Le
curve della strada, sospesa a precipizio
sul mare, si susseguono una dopo l’altra
fra la costa rocciosa in un tourbillon
d'immagini in un panorama di rara bellezza.
Concentrata nella guida della Lancia
Ypsilon sono continuamente distratta
dalla presenza dei rari bagnanti che a
quest'ora del pomeriggio occupano le
calette fra le insenature delle rocce.
L'odore di salsedine
giunge prepotente alle mie narici
attraverso i finestrini, opportunamente
abbassati, dell'autovettura. In queste
brevi giornate di fine ottobre la strada
litoranea è pressoché deserta. Sono
rare le autovetture che incrocio nel
tragitto che mi conduce verso casa,
mentre sui viadotti dell'autostrada,
distante un
centinaio di metri sopra la mia testa,
automobili e autoarticolati si spostano
rumorosi.
Cespugli di fichi
d'india e alberi di olivo occupano il
terreno calcareo ai lati della strada.
Il rimescolamento di questi delicati
profumi ha poco in comune con il clima
umido e la nebbia che in questi giorni
ingrigisce il paesaggio della pianura
padana da cui provengo. Sono sola, sola
con me stessa, soltanto il cielo e il
mare mi tengono compagnia in questo
strano pomeriggio di fine ottobre.
Una figura femminile,
sbucata dal nulla, fa capolino sul
ciglio della strada alla mia destra. La
donna accenna un saluto. Muove con
insistenza il braccio nella mia
direzione. Soltanto quando le sono
vicino intuisco che mi sta facendo segno
di fermarmi. Forse vuole un passaggio,
penso.
Distinguo poco della
sua figura. Resto invece colpita dai
colori sgargianti del pareo annodato
sulla spalla e le avvolge il corpo sino
alle ginocchia. Premo il pedale dei
freni e arresto l'autovettura una decina
di metri oltre il punto in cui è ferma
la ragazza.
Nello specchietto
retrovisore osservo le tracce lasciate
sull'asfalto dai pneumatici. Sporgo una
mano fuori dal finestrino e le faccio
segno di avvicinarsi.
La guardo con
curiosità mentre si avvicina.
Sembra avere la mia
stessa età: trent'anni o poco più. I
capelli, raccolti a coda di cavallo,
hanno il colore del granoturco. E'
straniera, nordica, probabilmente.
Tutt'a un tratto si mette a correre
nella mia direzione, ma incespica
nell'asfalto a causa delle
infradito che calza ai piedi. Quando è
vicina apro la portiera della vettura e
lei si sporge verso di me.
- Mi dai un
passaggio? - chiede in un italiano quasi
perfetto, nonostante la erre strascicata
da forte accento straniero.
- Vai lontano?
- No, sono diretta al
prossimo paese. Dista soltanto pochi
chilometri di strada.
- Va bene, dai, sali
in macchina. Anch'io vado lì.
- Ah, bene, allora
sono fortunata, eh? - sorride
mostrandomi una striscia di denti
perfetti al pari dei morbidi lineamenti
del viso generoso di lentiggini.
Prende posto sulla
Ypsilon e si lascia cadere sul sedile
accanto al mio. Sorride come se volesse
mostrasi riconoscente mentre aggancia la
cintura di sicurezza intorno al petto.
E' una bellezza strana, come raramente
se ne vedono da queste parti, dotata di
un fascino che l'attraversa da capo a
piedi.
- Mi chiamo Erika. E
tu?
- Georgette.
- Bel nome. Non sei
italiana, vero? Da dove vieni?
- Da Bourg-en-Bresse.
- Sei francese?
- Sì.
Ci mettiamo a ridere
mentre l'auto s'inerpica in un tratto di
strada tortuoso. Procediamo rasenti
terrazze di terra occupate da filari di
vigneti da cui i contadini traggono un
pregiatissimo vino. Proseguiamo verso la
nostra meta conversando come fossimo
delle vecchie amiche.
