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ANNUSAMI
FRA LE COSCE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Prima
di decidermi a scriverle una e-mail avevo
consumato parecchie notti insonni,
leggendo le intime confessioni che
comparivano nel blog di Francesca. Se
presi la decisione di farlo fu perché
da ogni sua parola, pensiero e
riflessione, traspariva un perverso
erotismo.
La pulsione erotica di cui
erano permeate le sue parole erano di
stimolo alle mie fantasie. In più di
una occasione mi ero perso a masturbarmi
mentre leggevo le pagine del blog,
finendo per imbrattarmi le dita di
sperma.
Prima di iniziare a
scriverle considerai l'opportunità di
farlo. Infine le spedii una e-mail in
cui manifestavo l’intenzione di
entrare in corrispondenza con lei,
facendo ricorso al medesimo gergo osceno
di cui faceva sfoggio nelle pagine del
blog mostrandomi pari a lei.
Col passare dei giorni
abbandonai la speranza di ricevere una
risposta alla mia lettera, sennonché, una sera,
in maniera del tutto inaspettata, fui
raggiunto da una sua e-mail. Per niente
risentita dal linguaggio che avevo adoperato
nella mia lettera aveva
risposto alle domande che le avevo posto,
lasciandomi sconcertato per la
franchezza, e cominciammo a scambiarci
messaggi a intervalli regolari. Soltanto
in un secondo tempo, dietro sua
sollecitazione, iniziammo a chattare
entrando in maggiore intimità.
Quella che all'inizio aveva
tutta l’apparenza di una semplice
amicizia poco per volta assunse la piega
di una relazione amorosa, seppure
virtuale. Una liaison forgiata dalle
lunghe ore trascorse davanti alle
tastiere dei computer a masturbarci
mentre ci scambiavamo le nostre fantasie
erotiche eccitandoci a vicenda.
Tutt'e due eravamo consci
che prima o poi avremmo finito per
incontrarci di persona, perché solo in
quel modo avremmo potuto dare
significato alla nostra storia.
Una sera, mentre eravamo
presi a masturbarci, leggendo le
parole che apparivano sullo schermo del
computer, decidemmo che era giunto il
momento di incontrarci di persona per
non essere soltanto amanti virtuali.
*
* *
Scendendo
dal treno alla stazione di Parma avrei
voluto trovare Francesca ad aspettarmi
sul marciapiede della pensilina, invece
gli accordi che avevamo preso in chat
prevedevano che ci saremmo incontrati
direttamente all'Hotel Rigoletto, un
albergo a tre stelle ubicato nella zona
centrale della città ducale.
In più di una occasione aveva fatto cenno a una
fantasia erotica che non aveva mai
realizzato con nessun uomo, e che più
di ogni altra fantasia le sarebbe
piaciuto mettere in pratica con me.
- Mi piacerebbe fare
l'amore in una stanza, al buio, con un
partner di cui non ho nessuna nozione del suo
volto, né lui è al corrente del mio.
Una sera, mentre eravamo
impegnati a chattare, mi aveva reso
partecipe per l'ennesima volta di questa
fantasia erotica confessandomi che
avrebbe voluto realizzarla con me.
- Un uomo entra in una
stanza buia dove ad attenderlo c'è una
donna, a lui sconosciuta, disponibile a
fare del sesso senza dargli la
possibilità di guardarla in viso. Sono
del parere che non esista niente di più
eccitante di questa situazione erotica.
Tu cosa ne pensi?
La frase aveva fatto la sua
comparsa sullo schermo del mio computer,
dopodiché Francesca era rimasta in
attesa di una risposta da parte mia che
tardai a farle pervenire.
- Ti andrebbe di realizzare
con me questa fantasia? - aveva digitato
sulla tastiera del computer
immediatamente dopo.
Accettai galvanizzato dalla
strana proposta, ma soprattutto perché
avevo una gran voglia di scoparla, stanco com'ero di
masturbarmi davanti allo schermo del
monitor.
- Potremmo fare l'amore
nello stesso modo di chi è privo della
vista, come fossimo tutt'e due ciechi. -
aveva insistito.
