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L'AFFITTACAMERE
di
Farfallina
AVVERTENZA
Il
linguaggio di sesso esplicito utilizzato nel
racconto è indicato per un pubblico adulto.
Se sei minorenne o se pensi che il contenuto
possa offenderti sei invitato a uscire.
Dalla
parete confinante con la camera da letto
dei vicini di pianerottolo giungevano,
alle orecchie di Maddalena, una serie di
rumori sgraziati e invadenti. L'ambiguo
trambusto era provocato dal persistente
movimento della spalliera di un letto
che, con una certa insistenza, sbatteva
contro la parete divisoria dei due
appartamenti.
I colpi, sordi, producevano
degli autentici scossoni alla parete,
con una cadenza che la donna conosceva
abbastanza bene, infatti, le capitava di
udirli sovente da quando i due amanti,
entrambi studenti universitari, avevano
preso possesso dell’appartamento
attiguo al suo.
Il fracasso scatenato dal
cigolio del letto, congiuntamente agli
accalorati gemiti che uscivano dalla
bocca dei due amanti, avevano un effetto
ipnotico su Maddalena impegnata a
stirare biancheria sull'asse da stiro
che si era portata appresso,
trasportandola dalla cucina alla camera
da letto, essendo quest'ultima la stanza
più fresca dell'appartamento perché
mai trafitta durante le ore del giorno
dai raggi del sole.
Alle cinque di quel caldo
pomeriggio estivo Maddalena era
impegnata a eliminare, col ferro da
stiro, molte delle pieghe che facevano
difetto su una camicetta quando,
all'improvviso, l’orologio a pendolo
appeso a una parete del salotto si mise
a battere l'ora. Il rumore della
suoneria si sovrappose a quello dei
gemiti e sospiri che accompagnavano
l’amplesso dei due amanti, per niente
propensi a mitigare l'impeto animalesco.
Mentre era impegnata a
stirare la camicetta pensava ai due
amanti, al di là della parete,
immaginando che fossero tutt'e due nudi,
avvinghiati, carne contro carne, peli
contro peli, impegnati ad artigliarsi la
pelle, graffiandosi a vicenda sino ad
arrivare a farla sanguinare,
ossessionati dalla grande voglia che
avevano godere, ma con la pompa del
cuore ormai prossima a uscirgli dal
petto stante il ritmo sincopato con cui
portavano avanti l'amplesso.
Maddalena era impegnata a
dare la piega al colletto della
camicetta, passandoci sopra il ferro da
stiro, quando ipotizzò che la pelle dei
due amanti, impegnati a fare del sesso
da più di mezzora, doveva luccicare
parecchio a causa dell'abbondante
sudorazione. E poi anche i loro capelli
dovevano per forza essere bagnati
fradici, magari stavano appiccicati alle
tempie, mentre mescolavano e scambiavano
i loro liquidi organici come bestie per
il solo gusto di darsi piacere.
D’altronde anche lei, in quel caldo
pomeriggio estivo, era sudata a causa
del vapore caldo sprigionato dal ferro
da stiro, ma soprattutto per l’effetto
liberatorio che avevano sulla sua
persona i continui gemiti di piacere che
giungevano sempre più insistenti alle
sue orecchie, dove dolore e piacere
stavano mettendo a ferro e fuoco la
mente e il corpo dei due amanti.
Frastornata dal persistente
e sgraziato rumore, prodotto dalle
spinte di violenza passionale che
giungevano dall’altra parte della
parete, Maddalena si trovò nella
condizione di chi è rimasta sedotta da
una irrefrenabile voglia di toccarsi.
L’aria all'interno della
camera da letto non le era mai parsa così
irrespirabile e pesante come durante
quel caldo pomeriggio estivo. Difatti,
sebbene indossasse soltanto le
mutandine, aveva il corpo imperlato di
sudore. Tutt'a un tratto, presa da un
irrefrenabile impulso, scollegò la
spina del ferro da stiro a vapore,
inserita dalla presa di corrente a muro,
e si premurò di depositare
l'apparecchio sulla staffa di appoggio.
Sollevata dall’impegno di dovere a
tutti i costi seguitare a stirare la
camicetta si lasciò cadere con tutto il
corpo sul letto.
Supina,
la figa fradicia di umore, le tette
gonfie e i capezzoli turgidi, non aveva
nessuna intenzione di sottrarsi al
piacere di toccarsi fra le cosce. Abbassò
le mutandine e le trascinò sino alle
ginocchia per poi sfilarle sotto le
caviglie, dopodiché prese a carezzarsi
le tette prestando attenzione ai sempre
più insistenti rumori della passione
che provenivano da oltre la parete.