- Sei in Italia da
molto tempo?
- Due giorni.
- Beh, cosa ci fai da
queste parti?
- Sono in vacanza.
- Sola?
- Sì.
Bella Georgette la è
per davvero. Ha il viso arrossato per
effetto della prolungata esposizione ai
raggi del sole. Il sottile pareo che
indossa avvolge per intero il suo corpo
lasciandole scoperte le cosce. Le forme
tonde dei seni mi colpiscono l'occhio
unitamente agli slip giallo canarino del
costume da bagno di cui scorgo
l'infossamento delle labbra della
vagina. Ne sono turbata e mentre guido
mi perdo a guardarle le gambe che non
tiene accavallate. Segno evidente che ci sta,
penso, perché ho letto da qualche parte
che se una donna tiene le gambe aperte,
anziché accavallate, è segno che è
disponibile, magari senza che se renda
conto.
- Quanto ti fermerai
in Italia?
- Non lo so, sono in
convalescenza, e...
- In convalescenza?
Ma cosa ti è accaduto? - la interrompo.
- Niente di
particolare, una piccola operazione
chirurgica a una vena di una gamba.
- Adesso stai bene?
- M'impigrisco al
sole di questa terra che trovo
bellissima e romantica come poche altre.
- Sono d'accordo con
te.
- Accidenti! Sto qui
a godermi queste giornate di sole mentre
dovrei essere al lavoro. Le scuole hanno
già riaperto da un mese.
- Sei insegnante?
- Sì, di scuola
elementare. E tu che mestiere fai?
- Infermiera
professionale.
- Ah! Bene, allora
tutt'e due ci prendiamo cura della
salute delle persone.
- Mi piace prendermi
cura di uomini e donne. - replico con un
pizzico di malizia.
- Anche a me, molto.
- conferma riuscendomi gradita.
Il cartello stradale
che segna l'inizio del paese dove siamo
dirette si trova a un paio di curve
oltre il promontorio che stiamo
percorrendo. Divento insolente e butto
lì un invito a trascorrere la sera a
casa mia.
- Mi piacerebbe
invitarti a cena. Ti va?
- Volentieri, grazie!
- Allora siamo
d'accordo.
- Prima però vorrei
fare la doccia e cambiarmi d'abito, mica
posso presentarmi a casa tua in costume
da bagno e col pareo, ti pare?
- Sì, certo, hai
ragione. - replico, raggiante perché
non ha disdegnato l'invito.
Restiamo senza
parlare per qualche minuto sino a quando
arresto le ruote della Lancia Ypsilon
nella piazza del paese sgombra di
persone.
- Ecco, sono
arrivata. Sono ospite in quella casa. -
mi fa cenno, indicando un edificio
dall'intonaco scrostato con due piccoli
balconcini fioriti che fanno capolino
sulla piazza, poco lontano dal bar
trattoria dove, seduti intorno a dei
tavolini, scorgo un gruppo di anziani.
- Sei in pensione
dalla signora Delfina?
- Sì, la conosci?
- In paese la
conoscono tutti. Un tempo gestiva il bar
insieme al marito nella casa che ti
ospita, adesso non più. Brava gente i
coniugi Sestilli.
- Bene, allora ci
vediamo più tardi.
- Passo a prenderti
alle otto. Ci diamo appuntamento qui,
davanti alla vasca della fontana. Va
bene?
- Sì, va bene. -
annuisce molto velatamente.
Scende dalla macchina
e scompare, sculettando,
sull'acciottolato della piazza, verso
l'abitazione della signora Delfina.
Riparto con i peli
del pube ritti per l'eccitazione che mi
porto addosso smaniosa che giunga al
più presto l'ora della cena.
Frangia e capelli
lunghi, occhi grigi e profondi, bellezza
inusuale, con tanto fascino. Georgette
si presenta all'appuntamento vestita con
pantaloni corti, T-shirt bianca, gilet
nero di seta aperto sul davanti e
sandali ai piedi. E' una femmina sexy,
molto simile a quelle che si vedono sui
calendari vestite con niente addosso.
