AMMORTIZZATORI
di Farfallina

AVVERTENZA

Il linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto possa offenderti sei invitato a
uscire.

 

  
  
  La scocca della motocicletta, laccata bianco latte, mostrava impressa ai lati del serbatoio due spesse strisce di colore rosso e l'altra arancio, con soprascritto la firma SWM. Il giorno che ritirai l'enduro dal concessionario mi recai al bar-latteria dove ero solito trattenermi in compagnia degli amici, orgoglioso di mostrarmi in sella della mia SWM 350, enduro, monocilindrica, dotato di motore Rotax.
   Un apprezzabile numero di motocicli, posteggiati per traverso in maniera disordinata, ingombrava la strada dirimpetto al bar-latteria. Gianni, Luca, Evaristo e Silvano erano seduti ai tavolini cinti d'assedio da uno sciame di ragazze pronte a montare in sella alle Yamaha Xt, Honda e Suzuki non appena uno di loro le avesse invitate a salirvi sopra.
   - Che fai? Non scendi da lì? - esclamò Gianni. - Hai intenzione di farci diventare sordi con il rumore della tua SWM? 
   Nel gruppo di amici ero l'unico a possedere una moto enduro di fabbricazione italiana. Silvano, che fino a qualche settimana prima possedeva un Gilera 350 enduro, l'aveva permutata con una Yamaha Xt. Gianni e gli altri del gruppo mi guardavano in modo schifato, come se la mia moto fosse inadeguata rispetto alle loro, per me invece aveva un fascino molto particolare. Il rumore del pistone che palpitava nel motore a scoppio del mio SWM aveva un timbro speciale, diverso da quello delle moto giapponesi. Diedi un'accelerata e subito dopo spensi il propulsore.
   - Quando si acquista una moto occorre offrire da bere a tutti. Mica vorrai fare la figura del pidocchioso e venire meno alla tradizione, eh? - disse Luca rivolgendosi a me.
   - Una birra posso anche offrirvela. Non mi rovinerò per questo.
   - Uffa! Che spilorcio, sei. - disse Fiorenza che se la filava con Gianni e di motori ne capiva più di ogni altra ragazza del gruppo.
   - Vada per la birra. - assentì Luca.
   Andai a sedermi accanto a Claudia, la più carina della compagnia. I capelli biondi, lunghi fino alle spalle, unitamente agli occhi turchini e la pelle chiara, la facevano sembrare un angelo. Ero giunto in latteria in sella alla moto apposta per farmi vedere da lei. Mi premeva fare colpo su Claudia e la moto enduro, nuova di zecca, avrebbe potuto fare al caso mio. Di tutto il resto, compreso gli amici, m'importava ben poco. 
   - Ti piace la mia moto? - dissi.
   - Uhm... sì, carina. - assentì, sforzandosi di essere cortese.
   - Non sai dire altro?
   - Se devo essere sincera preferisco di gran lunga la Yamaha Xt, ma in mancanza d'altro...
   Girò il viso da un'altra parte e proseguì la conversazione che aveva tenuto in sospeso con una delle amiche ignorandomi. Giuro che l'avrei afferrata per il collo e glielo avrei stirato verso l'alto fino a farla assomigliare a una delle donne ritratte nei quadri di Modigliani. Invece ingurgitai un sorso di chinotto e lasciai che seguitasse a conversare con le amiche.
   La stronza era consapevole d'essere la più carina del gruppo e apposta si comportava da diva. Anch'io come gli altri ragazzi del gruppo ero pronto a inchinarmi ai suoi piedi e farle da zerbino se me lo avesse chiesto. Spesso mi perdevo a fantasticare illudendomi che, prima o poi, sarei riuscito a recarmi in pizzeria in sua compagnia.
   - Qualcuna vuole provare l'emozione di effettuare un giro sulla mia moto? - dissi rivolgendomi al gruppo delle ragazze con l'inconfessata speranza di fare salire Claudia in sella alla SWM.
   Nessuna, meno che meno Claudia, mostrò interesse verso la mia proposta. Liberai il cavalletto e diedi un colpo sul pedale della messa in moto. Il motore cominciò a tambureggiare col caratteristico rumore del quattro tempi. Avevo già infilato i Ray Ban, stavo per andarmene, quando Cecilia, la mia cuginetta, che da poco tempo faceva parte della combriccola, richiamò la mia attenzione.
   - Ehi, Lorenzo. Aspettami vengo io con te.
   L'ultima persona che avrei desiderato portare in sella alla motocicletta era lei, ma non potevo rifiutarmi.
   - Perché fai quella faccia. Mica sarai dispiaciuto? - disse mettendomi in imbarazzo.
   - Ma no, dai, che dici.
   - Uhm... ho la vaga sensazione che avresti preferito un'altra compagna di viaggio, vero? 
   - Dai non fare la cretina, monta su.
   Cecilia delle ragazze del gruppo era la più giovane, ma con una carica vitale non comune che la rendeva simpatica a tutti. Da pochi giorni aveva superato la maturità artistica e al pari di molte ragazze che frequentavano l'istituto d'arte era anticonformista. Mi premurai di fare scendere i due poggiapiedi e l'invitai a salire in sella all'enduro.
