|
ATMOSFERE
TORBIDE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Dopo i nubifragi dei giorni scorsi i meteorologi avevano
preannunciato per la giornata odierna,
festa di Ferragosto, un clima autunnale,
invece la mattina è iniziata sotto i
migliori auspici con un tiepido sole che
riscalda la città.
Stanotte
ho fatto le ore piccole in compagnia di
un amico con cui ho scolato più di un
Mojito, un cocktail di origine cubana
che alla prova dei fatti mi ha tagliato
le gambe e messo col culo a terra.
Nemmeno ricordo come ho fatto a trovare
la strada di casa. Boh.
Nuda sotto le lenzuola, sola nel
mio letto, rinfrescata dalle frequenti
folate di vento che attraversano la
finestra, non so decidermi ad alzarmi da
letto per prepararmi la colazione. In
alternativa potrei uscire di casa e
rifocillarmi stando comodamente seduta
al tavolo di una qualsiasi caffetteria,
se mai sarò fortunata nel trovarne una
aperta, magari all'ombra di un
ombrellone, e abbandonarmi alla lettura
della Gazzetta di Parma; giornale che
spero di recuperare in una delle edicole
di turno.
Le lancette dell'orologio digitale
appeso a una parete della cucina, appena
sopra la cella freezer del frigorifero,
segnano le dieci e venti minuti mentre
esco di casa. Per togliermi dallo
stomaco i cattivi sapori della serie di
Mojito, bevuti stanotte, ho fatto
ricorso a una abbondante colazione con
caffè, pane tostato, burro e
marmellata, così adesso sono pronta ad
affrontare ciò che la giornata mi
riserva.
Indecisa
se uscire di casa con addosso la tuta da
tempo libero per fare jogging,
scorrazzando in lungo e in largo su una
delle aree attrezzate della città, ho
scelto di indossare gonna e camicetta
per cogliere l'occasione della festività
di Ferragosto e godermi a pieno le
bellezze della città, che presumo sia
semideserta perché i parmigiani,
nonostante il persistere della crisi
economica che attanaglia il paese, non
avranno di sicuro rinunciato alla
classica gita fuori porta, oppure di
avventurarsi sino al mare sfidando le
previsioni meteorologiche avverse.
Il centro storico, contrariamente a
quanto supponevo, abbonda di turisti
italiani e stranieri, armati di guide
turistiche e macchina fotografica, che
sciamano indisturbati per le strade. I
negozi, fatta eccezione per qualche
sporadico bar e gelateria, hanno le
serrande abbassate. Chi come la
sottoscritta non ha potuto andare in
vacanza per improrogabili impegni di
lavoro, può finalmente godersi a pieno
le bellezze della città, ciononostante
mi sorge il dubbio che avrei potuto fare
una scelta migliore recandomi in piscina
e abbronzarmi su un lettino, mettendo a
frutto la giornata di sole, perlomeno
finché le nubi non lo adombreranno,
invece mi ritrovo a pedalare in sella
alla city bike per le vie del centro,
fedele a un modo pratico ed ecologico di
muovermi, alla ricerca di una edicola.
Le vetrine della libreria Fiaccadori che
da un secolo si affacciano sulla strada
che conduce a Piazza del Duomo,
stranamente illuminate in questa
giornata di festa, attirano la mia
attenzione. Mi soffermo a guardare le
copertine dei libri esposti e
l'attenzione mi cade su un libro di
Rossana Campo, scrittrice di cui ho
avuto modo di leggere un paio di
romanzi. Decido di mettere piede nella
libreria abbandonando l'idea di
seguitare a cercare una improbabile
edicola aperta.
All'addetto alle vendite, appostato
dietro un bancone, un fighetto niente
affatto male, chiedo di acquistare il
libro di Rossana Campo esposto in
vetrina.
