- Sei disposto a fare qualsiasi cosa per
me?
-
Sicuro! Farò tutto ciò che vuoi.
-
Non è che poi ti tiri indietro, eh?
-
Farò tutto ciò che mi ordinerai di
fare.
Incatenato
mani e piedi alle sponde del letto
subisco le provocazioni di Camilla.
Ormai ci ho fatto il callo alle sue
stranezze, trovo che sia particolarmente
eccitante stare sottomesso al volere di
una donna.
Vivo
questi momenti di estremo piacere con
apprensione e sospetto perché quello
che stiamo portando a compimento non è
soltanto un gioco di potere, ma qualcosa
di più coinvolgente e non so dove
potrà condurmi questo vizio che mi ha
catturato l'anima e corroso il corpo.
La
mia storia con Camilla è iniziata una
sera dell'estate scorsa al Gibsy Bar, un
pub alla periferia della città in
direzione Reggio Emilia. Quando misi
piede nel locale mi accorsi subito della
sua presenza. Era seduta sopra uno
sgabello a ridosso del bancone della
mescita con un bicchiere mezzo pieno di
birra rossa stretto nella mano. Una
bellezza fuori del comune la sua, da
lasciare a bocca aperta.
Teneva
le gambe accavallate mostrando un bel
paio di cosce abbronzate e lisce.
Ostentava un ampio décolleté da cui
debordavano le forme delle tette, messe
in bella mostra per attirare
l'attenzione di qualche pirla che si
fosse degnato di abbordarla. Per tutta
la sera insistetti a farle il filo senza
ottenere grandi risultati. Alle due di
notte, quando ormai avevo perso ogni
speranza di scucirle un appuntamento, mi
invitò a seguirla a casa sua.
L'abitazione
distava pochi isolati dal Gibsy Bar.
Mentre salivamo le cinque rampe di scale
dell'edificio, privo di ascensore, con
lei che mi precedeva, rimirai per tutto
il tempo le forme delle sue natiche e fu
un gran bello spettacolo.
Quando
misi piede nell'appartamento non si
perse in futili preamboli, né in lotte
disperate. Mi ordinò di seguirla nella
stanza da letto, dopodiché si sdraiò
sulle lenzuola mantenendo gli abiti
addosso.
Imitai
il suo gesto e presi posto sopra il
letto accanto a lei. Quando cercai di
baciarla stoppò il mio gesto
respingendomi con una mano.
-
Farò l'amore con te a una sola
condizione. - disse.
La
proposta che mi spiaccicò fu che sarei
dovuto rimanere immobile, per tutto il
tempo, sotto di lei mentre mi scopava.
-
Se non ti va di fare del sesso nel modo
che ti ho proposto allora ne puoi
andare, non è un problema.
Fui
obbligato a prometterle che non l'avrei
sfiorata con un dito, anche se il
vincolo mi sembrava piuttosto strano.
Prima di conoscere Camilla non ero mai
stato sopraffatto da nessuna donna,
anzi, al contrario, ero abituato a
essere io a dovere scegliere il modo con
cui farle godere.
Eccitato
dalla strana situazione in cui mi ero
venuto a trovare accondiscesi alla sua
richiesta lasciando che s'impadronisse
del mio corpo.
Senza
scomporsi si mise con le ginocchia
cavallo ai miei fianchi. Non tolse la
gonna di dosso, nemmeno la camicetta, si
liberò soltanto delle scarpe. Lasciò
cadere le mani sulla cinghia dei miei
pantaloni, dopodiché li fece scendere
poco per volta insieme alle mutande,
scoprendomi il cazzo.
Quando
lo strinse fra le dita l'avevo già
duro. Lo carezzò a lungo, senza
masturbarmi, accrescendo il desiderio di
ficcarglielo fra le cosce o in subordine
nella bocca, se me lo avesse concesso.
Accompagnò
il cazzo sotto la gonna premurandosi di
sollevare il culo sul mio pube. Non ebbe
bisogno di liberarsi delle mutande
poiché non le aveva indosso. Mi resi
conto che stavo per penetrarla quando
percepii l'umido della figa. Lasciai che
Camilla godesse nello sfregare la
cappella contro le grandi labbra prima
d'infilarlo dentro da sé.