A suo dire saremmo andati
alla scoperta del corpo dell'altro,
toccandoci, lasciandoci sfuggire dalle
nostre bocche solo gemiti di piacere,
annusandoci come fanno i cani, sniffando
l'odore della pelle dell'altro. Soltanto
dopo avere fatto l'amore avremmo acceso
la luce illuminando la stanza, ma solo
nel caso fossimo stati entrambi
d'accordo, altrimenti avremmo seguitato
a frequentarci chattando come avevamo
sempre fatto, evitando di conoscere i
nostri volti.
Il taxi che dalla stazione
ferroviaria mi accompagnò all'Hotel
Rigoletto attraversò la città in un
battibaleno. Era il pomeriggio di una
domenica qualunque e Parma era pressoché
deserta. Oltrepassata la porta girevole
dell'albergo andai dritto al bancone
della reception.
Al concierge, addetto
all'accoglienza della clientela, uno
spilungone magro e accigliato che pareva
un corazziere, spiaccicai, senza tradire
nessuna emozione, il cognome di
Francesca.
- Camera 009. - si premurò
di rispondermi, soddisfacendo la mia
richiesta. - Troverà la stanza al
secondo piano dell'edificio. Una volta
raggiunto il pianerottolo segua il
corridoio alla sua destra.
Mentre salivo i gradini
delle scale, eccitato dalla strana
situazione in cui mi ero venuto a
trovare, provai a immaginare per
l'ennesima volta com'era il volto di
Francesca.
Lei, malgrado le mie
insistenze, non aveva voluto rivelarmi né
l'età né com'era fatto il suo corpo.
Supponevo dovesse avere tanti anni come
i miei: trenta, ma non sapevo se era
alta, bassa, magra, grassa, bruna o
corvina, se aveva capelli lunghi o
corti. Tutt'a un tratto presi coscienza
che sapevo ben poco della sua persona, e
che non avevo ben ponderato il rischio
cui sarei andato incontro mettendo piede
in quella camera.
Una volta raggiunto il
pianerottolo, al secondo piano
dell'albergo, provai a immaginare,
facendo ricorso alla fantasia, il suono
della sua voce, lo spessore della bocca
e persino la forma del sesso che
custodiva fra le cosce. Infine, con il
cazzo che premeva come un ossesso sotto
il tessuto dei pantaloni, mi avvicinai
alla stanza contrassegnata dal numero
009 indicatomi dal concierge.
Davanti alla porta esitai
prima di bussare. Il corridoio era
semibuio e la cosa mi sembrò persino
strana. Col cuore in gola, il respiro in
affanno, le gambe che mi tremavano per l'emozione, accostai le nocche
della mano sul legno della porta.
Seguitai a bussare fintanto che una voce
femminile, proveniente dall'interno
della camera, mi ordinò d'entrare.
Aprii la porta e mi ritrovai in un
ambiente buio e subito fui investito
dalle parole di una donna.
- Chiudi subito la porta
alle tue spalle ed entra. - mi ordinò
la medesima voce femminile che qualche
istante prima mi aveva detto di entrare
nella camera.
Durante quei momenti
d'intensa eccitazione provai a figurarmi
la disposizione dei mobili nella stanza
in cui avevo messo piede. Considerai che
dovesse contenere un letto matrimoniale,
un armadio, due sedie e poco altro, come
qualsiasi camera d'albergo.
- Ciao, Lorenzo, sei
contento di essere qui?
- Sì.
- Adesso spogliati e non
pronunciare una sola parola, capito?
Lascia che sia io a disporre di te.
Cominciai a spogliarmi
lasciando cadere la camicia e di seguito
i pantaloni sul pavimento, poi mi privai
di tutto il resto. Nudo, col cazzo in
tiro, nascosto alla vista della donna
che mi stava davanti, mi trovai a
pensare che dopotutto potevo non
piacerle. Ma la stessa cosa sarebbe
potuta accadere a me nel caso Francesca
non fosse rientrata nello stereotipo di
donna che mi ero costruito nella mente.
In quel caso la disillusione sarebbe
stata enorme, e mi sarei trovato a
disagio nel praticare del sesso con lei,
anche se l'anatomia della figa è uguale
a tutte le donne: un taglio fra le cosce e basta.
