BUIO PESTO
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
 
  
Chi l’aveva contattata, servendosi del recapito del cellulare, era uno degli abituali clienti. L’uomo occupava un appartamento al ventitreesimo piano di un immobile poco distante dalla stazione ferroviaria. Era lì che era diretta. Mancavano pochi minuti alle 23.00 quando suonò il pulsante del campanello collegato alla abitazione del cliente.
   - Chi è?
   La voce dal timbro maschile proveniva dal citofono incastonato nella parete a lato del portone d'ingresso dello stabile.
   - Sono io. Marta.
   - Ah, bene, ti apro il portone. La strada la conosci. Fai presto!
   Il clic del comando elettrico l'avvertì che le era acconsentito spingere in avanti il portone. L'ascensore, un esemplare ultramoderno dalla forma semicircolare con spesse pareti in vetro, risalì la facciata esterna dell'edificio e condusse Marta sino al ventitreesimo piano. 
   La vista panoramica sulla città, ricca di luminarie per le imminenti festività natalizie, era di una straordinaria bellezza. Quando giunse dinanzi alla porta dell'appartamento del cliente la trovò socchiusa. Il tragitto verso la stanza da bagno fu breve. Il suo benefattore, così Marta apostrofava i clienti che esigevano servigi particolari, pagati peraltro a caro prezzo, era seduto sulla tavolozza del water.
   Il cliente, un uomo di una sessantina d'anni, conservava pantaloni e mutande raggomitolati alle caviglie, a contatto del pavimento, mentre nelle mani stringeva le pagine del Sole 24 Ore. 
   - Beh, che aspetti? Sei in ritardo.
   - Non si preoccupi, mi applico subito.
   Marta s'inginocchiò ai piedi dell'uomo. Mise le cosce a contatto della maiolica del water, dopodiché afferrò il cazzo nella mano e cominciò a carezzarlo.
   - Vado bene così?
   - Sì, non avere fretta. Vedrai che fra poco diventerà duro.
   L'uomo cominciò a comprimere l'addome spingendo il diaframma verso il basso, intenzionato a espellere il bolo di feci che gli ingombrava l'ampolla rettale.
   Da alcuni anni soffriva di una forma morbosa di stitichezza. Svuotava l'intestino una volta o due alla settimana, con molto sforzo. Il compito di Marta era di succhiargli il cazzo in modo che eiaculasse nell'attimo in cui la materia fecale sarebbe entrata a contatto con la prostata provocandogli un sommo piacere.

   Ancora una volta Marta fu abile nell'assolvere il compito per cui era stata ingaggiata.
   - I soldi li trovi al solito posto, sulla cassapanca.
   - Beh, arrivederci allora.
   - Sì, sì, alla prossima volta. Ti telefono. E non fare come stasera che sei arrivata all'ultimo istante.
   L'uomo s'immerse nella lettura del giornale. Il medesimo che non aveva smesso di leggere durante tutto il tempo del pompino.
 
