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ANIMA
PERSA
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Camminava
sul marciapiede del Ponte di Mezzo,
diretta verso il centro della città, e
rifletteva sul significato di una frase
che Francesca le aveva rivolto, durante
una pausa di lavoro, mentre consumavano
un caffè dinanzi alla macchina
distributrice di bevande.
-
Non c'è maggior piacere che stare a
guardare il viso del mio uomo mentre
facciamo l'amore e lui è prossimo a
raggiungere l'apice del godimento.
Lì per lì Vanessa
non aveva fatto troppo caso alle parole
pronunciate dall'amica, ma col
trascorrere delle ore la frase le
rimbombava nella mente come un tarlo.
Dell'uomo con cui faceva
spesso l'amore conosceva a memoria le
opulenze del corpo, a cominciare dal
cazzo, alle forme del culo, e quelle
della bocca dove ogni volta si
scioglieva scambiando baci mai
uguali.
Tutt’a un tratto si
accorse che non aveva mai fatto
caso alle espressioni che assumeva il
volto del suo compagno mentre lui
raggiungeva l'orgasmo, e di questo se ne
rammaricò.
Non si considerava una
donna egoista
soltanto perché quando faceva l'amore
pensava soltanto a soddisfare il proprio
piacere e non a quello del suo uomo,
dando per scontato che l'appagamento
sessuale di due persone che scopano non
può essere disgiunto ed è sempre uno
solo, specie se a scambiarsi effusioni
sono due innamorati.
Quando raggiunse Piazza
Garibaldi una sequela di botti del
capannone civico attirò la sua
attenzione verso il Palazzo del
Governatore. Le lancette del grande
orologio, posto sulle mura della torre
campanaria, deputate a misurare il
trascorrere del tempo, segnavano
mezzogiorno.
Sarebbe arrivata in ritardo
all'appuntamento che aveva concordato,
ma non se ne diede pensiero. Ancora
dieci minuti di strada e avrebbe
raggiunto Palazzo Parravicino. Affrettò
il passo a dispetto delle scarpe con
tacchi da dodici centimetri che non le
permettevano di procedere in modo
spedito come avrebbe voluto.
Era uscita dall'ufficio con
qualche minuto d'anticipo rispetto l’ora della pausa pranzo. Avrebbe
utilizzato quello spazio di tempo per
sbrigare alcune pratiche alla Fin-Par,
l'agenzia di investimenti finanziari e
prestiti dove era diretta,. Avrebbe
fatto ritorno sul posto di lavoro nel primo
pomeriggio, dopo avere consumato il
pranzo in una qualsiasi delle tavole
calde di cui è satura la città nel
centro storico.
Quella di andare in giro
per i negozi, facendo shopping, era una
delle occupazioni cui non sapeva
sottrarsi, forse perché niente le era
più necessario di ciò che non le
serviva.
Mentre camminava, diretta
agli uffici della Fin-Par, si perse a
osservare le vetrine che le passavano
dinanzi appetendo ogni genere di merce
esposta. Per sua natura era portata a
entrare in possesso di oggetti di
qualsiasi tipo, senza averne la necessità,
soltanto per soddisfare il piacere di
consumare. Fare shopping nei negozi di
moda, specie in quelli che commerciano
biancheria intima, le metteva addosso
una forte agitazione. Non riusciva a
fare a meno di acquistare capi di
lingeria nonostante i cassetti del comò
della sua stanza da letto fossero colmi
di mutandine, tanga e reggiseno.
Lo stipendio che ricavava
dall'impiego presso la ditta di
import-export per cui lavorava le
bastava a malapena a soddisfare le
proprie necessità fino a metà mese,
dopodiché era solita fare ricorso a
mamma e papà sempre prodighi nel
compiacerla, lei che era figlia unica.
In città era debitrice di considerevoli
somme di denaro a molti gestori di
negozi, ma di ciò non se ne dava
preoccupazione, mentre con la Fin-Par,
da cui aveva ricevuto parecchio denaro a
prestito, e stipulato un piano di
rientro della somma comprensivo degli
interessi, era in ritardo nei pagamenti
e dalla finanziaria aveva ricevuto più
di una ingiunzione di sollecito.
Quando raggiunse il Palazzo
delle Poste, fatti pochi passi, si trovò
di fronte a Palazzo Parravicino. Due
grossi battiporta in ottone, tirati a
lucido, pendevano dalle ante del portone
d'ingresso dell'edificio. Si avvicinò
alla fila di pulsanti dei campanelli
schierati a bandiera sotto la volta del
muro, e premette un tasto.
