|
BENDATA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Aveva
nevicato durante tutta la notte. All'alba
nevicava ancora. I fiocchi avevano
iniziato a cadere verso l'ora di cena e
a distanza di dodici ore la
precipitazione nevosa aveva reso
pressoché impraticabili le strade.
Quando Lorenzo uscì dal caseggiato
fatiscente, dove si era recato per
mettere fine a una faccenda di cuore, il
marciapiede era occupato da uno spesso
strato di soffice neve come non se ne
vedeva in città da parecchi anni. Nella
strada non c'era traccia del passaggio
degli spartineve e neppure dei mezzi
spargisale, mentre il traffico di
automobili, reso difficoltoso dalla
presenza del ghiaccio, risultava assai ridotto se
paragonato agli altri giorni.
Cappello a falde larghe
abbassato sulla fronte, sciarpa
arrotolata attorno il collo a coprirgli
mento e bocca, come fosse sua intenzione
nascondere il viso. Si guardò attorno e
pensò che tutto era tranquillo, eppure
dentro le mura di quella casa qualcosa
di molto grave era accaduto. Allungò il
passo e s'incamminò verso il Bmw,
parcheggiato sull'altro lato della
strada, affondando la suola delle scarpe
nella neve fresca, poi prese posto sul
sedile dell'automobile.
Giorni addietro, quando si
era trovato a leggere la lettera anonima
che lo informava della presunta infedeltà
della compagna, facendogli intendere che
da un po' di tempo aveva un amante, non
aveva voluto credere a nessuna delle
parole scritte su quel foglio di carta.
Ciononostante aveva cominciato a
sorvegliare Lucilla e quella sera
l'aveva pedinata dopo che nel pomeriggio
gli aveva detto che sarebbe andata a
Milano, a fare visita alla madre,
restando lontano da casa sino al giorno
dopo. Quando l'aveva vista oltrepassare
il portone di quello stabile fatiscente,
sottobraccio a un uomo molto più
anziano di lei, aveva preso coscienza
che quanto era scritto nella lettera
anonima fosse tutto vero.
Una volta messosi al
volante del Bmw, deciso ad allontanarsi,
gli passarono per la mente immagini sue
e di Lucilla, soprattutto quelle che si
riferivano al loro primo incontro. La
ricordò nuda, angelo e demone, con gli
occhi bendati da una fascia nera, i
polsi stretti da lacci stirati alla
spalliera del letto e le cosce mantenute
spalancate con cinghie di cuoio strette
alle caviglie. Quello a cui entrambi
avevano preso parte era una festa
orgiastica, tenutasi nella massima
segretezza in una villa di campagna, a
cui lui era stato invitato da un amico.
Non era la prima volta che
prendeva parte a incontri di sesso di
gruppo, appuntamenti caratterizzati
anche da pratiche sessuali estreme, con
le vittime di turno che si concedevano
soddisfacendo le voglie dei
partecipanti, sottoponendosi alle
violenze più efferate e contorte, degne
del peggior De Sade. Era stato un
sorteggio, o meglio una pesca
miracolosa, a fargli conoscere Lucilla.
Prima di quella sera non aveva avuto
modo d'incontrarla a nessuno dei festini
organizzati fra le mura di quella villa,
cui aveva preso parte in più di una
occasione.
Il sorteggio avvenuto dopo
che in compagnia di una dozzina di
commensali, tutti maschi, aveva
consumato la cena, lo aveva condotto
alla stanza contraddistinta dal numero 8
dove ad attenderlo aveva trovato
Lucilla. Se gli fosse capitato un numero
diverso da quello sorteggiato, allora
avrebbe fatto visita a un'altra stanza e
conosciuto un'altra donna. In quel caso
la sua vita non avrebbe subito una
svolta.
Quella notte si era trovato
a fare sesso con una sconosciuta rimasta
bendata per tutto il tempo in cui erano
stati insieme. Quando dopo il sorteggio
aveva messo piede nella stanza numero 8,
deliziato da una abat-jour che spargeva
una luce soffusa, si era perso a
contemplare il corpo nudo della ragazza,
sdraiata sul letto, affascinato dalla
straordinaria bellezza.
Si era avvicinato al letto
che la ospitava e si era messo in
ginocchio di fianco al materasso. Lì
era rimasto a lungo a fissarla senza
toccarla, incantato dal colore ambrato
della pelle, senza riuscire a
spiaccicare una sola parola, con gli
ormoni in subbuglio e il cazzo che
pulsava irrequieto sotto il tessuto dei
pantaloni.
