuminava la stanza proveniva dalle
lampade incastonate in due nicchie del
muro ai lati del baldacchino. Il
giaciglio su cui doveva prendere posto
era foderato con lenzuola di seta blu. I
due guanciali, dello stesso colore delle
lenzuola, erano ricamati con cura ed
eleganza. Sulla sommità di uno dei
guanciali era sistemata la benda nera
che avrebbe dovuto indossare.
Prese posto sul letto e si
sdraiò sul pagliericcio di crine.
Entrando a contatto con la
morbida seta delle lenzuola la colse una
grande voglia di fare sesso. Accostare la
pelle a quel tessuto pregiato le fece
percepire, ancora una volta, il valore
degli oggetti che arredavano la camera.
Guardò l'orologio che aveva mantenuto
al polso: le lancette segnavano le
ventitré. Fra non molto sarebbero
arrivati i primi ospiti, succedeva ogni
volta a quell'ora.
Sofia si considerava una
piacevole distrazione che il padrone di
casa metteva a disposizione dei
commensali come digestivo dopo la cena.
Chi le sarebbe capitato nel
letto stasera?
Ipotizzò varie possibilità,
ma tutte prive di consistenza. I
compagni di letto che di solito le
facevano visita erano perlopiù uomini
di una certa età con la pelle flaccida
e il cazzo cadente. Raramente le era
capitato di fare sesso con uomini
giovani. Quest'ultimi erano soliti
penetrarla in gruppi di due o tre per
volta scopandola davanti, nel culo e in
bocca contemporaneamente.
Giorgio era un uomo
generoso. Ogni volta la ricompensava con
regali di valore oppure denaro. Il Bmw
con cui aveva raggiunto il castello era
una delle cortesie che aveva ricevuto in
regalo dal padrone di casa.
Guardò il tessuto
damascato che ricopriva il baldacchino
sopra la sua testa e rimase incantata
dalla trama raffinata della tela.
Indossò la benda e rimase
in attesa degli eventi.
Nella stanza da letto
regnava il silenzio assoluto.
Trascorsero diversi minuti prima che il
rumore provocato dalla porta che si
apriva spezzasse la quiete della stanza.
All'epoca del restauro del
maniero l'architetto responsabile dei
lavori aveva realizzato, dietro
suggerimento di Giorgio, alcuni fori
alle pareti di pietra e sassi della
Camera Blu mettendola in comunicazione
con un alloggiamento attiguo. Nella
parte retrostante la parete, in
compagnia di altri voyeur, il padrone di
casa aveva l'abitudine di guardare chi
faceva l'amore nella camera.
Sofia era a conoscenza
della presenza di quegli occhi
impiccioni, celati dietro la parete, che
l'avrebbero guardata, impegnati a
masturbarsi, mentre
s'intratteneva con gli ospiti della
camera e la cosa la
eccitava.
Tutt'a un tratto percepì
un rumore di tacchi sul pavimento di cotto. Doveva trattarsi
di una donna, pensò. Subito dopo
riconobbe il rumore di una cerniera
lampo che si schiudeva. Segno evidente
che l'ospite stava sfilandosi l'abito di
dosso.
Consumare un amplesso
saffico per Sofia non era una novità,
ma lo era per quel luogo. Fare l'amore
con una donna, anziché un uomo, era
quanto di meglio le potesse capitare.
Le piaceva avere a che fare
con la morbidezza del corpo di una donna
e quella che le stava di fronte doveva
essere un personaggio molto importante,
altrimenti non avrebbe potuto accedere a
quella camera per certi versi esclusiva.
Il corpo dell'ospite
sprofondò sul materasso. Sofia avvertì
su di sé il caldo respiro della donna
impegnata ad annusarla mentre con la
mano le lambiva la pelle con
discrezione.
Le dita della donna
sfiorarono delicatamente l'addome di
Sofia indugiando sulla sottile striscia
di peli, colore del granoturco, che
conservava sul monte di Venere. Seguitò a
carezzarla a lungo soffermandosi a
cadenze regolari a stropicciarle i
capezzoli.
- Ti piace se ti tocco?
La visitatrice scandì le
poche parole lasciando trasparire un
atteggiamento di superiorità, fiera del
proprio ruolo dominante. Sofia non diede
risposta alla domanda e nemmeno si lasciò
andare a un gesto di assenso. Il patto
che aveva stretto con Giorgio glielo
impediva. Restò a godere del piacere
che le derivava dal contatto con la mano
dell'ospite impegnata a esplorarle ogni
anfratto del corpo.
- Allora è vero! Mi
avevano avvertita che non avresti
parlato, ma non ci avevo creduto.