Quando
lo mise per intero nella figa mi venne
l'istinto di sospingere il bacino verso
l'alto conducendo la cappella sul fondo
della figa, invece riuscii a trattenermi
dal farlo restando immobile come le
avevo promesso.
Camilla
incominciò a roteare i fianchi, poi si
lanciò in un vorticoso ritmo di spinte
dall'alto verso il basso sfregando
ripetutamente il pube contro il mio.
D'istinto sollevai le braccia e
avvicinai le mani alle sue natiche.
Quando accennai a muovere il sedere per
accompagnare la spinta del cazzo verso
l'alto ne fui impedito dal tono
autoritario della sua voce.
-
Se ti azzardi un'altra volta ad
afferrarmi il culo con le mani e
spingerlo verso di te me ne vado via,
capito! Stronzo!
La
voce tremula tradì la sua forte
eccitazione. Ma le parole, espresse in
modo così deciso, non ammettevano
repliche. Il suo respiro andò in
affanno e il corpo si bagnò di sudore.
Levai le mani dalle natiche e rimasi
immobile, prigioniero degli
ondeggiamenti del suo culo.
Sborrai
dentro di lei con largo anticipo
rispetto alle mie abitudini lasciando
Camilla con un palmo di naso.
-
Che stronzo che sei!
Queste
furono le parole che pronunciò quando
il cazzo mi si afflosciò e lo sperma
cominciò a colarle fra le cosce. Si
scansò via e andò dritta in bagno
lasciandomi da solo sul letto con il
cazzo impiastricciato del mio sperma per
l'eiaculazione frettolosa. Quando fece
ritorno in camera avevo già provveduto
a pulirmi il cazzo utilizzando un lembo
del lenzuolo.
-
Sei ancora qui? Hai una gran bella
faccia tosta! - furono le parole con cui
mi apostrofò. - Vestiti e vattene...stronzo!
Allacciai
la cinghia dei pantaloni e mi alzai da
letto. Sulla porta dell'appartamento la
salutai prima di andarmene.
-
Allora ci si rivede presto... - dissi
prima di chiudere l'uscio alle mie
spalle.
-
Vaffanculo... stronzo! - furono le
parole con cui mi gratificò.
La
sera seguente feci ritorno al Gibsy Bar.
Camilla era seduta sul medesimo
sgabello, dinanzi al bancone, con un
bicchiere di birra davanti a sé.
Indossava la medesima gonna della sera
precedente. Questo particolare mi
incuriosì non poco. Pensai che sotto la
gonna non indossasse le mutande e la
cosa mi fece rizzare il cazzo per
l'eccitazione.
-
Ciao...
-
Sei ancora qui? Pensavo non ti saresti
più fatto vivo dopo la becera figura
che hai fatto ieri sera.
-
Perché?
-
Ieri sera hai avuto troppa fretta di
concludere e mi hai persino sborrato
dentro.
-
Merito tuo...
-
Ma vai a cagare...
-
Potresti mettermi alla prova
concedendomi un'altra possibilità. Che
ne dici?
-
Scherzi?
-
No, dico sul serio.
-
Hai un bel coraggio a presentarti di
nuovo qui.
-
Forse perché ti trovo speciale.
-
Fai il furbo?
-
No, dico sul serio.
-
Stavolta potrei essere davvero cattiva e
chiederti di sottostare ad altre
provocazioni.
-
Sopporterei i tuoi soprusi con piacere,
puoi starne certa.
-
Se la pensi così allora ti offrirò un
seconda chànce. Dai, andiamo a casa
mia.
-
Eh! Subito?
-
Che ti prende? Hai forse paura?
-
No, è che...
-
Non ti preoccupare ho una pomata che fa
per te.
-
Una pomata?
Quando
mettemmo piede nell'appartamento mi
impose di levarmi tutti gli indumenti.
La stanza da letto era la medesima della
sera precedente. Senza pronunciare una
sola parola prese a girarmi d'intorno
mantenendo gli occhi fissi sul cazzo che
si ergeva dritto fra le mie gambe e
pulsava.
-
Hai un bel cazzo! Complimenti!
-
Lo so. - risposi soddisfatto.
