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BAMBOLE
E PUPE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
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Osvaldo
era immerso in un sonno profondo quando
la suoneria della radiosveglia lo destò
avvertendolo che era giunta l'ora d'alzarsi da
letto. Assonnato, le palpebre
semichiuse, percorse il breve tragitto
che lo separava dalla stanza da bagno.
Entrò nel box della doccia e il getto d'acqua
calda, spruzzata sul viso, lo destarono
dallo stato di dormiveglia. Completata
la doccia si diede cura di radersi la
barba, indossò l'accappatoio di spugna,
e si trasferì in cucina per la colazione.
Si soffermò a guardare il
cielo fuori dalla finestra, sgombro di
nuvole, di colore turchino. Durante la
notte aveva smesso di nevicare, ma il
freddo era pungente e dai comignoli
erano bene visibili delle nubi
di fumo. Mise un bricco di latte sul
fornello del gas che si premurò di
macchiare con del caffè d'orzo.
Consumata la colazione indossò gli
abiti della festa e si preparò a uscire
di casa.
La giornata che stava per
iniziare era molto importante, anzi la
più importante della sua vita e di
questo ne era consapevole. Raggiunse il
garage e si avvicinò all'armadietto
metallico dove custodiva gli attrezzi
per la cura dell'orto. Da una valigia levò
due bambole gonfiabili. Servendosi del
compressore si prodigò a riempirle
d'aria.
Helga, la bambola dalla
parrucca bionda, la sistemò sul sedile
anteriore dell'Alfa Romeo. Susy invece
su quello posteriore. La terza bambola,
Patricia, mulatta, la lasciò custodita
nell'armadietto piegata su se stessa.
Dopo avere sistemato sui
sedili Helga e Susy si sincerò che
parrucche e abiti delle bambole
gonfiabili fossero in ordine, dopodiché
collocò le cinture di sicurezza attorno
alle sagome in modo che risultassero
stabili sui sedili. Sistemate in quel
modo avrebbero tratto in inganno
qualsiasi vigile urbano nel caso fosse
incappato in qualche pattuglia della
polizia municipale.
L'entrata in vigore
sull'intero territorio comunale delle
targhe alterne nelle giornate di giovedì
e domenica era coincisa con l'inizio
della stagione autunnale. Osvaldo aveva
adottato il sotterfugio di collocare
Helga e Susy sui sedili della propria
automobile, approfittando di una
direttiva regionale che dava ampia
libertà di movimento alle vetture che
ospitavano più di tre persone
nell’abitacolo.
Dopo l'iniziale imbarazzo
nessuno dei compagni di lavoro aveva più
fatto caso agli strani passeggeri che
Osvaldo ospitava sulla propria
autovettura.
Eccentrico Osvaldo lo era
per davvero, infatti, di bambole gonfiabili ne
possedeva una intera collezione. Le pupe
erano l'unica distrazione sessuale che
si concedeva. Scopando con loro non
aveva bisogno d'apparire ciò che non
era, nemmeno doveva stare ad ascoltarle
come invece succedeva quando scopava con
le donne in carne e ossa, anche se una
di loro, Lilly, la sua preferita, quella
con la parrucca bionda platino, era
munita di un impianto vocale che entrava
in funzione mentre la scopava.
La bambola, infatti,
emetteva mugolii, più o meno
prolungati, in base alla pressione che
il cazzo di Osvaldo esercitava nella
vagina artificiale.
Alle 8.00 in punto
parcheggiò l'autovettura nel piazzale
antistante il capannone dell'autofficina
dove lavorava. Si sarebbe intrattenuto
sul posto di lavoro sino a mezzogiorno,
dopodiché sarebbe andato incontro a
Minda dandole il benvenuto
all'aeroporto.
Osvaldo si occupava di
motori dall'età di quattordici anni,
allorché aveva messo piede in una
officina meccanica. Ormai conosceva alla
perfezione il suono che agita i pistoni
dei propulsori. Ma la capacità
d'ascolto che aveva nel prestare
attenzione al rumore dei motori a
scoppio non aveva uguale corrispettivo
nelle relazioni sociali, specie con le
persone di sesso femminile.
Da poco aveva festeggiato i
trentasette anni e, strano ma vero, non
aveva mai avuto una donna tutta per sé.
Soffriva di eiaculazione precoce. Appena
una donna gli posava la mano sul cazzo
veniva quasi subito, tanta era
l'emozione che si portava appresso. A
nulla gli era servito correre ai ripari
sparandosi una sega dopo l'altra prima
di ogni incontro amoroso.