Superato
l'iniziale stupore si era liberato degli
abiti e con il calore della bocca le
aveva circondato uno dopo l'altro i
capezzoli che, al contatto con le
labbra, si erano ispessiti e ardevano di
piacere. Si era soffermato a lungo a
leccarle le areole sino a quando si era
spinto a esplorare con la lingua ogni
tratto di pelle che conduceva verso
l'ombelico, gustandone i sapori,
facendola tremare al tocco delle
carezze, deliziato dai gemiti di piacere
che le uscivano dalla bocca. A lungo
aveva seguitato a morderla fra le cosce
e leccarle la figa, infine si era
coricato sopra di lei e l'aveva
penetrata spingendosi con la cappella
dentro il roseo campo di battaglia.
Compiaciuto dall'avere
trovato la vagina fradicia di umore
aveva cominciato a cavalcarla, muovendo
avanti e indietro il bacino, assecondato
dalle movenze della ragazza che aveva
seguitato a sollevare cosce e bacino in
continuazione, animata dalla voglia di
trattenere più a lungo il cazzo dentro
di sé.
Mentre la montava,
nell'unica posizione che gli era
consentita, quella del missionario,
avrebbe voluto toglierle la benda dagli
occhi e mostrarsi, ma si era trattenuto
farlo perché in quel caso avrebbe
contravvenuto alle regole della casa.
In altre occasioni gli era
capitato di sperimentare situazioni
simili a quella, ma nessun'altra donna
lo aveva eccitato come Lucilla poiché
più di qualunque altra si era mostrata
partecipe nel fare sesso. Per evitare
che si sciogliesse dal suo abbraccio,
mentre la scopava, le aveva attanagliato
il culo, sodo e muscoloso, circondandolo
con entrambe le mani, affondando le
unghie nella pelle delle natiche mentre
muoveva la cappella fra le pareti
bollenti della vagina, modellate attorno
il cazzo, che si contraevano in maniera
spasmodica seguendo il ritmo della
scopata.
Quello spingersi col cazzo
dentro e fuori le cosce lo aveva fatto
impazzire di piacere. Lucilla aveva
fatto di tutto per compiacerlo,
nonostante le corde allacciate
all'estremità degli arti superiori,
alimentando con i movimenti del bacino
la sua furia ceca.
L'aveva montata al pari di
un qualsiasi animale in calore, con
rabbia e feroce senso di possesso,
assecondandola mentre contraeva l'utero,
stretto come le ganasce di una morsa
attorno il cazzo, mentre affondava la
cappella nel calore della vagina
fradicia d'umore.
Le mani legate, stirate
sopra il capo, e le cinghie alle
caviglie di Lucilla gli avevano impedito
di incularla come invece avrebbe
desiderato fare, ma non se n'era
rattristato. Aveva faticato non poco a
controllarsi tanto era forte
l'eccitazione che si portava addosso.
Tutt'a un tratto le gambe di Lucilla
avevano cominciato a tremare con una
certa intensità, segno evidente che era
prossima a raggiungere l'orgasmo.
Lui aveva accelerato il
ritmo della scopata, mentre i respiri di
Lucilla erano costantemente rotti da
gemiti non più soffocati. Tutt'e due si
erano trovati a fluttuare in quel letto,
con i corpi in ombra, superstiti di una
prostrazione che li aveva infiacchiti
dopo mezz'ora che scopavano. Lo
sbattersi violento e ritmico dei loro
corpi, mentre erano consacrati a
soddisfare il proprio e altrui piacere,
li aveva portati a raggiungere tutt'e
due l'orgasmo. Era stata lei a tappargli
la bocca con un bacio mentre i fiotti di
sperma le colmavano il calore della figa
e l'orgasmo le scoppiava nella testa e
fra cosce come fuochi d'artificio.
Dopo che entrambi avevano
raggiunto l'orgasmo lui aveva
abbandonato la stanza lasciando Lucilla
legata al letto, nello stesso modo in
cui l'aveva trovata, certo che dopo di
lui ci sarebbe stato un altro commensale
a godere di quel corpo.