Una voce femminile le diede
risposta.
- Chi è?
- Sono Vanessa Ruggeri, ho
un appuntamento col dottor Righetti.
- Le apro la porta.
Il rumore provocato
dall'apertura della serratura, azionata
da un comando elettrico, la convinse a
spingere in avanti l'anta del portone.
Attraversò l'androne e prese la
direzione della scalinata che conduceva
ai piani superiori dell'edificio. Salì
uno a uno i gradini e raggiunse il primo
piano del palazzo privo di ascensore.
Quando si trovò dinanzi alla porta
degli uffici della Fin-Par arrestò il
passo. Recandosi lì aveva preso in
considerazione più di una scusa per
giustificare il ritardo nei pagamenti
del prestito, ma nessuna le era parsa
plausibile e fu colta dal panico.
Quando mise piede
nell'agenzia trovò ad accoglierla
l'impiegata che le aveva aperto il
portone. La donna, un tipo di mezza età,
vestita con gonna e giacca blu, era
seduta dietro la scrivania impegnata a
scrivere un documento sulla tastiera di
un computer.
Sollevò il capo quando
Vanessa si affacciò sulla porta. Le
diede il buongiorno, poi ritornò a
comporre la lettera che stava scrivendo.
- C'è il dottor Righetti?
- Sì, è presente, ma in
questo momento è occupato con altri
clienti. Aspetta?
- Sì.
Vanessa andò a sedersi su
una delle poltrone in similpelle
schierate nella sala d'attesa. Trascorse
una quindicina di minuti durante i quali
valutò una e più scuse da spiattellare
al direttore della Fin-Par. Quando il
dottor Rigetti uscì dalla porta
dell'ufficio, congiuntamente a una
giovane coppia, la salutò con un cenno
del capo e si premurò di accompagnare i
due ospiti all'uscita dell'agenzia. Di
ritorno si rivolse a lei.
- Venga, si accomodi. -
disse accompagnando l'invito con un
sorriso.
Vanessa si alzò dalla
poltrona e lo sopravanzò nell'ufficio.
Andò a sedersi su una delle due sedie
collocate dinanzi alla scrivania dietro
alla quale prese posto il direttore
dell'agenzia.
- Tutto bene? - disse
l'uomo.
- Non proprio.
- Perché?
- Ho ricevuto la lettera di
sollecito che mi avete recapitato e sono
venuta da lei per chiederle una proroga
delle rate dei pagamenti.
- L'ha già avuta una prima
volta, questa sarebbe la seconda, vero?
- Sì, ma...
- La nostra agenzia non è
un istituto di beneficenza. Lo
capisce, vero? Quando ha ottenuto
il prestito le abbiamo chiesto delle
garanzie e lei in cambio ha ipotecato il
suo appartamento a nostro favore. Se non
è in grado di restituirci la somma,
attraverso le rate pattuite, saremo
costretti a mettere in vendita
l'immobile per recuperare il denaro che
le abbiamo elargito in prestito.
- Quello che le chiedo è
soltanto una ulteriore proroga,
nient'altro, stia certo che le restituirò
il denaro che le devo come abbiamo
concordato.
- E come farà a
procurarselo?
Vanessa accavallò le gambe
e lasciò scoperta metà della coscia
rosea. Guardò a lungo l'uomo dall'altra
parte della scrivania prima di
rispondergli con la chiara intenzione di
suscitare in lui un certo interesse
verso ciò che di più prezioso
custodiva fra le cosce.
- Questi sono affari miei,
non crede? - disse separando le gambe,
mettendo in mostra il tessuto delle
mutandine.
- Sì, ha ragione, mi
scusi. - rispose l'uomo piuttosto
imbarazzato.
- Le ho chiesto una proroga
di qualche mese, nient'altro.
- E quali garanzie sa
darmi? In che modo manterrà la parola,
eh?
- Lei quali vuole?
- Devono essere affidamenti
sicuri. Lei ne ha?
- Il mio corpo non le
basta?
- In che senso?
- Non finga di non avere
capito. Le ho parlato del mio corpo come
garanzia.
- Ah!
- Non vale una delle rate?
Vanessa spiattellò la
proposta in maniera indecente cogliendo
il proprio interlocutore di sorpresa.