   Marta prese posto nell'ascensore nel momento in cui sulla città prese ad abbattersi un violento temporale. Scrosci d'acqua si rovesciarono contro le pareti di vetro dell'ascensore mentre procedeva celermente verso il basso.
   Attraversò il cortile di corsa, sotto la pioggia, e si rifugiò nella Golf parcheggiata nella strada. Nell'abitacolo controllò sullo schermo del cellulare la presenza di messaggi in arrivo, ma non ce n'era. Ricollocò l'apparecchio telefonico nella borsetta e innescò la marcia prima di buttarsi a capo fitto nel traffico cittadino.
   Cinquecento euro era la cifra che era riuscita a scucire al pervertito a cui aveva fatto il pompino. Giusto quello di cui aveva bisogno per saldare l'affitto mensile dell'appartamento di cui era ospite. Era iscritta al terzo anno della facoltà di Lettere Moderne e affaccendarsi nel fare pompini lo considerava un modo semplice e poco faticoso per procurarsi denaro. Non conosceva altri modi per mantenersi agli studi poiché non poteva fare affidamento sul sostegno economico dei genitori, se non per un modesto assegno mensile.
   Mentre si muoveva nel traffico cittadino, districandosi fra le automobili e la pioggia, si augurò d'imbattersi, nottetempo, in un secondo cliente altrettanto facoltoso come quello che aveva appena salutato. In poco tempo raggiunse "La Cappella di Papà Girolamo", un locale frequentato da gay e lesbiche ubicato in pieno centro cittadino.
   Il bar-caffetteria era semivuoto. Si sarebbe riempito più tardi, verso mezzanotte, quando una moltitudine di animali notturni avrebbero occupato i locali del seminterrato con la voglia di trasgredire.
   Si avvicinò al bancone e ordinò un drink, poi assaggiò delle patatine fritte che pescò da una ciotola in bella vista sul ripiano di marmo. Nella bocca conservava lo stucchevole sapore di sperma da poco ingoiato. Le bastò assaggiare qualche patatina salata per liberarsi dallo sgradevole gusto. 
   Era concentrata nel sorseggiare la bevanda alcolica quando il cellulare si mise a trillare. Guardò il quadrante del display e riconobbe il numero da cui proveniva la chiamata.
   - Marta, sono Marta, quella che può soddisfare ogni tuo desiderio... - disse ostentando una voce sensuale.
   L'interlocutore sembrò rincuorarsi per l'accoglienza ricevuta e prese coraggio.
   - Sei libera?
   - Sì, tesoro, stanotte sono tutta per te. Hai bisogno?
   - Ho necessità di essere punito. Mi sono comportato da bambino cattivo e vorrei essere castigato.
   - Oh, poverino. E cosa preferisci lo staffile o lo scudiscio
   - Stasera preferisco la cinghia. Sono stato molto cattivo.
   - Ah, bene! Sono una specialista di quest'arte, lo sai?
   - Uhm... incomincio già a godere.
   - Arrivo! Tu preparati intanto.
   - Vieni subito?
   - Dipende...
   Marta trovava divertente sfottere i clienti che sollecitavano questo genere di prestazioni. Presero accordi sull'ammontare della cifra da pagare e combinarono l'incontro, poi uscì dal locale per fargli visita.