Nel momento in cui Lorenzo
imboccò la tangenziale i fiocchi di
neve seguitavano a cadere sul
parabrezza, con le spazzole dei
tergicristalli che faticavano a
rimuovere la neve. Tutt'a un tratto si
trovò in coda a una processione di
autovetture e autoarticolati, disposti
in duplice fila, che procedevano a
rilento nella direzione di Reggio
Emilia. Superato l'impasse dell'incrocio
con la Via Emilia constatò, con
soddisfazione, che la strada verso il
centro della città era libera, seppure
ammantata da uno spesso strato di neve
ghiacciata. Era oramai prossimo a
raggiungere il centro della città
quando nella mente presero forma, a
brevi ondate, dei flashback che
riguardavano Lucilla e l'incontro che
aveva avuto con lei qualche mese dopo
che avevano fatto sesso nella villa. Non
scacciò quelle immagini e ne richiamò
alla mente ogni piccola sfumatura.
La circostanza che l'aveva
condotto a incrociare Lucilla per la
seconda volta, gli era capitata due anni
addietro allorché aveva messo piede nel
discount sotto casa, inaugurato soltanto
da un paio di settimane. Mica poteva
immaginare che in quel posto, in culo al
mondo, avrebbe notato fra le commesse
alle casse, il viso della ragazza,
bendata e legata al letto, con cui
qualche mese addietro aveva fatto del sesso
nella villa di campagna.
Aveva impiegato poco meno
di un quarto d'ora a riempire il
carrello della spesa, dopodiché si era
avvicinato alle casse per pagare la
merce acquistata. Un ragguardevole
numero di clienti, perlopiù donne,
sostavano in fila davanti alle casse
impazienti di depositare la merce sui
nastri trasportatori. In attesa che
giungesse il proprio turno si era
distratto nell'osservare i volti delle
persone che gli stavano d'intorno. Tutt'a
un tratto la sua attenzione era stata
rapita dal volto di una cassiera
impegnata a fare scorrere i codici a barre delle
merci sul lettore ottico. Bella com'era
non aveva avuto difficoltà a
riconoscerla perché era la ragazza
bendata con cui tempo addietro aveva
fatto sesso nella villa.
Il colorito ambrato della
pelle e le gocce di sudore che
imperlavano la fronte della ragazza le
conferivano un alone lucente, mentre i
capelli neri come la pece, tagliati a
caschetto, simili a quelli della
Valentina disegnata da Crepax, le
attribuivano un aspetto fragile ma
seducente.
Dopo averla riconosciuta
non aveva cessato un solo istante di
staccarle gli occhi di dosso. Aveva
seguitato a guardarla fintanto che tutti
i codici a barre della merce acquistata
erano passati davanti al lettore ottico.
La ragazza doveva essersi accorta del
modo sfrontato con cui aveva seguitato a
guardarla, ma abituata com'era a subire
quel genere di attenzioni da parte dei
clienti aveva proseguito nel proprio
lavoro senza mostrare segni evidenti
d'insofferenza. Soltanto quando lei lo
aveva guardato, per consegnargli lo
scontrino fiscale, aveva fatto caso al
cartellino appiccicato sul taschino del
grembiule, su cui c'era stampato un
nome: Lucilla.
Mentre sistemava la merce
dentro i sacchetti di plastica avrebbe
voluto invitarla a cena, ma non lo aveva
fatto anche se la tentazione era stata
forte. Una volta raggiunto il Bmw,
parcheggiato all'uscita del discount,
aveva reputando fosse più
realistico attuare un approccio più
morbido.
Come tutte le commesse
doveva essere abituata a ricevere
complimenti da parte dei clienti,
probabilmente non c'era il rischio che
si sentisse confusa se l'avesse invitata
a cena. Ma la chiave per ottenere un
appuntamento, senza essere respinto,
doveva essere quella di mostrarsi
affidabile evitando di comportarsi come
il solito cascamorto che ci prova con
tutte le donne.
Per un mese intero, ogni
giorno, era andato al discount facendo
acquisti su acquisti in modo da farsi
notare dalla ragazza, fintanto che, un
pomeriggio, incontrandola mentre
riponeva delle merci nelle scansie, le
si era avvicinato e dopo una breve
colloquio si erano scambiati il numero
di telefono. Qualche giorno dopo l'aveva
invitata a cena e da quella sera aveva
preso avvio la loro storia.