-
E un vero peccato che eiaculi troppo in
fretta.
-
Ma non è vero.
-
Vuoi sostenere che sono una bugiarda?
-
Ciò che è accaduto ieri sera è stato
un caso, non mi succede spesso di venire
così precocemente.
-
Ne sei certo?
-
Mettimi alla prova.
Le
mie parole misero fretta alla sua voglia
di scopare. Si mise davanti a me e
iniziò a togliersi gli indumenti, pochi
in verità, infatti, dopo essersi tolta
la camicetta e la gonna non le rimase
nient'altro addosso. Osservandola nuda
rimasi scosso dalla straordinaria
bellezza del suo giovane corpo. Quando
mi chiese di masturbarmi ne fui
sorpreso, ma accettai di farlo stando
ritto davanti a lei.
-
Ti piace toccarti?
-
Sì, specie se ho te davanti.
-
Perché?
-
Hai un corpo stupendo.
-
Ti piace fare il ruffiano, eh?
-
No, dico sul serio, sei bellissima.
-
Davvero?
-
Sì.
-
Cosa ti piace del mio corpo?
-
Tutto.
-
Ma, dai...
-
Dico sul serio.
-
Ti piacciono le mie tette?
-
Sì.
-
E questa qui ti piace?
-
Hai una bella figa. Mi piacciono le
donne che la tengono calva come la tua.
-
Non la preferiresti con qualche
cespuglio di peli attorno?
-
No, è meglio così.
-
Beh, che fai? Non ti ho mica ordinato di
smettere di masturbarti.
-
Ops... scusa.
-
Pensi che sia eccitante per me
osservarti mentre ti masturbi?
-
Penso di sì. Sbaglio?
La
figa mandava bagliori di luce, bagnata
fradicia com'era, tradendo lo stato di
eccitazione di Camilla. Seguitai a
toccarmi nel silenzio della stanza pur
non ricevendo nessuna risposta alla mia
domanda.
-
Mi sorprendi.
-
Perché?
-
Stai masturbandoti da una manciata di
minuti e ancora non sei venuto. Bravo!
Complimenti!
-
Te l'ho detto che so tenere duro a lungo
quando voglio.
-
Humm... ho i miei dubbi. Sono sicura che
se mi metto a cavallo del tuo cazzo
vieni di nuovo alla svelta come hai
fatto ieri sera. Sbaglio?
-
E' probabile. Sai eccitarmi come poche
altre donne.
-
Non dire stronzate.
-
E' vero, te lo giuro.
Tutt'a
un tratto si avvicinò alla spalliera
del letto, poi si rivolse verso di me.
-
Smettila di masturbarti, avvicinati.
Feci
alcuni passi e finii per trovarmi di
fronte a lei con la punta del cazzo a
ridosso del suo addome, smanioso di
ficcarglielo fra le cosce.
-
Coricati! - mi comandò.
Presi
posto sul letto con la pancia rivolta
verso l'alto e il cazzo che puntava
dritto al soffitto. Rimasi in attesa che
mi cavalcasse come aveva fatto la sera
precedente, invece si bloccò al bordo
del letto poco distante dal mio corpo.
-
Che idea ti sei fatto di me? - disse.
-
Nessuna.
-
Stai mentendo.
-
No, te lo assicuro.
-
Mi credi un po' puttana?
-
No.
-
Ninfomane?
-
Nemmeno.
-
Cosa pensi che voglio da te?
-
Scoparmi.
-
E basta?
-
E che altro?
-
Potrei prenderti l'anima.
-
E chi sei... il demonio?
-
Peggio!
Si
portò a fianco del letto e da un
comodino tirò fuori una confezione
farmaceutica. Infine avvicinò il
vertice di tubetto al cazzo su cui fece
precipitare alcune gocce di un gel.
-
Ehi! Posso sapere cosa stai facendo?
-
Sei preoccupato?
-
No, ma...
-
Ma, cosa?
-
E' che vorrei sapere cosa diavolo stai
combinando.
-
E' un gel anestetico ad azione locale.
Lo sai che m'intendo di queste cose,
sono infermiera, no? Adesso spalmo
l'unguento sulla cappella così avrai
meno sensibilità, contento?
-
Cazzo! No...