Non era la prima volta che risolveva
problemi di denaro in quel modo. Le
capitava sempre più spesso di trovare
soluzione alle faccende di denaro
scopando con chi era in grado di
offrirle ciò di cui aveva bisogno. Non
se ne faceva scrupolo, scopava e basta,
senza rimanerne coinvolta. Sarebbe
successo lo stesso anche con l'uomo che
le stava di fronte, pensò mentre era in
attesa di un favorevole riscontro.
- Beh, si potrebbe fare.
Credo di sì.
- Mi fa piacere.
- Sì, certo.
- Allora?
- Allora cosa?
- Non le andrebbe di farlo
ora?
- Qui?
- Perché no?
Senza attendere oltre
Vanessa si alzò in piedi e incominciò
a slacciare i bottoni della camicetta.
Una volta liberato l'indumento mise in
mostra il reggiseno a balconcino. Sganciò
anche quello e lo lasciò cadere sul
pavimento insieme alla gonna. Si mostrò
con addosso soltanto il tanga che a
malapena le copriva la fica. L'uomo
abbandonò il posto dietro la scrivania
e le si avvicinò. Vanessa si soffermò
a guardarlo dritto negli occhi quando
gli fu di fronte.
Il viso foderato da una
barba rada e i capelli brizzolati sulle
tempie gli conferivano un aspetto da
uomo maturo. Mostrava d'avere
quarant'anni o poco più. Quando le fu
vicino depose una mano su uno dei seni,
sufficientemente gelatinosi, e le
accarezzò il capezzolo. Vanessa gli
cinse un braccio intorno al capo, lo
attirò a sé, e lo baciò sul collo.
Lasciò che le esplorasse il corpo
toccandola in ogni anfratto fintanto che
la condusse a sedere sul legno della
scrivania. La fece coricare con la
schiena sulla scrivania facendo in modo
che le gambe le penzolassero sul
pavimento. Le tolse lo slip e subito
dopo abbassò i pantaloni mettendo in
mostra il cazzo in piena erezione.
Vanessa divaricò le cosce e lasciò che
la scopasse nella posizione che lui
preferiva.
Non le importava granché
di fare sesso con uno sconosciuto.
Procrastinare il pagamento delle rate
del prestito contratto con la
finanziaria, solo quello le importava.
Circondò i fianchi dell'uomo con le
gambe e gli premette i calcagni contro
le natiche, poi accompagnò i movimenti
del cazzo che si spostava avanti e
indietro nella fica.
Scopava, ma non godeva.
Spandeva dalle labbra finti gemiti di
piacere, accentuandoli di proposito, per
dare soddisfazione all'uomo che la
cavalcava, mentre invece pensava al
pranzo che da lì a poco sarebbe andata
a consumare in qualche tavola calda.
Non vedeva l'ora che l'uomo
raggiungesse l'orgasmo per portare a
termine quella farsa. Tutt'a un tratto
si ricordò di quanto le aveva rivelato
Francesca durante la mattinata, allorché
si erano trovate dinanzi alla macchina
distributrice del caffè. Volse con
curiosità lo sguardo sul viso dell'uomo
che le stava davanti. L'espressione
tradiva lo stato di forte eccitazione.
Il capo era rivolto verso l'alto. Le
palpebre degli occhi erano socchiuse. La
bocca aperta tradiva un rantolo di
piacere.
Vanessa si perse a guardare
le smorfie che accompagnavano la scopata
dell'uomo che le stava davanti
consapevole che era lei a
trasmettergli tutto quel piacere. Depose
le mani sui propri seni e cominciò a
toccarsi senza staccare lo sguardo dal
volto dell'uomo che le stava davanti.
Seguitò a toccarsi i
capezzoli fintanto che l'uomo fu
prossimo a eiaculare. Per tutto il tempo
non si lasciò sfuggire la maschera del
viso dell'uomo che la scopava eccitata
da quella strana visione.
Vanessa non raggiunse
l'orgasmo, ma godette di un piacere
inusuale. Quando si trovò addosso il
corpo dell'uomo nell'attimo in cui stava
eiaculando, dopo essersi premurato di
levare il cazzo dalla fica, lo strinse
forte a sé soddisfatta per averlo
condotto ad appagare il proprio piacere.
Uscendo dagli uffici della
finanziaria trovò rifugio in una tavola
calda poco distante da Piazza Garibaldi.
Consumò il pranzo in solitudine, alle
15.00 era di ritorno sul posto di
lavoro e ci rimase fino a sera. Nella
borsetta custodiva un importante
documento: la proroga per sei mesi della
rata del prestito.
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