Scoraggiato dai risultati e
intimidito dalle donne aveva desistito
dall'avere rapporti sessuali con l'altro
sesso, arrangiandosi a modo suo,
trovando più soddisfacente scopare le
bambole gonfiabili.
Quando mise piede nel
capannone dell'officina gli altri operai
erano affaccendati intorno alle
autovetture. Raggiunse lo spogliatoio e
indossò la tuta, dopodiché si mise
d'impegno attorno al motore di una Fiat
500 riprendendo il lavoro là dove
l’aveva interrotto il pomeriggio
precedente.
La sua pelle, come quella
di molti operai dell'officina, trasudava
un cattivo odore a causa dei grassi e
oli minerali con cui quotidianamente
veniva a contatto. Una puzza che si
portava addosso da quando, ancora
apprendista, aveva iniziato a lavorare
come meccanico in officina, puzza a cui
non faceva più caso perché parte
integrante della sua persona.
La morchia si era
incancrenita nei pori della pelle ed
emetteva un tanfo insopportabile, specie
quando faceva caldo e sudava. Forse era
questa la principale ragione per cui le
donne lo respingevano, perlomeno questo
era ciò che lui pensava.
Le ore di lavoro occupavano
gran parte della sua giornata. La sera,
dopo cena, trascorreva il tempo libero
giocando alle carte in compagnia degli
amici al bar sotto casa.
Crearsi una famiglia,
mettere al mondo dei figli, era la sua
massima aspirazione. Quello che soltanto
qualche mese addietro era un miraggio
stava per avverarsi. Questione di poche
ore e non sarebbe più stato solo.
Minda Luzon, la ragazza
filippina che aveva sposato qualche
settimana addietro per procura, sarebbe
scesa all'aeroporto di Malpensa nel
tardo pomeriggio, proveniente da Manila,
e sarebbe andato ad accoglierla.
Era stata Angele Luson la
sorella di Minda a combinare il
matrimonio. Angele faceva le pulizie
nell'autofficina dove Osvaldo lavorava.
Un giorno, durante una pausa di lavoro,
gli aveva chiesto se conosceva qualcuno
disposto a sposare la sorella Minda per
farla arrivare in Italia.
- No, non conosco nessuno.
- le aveva risposto.
- A te non piacerebbe
prenderla in moglie?
- Chi? Io?
- Sì, tu.
Preso alla sprovvista
Osvaldo si era messo a ridere. Stava per
andarsene, ma Angele l’aveva rincorso
e aveva fatto di tutto per interessarlo.
- Tieni, guarda la
fotografia. Minda è questa!
La fotografia era un primo
piano del volto di una fanciulla molto
bella.
- Quanti anni ha?
- Ventuno.
- Carina. Davvero carina.
- Non ti piacerebbe
sposarla? Lei brava ragazza.
- Sì, sì, certo.
Nella solitudine della sua
stanza da letto Osvaldo aveva riflettuto
a lungo sulla proposta di Angele. In
passato aveva preso in considerazione
l'eventualità di affidarsi a una
agenzia matrimoniale, ma ci aveva
rinunciato. Dopo avere adocchiato la
fotografia della ragazza filippina aveva
pensato a lungo a lei, specie quando
scopava una delle bambole gonfiabili.
Angele non gli aveva dato tregua
incaponendosi nel proporgli a più
riprese la sorella in sposa.
- Non te ne pentirai. - lo
aveva rassicurato.
A mezzogiorno Osvaldo cessò
di lavorare, ma contrariamente alle sue
abitudini non si recò alla mensa
aziendale per consumare il pranzo
insieme agli altri operai dell'officina.
Nello spogliatoio si cambiò d'abito,
dopodiché si mise al posto di guida
della propria Alfa Romeo.
L'aeroporto Internazionale
di Malpensa distava un'ora di macchina
dal posto di lavoro. Era emozionato e
non stava più nella pelle per
l'eccitazione. Ancora non sapeva quale
atteggiamento avrebbe dovuto tenere
quando si sarebbe trovato in intimità
con Minda.
Stando a cavallo delle
bambole non aveva più sofferto di
eiaculazione precoce. Le scopate erano
diventate soddisfacenti, e sperava che
la stessa cosa sarebbe accaduta scopando
Minda, ma non ne era tanto sicuro. Nella
memoria aveva bene impresso gli
infruttuosi rapporti intrattenuti con le
puttane e il pensiero non gli dava pace.
Sistemò l'autovettura
nell'immenso parcheggio dell'aeroporto
e, prima di incamminarsi verso l'area
degli arrivi e partenze, liberò Helga e
Susy dai sedili. Si affrettò a
sgonfiarle dell'aria e le ripose nel
bagagliaio dell'Alfa Romeo.