"Il posto delle donne” è un
libercolo di appena centocinquanta
pagine che spero possa tenermi compagnia
per il resto della mattinata, oppure in
alternativa lo leggerò stanotte, sul
posto di lavoro, quando sarò di turno
in ospedale spendendo per il libro
soltanto dieci Euro, ma adesso voglio
trovare un posto tranquillo, magari una
panchina all'ombra di un albero, dove
leggerlo in santa pace. Escludo di
poterlo fare al Parco Ducale perché so
per certo che è infestato dalle zanzare
tigre, allo stesso modo scarto il Parco
della Cittadella infestato dai maniaci
dello jogging. Raggiungo Via della
Repubblica e percorro per intero la
strada sino a spingermi dentro le cinta
del Parco Eridania.
Le
panchine che all'ingresso del parco
trovano posto sotto il porticato in
stile liberty, testimonianza della città
del primo novecento, sono occupate da
mamme e dai loro bambini. In sella alla
bicicletta mi sposto lungo il sentiero,
realizzato con assi di legno, che separa
due grandi vasche, lunghe almeno
cinquanta metri, deputate sino agli anni
sessanta ad accogliere le barbabietole
raccolte nei campi dai contadini per
essere lavorate nello zuccherificio, ma
che ora fungono da laghetto per i pesci
rossi. Mi pongo alla ricerca di un luogo
appartato, lontano da sguardi
indiscreti, e finalmente lo trovo.
All'ombra dei ramo di una quercia
appoggio il culo per terra e accosto la
schiena contro la corteccia del fusto
dell'albero, infine apro le pagine del
libro.
La lettura del romanzo di Rossana Campo
scivola via veloce soprattutto per
merito dello stile dell'autrice che
impiega un tipo di scrittura pressoché
identica a quella del linguaggio
parlato, cosicché la storia da lei
raccontata risulta particolarmente
incisiva e colorita. E' una lettura
leggera e divertente quella che mi tiene
compagnia, e poi del tutto priva di
eccessivi sentimentalismi. Il romanzo
racconta la storia di un amore lesbo, un
tipo di amore che nella realtà del
vivere quotidiano la maggior parte della
gente non vede o meglio non vuole
vedere. La protagonista della storia è
una ragazza italiana che vive a Parigi
ed è abbandonata dalla sua compagna,
poi un giorno incontra una giovane e
sensuale ballerina di lap dance e se ne
innamora.
Sino a
ora l'atmosfera del romanzo è
piacevolmente torbida e la cosa mi sta
eccitando parecchio. Infatti, ho la figa
bagnata come mi succede rare volte
quando leggo un libro.
Sono impegnata a leggere il romanzo
della Campo da più di un'ora e le
situazioni morbose che hanno come
protagonista Emma, interprete coraggiosa
e impudica della storia, si susseguono e
mi intrigano parecchio. Non capisco cosa
mi sta succedendo.
Merda!
Sono tutta sudata, ho caldo, e per la
testa ho un solo pensiero: toccarmi.
Eccitata mi guardo d'intorno e nelle
immediate vicinanze non scorgo nessuno.
Tranquillizzata fletto le ginocchia e
istintivamente allargo le cosce. La
gonna si arriccia su se stessa e si
raccoglie verso l'addome. Infilo la mano
sotto il bordo delle mutandine e scendo
giù. I peli del Monte di Venere sono la
deliziosa barriera cui vado incontro
prima di raggiungere le grandi e piccole
labbra della figa. Mi diletto a
sfiorarle sino a quando scelgo di
penetrarmi con due dita, ma non riesco a
soddisfarmi a pieno.
Allora
incomincio coccolarmi il clito.
Accarezzo l'estremità erettile con due
dita inumidendole a più riprese per non
irritare la carne. L'altra mano, dopo
che ho definitivamente abbandonato la
lettura del libro, lasciandolo cadere
sull'erba, l'avvicino al seno. Mi piace
accarezzarlo mentre mi masturbo. Stiro
un capezzolo e il leggero dolore che mi
procuro nel torcerlo è pari al piacere
che sa trasmettermi il tocco delle dita
con cui insisto a carezzarmi il clito.
Seguito a torcermi il capezzolo mentre
dalla bocca mi escono sempre più
frequenti dei gemiti di piacere.
Le fantasie erotiche che mi
passano nella mente ogni volta che mi
tocco il clitoride sono sempre diverse.