-
Ha un'azione ritardante che ti
permetterà di andare avanti più a
lungo...
-
Ma non ne ho bisogno.
-
Lo dici tu.
Quella
sera Camilla raggiunse più di un
orgasmo. La stessa cosa accadde le sere
seguenti quando la scopai senza
l'ausilio del gel.
Da
un po' di tempo quando Camilla mi scopa
ha bisogno che le parli in continuazione
mentre la guardo negli occhi. Gli
epiteti volgari che le rivolgo la
eccitano più di un qualsiasi
complimento. Lei reagisce prendendomi a
pugni e schiaffi perché solo in questo
modo riesce a raggiunge lo stordimento
del piacere.
Provo
vergogna di me stesso, per quello che
sono diventato, perché anche il
semplice rossore sulla mia pelle si è
trasformato in una fonte di piacere. Non
so resisterle e godo degli atti di
violenza che esercita su di me.
- Cazzo,
se godo!
Stanotte abbiamo fatto sesso nel solo
modo che conosciamo: con me sdraiato
sotto di lei, immobile a patire le sue
violenza. Quando ha preteso
d'incatenarmi mani e piedi alle sponde
del letto ho accettato con una certa
riluttanza. Mentre mi scopava si è
sollevata dalla postura che occupava
cavallo su di me e si è messa ritta in
piedi. Con un sorriso sprezzante ha
allargato le gambe e mi ha orinato sul
petto e poi sul volto.
Invece
di scansarmi sono venuto godendo del
calore della piscia che usciva a fiotti
dalla passera riversandosi sulla mia
pelle. Per tutta la notte sono rimasto
incatenato mani e piedi, con la pelle
bagnata di piscio, dormendo solo a
tratti. Camilla invece ha riposato
accucciata al mio fianco senza mai
svegliarsi.
Dalla
finestra entrano le prime luci
dell'alba. Sono sveglio quando Camilla
si alza dal letto e va in bagno. Quando
torna indietro mi viene vicino e mi
lascia cadere un bacio sulle labbra.
-
Hai dormito bene?
-
Non vedo l'ora che mi liberi dalle
catene per infilarmi sotto la doccia.
Quella che ho sulla pelle sarà pure il
profumo della tua piscia, ma puzza da
morire.
-
E allora?
-
Se mi liberi...
-
Calma... calma, non avere troppa fretta.
Da
una tasca dell'accappatoio toglie le
chiavi dei lucchetti e incomincia a
sciogliermi dalle catene.
-
Ecco fatto ti ho liberato un piede e
adesso ti libero l'altro. Contento?
-
Sì, certo, ho anche voglia di pisciare.
-
Ti libero una mano così puoi stringere
il cazzo mentre pisci. Ecco fatto.
-
Beh, e l'altra mano non la liberi?
-
Eh?
-
Liberarmi l'altra mano, dai...
-
Ricordi cosa ti ho chiesto ieri sera?
-
No.
-
A una mia domanda hai risposto che eri
disposto a fare qualsiasi cosa. Giusto?
-
E l'ho fatto.
-
Ma il gioco non è ancora terminato,
tesoro. Siamo solo all'inizio.
-
Dai non fare la cretina. Alle 8.00 devo
essere al lavoro.
-
Anch'io.
-
Ma cazzo! Ho voglia di pisciare e di...
-
Non sul pavimento, eh! Se hai voglia di
fare i tuoi bisogni ho giusto ciò che
fa per te. Torno subito.
Camilla fa ritorno nella camera
stringendo nella mano una pentola che
lascia cadere sul pavimento accanto al
letto su cui sono agganciato con una
catena al polso.
-
Spero che sia sufficiente per contenere
tutti i tuoi bisogni fino a sera.
-
Stai scherzando, vero?
-
Per niente.
L'orologio
posto sul comodino segna le 8.00 quando
Camilla esce di casa. L'ultimo suo
pensiero è rivolto a me.
-
Ci vediamo stasera, fino allora
arrangiati.
Quello che Camilla e io portiamo avanti
è un gioco di potere. Ciononostante
vivo con apprensione e sospetto questi
momenti, perché non so dove si
spingerà la sua malvagità, e io godo
del dolore che sa darmi.
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