Non
era la prima volta che le capitava di
toccarsi fra le cosce mentre si
intratteneva ad ascoltare il rumore del
sesso praticato dai due amanti. Di ciò
non se ne vergognava, affatto, anche se
farlo in quel modo impudico, allo stesso
modo dei voyeur, lo reputava poco
normale, specie per una donna della sua
età, dal momento che aveva maturato,
seppure da pochi mesi, quarant’anni.
Eccitata
lasciò cadere la mano sull’ombelico.
Subito dopo permise alle dita di
scivolare lentamente verso il basso. Lì
incontrò una fitta selva di peli scuri,
e solo allora calcò la mano sul pube.
Istintivamente serrò le cosce
per la forte eccitazione che la colse
mentre, con l'estremità delle dita, si
accostava alla vagina. Sfiorò il bordo
delle grandi labbra, chiuse ma gonfie, e
si dilungò a esplorarle con molta
delicatezza, come se le volesse adulare.
Infine avvicinò un paio di dita nel
mezzo della fessura, insinuandosi lungo
il solco che le manteneva separate,
infradiciandosi con i fluidi di cui era
pregna.
Seguitò ad accalorarsi
grata al sottile piacere che sapeva
trasmetterle il contatto delle dita
sull'esile tessuto delle grandi e
piccole labbra, uniche vie di accesso
all'abisso della vagina bagna fradicia
di umore, dopodiché iniziò a
sgrillettarsi. Non paga inumidì più
volte le dita nel fluido della vagina e
prese ad accarezzarsi il bocciolo del
clitoride.
Toccarsi in quel modo, lontano da
occhi indiscreti, era un tipo di piacere
che non aveva paragoni, infatti,
masturbarsi non lo considerava né
meglio né peggio di una qualsiasi
scopata, ma semplicemente qualcosa di
diverso e appagante, come del resto lo
reputano ormai la maggioranza delle
donne.
Una abitudine, quella di
toccarsi, che Maddalena, nonostante l'età,
non aveva mai trascurato da quando,
adolescente, aveva iniziato a
praticarla, soprattutto perché
dedicarsi alla masturbazione aveva
contribuito a farle conoscere il proprio
corpo e goderne appieno, cosicché ogni
volta che le prendeva la voglia di
toccarsi fra le cosce, coccolandosi i
genitali, si abbandonava a questo genere
di piacere perché lo considerava un
atto naturale, legato a degli impulsi
carnali della mente.
Ormai erano cinque anni che
non aveva rapporti sessuali con un uomo,
e alle dita ci aveva fatto il callo a
forza di toccarsi e sgrillettarsi la
figa affaticandosi nel fare ditalini, ma
la mancanza di un uomo nella propria
vita non le pesava, affatto, perché
erano stati troppi gli uomini che,
ingannandola, avevano approfittato del
suo amore per trarne un esclusivo
profitto.
Mentre
nella penombra della camera si
masturbava le prese una gran voglia di
carezzarsi i piccoli seni, con i
capezzoli dritti e appuntiti, del tutto
simili a quando aveva sedici anni, che,
trovandosi supina, col capo appoggiato a
un cuscino, intravedeva nella forma
bianchissimi e delicati.
Depose la mano su un seno e
seguitò a carezzarlo impaziente di
torcere l'estremità del capezzolo, cui
si dedicò, senza consumarsi oltre
misura nel soddisfare quella voglia. Li
strizzò uno dopo l'altro, ansimando di
un piacere inaudito, mentre nello stesso
tempo, con l'altra mano, seguitava a
carezzarsi il bocciolo del clitoride,
gonfio e turgido come un cece,
passandoci sopra più volte le dita che
inumidiva nella bocca colma di saliva.
Maddalena
mugolava e gemeva, compiaciuta
dall'intenso piacere che sapeva
concedersi nel masturbarsi, dando
ascolto ai rumori della coppia di amanti
intenti a scopare dall’altra parte
della parete.
Era così eccitata che la
vagina prese a sbrodolare una esagerata
quantità d'umore, producendole una
incommensurabile pioggia di calore fra
le cosce, tanto che avrebbe potuto
raccattare il tutto con un cucchiaio.
Anche le tette erano gonfie
all'inverosimile. I capezzoli
insopportabilmente turgidi le dolevano
al pari dei muscoli delle cosce. E il
cuore pareva dovesse scoppiarle nel
petto da un momento all'altro per la
troppa eccitazione, mentre copiose gocce
di sudore le correvano giù dalla fronte
rigandole il viso.