   Quando poco dopo mezzanotte fece ritorno alla Cappella di Papà Girolamo il locale era colmo di clienti. Nella borsetta custodiva altri cinquecento euro frutto delle frustate inflitte al secondo cliente della serata.
   Sulla pelle aveva soltanto un impermeabile plastificato di colore rosso, abito che le giungeva a metà coscia, e le dava licenza di ostentare un bel paio di gambe. Si guardò intorno e non trovò nessuna sedia libera dove sedersi. 
   Si avvicinò al bancone e si rivolse a Atlas, uno dei gestori del locale.
   - Stasera non c'è in giro nessuno delle mie amiche?
   - Probabilmente hanno già trovato compagnia nel seminterrato.
   - Di già? Ma è appena mezzanotte.
   - Avranno la figa in tiro!
   - Sì, vero, può darsi.
   - Vai giù anche tu?
   - Ma sì, dai.
   - Buon divertimento allora.
   - A proposito, fammi un piacere, custodiscimi la borsetta, oltre alla fica e il culo non vorrei rimetterci anche i soldi.
.
   Una scala a chiocciola conduceva nei locali degli scantinati. Una luce di colore magenta illuminava il percorso. Il corridoio faceva da spartiacque fra due stanze, una occupata da gay e l'altra da lesbiche. Si liberò dell'impermeabile e lo fissò a un attaccapanni a treppiedi traboccante di abiti di ogni sorta. A piedi scalzi, completamente nuda, entrò nella stanza.
   La debole luce che proveniva dal corridoio illuminò il materasso su cui erano ammonticchiati i corpi di diverse donne nude. Il giaciglio era ricoperto da un sottile strato di gomma cerata, igienicamente adatto a ciò che le ospiti della stanza andavano a consumarci sopra. Chiuse la porta dietro di sé e il buio tornò a regnare sovrano nella stanza. Avanzò verso la parte centrale del locale. Qualcuno cercò di abbrancarla per le gambe e trascinarla verso il materassino. Altre mani le incartarono le tette da dietro e la riempirono di carezze.
   Abbandonarsi, ricevere amorevoli tocchi, la eccitava da morire. Era andata lì apposta, perché aveva bisogno d'essere scopata da una qualsiasi delle compagne d'orgia che giacevano nude sul materasso. Aveva voglia di sentirsi una donna normale e in quel posto lo sarebbe stata. Si lasciò cadere con la schiena sul materassino e divaricò le cosce.
   Una compagna di giochi le accostò la bocca sulla sua e le diede un bacio. Le labbra le sembrarono morbide e appetitose. Contraccambiò il gesto e lasciò che la lingua dell'ospite la penetrasse, poi la rimorchiò dentro di sé.
   Ritrovarsi con il corpo saccheggiato da labbra di altre donne la face stare bene. Si deliziava nell'essere preda ambita di chi in quel momento occupava il locale. Due bocche incominciarono a contendersi le sue gambe. Allargò le ginocchia permettendo a chi albergava con il viso fra le sue cosce di strisciarle la lingua sulla pelle e raggiungere la fica. Quando sentì entrambe le lingue scivolare sulla passera cominciò a dondolarsi col bacino. Nella bocca teneva prigioniera la lingua di una ospite, per niente sazia, che si stava dilungando a scoparla fra le labbra, mentre a contatto del proprio corpo teneva molte bocche vogliose di cibarsi della sua pelle.
   Passiva! Doveva restare passiva! Questo si ripeteva. Se voleva godere appieno delle labbra che le frugavano la fica non doveva cedere alla tentazione di corrispondere alle attenzioni che le elargivano le consumatrici del suo corpo. Quello che voleva era restare sul materassino più a lungo possibile e portare alle estreme conseguenze il gioco che stava conducendo.
   Le tette sembravano scoppiarle tanto erano gonfie. I capezzoli erano turgidi e preda di molte bocche. Il fiato le si era fermato in gola e non le riusciva di dire una sola parola.
   Godeva! Godeva da morire. Le bocche che si spostavano sulla fica stavano contendendosi il clitoride succhiandolo alternativamente. L'orgasmo arrivò impetuoso quando una delle ragazze, che fino allora le avevano leccato la fica, la penetrò con due dita.
   Nel volgere di poco tempo gli spasmi squassarono per intero il suo corpo, ma non la colsero impreparata. Non desiderava altro che smarrirsi in quel turbinio di emozioni per cercare se stessa. Gridò con tutta la forza che aveva in corpo manifestando in quel modo il tormento che aveva dentro di sé. Seguitò a farlo fintanto che una voce urlò:
   - Sei sempre la solita, eh. Marta!
   Solo allora si divincolò dalla stretta famelica dei corpi che la attorniavano e andò a stendersi in un altro spazio libero. Altre mani, altre bocche, furono sopra di lei e il gioco ricominciò da capo.
   Alle tre di mattina Marta uscì dalla stanza. La caffetteria era ancora affollata di gente. Si fermò al bancone del bar. Pagò la consumazione e ritirò la borsetta.
   - Tutto bene? - disse Atlas.
   - Sì, tutto bene. - rispose Marta mentre si dirigeva verso l'uscita.
   Fuori dal locale la pioggia scendeva insistente. Numerose pozzanghere erano andate formandosi nel selciato stradale. Si allontanò da lì e riprese il cammino.

 

 

 
 

:::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

 
 

Racconti
1 - 100

Racconti
101 - 200

Racconti
201 - 300

Racconti
301 - 400

Racconti
401 - 500

Racconti
501 - 600

Racconti 601-700


.E' vietato l'utilizzo dei testi ospitati in questo sito in altro contesto senza autorizzazione dell'autore
I racconti sono di proprietà di Farfallina e protetti dal diritto d'autore.
L'usurpazione della paternità dei testi costituisce plagio ed è perseguibile a norma di legge.