   Si arrampicò sulla sella del motociclo senza alcuna esitazione a differenza delle altre ragazze che parevano restie a farlo. Salutò con un cenno della mano i presenti e assestò le chiappe sulla sella. Mi cinse le braccia attorno al torace e provai un certo imbarazzo quando mi appiccicò le tette contro la schiena.
   - Ti decidi a partire? Andiamo?
   - Okay! Ciao ragazzi, ci vediamo stasera. - dissi al gruppo di amici.
   Allentai la leva della frizione e ruotai la manopola dell'acceleratore. La moto ebbe una impennata, sufficiente a scostare Cecilia da me. Nell'istante in cui il corpo mi ricadde addosso avvertii il peso delle tette che gravitavano sulla mia schiena e la cosa mi piacque. Trovai eccitante la cosa anche se mi sentivo imbarazzato per il legame di parentela che mi legava a lei.
   Imboccai Via dei Mille, accelerando e frenando di continuo, districandomi nel traffico di autovetture che in doppia fila occupavano la sede stradale. All'altezza del semaforo di Barriera Bixio scalai le marce e frenai d'improvviso. La forcella anteriore dell'enduro si piegò su se stessa e il muso della moto si inclinò in avanti. Cecilia seguì lo spostamento tumultuoso del mezzo e sbatté con forza su di me premendomi le tette sulla schiena ammortizzando la fermata del motociclo.
   - Come va? - dissi ruotando il capo nella sua direzione quando ci trovammo fermi al semaforo rosso.
   - Bene... bene. Mi piace stare in sella alla tua moto e anche come guidi.
   Accostò la guancia sulla mia schiena. Guardandola nello specchietto retrovisore, scoprii che socchiudeva le palpebre. D'improvviso il semaforo diventò verde. Accelerai e mi trovai davanti alle auto che mi precedevano. Cecilia strinse con maggiore forza le braccia attorno al mio torace. Non rimasi insensibile al suo tocco, sempre più a mio agio a contatto del suo giovane corpo, certo di acquistare prestigio facendomi vedere in giro per la città con una ragazza carina come lei. Di sicuro non sarei passato inosservato e poi la situazione in cui m'ero venuto a trovare era eccitante, per lo meno per me. 
   Seguitai a farmi largo nel caotico traffico cittadino scartando le automobili e deviando bruscamente le traiettorie. Nella testa avevo soltanto il pensiero delle tette che mi premevano contro la schiena.
   Mi trovai con il cazzo duro e il respiro trafelato. Oltrepassato Ponte Italia ci ritrovammo a percorrere Viale Partigiani d'Italia. Accelerai e mi gettai a capofitto sullo Stradone. Il turbinio d'aria mi rinfrescò il viso. Sentivo i capelli fluttuare, sospesi nell'aria, trascinati dal vento. Cecilia stretta a me sembrava non temere gli audaci sorpassi di cui ero protagonista.
   Non poteva certo sapere che stavo considerando l'idea di scoparmela, ma era soltanto una fantasia spuria dettata dal particolare contatto con le tette. 
   Infine raggiunsi l'abitazione di Cecilia. Abitava in una trasversale di Via Torelli, vicino allo stadio Tardini. Arrestai la moto dinanzi al condominio dove la famiglia dei miei zii occupava un appartamento al terzo piano. Cecilia scese dalla motocicletta e rimase in piedi davanti a me. Senza rendermene conto andai con lo sguardo sulle tette sottratte alla mia vista dalla canotta bianca che indossava sulla pelle. Attraverso il tessuto erano manifeste le punte ispessite dei capezzoli. Restai impressionato dalla loro sagoma, pareva volessero trapassare la stoffa tanto erano turgidi. In quell'istante compresi che a Cecilia non ero indifferente, probabilmente non era solo l'ebbrezza di una corsa in moto ad averle causato quello stato.
   Prima di salutarmi mi diede un bacio sulla guancia, vicino alla bocca. Indugiò qualche istante, forse in attesa di quelle parole che non trovai il coraggio di pronunciare, poi se ne andò via senza voltarsi indietro. Diedi un'accelerata e ripartii. 
   Avrei voluto scoparla ed ero stato tentato di provare a circuirla, invece ci rinunciai. Forse anche lei avrebbe desiderato fare del sesso con me, perlomeno quella volta lì.
   Mi è sempre piaciuto sentire su di me la pressione delle tette delle ragazze che prendevano posto sulla mia moto, godendo delle mani che mi cingevano il torace, ma con nessun'altra ho provato le emozioni che ho avvertito con Cecilia. Sono stato un cretino a non provarci, avrei dovuto farlo, ne sarebbe valsa la pena.

 

 

 
 

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