Oramai era più di un
quarto d'ora che si toccava. Stanca non
vedeva l'ora di raggiungere l'orgasmo.
Apposta manteneva la mano appoggiata
sopra la fessura della vagina,
sollevando di continuo il bacino verso
l'alto, strusciando in questo modo il
clitoride, ottenendo dei risultati di
godimento a dir poco sbalorditivi.
Tutt'a un tratto,
dall'altra parte del muro, le sembrò di
riconoscere la voce maschia, impastata
di felicità animale, di Pier Paolo. Era un ragazzo dal fisico
atletico, dai capelli colore sabbia, che
da pochi mesi occupava l’appartamento
accanto al suo. Suppose che fosse lui
intento a inculare il compagno di camera
perché, dei due studenti universitari a
cui aveva affittato il piccolo
appartamento, Pier Paolo era senz'altro
il più maschio, mentre l'altro,
Roberto, un tipo mingherlino, alto, con
i lunghi capelli lunghi e lisci, tinti
biondi, era senza dubbio quello
effeminato.
Prima di concedere
l'appartamento a loro due Maddalena lo
aveva ceduto in affitto esclusivamente a
studenti maschi o femmine evitando le
coppie promiscue. Cosicché quando Pier
Paolo si era presentato per
prendere visione dell'appartamento,
dicendole che l'avrebbe occupato con un
coetaneo, non aveva avuto difficoltà a
concederglielo, favorevolmente
impressionata dall'aspetto da culturista
e dalla bellezza dei suoi occhi ardenti
di passione. Lui l'aveva
ingannata non rivelandole che era gay e
il ragazzo con cui avrebbe condiviso
l’appartamento era il proprio compagno.
Maddalena aveva scoperto il
tipo di rapporto che li legava, soltanto
qualche giorno dopo che avevano
stipulato il contratto di affitto, in
virtù dei rumori che provenivano dalla
camera da letto confinante con la
propria.
La permeabilità della
sottile parete di mattoni consentiva a
Maddalena di prestare orecchio a ogni
piccolo rumore che proveniva
nell'appartamento accanto. E con
l'andare del tempo si era assuefatta a
quel genere di rumori, anzi ne aveva
persino tratto profitto trovandone
motivo d'ispirazione ogni volta che le
prendeva la voglia di masturbarsi.
Più di tutto le piaceva
immaginare i due gay mentre erano
intenti a compiere dei giochi erotici,
oppure semplicemente impegnati a
montarsi o succhiarsi l'uccello a
vicenda mentre praticavano un
sessantanove. E poi trovava ancora più
eccitanti gli attimi che precedevano le
sborrate dei due compagni di letto,
specie quando Pier Paolo veniva nel culo
dell'amico e la rete metallica del letto
cigolava a lungo vibrando sotto le sue
spinte.
Ancora
una volta i sospiri e i mugolii di
piacere che uscivano dalla bocca di
Maddalena andarono a mescolarsi a quelli
provenienti dalla camera attigua,
coniando uno strano concerto di effetti
sonori, mentre tutt’e tre erano oramai
prossimi all'orgasmo.
L'apice del piacere montò
rapido nella sua testa. Avvertiva i
genitali bollenti, le piccole e grandi
labbra gonfie e il clito ingrossato a
dismisura.
Una sequela di brividi le
attraversarono il corpo scuotendola da
capo a piedi. L'orgasmo si diffuse
incontrollato dalla vagina alle cosce e
infine le scoppiò nel cervello. Si
lasciò sfuggire un urlo che dovette
lasciare sbalorditi i due amanti
dall’altra parte del muro, ma lei non
se ne crucciò, seppure consapevole che
i due l’avessero ascoltata. Rimase lì,
immobile, con i muscoli finalmente
rilassati in attesa dell’imminente
orgasmo della coppia che arrivò a breve
mentre lei si perdeva a fantasticare
sulle dimensioni dell’uccello di Pier
Paolo che, in quei momenti, immaginò
dovesse essere enorme mentre sborrava
nel culo dell’amico.
Il
mattino seguente, uscendo di casa per
recarsi al lavoro, Maddalena s’imbatté
nelle figure di Pier Paolo e Roberto,
fermi sul marciapiede, davanti al
portone del condominio, affaccendati a
parlare prima a recarsi
all’università. Nessuno dei tre
accennò a quanto era accaduto il
pomeriggio antecedente, si salutarono
scambiandosi un sorriso e ciascuno prese
direzioni diverse.
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