I battenti dell'unica
finestra della camera, malamente chiusi,
lasciavano filtrare nella camera qualche
spiraglio di luce, seppure del tutto
insufficiente per rischiarare
l'ambiente. Senza una precisa ragione
cominciai a sospettare che nella stanza
avrebbe potuto esserci non soltanto
Francesca, ma anche una altra donna.
Infine mi prese la paura che ci potesse
essere un uomo.
Questi e altri pensieri mi
passarono nella mente in quegli attimi
colmi di suspense. L'unica mia certezza
era che avevo a che fare con una donna
disinibita, e la cosa mi eccitava più
dell'eventuale presenza di una o più
persone nella camera.
Ero andato all'appuntamento
intenzionato a mostrarmi a Francesca
come uno schiavo sottomesso al suo
volere, pronto ad accettare le sue
perversioni, se mai ne avesse avute, ma
non mi andava di apparire per il tipo
d'uomo che si fa abbindolare da una
femmina soltanto perché gli ha promesso
di fargli annusare l'odore della figa.
Nel buio della camera mi
sembrò di distinguere la sua ombra
riflessa sulla parete dinanzi a me, ma
era solo un abbaglio. Il fruscio delle
lenzuola, provocato dal movimento del
corpo che cambiava di posizione sul
letto, erano la conferma della sua
presenza a pochi passi da me. Senza che
me lo ordinasse mi avvicinai al letto.
Tutt'a un tratto percepii l'odore di cui era pregna la
sua pelle. Ignoravo tutto del suo corpo,
a cominciare dalla misura delle tette, del culo e della figa. Ma
era pur vero che anche lei ignorava
quanto fosse ingombrante il cazzo che in
quegli attimi stava dritto davanti a lei. L'avrei
sorpresa nel momento in cui l'avrebbe
preso in mano, di questo ne ero certo.
In compenso sapevo tutto
delle sue abitudini alimentari, del
genere di libri che era solita leggere,
dei film francesi che prediligeva, del
genere di vacanza che era solita fare e
di un sacco di altre cose. Ero
consapevole che il contatto dei nostri
corpi avrebbe potuto concedermi tanto
piacere, ma anche farmi del male, molto
male.
Nel momento in cui misi
piede nella camera ero conscio del ruolo
che mi era stato attribuito, sapevo che
ero lì per essere usato, ma non mi
importava granché di ciò che sarebbe
potuto accadermi.
- Vieni qua, sul letto,
sdraiati accanto a me, che aspetti?
Nel buio della camera il
suo corpo era soltanto un'ombra informe.
Acconsentii a coricarmi sul letto e
venni a contatto col suo corpo.
Cominciammo a toccarci curiosi una
dell'altro e rimasi piacevolmente
stupito dalle sue forme floride. Il seno
sodo, grande quanto basta, e i capezzoli
appuntiti, mi diedero conferma che ero
in compagnia di una donna di giovane età.
Lasciai cadere la mano nel
solco fra le cosce e cominciai a
carezzarle. Risalii con le dita fino
alla fessura della figa che scoprii
essere piacevolmente glabra.
Francesca strinse nella
mano il cazzo e cominciò a masturbarmi
dando libero sfogo al mio e suo piacere.
La imitai e inzuppai le dita fra le
labbra della vagina, fradicia di umore. Le
sfiorai il clitoride, spesso come un
seme di arachide, e seguitai a sfregarlo
facendola ansimare per il piacere che
fui capace di trasmetterle nel toccarla.
D'istinto mi venne
l'impulso di socchiudere le palpebre
quando la baciai, come se nella stanza
ci fosse troppa luce. Le nostre labbra
si congiunsero e la sua bocca tappò la
mia. Subito mi infilò la lingua fra i
denti e si mise a farla titillare contro
la mia senza smettere un solo istante di
masturbarmi. In quel preciso istante
ebbi la sensazione d'essere usato, ma la
cosa non mi importava granché. Lasciai
che facesse di me tutto quello che
voleva, forse perché era ciò che
desideravamo entrambi quando, chattando,
avevamo concordato di fare del sesso al
buio.