Alle 17.00, con qualche
decina di minuti di ritardo, peraltro
annunciato dal tabellone luminoso
dell'aerostazione, l'aereo delle
Philippine Airline prese terra sulla
pista.
Angele e Minda raggiunsero
Osvaldo un'ora dopo l'atterraggio
dell'aereo. Non fu semplice distinguerle
una volta che ebbero esplicate le
formalità doganali, mischiate com'erano
fra i passeggeri asiatici che si
affacciarono nella sala d'arrivo.
Quando vide la ragazza che
accompagnava Angele ne rimase
sbalordito. Minda al contrario della
sorella non era di bassa statura,
tutt'altro. Era longilinea e non aveva
il naso appiattito. I capelli, neri e
lisci, avevano la riga nel mezzo e le
cadevano a caschetto sotto il mento. La
bocca di Minda si aprì in un ampio
sorriso quando la sorella le presentò
Osvaldo, che, sorpreso da tanta
bellezza, avrebbe potuto morire
d'infarto tanto era felice.
- Beh, non baci la sposa? -
disse Angele.
Osvaldo cercò di
nascondere l'imbarazzo. Si fece forza e
avvicinò le labbra sulla guancia della
ragazza.
- Soddisfatto? - chiese
Angele.
- Sì, tua sorella è
davvero carina.
La foto che Osvaldo teneva
nel portafoglio non rendeva merito alla
bellezza di Minda, infatti, era rimasto
felicemente sorpreso quando se l'era
trovata di fronte.
La ragazza vestiva in modo
sbarazzino con jeans e maglione. Davvero
poca roba per ripararsi dal freddo della
stagione invernale.
Osvaldo prese dalle loro
mani le valige e, tutt'e tre,
s'incamminarono verso l'uscita
dell'aerostazione.
Durante il viaggio in
automobile Minda e Angele non smisero un
solo istante di parlare e ridere. Minda
prese posto sul sedile posteriore.
Angele su quello anteriore.
Osvaldo guidava con
prudenza rivolgendo lo sguardo di tanto
in tanto verso lo specchietto
retrovisore per osservare il volto di
Minda. La presenza della sorella pareva
rassicurarla. Anche Osvaldo era felice,
probabilmente per la prima volta nella
sua vita.
Prima di conoscere Minda
non si era posto il problema se la
ragazza fosse vergine o meno, dando per
scontato che non lo fosse, ma nel
momento in cui se l'era trovata di
fronte gli era sembrata un angelo caduto
dal cielo e come tale l'aveva
considerata.
I primi giorni di
convivenza furono i più difficili.
Osvaldo stabilì con Minda un rapporto
fraterno astenendosi dall’avere
qualsiasi contatto carnale, anche se di
scoparla ne aveva una gran voglia.
Era intimidito dalla
presenza della ragazza dentro le mura
domestiche e non sapeva come proporsi a
lei per non offenderla. Ma dopo qualche
giorno di acclimatazione ci pensò Minda
a toglierlo d'imbarazzo quando prese a
girare per casa seminuda e con indosso
solamente le mutandine.
A Osvaldo non sembrò vero
d'avere accanto a sé una simile
compagna. Una sera, dopo una settimana
di convivenza nello stesso letto, si
fece coraggio e da sotto le lenzuola
allungò una mano su di una coscia di
Minda.
Nel buio della camera lei
si rivolse a Osvaldo
- Tu volere scopare Minda?
Osvaldo non si stupì delle
parole pronunciate in un italiano quasi
perfetto, nemmeno cercò di capire in
che modo la ragazza avesse imparato
quella frase. Desiderava fare l'amore
con lei al più presto, solo questo gli
importava.
- Sì. - rispose.
Il corpo di Minda era
morbido, cedevole, delicato come i
petali di un fiore. Quando le fu sopra
la cavalcò meglio di quanto era solito
fare con le bambole di gomma, e stavolta
non eiaculò troppo presto.
Minda non era vergine e
forse non era nemmeno tanto innocente
come gli aveva fatto credere Angele, ma
era pur sempre quanto di meglio la vita
gli aveva riservato.
Minda si prese cura di
Osvaldo facendogli assaporare le gioie
del matrimonio. In poche settimane la
pelle dell'uomo perse lo sgradevole
odore di unto che aveva addosso e tornò
a essere pura come quando era un
ragazzino. Helga, Susy e le altre
bambole che per lungo tempo gli avevano
tenuto compagnia finirono nel bidone
della spazzatura. Nei giorni a targhe
alterne Osvaldo prese a recarsi al
lavoro in sella alla bicicletta.
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