Il timbro della voce era
quello di una donna forte e decisa,
certamente abituata a comandare.
- La tua pelle bianca è
incantevole, oserei dire splendida! Ora
capisco perché gli uomini vanno pazzi
di te.
La mano della donna scivolò
sulla parete interna delle ginocchia di
Sofia. Carezzò con movimenti epidermici
le cosce provocandole brividi in tutto
il corpo.
Sofia era eccitata, molto
eccitata. Il cuore sembrava salirle in
gola, ma non poteva manifestarlo e
nemmeno muoversi, anche se avrebbe
desiderato farlo.
L'ospite, forte del suo
ruolo, seguitò ad adulare Sofia con
apprezzamenti lusinghieri senza smettere
per un solo istante di toccarla.
- Ehi! Hai le labbra della
fica lucide. Non dirmi che ti stai
eccitando eh? Allora sono davvero brava.
Potrei fare concorrenza anche a una
porca come te. Che ne dici?
Pronunciate quelle parole
la donna mutò di posizione sul
giaciglio. Si mise inginocchiata a
fianco di Sofia, le appoggiò le mani
sui seni e cominciò a carezzarle i
capezzoli.
Ci sapeva fare! Eccome se
ci sapeva fare, la porca! Pensò Sofia
mentre ne subiva le carezze. I rilievi
epidermici delle dita della donna le
lambirono i seni gonfi all'inverosimile.
I continui palpeggiamenti le avevano
ispessito i capezzoli rendendoli
particolarmente sensibili al tatto.
- Hai dei capezzoli
armonici e ben fatti. Mi sono sempre
piaciuti quelli rosati e non troppo
grossi come i tuoi. Sono perfetti!
Le parole turbarono
profondamente Sofia. Durante i convegni
al castello non era solita ricevere complimenti né lusinghe, il più delle
volte riceveva botte, peraltro ben
remunerate.
- Ti spiace se ti accarezzo
i capelli? No, non rispondere. Non devi,
lo so.
La donna si abbandonò a
carezzarle la fronte e il viso lisciando
le dita sui rossi capelli ondulati.
- Chissà com'eri da
bambina. Sì lo so, non dirmelo. Eri
pestifera, vero? D'altronde lo sono
tutte le femmine con i capelli rossi.
Sofia avrebbe voluto
risponderle di sì, che aveva ragione.
Le medesime parole gliele ripeteva la
madre ogniqualvolta veniva in città a
farle visita, e la rimproverava per il
disordine che regnava nell'appartamento
in cui viveva.
- Vieni a sederti al bordo
del letto. - ordinò in modo perentorio
la donna.
Sofia ubbidì. Si mise a
sedere e appoggiò i piedi a terra sul
tappetino sistemato al margine del
letto. L'ospite s'inginocchiò e le divaricò le gambe. La obbligò
a stendersi con la schiena sul letto e
accostò le labbra sulla fica umida, poi
iniziò a leccarla.
I movimenti della lingua
seguivano una cadenza disordinata.
Levigava la superficie interna delle
labbra incaponendosi a leccare
l'ingresso alla vagina per poi succhiare
il clitoride. Sofia lasciò cadere ogni
difesa contravvenendo agli ordini che le
erano stati impartiti da Giorgio. Afferrò
il capo della donna e lo attirò a sé
nel momento in cui l'ospite stava
giocando con la punta della lingua sul
clitoride. Accostò le mani al capo
dell'ospite e s'intrufolò con le dita
fra i capelli. Erano lisci e corti, a
malapena coprivano le orecchie.
La donna si liberò della
stretta e si tirò indietro.
- Ah! Ma allora non ti
accontenti di subire le mie attenzioni.
E' così, eh?
La donna avvicinò l'indice
e il medio della mano alla fica di Sofia
e la penetrò.
- Masturbati il clitoride,
dai, fammi vedere come lo sai fare. -
disse sollecitandola nell'adempiere
questa fantasia.
Sofia diede seguito alla
richiesta della donna. Inumidì le dita
di saliva e le posò sul corpo erettile
che spuntava da sopra la vagina,
dopodiché iniziò a masturbarsi.
I movimenti delle dita
all'interno della fica, e quelli sul
clitoride, la condussero a un intenso
piacere nell'arco di breve tempo, ma non
furono sufficienti per trascinarla
all'orgasmo. Fremiti inconsulti le
attraversarono il corpo. L’ospite la
trascinò di nuovo sul letto e intrecciò
le cosce con le sue ponendo le fiche a
stretto contatto.
Sofia e la compagna
iniziarono di comune accordo a muovere
il bacino sfregando i clitoridi uno
contro l'altro. Seguitarono a
strusciarsi senza ritegno fino a
raggiungere entrambi l'agognato orgasmo.