Se per rimorchiare Lucilla
si era dovuto sobbarcare un mese intero
di acquisti al discount, per sedurla non
aveva avuto bisogno di fare ricorso a
una particolare strategia di
corteggiamento. Si era lasciato andare
all'istinto piuttosto che alla fredda
razionalità, specie quando gli era
stata chiara la disponibilità della
ragazza all'accoppiamento come del resto
succede fra maschio e femmina nel mondo
animale.
Investito
da una veemente tormenta di neve, mentre
era alla guida del Bmw, d'improvviso gli
prese un nodo alla gola e non riuscì a
trattenere le lacrime. Gli tornarono
alla mente i momenti felici trascorsi
insieme a Lucilla e quelli di totale
buio vissuti nelle ultime due settimane
con una sorta di masochistico
compiacimento. Era consapevole che la felicità ha una consistenza momentanea, poiché niente può farla durare nel tempo,
ciononostante la passione per Lucilla lo
aveva illuso che non fosse vero. Serbava
il ricordo del buono odore della sua
pelle, dei momenti felici trascorsi
insieme che nemmeno la morte avrebbe
potuto cancellare.
Da un paio di anni lui e
Lucilla condividevano lo stesso tetto.
Si erano messi insieme dopo qualche mese
che si frequentavano, presi com'erano
dall'amore uno per l'altra. Non le aveva
mai confessato che avevano già avuto
occasione di conoscersi nella villa di
campagna dove avevano fatto sesso. Un
segreto che aveva tenuto tutto per sé
persuaso che Lucilla non avrebbe voluto
fargli sapere dei suoi trascorsi, che
dopotutto erano anche i suoi.
Indumenti in latex, catene,
manette, lacci, fruste e altri attrezzi
erano tutti strumenti adatti a chi
pratica un certo tipo di sesso estremo
che tacitamente entrambi avevano
lasciato perdere, perlomeno questo era
ciò di cui Lorenzo si era convinto
poiché, facendo l'amore con Lucilla,
entrambi non avevano mai accennato
neanche per scherzo all'ipotesi di
praticare del sesso di gruppo o dei
giochi di coppia con manette e bende
sugli occhi. Tutt'e due parevano essersi
lasciati alle spalle un mondo drogato da
desideri morbosi che, in passato, li
aveva visti protagonisti di pratiche
sessuali segnate da violenze fisiche e
morali; perlomeno questo era ciò di cui
si era convinto sino al giorno in cui
aveva ricevuto quella lettera anonima.
La caserma dei carabinieri
dove era diretto si trovava poco
distante dalla stazione ferroviaria, in
pieno centro cittadino. Per raggiungerla
attraversò la città rallentato nella
corsa, oltre che dalla neve, anche dal
traffico di autovetture che a quell'ora,
di prima mattina, procedevano assai a
rilento. Quando si consegnò ai
carabinieri, mettendo nelle loro mani la
pistola Beretta, da poco utilizzata, non
aveva ben chiaro quali fossero le
irreparabili conseguenze del gesto
compiuto fra le mura di quella
stamberga. All'appuntato che gli si era
fatto incontro, allorché aveva messo piede
negli uffici della caserma, confessò di
avere ucciso una donna, Lucilla, e
l'uomo che aveva trovato in sua
compagnia, senza spiegare quali fossero
le ragioni che lo avevano spinto a
compiere quel gesto estremo.
Il giorno che aveva aperto
la lettera anonima dove lo si informava
dei tradimenti di Lucilla e delle
pratiche sessuali che le corrodevano il
corpo e l'anima ogni volta che si
appartava con uno degli amanti, mettendo
in pratica persino il fisting completo,
facendosi mettere per intero un pugno
nel culo, ma anche il barebacking,
arrivando a farsi inculare a pelo senza
preservativo, e praticando il golden
shower, gli era crollato il mondo
addosso.
Quando, stringendo la
Beretta nella mano, aveva abbattuto con
una spallata la porta del monolocale, e
aveva trovato Lucilla nuda, distesa sul
letto, incatenata mani e piedi con
l'uomo in piedi sopra di lei che aveva
appena finito di pisciarle addosso, non
aveva esitato a sparare a entrambi un
selva di colpi, dopodiché era fuggito
via.
Mentre un paio di
carabinieri lo scortavano verso la
camionetta che lo avrebbe condotto in
carcere, pensò all'autore della lettera
anonima, ancora non sapeva capacitarsi
chi fosse: una amante dismesso forse, ma
prima o poi lo sarebbe venuto a sapere.
Ne era certo.
|
|
|