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AGENZIA
IMMOBILIARE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Q uando
raggiunsi la palazzina dove avevamo
fissato l'appuntamento l’impiegata
della agenzia immobiliare era davanti al portone
d’ingresso, ad attendermi, e pareva scocciata,
infatti, tamburellava con insistenza la
punta del piede sull'asfalto del
marciapiede. Ero in ritardo di 1/4 d'ora
sull'ora concordata e per giustificarmi
non trovai scusa migliore che inventarmi
un improvviso impedimento.
- Non si preoccupi, succede
anche a me di arrivare in ritardo agli
appuntamenti, e poi ci sono abituata ad
attendere i clienti. – disse venendomi
in soccorso.
- Mi spiace, non l'ho fatto
apposta. Un cliente mi ha trattenuta più
del dovuto e sono stata costretta a
portare a termine il lavoro che avevo
iniziato.
- Le piace la palazzina?
Girai il capo e osservai i
mattoni faccia vista dell'edificio.
- Sembra in ordine.
- E' un edificio non troppo
recente, ma è in buono stato.
- Spero che lo sia anche il
monolocale.
- Lo costaterà di persona
quando lo visiteremo.
- Che aspettiamo? Andiamo a
vederlo allora.
L'impiegata dell'agenzia mi
precedette oltre il portone d'ingresso
dell'edificio. Raggiungemmo la cabina
dell'ascensore disponibile a piano terra
e fece l'atto d'infilarsi dentro.
- Le dispiace se prendiamo
l'ascensore. Le risparmio la fatica di
salire a piedi i quattro piani di scale.
- Oh, sì, certo che mi sta
bene.
La cabina mobile, di
dimensioni piuttosto ridotte, mi diede
l'impressione di contenere a malapena
tre persone. Dalla plafoniera una luce
al neon illuminava l'ambiente. Mi
ritrovai a stretto contatto con il corpo
della donna che mi faceva da guida nella
visita al monolocale. La mia
accompagnatrice si premurò di premere
uno dei pulsanti del quadro comando. Il
motore dell'impianto elettrico si mise
in movimento e trainò la cabina verso
l'alto con un leggero crepitio delle
funi che mi mise addosso una certa
apprensione.
Tutt'a un tratto la cabina
arrestò la corsa bloccandosi di
soprassalto, anche la luce venne a
mancare.
- Accidenti! E adesso chi
ci porta fuori di qui? - dissi alla mia
accompagnatrice. - Se ci mettiamo a
urlare tutt'e due qualcuno potrebbe
soccorrerci.
Dai polmoni tirai fuori
tutto il fiato che avevo dentro e
cominciai a gridare.
- Aiuto! Aiuto! Aiuto!
Seguitai a invocare
soccorso, ma nessuno diede ascolto alle
grida. Le mie richieste di aiuto non
trovarono uguale sostegno nella mia
accompagnatrice che rimase muta.
- Ci sarà pure un pulsante
d'allarme in questo cesso di ascensore.
- dissi.
Frugai nella borsetta e non
incontrai difficoltà a rintracciare
l'accendino.
- Ecco, ci sono! Adesso
faccio luce.
La scintilla dell'accendino
produsse una piccola fiamma che rischiarò
l'ambiente. Guardai nella direzione
della mia compagna di viaggio. Era con
la schiena addossata a una parete
dell'ascensore con il volto alterato
dalla paura. Avvicinai la mano al
pulsante dell'allarme e lo premetti, ma
non accadde nulla. Lo premetti una
seconda volta, e un'altra ancora, senza
sortire alcun benefico effetto.
- Maledizione, manca la
corrente elettrica al sistema di
emergenza! E ora che facciamo? Beh, non
le va di rispondermi?
- Ho paura. - m'informò
con voce tremante.
- Non c'è da preoccuparsi.
Le funi hanno un contrappeso che tengono
bloccata la cabina dell'ascensore in
questa posizione nei casi di emergenza.
Lo so perché già in un'altra
circostanza mi è capitato di rimanere
bloccata per più di un ora all'interno
di un aggeggio infernale come questo.
Quando arrivarono i pompieri per tirarmi
fuori mi ragguagliarono sui sistemi di
sicurezza degli ascensori.
- Ho paura. - ripeté
un'altra volta.
Provai a tranquillizzarla
stringendola a me. Le carezzai il capo e
lei approfittò della mia cortesia per
stringermi le braccia attorno il collo,
acquietando il suo smarrimento. Sorpresa
dal caloroso abbraccio mi trovai a
disagio, ma lasciai che si accostasse a
me. Percepii l'ansare del suo respiro
sulle mie guance e assaporai l'odore
della sua pelle. Distinsi le forme delle
tette che premevano sulle mie ed ebbi il
batticuore, ma non era assolutamente
paura la mia.