Quando l'ho vista intenta a fare l'autostop non
potevo immaginare che mi sarei ritrovata
in compagnia di una simile
bellezza.
- Beh? Che intenzioni
hai? Dove mi porti?
- Andiamo a casa mia.
Ti va?
- E' distante?
- No, è quella casa
lassù. - dico indicando l'edificio
incrostato di malta che dista un centinaio
di metri sopra le nostre teste, lontano
dalla piazza del paese.
La casa è
rischiarata dai lampioni
dell'illuminazione pubblica ed è simile
a tante altre che la circondano.
- Non ci andiamo in
macchina?
- No.
- Ci arriviamo a
piedi?
- Sì, facciamo una
passeggiata. Occorrono pochi minuti per
raggiungerla.
- Va bene, andiamo.
Camminiamo affiancate
una all'altra e saliamo lungo gli
stretti viottoli che conducono alla mia
abitazione.
- Abito qui. - faccio
segno con la mano a Georgette quando
siamo arrivati davanti al portone di
casa.
- Accidenti! E' tutta
tua?
- Magari! Mamma e
papà sono soltanto proprietari di un
piccolo appartamento. Vengono qua nei
fine settimana.
- Tu ci abiti?
- No, abito a Parma,
sai dove si trova?
- Parma?
- E' una piccola
città dell'Emilia.
- Ah!
- Sai cos'è il
formaggio Parmigiano?
- Sì.
- Il Parmigiano è un
tipico prodotto della mia terra. E' un
po' come il Camembert per voi francesi.
Magari è anche più buono del vostro
pregiato formaggio.
Sorrido mentre
precedo Georgette oltre il portone di
casa. Saliamo i gradini delle scale
affiancate una all'altra, strusciandoci
a vicenda sino alla porta
dell'appartamento.
- Non ho preparato
grandi cose per cena. Niente pesce, eh!
Dovrai accontentarti di una braciola di
maiale e qualche foglia d'insalata.
- Non ho problemi. Mi
va bene tutto.
- Tutto?
Guardo Georgette
nelle pupille degli occhi. Lei fa lo
stesso fissandomi a lungo. Sono
imbarazzata e fortemente attratta da
lei. La precedo nell'appartamento e
lascio che curiosi nelle stanze mentre
mi dedico a cuocere le braciole sulla
piastra del fornello a gas. Mi accorgo
della presenza di Georgette alle mie
spalle quando avverto il peso delle
tette premermi contro la schiena.
Non mi oppongo al
contatto col suo corpo, lascio che cinga
le braccia attorno ai miei fianchi e mi
stringa forte a sé. Spengo la fiamma
del gas e mi giro verso Georgette.
Siamo vicine, una di
fronte all'altra, ma non scambiamo una
sola parola, non ce n'è bisogno.
Accosta le labbra alle mie e le
lambisce, dopodiché prosegue a
sfiorarle senza baciarmi, accrescendo il
desiderio di penetrarla e di essere
penetrata dalla sua lingua nella bocca.
Le sue labbra sono
morbide come i petali di una rosa: umide
e calde. Ho un sussulto quando la sua
lingua s'intrufola fra le mie labbra e
scivola nella bocca. Contraccambio il
bacio leccandole il pavimento sotto la
lingua e lei fa lo stesso con me.
Ho la figa bagnata
fradicia e mi colano gli
umori che scivolano lungo le cosce.
Seguitiamo a baciarci, abbracciate,
senza smettere di carezzarci in ogni
parte del corpo. D'improvviso sono colta
da una irrefrenabile voglia di possesso
che mi spinge a ghermirle le natiche fra
le mani e attirarla verso me.
- Vieni con me,
seguimi. - sussurro all'orecchio di
Georgette.