Chiudo gli occhi e mi metto a pensare
che a trasmettermi il piacere che,
ancora una volta sto dandomi da sola,
sia invece il risultato di una leccata
di figa da parte di un'altra donna;
magari una che assomiglia a Emma, la
lesbica protagonista del romanzo di
Rossana Campo.
Da adolescente ho cominciato molto
presto a toccarmi. Farlo in diversi modi
mi ha permesso di conoscere a fondo il
mio corpo, sviluppando a pieno tutta la
potenziale sessualità di cui la natura
mi ha fornita, conducendomi a
raggiungere i migliori orgasmi. Mi piace
penetrarmi la figa con un paio di dita,
specie quando l'ho bagnata fradicia come
adesso. Sono una donna che viene sempre,
ma più della penetrazione vaginale
preferisco di gran lunga il piacere che
so concedermi carezzandomi il clitoride.
La sensazione di piacere aumenta
progressivamente mentre m'incaponisco a
strofinare le dita sul clito. In
passato, conversando con
delle amiche, sono giunta alla
conclusione che il desiderio sessuale
varia secondo le fasi del ciclo
mestruale. Per tutte le donne è
maggiore nel periodo che precede
l'ovulazione. Io, infatti, raggiungo
molto più facilmente l'orgasmo dopo che
ho terminato le mestruazioni, e oggi è
uno di quei giorni.
Mi concentro nello stimolare il clito
trascurando del tutto la vagina. Il
piacere sta montando rapidamente nella
mia testa. Gemo come una cagna in
calore. Ho i genitali bollenti e il
clito si è ingrossato a dismisura.
Godo! Godo! Una sequela di brividi
lievitano lungo la spina dorsale e mi
attraversano lo scheletro scuotendolo
tutto. Avverto una forte sensazione di
calore alla vagina e mi ritrovo con le
piccole e grandi labbra gonfie a
dismisura. Il piacere si irradia alla
pancia con forti contrazioni alle gambe.
D'improvviso,
dentro la testa, è come se mi
scoppiasse un petardo. Urlo senza
rendermene conto. L'orgasmo dura qualche
secondo ed è talmente intenso che non
potrebbe durare di più. I muscoli si
rilassano e la voglia di seguitare a
toccarmi svanisce d'improvviso. Come
Emma, protagonista del romanzo di
Rossana Campo, lesbica coraggiosa e
impudica, non ho saputo resistere alla
tentazione di soddisfare il mio piacere
e ho finito col masturbarmi.
Il cielo ha cominciato a rannuvolarsi e
pare minacciare pioggia da un momento
all'altro. Do una occhiata all'orologio
al polso e mi accorgo che le lancette
segnano mezzogiorno e mezzo. Devo fare
ritorno a casa prima che le nuvole scure
che stanno scorrendo, veloci, sopra alla
mia testa rovescino pioggia sulla città.
Sto per salire in sella alla bicicletta,
ma l'occhio mi cade su di un palo
metallico, distante pochi metri
dall'albero dove mi sono masturbata, che
scopro essere il sostegno di un finto
lampione della luce. Solo adesso mi è
chiaro che nasconde una telecamera per
la videosorveglianza del parco, magari
attrezzata con uno zoom.
L'apparecchiatura per le riprese
televisive, piazzata sopra il palo
metallico con l'intento di prevenire e
documentare i frequenti episodi di
vandalismo e delinquenza, mi dà i
brividi. Qualcuno degli addetti alla
sorveglianza che fa capo alla centrale
operativa della Polizia Municipale
potrebbe avermi osservata mentre mi
masturbavo, anzi ne sono certa. Spero
soltanto che a farlo sia stata una donna
e si sia eccitata pure lei.
Alzo lo sguardo verso il finto lampione
e mimo un saluto con un cenno della
mano. Dopotutto va di gran moda
effettuare dei selfie e pubblicare le
foto su internet. Io mi sono esibita
masturbandomi. E allora?
Salgo
in sella alla bicicletta decisa a
raggiungere la mia abitazione prima che
inizi a piovere. Oggi pomeriggio se ne
avrò voglia, riprenderò la lettura del
romanzo della Campo là dove l'ho
interrotta a pagina ottant'otto. Magari
ricomincerò di nuovo a sgrillettarmi la
passera. Boh.
|
|
|