Il ritorno della corrente
elettrica ci trovò abbracciate una
all'altra. Il buio era durato soltanto
pochi minuti, ma a tutt'e due il tempo
era sembrato eterno. Durante l'abbraccio
non cessai un solo istante di carezzarle
il capo e infonderle coraggio eccitata
dalla strana situazione in cui mi ero
venuta a trovare.
- Ci siamo. - annunciai. -
E' arrivata la corrente elettrica!
Mi scostai dalla mia
compagna, pigiai uno dei pulsanti
dell'ascensore e la cabina si mise in
moto. Risalimmo i piani del fabbricato
sino al quarto piano dove l'abitacolo
arrestò la corsa. Tutt'e due ci
precipitammo sul pianerottolo per paura
che la corrente elettrica venisse a
mancare ancora una volta.
- Accidenti! E' un bene che
la corrente sia mancata soltanto per
pochi minuti, altrimenti sarei morta di
spavento. - disse l'impiegata quando
raggiungemmo il pianerottolo.
- Soffre di claustrofobia?
- Non lo so, ma il buio mi
terrorizzata.
- Ora non deve più
preoccuparsi, siamo uscite illese da
questa disavventura e non ci resta che
fare visita al monolocale.
- Sì certo, mi scusi,
adesso glielo mostro.
Mi precedette verso una
delle quattro porte del pianerottolo.
Davanti a quella più vicina alla scala
infilò la chiave nella serratura e
spalancò la porta. Il locale era
semibuio. La mia accompagnatrice si
avvicinò alla finestra e si affrettò a
fare scorrere le tapparelle verso
l'alto.
Mi girai d'intorno e
osservai il locale. Un parquet di legno
con righelli disposti a spina di pesce
pavimentava la stanza e le attribuiva un
aspetto pregevole.
- Le piace?
- Per essere un monolocale
è carino.
- Di là c'è il bagno. -
m'informò indicando una porta alle mie
spalle.
- Dentro c'è la doccia o
la vasca da bagno?
- C'è la vasca, ma si può
applicare una prolunga al rubinetto e
per mezzo di un doccino fissato alla
parete adibirlo a doccia.
- Ah! Bene. Adoro la vasca
perché permette di rimanere nuda in
ammollo.
- Abbiamo gli stessi gusti,
anch'io preferisco il bagno alla doccia.
- mi rassicurò.
Mi avvicinai alla stanza
bagno, spalancai la porta e diedi una
sbirciata dentro il locale. Il posto era
stretto, ma sufficiente a contenere la
vasca e un lavandino, mentre lo
scaldabagno appeso a una parete
completavano l'arredo.
- Uhm... bene, bene, mi
piace
Attraversai la stanza e mi
avvicinai al parapetto della finestra.
Appoggiai i gomiti sul davanzale e diedi
uno sguardo al panorama tutt'attorno.
- Le piace l'Oltretorrente?
- chiese la ragazza dell'agenzia
accostandosi al davanzale.
- Mi piace questa porzione
della città. Sono cresciuta in questi
borghi e ora spero di tornarci a vivere.
- Prendendo in affitto
questo monolocale ha intenzione di
venirci ad abitare?
- A dire il vero pensavo di
farci uno studio professionale.
- Ah!
- Ci verrei a lavorare per
qualche ora al giorno.
- Uhm... ho capito.
- Non credo. - rimbeccai.
A disagio per la mia
risposta non seppe cosa rispondere,
balbettò poche parole, ma fui lesta a
trarla d'impaccio facendo scivolare la
mano sulla sua. Ci guardammo negli occhi
e per una breve frazione di secondo ebbi
la chiara percezione che avrei potuto
stenderla sul parquet e impadronirmi
della sua fica. Sennonché non fui lesta
a farlo e lei fuggì via sottraendo la
mano alla mia. Mi ritrovai al centro
della stanza a discutere del prezzo
d'affitto del monolocale, poco dopo
eravamo di nuovo in strada. Ci salutammo
fissando un appuntamento in agenzia per
redigere il contratto di affitto.
*
* *
Da un paio di mesi ho preso possesso del
monolocale. E' qui che esercito la mia
professione.
Sdraiata sul letto sto
succhiando il cazzo a un cliente dopo
che gli ho fatto indossare il
preservativo. Mi adopero a farlo nello
stesso modo in cui da adolescente
infilavo nella bocca una zucchina e con
mia sorella ci esercitavamo a fare a
gara a chi delle due era la più brava a
fare pompini. In effetti ero io la più
dotata.
L'alone di luce sprigionato
da un lampione filtra attraverso i vetri
della finestra e rischiara la camera. In
lontananza scorgo la torre campanaria
della chiesa dell'Annunziata, e intanto
continuo a succhiare.
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