Dopo un po' che
amoreggiavamo mi diede l'ordine di
mettermi carponi sul letto, col viso
affondato nel cuscino e il culo
mantenuto sollevato. Acconsentii alla
richiesta e mi posizionai.
Lì per lì non mi fu
chiaro quali fossero le sue intenzioni,
ma ero pronto a tutto, così le permisi
di disporre del mio corpo a suo
piacimento.
Sistemò le mani sopra i
mie glutei, li allargò per bene,
dopodiché ci inserì le guance. Con la
punta della lingua cominciò a leccarmi
il buco del culo inumidendolo
copiosamente di saliva. Temetti volesse
infilarmi qualche strano aggeggio
nell'ano, cosa che non avrei gradito,
ciononostante non feci niente per
ritrarmi. Seguitò a lungo a
solleticarmi l'ano con l'estremità
della lingua riempiendomi di brividi in
tutto il corpo. Lasciai che si prendesse
cura del mio culo assecondandola nella
sua strana voglia.
Andò avanti a lungo a
leccarmi mentre la sua mano scorreva
avanti e indietro attorno al cazzo. Se
avesse continuato a toccarmi e leccarmi
in quel modo sarei venuto alla svelta,
ma non volevo in alcun modo eiaculare
troppo presto per non deluderla.
Intuendo qual era il mio
timore, stante i continui fremiti
del mio corpo, smise di masturbarmi, ma
non cessò di succhiarmi la pelle
intorno l'ano. A un certo punto,
sfinita, si sdraiò al mio fianco con la
pelle imperlata di sudore e riprese
fiato. Lasciai che fosse lei a decidere
come proseguire nel gioco amoroso che
stavamo conducendo, cosa che fece
impartendomi un ordine perentorio.
- Leccami tutta e non
smettere mai! - furono le parole che
pronunciò.
Accompagnò i movimenti
delle mie labbra spingendomi il capo a
fare visita in ogni recesso del suo
corpo, dagli interstizi dei piedi a
quelli delle mani, per finire alle
ascelle, passando dalla vagina, al culo,
all'ombelico, e la bocca.
Andai avanti a deliziarla
dei miei baci di lingua riempiendola di
succhiotti fino a farla urlare di
piacere. A un certo punto, esausto, mi
coricai al suo fianco col cazzo che
fumava per il troppo tempo che era
rimasto in erezione senza
eiaculare.
Il resto della giornata la
trascorremmo a scopare, scambiando
liquidi di ogni specie, inebriandoci al
profumo della pelle dell'altro,
impegnati tutt'e due a entrare e uscire
dalle cavità dei corpi.
Per
tutto il tempo in cui rimasi nella
stanza restammo al buio. Se devo essere
sincero nemmeno mi passò per la mente
di accendere la luce per guardare
Francesca in volto. Se non ne ebbi
bisogno fu perché il suo corpo non
aveva più segreti per me.
Alle 10.00 di sera
abbandonai la stanza dell'albergo.
Quando uscii dalla camera Francesca era sdraiata sul letto, addormentata:
nemmeno si accorse della mia partenza
stremata com'era. Un taxi mi condusse
alla stazione ferroviaria giusto in
tempo per salire sul treno che a
mezzanotte mi avrebbe condotto alla
stazione centrale di Milano.
Sulla carrozza ferroviaria,
seduto su una poltrona dirimpetto a due
preti, mi venne da pensare a tutte le
coppie che in passato avevano fatto
l'amore in quella camera d'albergo prima
di me e Francesca. Di sicuro non
l'avevano fatto da finti ciechi.
In quel luogo di libertà e
in assenza di ogni regola sono diventato
l'amante di una donna di cui ancora oggi
non conosco il volto. Io e Francesca
seguitiamo a incontrarci nella medesima
stanza d'albergo, una volta al mese,
anche se non abbiamo nient'altro da
offrirci che il profumo dei nostri
corpi. Tutt'e due siamo legati
sentimentalmente a un'altra persona, ma
ci piace annusarci e respirare il
profumo della pelle dell'altro mentre
facciamo l'amore.
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