Stringo la mano
attorno a quella della mia compagna e
intreccio le dita con le sue. La
trascino nella stanza da letto
infischiandomene della carne di maiale
che sta abbrustolendo sulla piastra
ormai priva di fiamma.
Georgette si sveste
ed io la imito liberandomi di jeans e
maglietta. Ci ritroviamo nude sul letto
con le guance sprofondate nelle cosce
dell'altra. Georgette s'incunea con la
lingua far le labbra della mia passera
ed io la imito stendendo la lingua nel
mezzo delle sue cosce leccandola con
uguale tenerezza.
Lecca le piccole
labbra ed arriva a morderle quel tanto
che basta da farmi mancare il respiro.
Si danna l'anima nel succhiarmi il
clitoride girandoci intorno con
l'estremità della lingua. Infila
l'escrescenza fra le labbra e dà brevi
spinte con la bocca in avanti come se
stesse facendomi un pompino. Allargo le
cosce e piego le ginocchia per
facilitarle il compito mentre anch'io
inizio a leccarle il clitoride.
E' grosso e turgido
più del mio. Lo stringo fra le labbra
annaffiandolo di saliva mentre lo
succhio. Sento Georgette tremare in
tutto il corpo e mugolare.
Accavallate una
sull'altra succhiamo a vicenda il
clitoride e non poniamo limiti al nostro
piacere. Ruotiamo i nostri corpi di
continuo nel letto scambiandoci di
posizione.
E' brava a leccarmi
vagina e clitoride.
Godo! Godo come una
cagna in calore e non smetto di
succhiarle il clitoride alla mia
maniera, risoluta nel farle raggiungere
al più presto l'orgasmo.
Invece ci arrivo per
prima rapita da un travolgente piacere.
Resto col viso affondato fra le sue
cosce, con gli umori che le escono dalla
figa e mi restano appiccicati ai peli e
alla bocca. Tremo mentre lei prosegue a
succhiarmi il clitoride costringendomi a
gridare:
- Basta... Basta...
Mi fai morire.
Georgette rovescia il
corpo sul letto cambiando radicalmente
posizione. Adesso le sue labbra
incontrano le mie e torniamo a baciarci.
Mi piace come bacia.
E' dolce, tenera, sensuale. Mi accarezza
i capezzoli e li gratta con insistenza
passandoci sopra le unghie. E' un
gradevole supplizio quello a cui mi sta
sottoponendo, ma che mi provoca un
gradito benessere. Le tette sembrano
scoppiarmi. Le sento gonfie e dure. Ho i
capezzoli indolenziti per le eccessive
carezze. Desidero che li succhi, ma non
si decide a farlo.
Le sue tette sono
piccole e sode, con l'estremità dei
capezzoli pronunciati più dei miei. Ne
stiro uno fra le labbra e lo succhio
sbavandoci sopra una enorme quantità di
saliva fintanto che Georgette riprende a
gemere e lamentarsi.
Infilo le cosce fra
le sue gambe. Accosto la figa contro il
suo pube, ricoperto da sottili peli
biondi, e la stringo forte a me.
Struscio il clitoride sulla sporgenza
del suo monte di Venere e rimpiango di
non avere con me lo strap-on che
custodisco in uno dei cassetti del comò
in città, altrimenti avrei indossato il
cinto attorno la vita e con il cazzo
di gomma mi sarei messa a scopare
Georgette.
Ci stringiamo forte e
seguitiamo a strusciare i sessi fino
allo sfinimento.
- Buonanotte. -
sussurro all'orecchio di Georgette,
impaziente di addormentarmi fra le sue
braccia. Lei mi gira le spalle e si
mette a dormire.
Mi sveglio dopo di
lei. Dalla finestra della camera
filtrano le luci dell'alba. Tremo fra le
sue braccia mentre mi scopa in bocca con
le dita sudice dei miei umori. La
imploro di non smettere di toccarmi e di
non staccarsi da me. Grido forte il suo
nome mentre vengo e mi prende una gran
voglia di piangere per la per la
ritrovata felicità.
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