L'ospite, non paga,
abbandonò la postura e si adagiò col
corpo sopra quello di Sofia. Cercò le
labbra della ragazza e la penetrò con
la lingua nella bocca.
Era il loro primo bacio.
Nell'abbraccio Sofia cominciò ad
avvertire il calore che sprigionava il
corpo dell’altra. Ne poteva percepirne
le forme tonde che fino a quel momento aveva
solo sfiorato. La pelle era liscia e
morbida quasi quanto la propria. Accostò
le mani sui glutei e li cinse d'attorno:
erano sodi e privi di smagliature.
Sofia avvertiva la
pressione dei seni della donna contro il
proprio petto. Erano compatti e dalle
forme abbondanti, molto più dei propri.
Doveva avere una trentina d'anni o poco
più, perlomeno questa fu l'impressione
che ne ricevette dal contatto del corpo.
Le loro bocce presero a
intrecciarsi una sull'altra,
vellicandosi con la lingua
reciprocamente, provocando a ciascuna un
forte eccitamento dei sensi.
Avrebbe desiderato
prolungare l'amplesso facendolo durare a
lungo, godendo del piacere che sapeva
infonderle l'ospite. Stavano baciandosi
quando avvertì la mano della donna
posarsi sul clitoride e lusingarlo con
le dita.
Sofia fu attraversata da
brividi inconsulti in tutto il corpo. Si
sciolse dall'abbraccio e scivolò ai
piedi dell'ospite. Le fece divaricare le
cosce e s'infilò con la bocca nella
fica di lei.
Era bagna fradicia. Inglobò
il clitoride fra le labbra e iniziò a
succhiarlo con sfrenata passione,
inalando il profumo che emanava la fica.
- Mi fai godere. Mi fai
godere. Basta. Basta! Ti prego!
Sofia aumentò il movimento
delle labbra attorno il clitoride
trattenendo a sé il bacino dell'ospite
che sculettava, dimenandosi, cercando in
tutti i modi di liberarsi dall'abbraccio
che invece le prolungava l'amplesso
facendola stare male.
- Godo! Godo! Basta... ti
prego... basta! Mi fai male!
Una serie di orgasmi a
grappolo fecero precipitare l'ospite in stato confusionale. Sofia la liberò
dall'abbraccio e, sfinita, si sdraiò
supina a fianco dell'ospite.
Restarono lì, fradice di
sudore, con il respiro trafelato, una
accanto all'altra, con gli occhi puntati
verso il plafond del baldacchino fino al
momento in cui l'ospite si alzò dal
letto.
Sofia la sentì rivestirsi
e abbandonare la camera. Quando l'uscio
della porta si chiuse si liberò della
benda e guardò l'orologio al polso. Le
lancette segnavano l'una e trenta.
Avevano fatto l'amore per più di due
ore. I convitati, presumibilmente
sistemati ai fori nei muri della stanza,
dovevano avere già abbandonato le
postazioni, sazi di ciò che avevano
visto consumarsi sopra il letto.
Nella mente di Sofia si
fece spazio più di un dubbio. Perché
Giorgio le aveva nascosto che avrebbe
fatto l'amore con una donna? E chi era
costei di così importante per averla
obbligata a essere bendata? Le sue
domande non avrebbero trovato risposta e
lo sapeva bene.
Indossato l'abito in lamé
scese lo scalone e raggiunse l'androne
d'ingresso. Giovanni, il cameriere, era
lì ad aspettarla e a lui si rivolse.
- Ha visto Giorgio?
- Se n'è andato da poco,
era in compagnia della figlia.
- La figlia?
- Sì una gran bella
ragazza. Abita con la madre a Torino,
stasera è stata a cena dal padre.
- E non c'era nessun altro
oltre a loro due nella dimora?
- No, stasera no. Solo lei
signorina Sofia. A proposito il padrone
mi ha detto di consegnarle un pacchetto.
Lo troverà sul sedile del Bmw.
La pioggia era cessata, il
selciato di sassi del cortile era ancora
coperto da pozze d'acqua. Giovanni
l'accompagnò fino all'autovettura.
- Buonanotte signorina. -
il cameriere si congedò chiudendole la
portiera dell'auto su cui Sofia aveva
preso posto.
- Anche a lei, Giovanni.
I fari dell'autovettura
riflettevano la luce del selciato
stradale bagnato dalla pioggia caduta
per tutta la notte. Accanto a sé, sul
sedile, c'era il pacco di Giorgio. Lo
avrebbe aperto al ritorno a casa, dentro
c'era la risposta a tutti i quesiti che
si era posta durante la serata, ma molte
risposte se le era già date da sola.
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